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Autore: Beatrix Bonnie    08/12/2010    5 recensioni
-Seguito de La setta degli Eletti-L'oscuro nome di Reg, la foto di un bambino dai capelli rossi che sembra appartenere al passato, la sua bacchetta magica, la corrispondenza con una ragazza di nome Priscilla e degli strani incidenti che avvengono a Doolin. Che cosa collega tutto questo con un'organizzazione segreta di nome Extraiures e con l'oscuro passato di un professore del Trinity? Sarà la sete di vendetta di una sorella perduta nel tempo a dare finalmente la spiegazione agli assurdi fenomeni che sconvolgeranno il terzo anno di Mairead, Edmund e Laughlin.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Trinity College per Giovani Maghi e Streghe'
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EPILOGO




Per fortuna Mairead, Edmund e Laughlin non avevano da pensare agli esami quell'anno, perché durante gli ultimi giorni di scuola, avevano tutti e tre la testa persa altrove. Laughlin passò alcuni giorni in infermeria, ma alla fine riuscì a rimettersi abbastanza alla svelta.

Quando Mairead raccontò ai suoi amici quello che le aveva detto il professor Saiminiu, quasi non ci credevano: era la storia più assurda che avessero mai sentito. Almeno, Edmund ebbe il buon gusto di non dire che lui aveva sospettato di Priscilla fin dall'inizio. Ci aveva visto giusto, come al solito, ma anche aver salvato la vita di tutti loro non sarebbe bastato a risparmiargli un bel cazzotto da parte di Mairead, se solo avesse osato far notare che aveva da sempre ragione.

L'ultimo giorno di scuola arrivò in un baleno. Con somma soddisfazione di Laughlin, furono i Nagard a conquistarsi l'Arpa Celtica.

Anche per quell'anno i tre amici ne avevano combinate di grosse, ma questa volta si trattava di una storia privata, quindi Captatio non poté rimproverarli durante il suo discorso al banchetto finale. Si limitò a lanciare numerose occhiatacce nella loro direzione, ma tutti e tre erano convinti che sotto i suoi enormi baffoni stesse ridendo.

Il viaggio in treno fu assolutamente tranquillo, ma la presenza di Dominique nello scompartimento impedì ai tre amici di commentare ciò che era successo durante quella fatidica sera.

A metà pomeriggio il treno abbandonò l'uggiosa campagna irlandese per penetrare in città, fino alla stazione di Dublino. I ragazzi presero i loro bagagli e si avviarono pensierosi verso la banchina.

Come al solito ad aspettarli c'era Reammon con la sua aria svampita e la famiglia Maleficium al completo, con tanto di esagitato Bearach che saltellava come un matto, trattenuto a stento dalla presa salda del padre.

«Bentornati, ragazzi. Passato bene quest'anno?» domandò cordiale il signor Maleficium.

I tre amici si scambiarono uno sguardo eloquente.

«Assolutamente sì, papà» rispose Laughlin con un sorriso.

Reammon lanciò un'occhiata di sbieco alla figlia: forse era l'unico che poteva sapere qualcosa di quello che era successo, ma ebbe il buon gusto di non commentare la faccenda in pubblico.

«Ciao, Ed! Ciao, Ed! Ehi, quest'estate c'è la coppa del mondo di Quidditch! Gioca anche l'Irlanda! Devi assolutamente venire, Ed!» esclamò esagitato Bearach.

Edmund fece un mezzo sorrisetto, senza specificare che non ci trovava nessun gusto nel vedere quattordici giocatori inseguire quattro palle a cavallo di scope da corsa.

Laughlin invece batté le mani, per una volta condividendo l'entusiasmo del fratellino. «Giusto, devi assolutamente venire. Papà riuscirà a trovare i biglietti almeno per una partita dell'Irlanda, vero?» chiese, con una faccina angelica rivolta verso il padre.

Eoin fece un mezzo sorrisetto. «Vedremo» rispose in tono sibillino.

Laughlin allora strizzò l'occhio a Edmund e gli sussurrò all'orecchio: «Questo è un sì».

I tre amici attraversarono insieme il passaggio verso la stazione di Dublino e poi si salutarono, certi che con la scusa della Coppa del Mondo di Quidditch si sarebbero rivisti presto.

Edmund si avviò sconsolato verso la direttrice, che per l'occasione era scortata dalla signorina Quinn. La donna osservava con occhio critico il tait con tanto di coda di Eoin e il lungo abito irlandese di Daire, ma soprattutto squadrava Reammon, forse ricordandosi della scenetta avvenuta lo scorso agosto, quando lui aveva estratto da una tasca un quadro e un corno di animale non meglio identificato.

Mairead salutò tutti e si affrettò a seguire il padre, che per una volta sembrava aver dimenticato la sua spensieratezza da archeologo, per assumente quel poco di rigidità adatta ad un padre che ha appena scoperto come la figlia abbia tentato di farsi ammazzare per il terzo anno di fila.

Quando furono sufficientemente lontani da orecchie indiscrete, si voltò verso la ragazza. Aveva uno sguardo tagliente che non gli si addiceva proprio. «Captatio mi ha mandato una lettera e mi ha raccontato quello che hai combinato. Che hai da dire a tua discolpa?»

«Professor Saiminiu!» esclamò Mairead, sorpresa.

Reammon la guardò perplesso. «Non è una buona scusa...» cominciò a dire, ma la ragazza lo interruppe, tirandolo per la manica e costringendolo a voltarsi: Septimius Saiminiu li stava raggiungendo. Reammon si irrigidì e aspettò che fosse l'altro a fare la prima mossa.

Saiminiu si stropicciò le mani, ma non abbassò lo sguardo. «Reammon, scusami» disse tutto d'un fiato. Quelle semplici parole dovevano costargli molto care: va bene chiedere perdono, ma il suo orgoglio gli impediva di abbassare gli occhi a terra.

Reammon digrignò i denti. «Dopo tutti questi anni è l'unica cosa che sai dire?»

Calò un silenzio teso, mentre i due maghi si scrutarono a fondo. Mairead temeva il peggio, ma poi Reammon disse una sola parola: «Inglesofilo».

Mairead aggrottò la fronte, perplessa: quello di solito era un insulto e non le sembrava proprio la cosa migliore da dire in quel momento.

Invece Saiminiu sorrise. «Sangiunista» gli rispose.

Fu un attimo e poi i due vecchi amici si abbracciarono, come se non fosse mai successo niente tra di loro.


Mairead stava osservando la foto di Reg, la stessa che Edmund aveva trovato in soffitta quasi un anno prima. La fissava da parecchi minuti, come se il ragazzetto sorridente avesse qualcosa da comunicarle, un messaggio di forza, di coraggio. Era seduta a gambe incrociate davanti allo scatolone dei ricordi, in soffitta. Quando la sua bacchetta si era rotta, aveva deciso di non comprarne una nuova, ricordandosi che a casa sua era ancora conservata quella di suo zio Reg: quando l'aveva provata, si era trovata abbastanza bene e aveva preferito tenere quella. Era come se avesse un significato profondo per lei, una memoria che non doveva mai essere dimenticata.

Avrebbe voluto scoprire tante altre cose su Reg, ma non conosceva nessuno che potesse raccontargliele. I suoi nonni materni non li vedeva da anni ed era convinta che non sarebbe stata una buona idea presentarsi da loro e chiedere del secondogenito morto in giovane età. L'unica possibilità che aveva era quella di contattare Arthur Weasley, lo stesso che aveva scritto quelle vecchie lettere a Reg: era il cugino inglese di sua mamma. L'aveva già sentito nominare un paio di volte dai suoi genitori, ma non l'aveva mai visto. Chissà se le avrebbe risposto, nel caso in cui avesse ricevuto un suo gufo.

Mentre stava osservando la grafia infantile dello zio che aveva scarabocchiato degli appunti su in vecchio libro di incantesimi, l'occhio le cadde su un grosso rotolo di pergamena chiuso da un nastro di velluto, seminascosto da vecchi cimeli e cianfrusaglie. Si allungò verso l'oggetto del suo interesse e cercò di estrarlo da quel caos senza far crollare l'equilibrio precario della soffitta. Era ricoperto da uno strato di polvere, ma la carta con cui era stato fatto sembrava essere molto preziosa. Mairead lo srotolò lentamente, facendo attenzione a non strappare la costosa pergamena. Era un albero genealogico.

In alto stava lo stemma di famiglia, uno scudo bianco con una torre rossa al centro, e sotto di esso il motto “etiam periunt ruinae”, anche le rovine muoiono. Il cognome principale era O'Brian, quello di sua nonna Joey. Doveva essere l'albero genealogico degli O'Brian di Mael Duib. Mairead fece scivolare il dito sulla pergamena pregiata fino al fondo della pagina, alla ricerca del suo nome. Quando lo trovò, lo contemplò per qualche secondo, poi risalì ai suoi genitori: Reammon e Mary. Sotto il nome di sua madre c'era, oltre all'anno di nascita, anche quello di morte. Sopra stavano i nonni materni, Leopold e Grymill, e proprio in parte a Mary compariva l'etichetta “Reginald Weasley”, accompagnata dalle date 1961-1973. Mairead accarezzò quel nome, come se in quel modo potesse consolare lo zio morto troppo giovane.

Dopo qualche secondo, sposò lo sguardo sui nonni Aaron e Joey: i genitori di Aaron, in quanto Babbani, non erano stati inseriti nell'albero genealogico della famiglia nobile. In fianco a Josephine era riportato il nome di sua sorella, Evangeline, con il marito. Mairead ci impiegò qualche secondo a realizzare quello che stava leggendo: Cassian Deamundi. La ragazza alzò lo sguardo dalla pergamena e prese a fissare il vuoto.

Per tutti i folletti, Deamundi! I Conti di Con Cetchthach! Era imparentata con i Deamundi!

Sotto i nomi di Evangeline e Cassian c'era quello dell'attuale Conte, Meccorin Deamundi. Il Conte di Con Cetchthach era il cugino diretto di suo padre. Quella storia era davvero assurda! Ma ciò che era ancora più assurdo era il fatto che Eibhean Deamundi, l'ultimo dei sette figli di Meccorin era suo cugino. Quel sanguinista altezzoso con la puzza sotto il naso era imparentato con lei!

«Mairead, dove sei?»

La voce di suo padre la riportò bruscamente alla realtà. «Quassù, in soffitta» rispose buttando un'occhiata alla botola dietro di lei.

Poco dovo vide comparire il volto sorridente di Reammon. «Che stai facendo, tesoro?» le chiese, sedendosi al suo fianco.

Come unica risposta Mairead gli mostrò l'albero genealogico della famiglia O'Brian: al vedere la vecchia pergamena, il sorriso di Reammon si congelò. Mairead aveva uno sguardo tagliente. «Perché non me ne hai mai parlato, papà? Della famiglia, dei Deamundi... di Reg?» domandò con amarezza. Avrebbe preferito se fosse stato suo padre a raccontarle tutto, invece di venirlo a sapere dal professor Saiminiu e da un vecchio albero genealogico. Non sapeva assolutamente niente della sua famiglia perché nessuno gliene aveva mai parlato.

Reammon si stropicciò le mani a disagio; i suoi occhi guizzavano lontani, come a cercare una via di fuga, o forse le parole più giuste da dire. «Di Reg, io...mi vergognavo» rispose con un filo di voce.

«Ti vergognavi? E perché?» gli domandò la figlia, senza capire.

E Reammon esplose. «Mairead, io ho passato gli ultimi vent'anni della mia vita convinto di aver ucciso una persona, e non una qualunque, ma la sorella del mio migliore amico! Pensi forse che sarebbe stato divertente per me rievocare quella notte, confessare quello che avevo fatto, tornare con la mente a quei...» la voce gli morì in gola e Reammon fu costretto a distogliere lo sguardo dalla figlia.

Mairead si pentì immediatamente di averlo aggredito a quel modo: aveva pensato soltanto a se stessa, dimenticandosi che per suo padre doveva essere stato penoso vivere con quel senso di colpa per tutti quegli anni. «Oh, papà» sussurrò rattristata. «Mi dispiace».

«No, scusami tu. Sono stato un po' sgarbato, è che...» cominciò Reammon. Poi sorrise. «...è difficile».

Mairead rispose al sorriso con sincerità. Dopodiché gli gettò le braccia al collo con uno slancio ed esclamò: «Ti voglio bene, papà. Non ti cambierei per nulla al mondo».

Reammon la strinse a sé in un abbraccio. «Anche io ti voglio bene, piccolina. Anche io».





Ebbene, eccoci giunti alla fine di questo terzo racconto della saga. A me un po' dispiace, ma se sono riuscita con le mie parole a regalarvi un sorriso o a strapparvi una lacrima di commozione (anche figurata!) sono più che soddisfatta. Grazie a tutti quelli che hanno commentato, che hanno seguito o anche solo leggiucchiato qualche riga.

Un abbraccio a tutti!

Beatrix Bonnie


Per passare a questioni più pratiche, non pensiate che mi sia dimenticata del sondaggio! La maggioranza ha votato per “Il coraggio di scegliere”, che quindi sarà pubblicato per primo a partire dal secondo sabato di gennaio, probabilmente con scadenza settimanale.

Inoltre, visto che non avevo un'immagine per questo epilogo, vi metto i disegni degli stemmi di alcune tra le più importanti famiglie nobili purosangue. Il mio preferito è quello dei Maleficium, perché mi piace come famiglia, ma anche quello degli O'Brian ha il suo perché!

Famiglia Daemundi, motto “O domhain na bunn” (dal profondo delle fondamenta)

Famiglia Maleficium, motto “Pax ordum pax orbis” (pace degli ordini sociali, pace del mondo)

Famiglia O'Brian, motto “Etiam pereunt ruinae” (anche le rovine muoiono)

Famiglia Saiminiu, motto “Faoi sciath na Firinne” (sotto lo scudo della Verità)

Famiglia Allen (quella di Cecelia Allen, la portiera dei Llapac... eh, sì è bella e pure nobile! Certa gente ha tutte le fortune), motto”In bono semper” (sempre nel bene).



EDIT: si conclude anche per questo racconto il mio infinito lavoro di risistemazione dei dialoghi! Ce la farò prima o poi a finire tutto, abbiate fede! ^^

   
 
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