CAPITOLO4
CAPITOLO 4
Erano trascorsi alcuni giorni dalla sera in cui Harada
l'aveva baciata, giorni in cui Gin aveva cercato disperatamente di
comportarsi come se non fosse successo niente. Ma il rossore che le
coloriva le guance ogni volta che l'uomo le era vicino rivelava
chiaramente che tra loro era successo qualcosa.
Kyo, come suo solito, fu il primo ad accorgersene ma,
tenendo conto di ciò a cui aveva assistito quella sera, aveva preso
il tutto come una sorta di benedizione: se Sano era il solo in grado
di guarire sua sorella, poco gli importava il fatto che fosse un
umano, uno shinsengumi.
Harada, da parte sua, cercava di lasciare a Gin tutto lo
spazio di cui necessitava: non voleva si sentisse soffocare a causa
della sua presenza costante, ma soprattutto non voleva spaventarla.
La trattava quindi come avrebbe fatto con qualsiasi ragazzina.
Questo, almeno, era quello che continuava a ripetersi, ma sapeva
benissimo che non riusciva più a considerarla tale. Era una giovane
donna, molto bella, per quanto le sofferenze patite ne avessero
affilato i lineamenti e reso la figura meno piena di come la
ricordava.
Quella mattina, al tempio era tutto stranamente calmo e
fu per quel motivo che non si meravigliò e preoccupò più di tanto
quando sentì quel silenzio innaturale spazzato via da un colpo di
pistola. Fu superato da un Amagiri che correva come se avesse il
diavolo alle calcagna, seguito a ruota da uno Shiranui trafelato, che
imprecava assai più di Nagakura. Fu proprio l'atteggiamento di Kyo e
l'assenza di Gin e Kazama a farlo scattare in avanti,
all'inseguimento dei due Oni.
La scena che gli si parò davanti aveva
dell'incredibile.
Gin teneva la pistola puntata contro Kazama, uno sguardo
assassino ad illuminarle gli occhi grigi, adesso del colore
dell'acciaio, mentre Kazama la fissava sorridendo sardonicamente.
-
Cosa state facendo?
-
[Statene fuori] – fu la risposta secca della ragazza,
gli occhi incollati alla figura del biondo Oni.
-
Kazama? - intervenne Amagiri.
-
Ha scoperto che ho preso la Douji-giri Yasutsuna.
-
Cosa sarebbe? - si azzardò a chiedere Harada.
-
E' una spada con cui è possibile uccidere gli Oni. -
rispose Kazama sogghignando – E quindi anche i Rasetsu. E quelli
come te.
-
Gin? - intervenne Kyo.
-
[L'ha usata contro Hijikata. Voleva ucciderlo a seguito
di quello che lui ritiene un affronto]
-
Mi ha umiliato!
-
[Ti ha sconfitto. E tu volevi ucciderlo per questo.]
-
Umiliando me ha gettato fango sul clan: voleva
dimostrare quanto lui, piccolo insignificante Rasetsu...
un'imitazione della nostra perfezione... potesse essere migliore di
me.
-
[E lo è: Hijikata-san pensa prima di agire. Per lui
sono più importanti ciò in cui crede e gli affetti]
-
Stupide romanticherie da donnicciola...
Uno sparo, un colpo mirato ai suoi piedi, che lo mancò
di un soffio, sollevando una nuvoletta di polvere, gli impedì di
concludere la frase.
-
[No. Questo è un forte senso dell'onore: lui agisce
nel rispetto della Shinsengumi e dei suoi ideali. E protegge ciò
che ha di più caro: i suoi amici, quelli che costituiscono la sua
sola famiglia. Ed anche Chizuru] – disse secca, per poi aggiungere
sarcasticamente – [O forse è proprio questo ad infastidirti?]
-
Tu, stupida femmina... - fu la risposta rabbiosa di
Kazama, che si slanciò contro di lei deciso a colpirla.
L'ennesimo colpo di pistola sparato ai suoi piedi lo
costrinse a fermarsi, e fu così che si rese conto che Gin era adesso
alle sue spalle, la pistola puntata alla sua tempia.
Continuò a fissarlo con furia omicida per alcuni
secondi, poi, abbassò l'arma e rivolse la propria attenzione a
Harada, sostenendone lo sguardo stupito, mentre Amagiri disarmava
Kazama e lo allontanava dal gruppo.
-
[Kyo... dobbiamo prepararci: è ora.]
-
Vengo anche io – intervenne Harada.
-
[No. Saresti solo un peso.]
-
Come hai detto, scusa? - le chiese incredulo,
sogghignando.
-
[Non andiamo ad uccidere. Andiamo a salvare una vita. E
tu non sai come dobbiamo muoverci, quindi saresti un peso] – gli
disse uscendo dalla stanza, non senza una traccia di rossore sulle
gote.
Harada la seguì dopo un attimo di smarrimento, entrando
in camera di lei,.
-
Dannazione ragazzina – le gridò contro, afferrandola
per un polso – in quella stanza ti è andata bene e lo sai anche
tu. Quindi sulla base di quanto è accaduto la dentro non puoi
trattarmi come un idiota. Voglio solo aiutarti. A maggior ragione se
si tratta di salvare qualcuno.
-
[Allora resta al tempio. Per favore.] - gli chiese
fissandolo negli occhi.
-
Perché? E dammi un motivo valido. Quella di prima era
una scusa patetica. - le rispose, lasciando scivolare le dita lungo
il suo polso, fino ad afferrarle la mano.
-
[Non voglio che tu mandi tutto all'aria.]
-
Non capisco...
-
[La persona che voglio salvare... è... è Okita... e
tu sei impulsivo: non posso permettermi di vederti intervenire al
momento sbagliato vanificando tutto quanto...] – gli rispose
evitandone lo sguardo.
-
Mi stai prendendo in giro?! - le domandò, cercando di
non dare peso al fatto che la persona da salvare fosse Souji Okita.
-
[No] – balbettò, sentendo montare chiaramente la
rabbia dell'uomo.
-
Fammi capire... non sei in grado di difenderti.... con
Kazama hai avuto solo un gran culo, e lo sai... come credi che
possa...? - insisté Harada, in maniera sempre più pressante.
-
[P... perché fai così?]
-
Così come?
-
[Ti comporti come se...]
-
Come se...? – le chiese sollevandole il volto con due
dita.
Gin lo fissò per un attimo, combattuta tra il volere
leggere nelle sue parole qualcosa in più di quanto dicessero
realmente e la volontà di tenerlo lontano da ciò che si accingevano
a fare, in un ultimo tentativo di affermare la propria indipendenza
dagli uomini, indipendenza che dopo quanto le era accaduto aveva
cercato di costruirsi con estrema fatica.
La cosa che però la mosse a reagire come avrebbe fatto
di lì a poco fu la paura di arrivare a dipendere troppo da Harada,
di legarsi troppo a lui, ignorando o volendo ignorare che fosse ormai
troppo tardi.
-
[Niente. Fatti gli affari tuoi...] - gli ripose,
liberando la propria mano dalla stretta dell'uomo con uno strattone.
-
Sono affari miei...
-
[Ti sbagli, Shinsengumi: non lo sono. Ciò che faccio
della mia vita e le motivazioni che mi muovono sono solo affar mio].
-
Permettimi di dissentire, principessa. Ciò in cui mi
hai trasformato, l'isolamento a cui mi hai costretto ed in cui solo
tu mi sei di compagnia... tutto questo fa si che io possa
considerare gli affari tuoi come affari miei.
-
[Cazzate!] - gli rispose, allontanandosi da lui, decisa
a mettere tra di loro quanta più distanza possibile.
Improvvisamente si ritrovò contro il muro, le mani di
Harada strette attorno alle spalle, mentre gli occhi ambrati
dell'uomo mandavano bagliori rabbiosi.
-
Non osare mai più rispondermi in questo modo,
ragazzina.
-
[Spiacente per te, ma ho tutte le intenzioni di farlo
ogni qualvolta mi aggrada: non ti devo niente]
-
Ti sbagli, dolcezza – le rispose sibilando – Mi hai
sconvolto la vita: qualcosina me la devi... magari anche solo il
rispetto che una ragazzina della tua età deve ad un adulto.
-
[Scordatelo, testone. Ti ho salvato la vita: sei tu
quello a dovere qualcosa alla sottoscritta. E comunque...] - gli
rispose protendendosi verso di lui, scontrandosi con il suo petto –
[NON sei mio padre... NON sei mio fratello... NON sei il mio uomo.
Quindi non hai alcun diritto...]
La sua voce interiore andò via via scemando mentre i
suoi occhi grigi, carichi di astio, si scontravano con quelli ambrati
dell'uomo, ridotti a due fessure.
Si studiarono per alcuni secondi, entrambi ansimanti per
l'ira, i petti che si alzavano e abbassavano velocemente a causa
della rabbia pronta ad esplodere in qualunque momento, sfiorandosi e
rendendoli entrambi acutamente consapevoli della vicinanza
dell'altro.
Fu Harada ad interrompere la guerra di sguardi.
-
Alla tua ultima obiezione posso porvi rimedio subito. -
le sibilò in volto, mentre con una mano la teneva inchiodata al
muro e con l'altra l'afferrava per la nuca, costringendola a
sollevare la testa.
Prima ancora che riuscisse a realizzare cosa avesse
intenzione di farle l'uomo, Gin si trovò schiacciata spalle alla
parete, le braccia sollevate sopra la testa, i polsi stretti nella
mano sinistra dell'uomo, la destra ad immobilizzarle la testa,
trattenendola per i capelli, mentre la bocca di Harada calava a picco
sulla sua, come un rapace sulla preda, forzandola ad aprire le
labbra.
Dopo un momento di sorpresa, Gin prese a dibattersi con
violenza, cercando di liberare i polsi da quella morsa dolorosa. Nel
tentativo di fare leva, commise l'errore di inarcare il corpo verso
quello dell'uomo, il quale le si strinse maggiormente contro.
La rabbia fu sostituita dal panico.
Harada percepì chiaramente il cambiamento, smettendo di
forzarla a ricevere il bacio e prendendo a stuzzicarle le labbra con
baci lievi e ravvicinati, quasi rassicuranti, mentre la presa che le
bloccava le braccia si faceva più debole, senza tuttavia liberarla
dalla mostra in cui le stringeva la testa.
Gin reagì al cambiamento di Harada con uno spintone,
cercando di allontanarlo da sé, trovandosi invece stretta contro il
corpo dell'uomo, un braccio a circondarle la vita, mentre le alitava
sulle labbra parole rassicuranti.
-
Non voglio farti del male. Voglio solo che tu capisca.
-
[Lasciami...] - lo supplicò
-
Non posso farlo... - le rispose continuando a
tormentarle le labbra, mentre il corpo di lei, stranamente, si
rilassava contro quello di lui.
Le mani smisero di spingere contro le spalle dell'uomo,
le labbra si ammorbidirono, le gambe si fecero molli. Fu costretta a
sorreggersi ad Harada, che in quel momento lasciò scivolare la
lingua nella bocca di Gin, iniziando a torturarla.
La giovane si irrigidì per la sorpresa.
Non voleva spaventarla. Lo sentiva.
Voleva baciarla, cosa che voleva anche lei. Erano giorni
che vi fantasticava sopra.
Voleva solo abbracciarla. Non riuscì ad impedirsi di
far scivolare le mani, con cui prima aveva tentato di spingerlo via,
attorno al collo, infilando le dita nei capelli castano ramati
dell'uomo, il quale, a quel gesto, emise un gemito rauco.
Voleva stringerla a sé. Sentiva l'urgenza di tenerlo
stretto, il desiderio di fondersi con quel corpo caldo e rassicurante
che sapeva, ne era certa, l'avrebbe protetta da qualsiasi cosa, da
chiunque, sempre e comunque.
Harada, nel sentire l'arrendevolezza della giovane,
faticò e non poco, per mantenere quel minimo di autocontrollo
necessario a non sdraiarsi con le sul tatami ed iniziare la danza più
antica del mondo.
Fu con uno sforzo sovrumano che riuscì a porre fine al
bacio, rifiutandosi però di lasciarla andare.
Continuò a stringerla a sé, posandole le testa sul
capo, mentre inspirava rumorosamente per riacquistare la calma.
Era stranamente silenziosa, sebbene con le braccia gli
circondasse ancora il busto, le mani strette alla camicia.
Per la ragazza fu come una doccia fredda.
Lo scostò da sé lentamente, il capo chino nel
tentativo di celare all'uomo gli occhi pieni di lacrime.
-
Gin...?
-
[Hai vinto. Non sono in grado di difendermi. Puoi
venire con noi] – gli disse stancamente, mentre a testa bassa
fissava il tatami alle spalle di Harada.
-
[Prepara le tue cose: si parte tra un'ora] –
aggiunse, aggirando l'uomo per afferrare la sacca lasciata in un
angolo, sempre evitando di guardalo.
-
Gin, cosa...? - le chiese Harada, stupito da quello
strano comportamento.
-
[Hai ottenuto ciò che volevi. Hai dimostrato che non
sono in grado di difendermi; che contro la forza bruta entro nel
panico. Hai vinto.]
-
No, io non... - Iniziò l'uomo, cercando di spiegarle
il proprio gesto, di farle capire che aveva frainteso, che sì, era
iniziato tutto come atto dimostrativo, ma che poi...
-
[Non aggiungere altro. Adesso lasciami sola, per
favore. Devo finire di sistemare le mie cose] – gli rispose,
dandogli le spalle, mentre le lacrime scendevano copiose.
L'uomo la guardò in silenzio per alcuni istanti, gli
occhi fissi sulla schiena rigida, ora scossa da lievi singhiozzi
silenziosi.
Non appena sentì chiudersi lo shoji, Gin si lasciò
cadere a terra, dando libero sfogo al pianto.
***
Kyo ed Amagiri erano già in sella quando videro
arrivare Harada a passo di carica, afferrare le redini e montare sul
proprio cavallo, il tutto nel mutismo più assoluto. Solo gli occhi
lasciavano intendere quanto fosse adirato.
Pochi minuti dopo Gin si unì a loro, evitando
accuratamente di incrociare lo sguardo di Harada.
La giovane fece scattare il cavallo in avanti, partendo
al galoppo, subito seguita dal fratello, non prima che questi
lanciasse un'occhiata interrogativa all'umano, il quale rispose
semplicemente sostenendo lo sguardo dell'altro.
Harada si voltò a guardarlo.
Non era una domanda.
-
Già...
-
Sta attento a Kazama. Nonostante quello a cui hai
assistito poche ore fa, Kazama è molto affezionato a Gin. E' la
sola persona da cui è disposto a farsi maltrattare.
-
Ne è innamorato... - lasciò la domanda in sospeso.
-
No. Lui non ha un buon carattere, lo avrai notato
certamente. Ed è sempre stato così. E per questo viene isolato.
Tutti quanti, da sempre, temono i suoi scatti di ira. Solo Gin non
lo ha mai temuto. Sin da piccola. I bambini dell'età di Kazama lo
evitavano, mentre la piccola Gin gli si attaccava alle gambe e lo
seguiva ovunque. E' la sola che è riuscita a vedere il vero Kazama
e lui non lo dimenticherà, così come le vorrà sempre bene. Più
che ad una sorella.
-
Perché mi stai dicendo tutto ciò? - gli chiese
Harada, incuriosito dalla prima lunga tirata del gigantesco Oni.
-
Perché voglio che tu capisca Kazama ed il perché ce
l'ha con te. Non farla soffrire, Harada. Ha già sopportato molto...
troppo. E Kazama si da la colpa per non essere stato lì nel momento
in cui avrebbe avuto più bisogno di lui. E' disposto a tutto per
lei. Anche a morire.
Con queste ultime parole, il silenzio tornò a regnare
tra i due.
***
Erano in viaggio ormai da due giorni e Harada si
malediceva sempre più per non essere stato in grado di rimediare al
danno non appena lo aveva fatto.
Gin, infatti, continuava ad ignorarlo, evitandolo per
quanto le fosse possibile. La sera precedente, quando si erano
accampati per dormire, si era avvolta in una coperta dandogli le
spalle con uno stringato “notte” lanciato in generale.
La cosa che lo preoccupava, però era il fatto che non
avesse mangiato niente.
Perso nei propri pensieri si accorse solo all'ultimo che
Gin aveva fermato il cavallo in prossimità di una radura. Quando la
vide smontare, imitata dal fratello e da Amagiri, si decise a fare
altrettanto, rimanendo poi a studiarla mentre afferrava la sacca e si
infilava nel fitto degli alberi.
Erano tutti indolenziti dalla cavalcata, pertanto i tre
attesero la ragazza sgranchendosi le gambe, camminando avanti ed
indietro sul posto, nel silenzio più totale. Silenzio interrotto dal
fruscio di una veste, cosa che costrinse Harada a voltarsi sorpreso.
Ciò che vide lo lasciò senza parole. Gin indossava un
kimono dalle sfumature grigie come i suoi occhi, messi in risalto dai
fili di seta color argento che illuminavano la stoffa della veste. I
capelli erano morbidamente raccolti sopra il capo tramite un kanzashi
in argento. Era uno spettacolo.
Senza neanche accorgersi di cosa stesse facendo, Harada
le si avvicinò lentamente, mentre lei era intenta a riporre la sacca
contenente, adesso, gli abiti maschili che si era tolta.
L'unica reazione di Gin al commento fu arrossire, troppo
stupita dall'atteggiamento dell'uomo che, nel frattempo, aveva
sollevato una mano a sfiorarle una ciocca di capelli lasciati liberi
dall'acconciatura.
Kyo aiutò Gin a salire in sella, le gambe dallo stesso
lato; poi montò a sua volta, imitato da Amagiri e Harada,
quest'ultimo incantato dalla figura di Gin.
Proseguirono al passo per alcuni chilometri, mentre il
sole iniziava a lasciare posto alla luna.
-
Perché? - chiese Harada ad Amagiri, riferendosi
chiaramente al cambio di abiti di Gin.
-
Tre uomini ed una donna, facoltosa, danno meno
nell'occhio di quattro uomini: nel primo caso i tre fungono da
scorta, nel secondo caso sono quattro portatori di guai. Siamo in
prossimità di un centro abitato e ci serviva un travestimento per
evitare di dare nell'occhio. Comunque, a breve, vedrai.
-
Teniamoci pronti – intervenne Kyo.
Poco dopo incrociarono un gruppo di uomini armati che
ignorarono bellamente i tre mentre rivolsero la propria attenzione
alla nobile fanciulla che cavalcava tra di loro. Li lasciarono andare
senza neanche chiedere niente, facendo sorridere Harada per la
stupidità dimostrata.
Improvvisamente un clangore di spade attirò la loro
attenzione. Nascosero i cavalli dietro alcune rocce, ponendosi in
attesa, così come richiesto da Gin.
Il gruppo abbandonò il proprio nascondiglio. Mentre Kyo
faceva da apripista ed Amagiri garantiva la copertura alle spalle,
prese a correre verso la figura del ragazzo dagli occhi verdi, adesso
rossi a causa della trasformazione in Rasetsu. Harada la seguiva da
presso.
Gin riuscì a raggiungere Okita prima che crollasse a
terra. Si sollevò velocemente una manica del kimono, mettendo a nudo
il polso, per poi afferrare la mano di Okita, sciogliere il nastro
con cui vi teneva legata la katana, afferrare quest'ultima e
procurarsi un taglio da cui iniziò subito ad uscire del sangue.
Quest'ultima gli avvicinò il polso alle labbra,
invitandolo a bere.
-
No... non potete... vi... ucciderei...
-
Bevi e non fare storie, Souji. - lo contraddisse una
voce maschile.
-
Sa...Sano?! - chiese incerto il giovane, cercando di
mettere a fuoco l'immagine del compagno.
-
Bevi, o sarà tardi...
-
Cosa...?
La debole protesta fu bloccata da Harada che afferrò il
polso della giovane portandoselo alla bocca e succhiando il sangue
che sgorgava da esso sotto lo sguardo incredulo dell'altro.
-
Lo bevi da te o vuoi che te lo faccia bere dalla mia
bocca? Mi sembra di ricordare che ti piacciono solo le donne...
-
Ho capito... - fu la risposta di Okita, che si
costrinse a prendere il polso esile della ragazza e a portarselo
alle labbra, iniziando poi a succhiare.
Il colore tornava sulle guance di Okita, abbandonando
quelle di Gin, gli occhi fissi in quelli del ragazzo che stava
riacquistando la vita grazie al suo sangue.
-
Grazie... - furono le parole di Okita non appena si fu
ripreso, mentre continuava a studiare la giovane bellezza che era al
fianco del suo amico.
-
Sano... chi è lei?
-
Tempo al tempo, Souji. Adesso dobbiamo allontanarci da
qui. - gli rispose l'altro, mentre Amagiri lo sollevava
caricandoselo a spalle.
Harada abbassò lo sguardo sulla ragazza, la quale non
accennava ad alzarsi.
La ragazza gli rispose affermativamente con un lieve
cenno del capo, mentre si alzava in piedi, ondeggiando
pericolosamente.
Queste furono le uniche due parole che la ragazza riusci
a dire prima di accasciarsi contro il petto di Harada, che la prese
prontamente.
Shiranui arrivò da lui in un baleno, controllando le
condizioni della sorella.
Pochi minuti dopo erano tutti in sella, Harada con Gin
stretta tra le braccia, poggiata al suo petto, il volto di un
colorito cinereo.
“ Gin, ti prego... resisti”
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