Erano trascorsi alcuni giorni dalla sera in cui Harada l'aveva baciata, giorni in cui Gin aveva cercato disperatamente di comportarsi come se non fosse successo niente. Ma il rossore che le coloriva le guance ogni volta che l'uomo le era vicino rivelava chiaramente che tra loro era successo qualcosa.
Kyo, come suo solito, fu il primo ad accorgersene ma, tenendo conto di ciò a cui aveva assistito quella sera, aveva preso il tutto come una sorta di benedizione: se Sano era il solo in grado di guarire sua sorella, poco gli importava il fatto che fosse un umano, uno shinsengumi.Harada, da parte sua, cercava di lasciare a Gin tutto lo spazio di cui necessitava: non voleva si sentisse soffocare a causa della sua presenza costante, ma soprattutto non voleva spaventarla. La trattava quindi come avrebbe fatto con qualsiasi ragazzina. Questo, almeno, era quello che continuava a ripetersi, ma sapeva benissimo che non riusciva più a considerarla tale. Era una giovane donna, molto bella, per quanto le sofferenze patite ne avessero affilato i lineamenti e reso la figura meno piena di come la ricordava.
Quella mattina, al tempio era tutto stranamente calmo e fu per quel motivo che non si meravigliò e preoccupò più di tanto quando sentì quel silenzio innaturale spazzato via da un colpo di pistola. Fu superato da un Amagiri che correva come se avesse il diavolo alle calcagna, seguito a ruota da uno Shiranui trafelato, che imprecava assai più di Nagakura. Fu proprio l'atteggiamento di Kyo e l'assenza di Gin e Kazama a farlo scattare in avanti, all'inseguimento dei due Oni.La scena che gli si parò davanti aveva dell'incredibile.
Gin teneva la pistola puntata contro Kazama, uno sguardo assassino ad illuminarle gli occhi grigi, adesso del colore dell'acciaio, mentre Kazama la fissava sorridendo sardonicamente.
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Cosa state facendo?
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[Statene fuori] – fu la risposta secca della ragazza, gli occhi incollati alla figura del biondo Oni.
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Kazama? - intervenne Amagiri.
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Ha scoperto che ho preso la Douji-giri Yasutsuna.
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Cosa sarebbe? - si azzardò a chiedere Harada.
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E' una spada con cui è possibile uccidere gli Oni. - rispose Kazama sogghignando – E quindi anche i Rasetsu. E quelli come te.
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Gin? - intervenne Kyo.
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[L'ha usata contro Hijikata. Voleva ucciderlo a seguito di quello che lui ritiene un affronto]
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Mi ha umiliato!
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[Ti ha sconfitto. E tu volevi ucciderlo per questo.]
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Umiliando me ha gettato fango sul clan: voleva dimostrare quanto lui, piccolo insignificante Rasetsu... un'imitazione della nostra perfezione... potesse essere migliore di me.
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[E lo è: Hijikata-san pensa prima di agire. Per lui sono più importanti ciò in cui crede e gli affetti]
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Stupide romanticherie da donnicciola...
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[No. Questo è un forte senso dell'onore: lui agisce nel rispetto della Shinsengumi e dei suoi ideali. E protegge ciò che ha di più caro: i suoi amici, quelli che costituiscono la sua sola famiglia. Ed anche Chizuru] – disse secca, per poi aggiungere sarcasticamente – [O forse è proprio questo ad infastidirti?]
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Tu, stupida femmina... - fu la risposta rabbiosa di Kazama, che si slanciò contro di lei deciso a colpirla.
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[Usa di nuovo quella dannata katana e per te sarà la fine] – gli sibilò rabbiosa, per poi girargli attorno fino a trovarsi di fronte a lui – [Adesso sai che la prossima volta non sbaglierò].
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[Kyo... dobbiamo prepararci: è ora.]
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Vengo anche io – intervenne Harada.
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[No. Saresti solo un peso.]
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Come hai detto, scusa? - le chiese incredulo, sogghignando.
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[Non andiamo ad uccidere. Andiamo a salvare una vita. E tu non sai come dobbiamo muoverci, quindi saresti un peso] – gli disse uscendo dalla stanza, non senza una traccia di rossore sulle gote.
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Dannazione ragazzina – le gridò contro, afferrandola per un polso – in quella stanza ti è andata bene e lo sai anche tu. Quindi sulla base di quanto è accaduto la dentro non puoi trattarmi come un idiota. Voglio solo aiutarti. A maggior ragione se si tratta di salvare qualcuno.
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[Allora resta al tempio. Per favore.] - gli chiese fissandolo negli occhi.
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Perché? E dammi un motivo valido. Quella di prima era una scusa patetica. - le rispose, lasciando scivolare le dita lungo il suo polso, fino ad afferrarle la mano.
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[Non voglio che tu mandi tutto all'aria.]
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Non capisco...
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[La persona che voglio salvare... è... è Okita... e tu sei impulsivo: non posso permettermi di vederti intervenire al momento sbagliato vanificando tutto quanto...] – gli rispose evitandone lo sguardo.
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Mi stai prendendo in giro?! - le domandò, cercando di non dare peso al fatto che la persona da salvare fosse Souji Okita.
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[No] – balbettò, sentendo montare chiaramente la rabbia dell'uomo.
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Fammi capire... non sei in grado di difenderti.... con Kazama hai avuto solo un gran culo, e lo sai... come credi che possa...? - insisté Harada, in maniera sempre più pressante.
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[P... perché fai così?]
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Così come?
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[Ti comporti come se...]
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Come se...? – le chiese sollevandole il volto con due dita.
La cosa che però la mosse a reagire come avrebbe fatto di lì a poco fu la paura di arrivare a dipendere troppo da Harada, di legarsi troppo a lui, ignorando o volendo ignorare che fosse ormai troppo tardi.
-
[Niente. Fatti gli affari tuoi...] - gli ripose, liberando la propria mano dalla stretta dell'uomo con uno strattone.
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Sono affari miei...
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[Ti sbagli, Shinsengumi: non lo sono. Ciò che faccio della mia vita e le motivazioni che mi muovono sono solo affar mio].
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Permettimi di dissentire, principessa. Ciò in cui mi hai trasformato, l'isolamento a cui mi hai costretto ed in cui solo tu mi sei di compagnia... tutto questo fa si che io possa considerare gli affari tuoi come affari miei.
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[Cazzate!] - gli rispose, allontanandosi da lui, decisa a mettere tra di loro quanta più distanza possibile.
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Non osare mai più rispondermi in questo modo, ragazzina.
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[Spiacente per te, ma ho tutte le intenzioni di farlo ogni qualvolta mi aggrada: non ti devo niente]
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Ti sbagli, dolcezza – le rispose sibilando – Mi hai sconvolto la vita: qualcosina me la devi... magari anche solo il rispetto che una ragazzina della tua età deve ad un adulto.
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[Scordatelo, testone. Ti ho salvato la vita: sei tu quello a dovere qualcosa alla sottoscritta. E comunque...] - gli rispose protendendosi verso di lui, scontrandosi con il suo petto – [NON sei mio padre... NON sei mio fratello... NON sei il mio uomo. Quindi non hai alcun diritto...]
Si studiarono per alcuni secondi, entrambi ansimanti per l'ira, i petti che si alzavano e abbassavano velocemente a causa della rabbia pronta ad esplodere in qualunque momento, sfiorandosi e rendendoli entrambi acutamente consapevoli della vicinanza dell'altro.
Fu Harada ad interrompere la guerra di sguardi.
-
Alla tua ultima obiezione posso porvi rimedio subito. - le sibilò in volto, mentre con una mano la teneva inchiodata al muro e con l'altra l'afferrava per la nuca, costringendola a sollevare la testa.
Dopo un momento di sorpresa, Gin prese a dibattersi con violenza, cercando di liberare i polsi da quella morsa dolorosa. Nel tentativo di fare leva, commise l'errore di inarcare il corpo verso quello dell'uomo, il quale le si strinse maggiormente contro.
La rabbia fu sostituita dal panico.
Harada percepì chiaramente il cambiamento, smettendo di forzarla a ricevere il bacio e prendendo a stuzzicarle le labbra con baci lievi e ravvicinati, quasi rassicuranti, mentre la presa che le bloccava le braccia si faceva più debole, senza tuttavia liberarla dalla mostra in cui le stringeva la testa.Gin reagì al cambiamento di Harada con uno spintone, cercando di allontanarlo da sé, trovandosi invece stretta contro il corpo dell'uomo, un braccio a circondarle la vita, mentre le alitava sulle labbra parole rassicuranti.
-
Non voglio farti del male. Voglio solo che tu capisca.
-
[Lasciami...] - lo supplicò
-
Non posso farlo... - le rispose continuando a tormentarle le labbra, mentre il corpo di lei, stranamente, si rilassava contro quello di lui.
La giovane si irrigidì per la sorpresa.
-
Non ti farò del male. E' solo un bacio – gli sussurrò l'uomo a fior di labbra, interrompendo il bacio solo per il tempo necessario a pronunciare questa frase.
Voleva baciarla, cosa che voleva anche lei. Erano giorni che vi fantasticava sopra.
Voleva solo abbracciarla. Non riuscì ad impedirsi di far scivolare le mani, con cui prima aveva tentato di spingerlo via, attorno al collo, infilando le dita nei capelli castano ramati dell'uomo, il quale, a quel gesto, emise un gemito rauco.
Voleva stringerla a sé. Sentiva l'urgenza di tenerlo stretto, il desiderio di fondersi con quel corpo caldo e rassicurante che sapeva, ne era certa, l'avrebbe protetta da qualsiasi cosa, da chiunque, sempre e comunque.
Harada, nel sentire l'arrendevolezza della giovane, faticò e non poco, per mantenere quel minimo di autocontrollo necessario a non sdraiarsi con le sul tatami ed iniziare la danza più antica del mondo.
Fu con uno sforzo sovrumano che riuscì a porre fine al bacio, rifiutandosi però di lasciarla andare.
Continuò a stringerla a sé, posandole le testa sul capo, mentre inspirava rumorosamente per riacquistare la calma.
-
Gin...
-
Gin... hai capito adesso?
Lo scostò da sé lentamente, il capo chino nel tentativo di celare all'uomo gli occhi pieni di lacrime.
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Gin...?
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[Hai vinto. Non sono in grado di difendermi. Puoi venire con noi] – gli disse stancamente, mentre a testa bassa fissava il tatami alle spalle di Harada.
-
[Prepara le tue cose: si parte tra un'ora] – aggiunse, aggirando l'uomo per afferrare la sacca lasciata in un angolo, sempre evitando di guardalo.
-
Gin, cosa...? - le chiese Harada, stupito da quello strano comportamento.
-
[Hai ottenuto ciò che volevi. Hai dimostrato che non sono in grado di difendermi; che contro la forza bruta entro nel panico. Hai vinto.]
-
No, io non... - Iniziò l'uomo, cercando di spiegarle il proprio gesto, di farle capire che aveva frainteso, che sì, era iniziato tutto come atto dimostrativo, ma che poi...
-
[Non aggiungere altro. Adesso lasciami sola, per favore. Devo finire di sistemare le mie cose] – gli rispose, dandogli le spalle, mentre le lacrime scendevano copiose.
-
Ci vediamo dopo – le disse con rabbia, dandosi dello stupido e maledicendosi per la sconsideratezza di ciò che aveva fatto.
Kyo ed Amagiri erano già in sella quando videro arrivare Harada a passo di carica, afferrare le redini e montare sul proprio cavallo, il tutto nel mutismo più assoluto. Solo gli occhi lasciavano intendere quanto fosse adirato.
Pochi minuti dopo Gin si unì a loro, evitando accuratamente di incrociare lo sguardo di Harada.-
[Andiamo]
-
Posso sapere cosa è accaduto tra di voi? - fu la voce di Amagiri ad interrompere il silenzio che regnava nelle retrovie.
-
Ho... ho fatto l'ennesima cazzata... e temo di averla fatta grossa. - rispose seguendo con gli occhi l'esile figura che cavalcava dinanzi a loro.
-
Quindi sei arrabbiato con te stesso.
-
Già...
-
Sta attento a Kazama. Nonostante quello a cui hai assistito poche ore fa, Kazama è molto affezionato a Gin. E' la sola persona da cui è disposto a farsi maltrattare.
-
Ne è innamorato... - lasciò la domanda in sospeso.
-
No. Lui non ha un buon carattere, lo avrai notato certamente. Ed è sempre stato così. E per questo viene isolato. Tutti quanti, da sempre, temono i suoi scatti di ira. Solo Gin non lo ha mai temuto. Sin da piccola. I bambini dell'età di Kazama lo evitavano, mentre la piccola Gin gli si attaccava alle gambe e lo seguiva ovunque. E' la sola che è riuscita a vedere il vero Kazama e lui non lo dimenticherà, così come le vorrà sempre bene. Più che ad una sorella.
-
Perché mi stai dicendo tutto ciò? - gli chiese Harada, incuriosito dalla prima lunga tirata del gigantesco Oni.
-
Perché voglio che tu capisca Kazama ed il perché ce l'ha con te. Non farla soffrire, Harada. Ha già sopportato molto... troppo. E Kazama si da la colpa per non essere stato lì nel momento in cui avrebbe avuto più bisogno di lui. E' disposto a tutto per lei. Anche a morire.
***
Erano in viaggio ormai da due giorni e Harada si malediceva sempre più per non essere stato in grado di rimediare al danno non appena lo aveva fatto.
Gin, infatti, continuava ad ignorarlo, evitandolo per quanto le fosse possibile. La sera precedente, quando si erano accampati per dormire, si era avvolta in una coperta dandogli le spalle con uno stringato “notte” lanciato in generale.La cosa che lo preoccupava, però era il fatto che non avesse mangiato niente.
Perso nei propri pensieri si accorse solo all'ultimo che Gin aveva fermato il cavallo in prossimità di una radura. Quando la vide smontare, imitata dal fratello e da Amagiri, si decise a fare altrettanto, rimanendo poi a studiarla mentre afferrava la sacca e si infilava nel fitto degli alberi.
Erano tutti indolenziti dalla cavalcata, pertanto i tre attesero la ragazza sgranchendosi le gambe, camminando avanti ed indietro sul posto, nel silenzio più totale. Silenzio interrotto dal fruscio di una veste, cosa che costrinse Harada a voltarsi sorpreso.
Ciò che vide lo lasciò senza parole. Gin indossava un kimono dalle sfumature grigie come i suoi occhi, messi in risalto dai fili di seta color argento che illuminavano la stoffa della veste. I capelli erano morbidamente raccolti sopra il capo tramite un kanzashi in argento. Era uno spettacolo.
Senza neanche accorgersi di cosa stesse facendo, Harada le si avvicinò lentamente, mentre lei era intenta a riporre la sacca contenente, adesso, gli abiti maschili che si era tolta.
-
Sei bellissima... - fu il sussurro di Harada, che la costrinse a voltarsi sorpresa verso l'uomo.
-
[A... andiamo]
Proseguirono al passo per alcuni chilometri, mentre il sole iniziava a lasciare posto alla luna.
-
Perché? - chiese Harada ad Amagiri, riferendosi chiaramente al cambio di abiti di Gin.
-
Tre uomini ed una donna, facoltosa, danno meno nell'occhio di quattro uomini: nel primo caso i tre fungono da scorta, nel secondo caso sono quattro portatori di guai. Siamo in prossimità di un centro abitato e ci serviva un travestimento per evitare di dare nell'occhio. Comunque, a breve, vedrai.
-
Teniamoci pronti – intervenne Kyo.
Improvvisamente un clangore di spade attirò la loro attenzione. Nascosero i cavalli dietro alcune rocce, ponendosi in attesa, così come richiesto da Gin.
-
[Adesso. Altrimenti non avremo più tempo]
Gin riuscì a raggiungere Okita prima che crollasse a terra. Si sollevò velocemente una manica del kimono, mettendo a nudo il polso, per poi afferrare la mano di Okita, sciogliere il nastro con cui vi teneva legata la katana, afferrare quest'ultima e procurarsi un taglio da cui iniziò subito ad uscire del sangue.
-
Cosa state facendo? - le chiese il giovane moribondo, tornato umano, gli occhi nuovamente verdi sprofondati in quelli grigi di Gin.
-
No... non potete... vi... ucciderei...
-
Bevi e non fare storie, Souji. - lo contraddisse una voce maschile.
-
Sa...Sano?! - chiese incerto il giovane, cercando di mettere a fuoco l'immagine del compagno.
-
Bevi, o sarà tardi...
-
Cosa...?
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Lo bevi da te o vuoi che te lo faccia bere dalla mia bocca? Mi sembra di ricordare che ti piacciono solo le donne...
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Ho capito... - fu la risposta di Okita, che si costrinse a prendere il polso esile della ragazza e a portarselo alle labbra, iniziando poi a succhiare.
-
Grazie... - furono le parole di Okita non appena si fu ripreso, mentre continuava a studiare la giovane bellezza che era al fianco del suo amico.
-
Sano... chi è lei?
-
Tempo al tempo, Souji. Adesso dobbiamo allontanarci da qui. - gli rispose l'altro, mentre Amagiri lo sollevava caricandoselo a spalle.
-
Gin... tutto bene?
-
Gin? - la chiamò di nuovo Harada, spaventato dal suo pallore mortale.
-
[Sto bene]
-
Kyo!!! Gin!!!
-
Dobbiamo andarcene. Subito. E' molto debole ed ha bisogno di riposare. Sali a cavallo, poi ti aiuto ad issartela davanti. Okita viaggerà sul cavallo di Gin. Io andrò avanti in cerca di un buon posto dove dormire e preparerò un campo. Quando arriverete sarà tutto pronto.
-
Capito.
“ Gin, ti prego... resisti”