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#13
Title:
An Affair to Remember
Autrice:
Melanyholland
Summary: C’erano momenti
in cui Blair davvero non riusciva a credere a quello che le stava accadendo.
Rating: arancione
Timeline: dopo la 1x08 (Seventeen
Candles).
Pairing:
Blair/Chuck
An Affair to Remember
C’erano momenti in cui Blair
davvero non riusciva a credere a quello che le stava accadendo.
Di solito succedeva quando era a
letto e stava per addormentarsi, oppure quando Serena cominciava a blaterare fin
troppo di Humphrey e la sua mente aveva bisogno di una divagazione. Siccome in
quei momenti non era distratta da nient’altro, si ritrovava a riflettere su
tutta la situazione –aveva una relazione sessuale! Segreta! Con Chuck Bass!- e
le sembrava assurdo e inverosimile. Lei, Blair Waldorf, la regina dell’Upper
East Side, che si faceva mettere le mani addosso da nient’altri che il donnaiolo
più spregiudicato di New York, uno che non aveva problemi a fumare canne davanti
a tutti, a infilare oscenità in ogni discorso e che al party Kiss on the Lips
aveva tentato di sedurre Jenny Humphrey, la piccola nullità Made-in-Brooklyn. Il
che, davvero, la diceva lunga sul grado di selettività delle scelte sessuali di
Chuck.
Poi c’erano altri momenti,
quando Chuck le lanciava sguardi affascinati mentre lei era circondata dalle
ragazze, ignorando tutte loro –Serena inclusa-, oppure quando le mandava
messaggi sul cellulare in cui la chiamava Splendore e le chiedeva di
raggiungerlo subito perché la aspettava –come se lei non avesse nient’altro da
fare che assecondare le sue voglie, pensava Blair, ma non era mai così
infastidita, in fin dei conti- o le domandava com’era vestita, e questo le
faceva arricciare il naso, ma subito dopo scriveva che di certo era
irresistibile qualsiasi cosa avesse addosso, e questo la faceva sorridere. In
quei momenti, Blair non si perdeva tanto in considerazioni sulla stranezza della
sua situazione, ma si stupiva di quanto si sentisse attraente e allegra.
Infine, c’erano momenti come
quello che stava vivendo ora, in cui Blair smetteva di pensare e si perdeva
semplicemente nei baci di Chuck, stretta fra le sue braccia sul letto della
propria camera. Blair adorava il modo in cui Chuck la baciava. L’ardore e
l’impazienza che erano evidenti quando la toccava e che la facevano sentire
incredibilmente sexy non gli impedivano di essere attento e premuroso nei
preliminari. Chuck si prendeva molto tempo per baciarla: iniziava
mordicchiandole dolcemente il labbro superiore, sfiorandole gli angoli della
bocca, poi schiudeva le labbra e approfondiva il contatto. Qualche volta si
ritraeva all’improvviso, sorridendo beffardo quando d’istinto Blair si sporgeva
per inseguirlo, e a quel punto lei lo afferrava bruscamente per i capelli e si
riappropriava della sua bocca con dispotica irruenza, azione che, accidenti a
lui, lo faceva ghignare ancora di più.
Blair era deliziata da tutte
quelle attenzioni e decisamente sorpresa, perché aveva sempre pensato a Chuck
come ad uno che preferiva andare subito al punto. Per le stesse motivazioni, si
meravigliava di tutto il tempo che Chuck insisteva a dedicarle anche dopo che
avevano fatto sesso. Sapeva che avrebbe dovuto essere infastidita da quella sua
ostinazione a starle sempre addosso, ma la verità era che non ne era
molto disturbata: le piaceva sentire su di sé le carezze e i baci di lui. La
dedizione di ogni gesto la faceva sentire preziosa, l’insolenza di ogni pizzico
divertita, la brama di ogni sguardo desiderabile. Era come se Chuck guardasse e
toccasse una Blair diversa da quella che lei stessa aveva sempre immaginato, e
questa Blair era… bella. Anche se non era bionda, alta e spigliata; anche se non
era esperta, disinvolta e procace.
Bella.
Così concedeva a Chuck il
privilegio di tenerla tra le braccia e ogni tanto, senza chiedersi il perché,
anche lei indulgeva in qualche carezza, cullata dal pigro languore che seguiva i
loro incontri amorosi. Si ritrovava a sfiorargli i capelli sulla fronte o a far
scorrere delicatamente le dita sul suo braccio e andava bene così. Per un po’,
era piacevole dimenticarsi dei ruoli.
Al momento, Chuck le stava
posando baci leggeri sul collo sudato e le soffiava calore sulla pelle umida
mentre parlava, impegnato in un elogio rapito e a tratti osceno del suo corpo.
Blair aveva sempre pensato che
il suo seno fosse troppo piccolo e guardato con celata invidia le forme perfette
di Serena. Da quella notte in limousine, Chuck non faceva che ripeterle quanto
adorasse le sue tette e che erano un capolavoro e che avrebbe voluto farci un
mucchio di porcherie, discorsi che la imbarazzavano decisamente e che finivano
con un gemito di dolore, perché di solito Blair lo colpiva per farlo star zitto.
“Quando avevamo tredici anni, mi
hai detto che le trovavi insignificanti”, gli ricordò stavolta con
stizza, per arginare il monologo. Blair ricordava fin troppo bene quel
pomeriggio d’Agosto: erano negli Hamptons e lei era stata decisamente sulle
spine a farsi vedere in bikini da Nate accanto alla formosa e longilinea Serena.
Disagio che si era trasformato in imbarazzo vero e proprio quando la sua
migliore amica, ridente e giocosa, l’aveva spinta in acqua, vicino alla riva: il
costume le si era appiccicato addosso e i capelli perfettamente acconciati in
boccoli erano diventati lucidi e increspati di salsedine. Come se non bastasse,
un’onda le era finita in faccia prima che riuscisse a rialzarsi e Blair era
stata sicura di essere sembrata ridicola, oltre che trasandata.
Quando Nate, dichiarando che
doveva vendicare la sua ragazza, si era lanciato all’inseguimento di Serena sul
bagnasciuga, Blair aveva scoccato un’occhiata accanto a sé e aveva sorpreso con
disgusto Chuck che le fissava il seno.
“Sei un pervertito, Bass!” lo
aveva accusato con una smorfia nauseata, coprendosi immediatamente il petto con
le braccia. E siccome Nate aveva appena afferrato gioiosamente Serena per
gettarla tra le onde e l’unica attenzione che lei stava ricevendo era da un
maiale con cui era stata lasciata sola, aveva aggiunto, malevola: “Nessuno ti ha
invitato, comunque. Perché sei venuto con noi?”.
Chuck l’aveva guardata dritta
negli occhi con un’intensità che le aveva fatto sbattere le palpebre e aveva
riposto, con voce fredda e tagliente:
“Rilassa pure quelle braccia,
Waldorf. Nessuno su questa spiaggia è interessato alle tue forme
insignificanti”.
Blair ricordò quanto avesse
odiato quella giornata al mare.
Chuck, che ora aveva la faccia
affondata nel suo petto per occuparsi dell’oggetto delle proprie celebrazioni,
alzò il volto e le fece un sorrisetto vizioso:
“Beh, non le avevo ancora viste
nude. E palpate, baciate, lecc-”
“Okay, okay, piantala!” si
ribellò, percependo le guance accalorarsi. “Accidenti a te, Bass. Perché devi
rendere sempre tutto così poco romantico?” sbuffò, pensando alle scene d’amore
dei suoi film preferiti. Nessun personaggio si era mai azzardato a mettere i
concetti “tette” e “leccare” nella stessa frase. In qualunque frase, a dirla
tutta.
Poi improvvisamente le sovvenne
che lei e Chuck non erano in una scena d’amore e che pertanto era più che
giusto che non vi fosse alcun romanticismo. Si chiese che diavolo le fosse preso
e si morse il labbro per la naturalezza con cui la sua mente aveva formulato
quel pensiero e soprattutto per averlo espresso a voce alta. Chuck aveva smesso
di sorridere e la stava fissando con un’espressione indecifrabile in quegli
occhi piccoli e fin troppo intelligenti. Doveva aver sicuramente colto anche lui
l’incongruente riferimento all’amore di quelle parole così spontanee.
Accidenti a Chuck, pensò Blair
sentendosi sempre più a disagio. Quando era intorno a Nate, non doveva stare
così attenta a ciò che le usciva inavvertitamente dalla bocca.
“Forse è meglio che vai,
adesso.” suggerì, con voce non del tutto stabile. Chuck parve destarsi dai suoi
ragionamenti e tornò a rivolgerle quel suo sorrisetto irritante, ma che per una
volta Blair accolse con sollievo. Anche perché, con i capelli arruffati e le
labbra gonfie, Chuck non risultava poi così sgradevole, tutt’altro. Se
Blair non avesse saputo con chi aveva a che fare, l’avrebbe giudicato quasi
carino.
“Sto benissimo dove sono,
grazie.” replicò, sporgendosi per baciarla ancora. Blair lo lasciò fare finché
non si divisero per riprendere fiato, poi gli prese il viso tra le mani per
fermarlo, posando la fronte contro la sua e cercando di non pensare a quanto
teneramente intimo le sembrasse quel gesto.
“Eleonor sarà qui tra poco.”
insisté, tracciando delicatamente con i polpastrelli la linea della mascella.
Quando le dita raggiunsero le labbra, Chuck gliele baciò e a Blair venne da
sorridere. “Non so davvero che faccia farebbe se trovasse un Chuck Bass nudo nel
mio letto. Ammesso che fra botox e lifting il suo viso riesca ancora ad
esprimere qualcosa.” aggiunse malignamente e questo fece ghignare lui.
Si rivestirono entrambi. Blair
notò che la gonna del vestito era sgualcita e sospirò, lisciando istintivamente
le grinze con la mano pur sapendo che era del tutto inutile. Forse Eleonor non
avrebbe trovato nessun Bass in costume adamitico, ma avrebbe di certo avuto da
ridire comunque se avesse visto una delle sue creazioni trattata così. Da
piccola le impediva perfino di correre se aveva indosso un Waldorf
originale, ricordò con risentimento e subito sorrise perfida, riflettendo che
non era stata la corsa a rovinare quel vestito, ma un altro genere di attività
fisica della figlia. Uno che avrebbe fatto diventare Eleonor paonazza, lifting o
no.
Con un’ultima occhiata
accigliata alla stoffa turchese stropicciata, Blair abbassò di nuovo la chiusura
lampo e lasciò che l’abito le scivolasse lungo il corpo, finché non si raggrumò
fra i suoi piedi scalzi con un morbido fruscio e lei restò solo in biancheria
intima color fiordaliso firmata LaPerla.
“Hai cambiato idea?” chiese
prontamente Chuck, posandole le mani sui fianchi scoperti. “Sono più che
disposto a trattenermi ancora un po’.” le sussurrò roco, le labbra contro
l’orecchio, le dita che pizzicavano l’elastico delle mutandine e le facevano
venire i brividi.
“Non possiamo. È tardi.” lo
spinse via lei. La scena le ricordò Romeo e Giulietta e di nuovo si rimproverò
mentalmente per quei collegamenti insensati. Se c’era un personaggio
shakespeariano a cui Chuck poteva somigliare, era solo Iago.
Lui la prese di nuovo per i
fianchi, testardo e insistente.
“So che è quasi impossibile
crederlo, Waldorf, ma so essere veloce, all’occorrenza.” sussurrò, in tono
vizioso. Blair scosse la testa, suo malgrado divertita.
“Mi proponi una sveltina, Chuck?
Sul serio?” lo prese in giro, tono incredulo e sorrisino impertinente. “È roba
da giocatori di football ubriachi dopo la partita! Credevo che Chuck Bass fosse
qualcosa di più, qualcosa di classe.”
“Mi sorprende un simile scrupolo
da parte di una ragazza con un debole per i sedili posteriori delle automobili.”
la rimbeccò lui salace, beandosi della sua espressione oltraggiata. Blair gli
diede uno schiaffo sul braccio e Chuck rise. L’afferrò con decisione per le
spalle, vincendo i suoi divincolamenti e l’attirò ancora di più contro di sé,
per poi stringerla fra le braccia e mormorarle all’orecchio, con voce suadente:
“Non vergognarti, Blair.
Adoro questo tuo lato sporco e perverso.”
“Perché sei malato.” protestò
lei, rimpiangendo di avere una carnagione così chiara. Il rossore sul suo viso
doveva essere evidente a chilometri di distanza e di certo alimentava
ulteriormente l’infame ilarità di lui. “Tu non hai un lato normale e sano,
questo è poco ma sicuro.”
“Se lo avessi, non ti ecciterei
così tanto.” replicò Chuck lascivo, mettendo a tacere ogni successiva protesta
premendo la bocca sulla sua. Blair gli piantò le mani sul petto per spingerlo
via, ma la lingua di lui continuava a insistere contro le sue labbra e alla fine
lei cedette, dischiudendole per permettergli di trascinarla in un bacio irruente
e totalmente sgraziato che in teoria avrebbe dovuto imbarazzarla e che invece le
fece scaturire un mugolio deliziato dal fondo della gola, mentre le mani
risalivano il petto di lui fino ad aggrapparsi alle spalle imbottite del blazer.
Quando si divisero, gli occhi di
Chuck brillavano di soddisfazione. Blair scosse la testa, ansimante.
“Non so proprio cosa devo fare
con te, Bass. Non c’è verso di farti comportare bene.”
“Io invece ho capito benissimo
come farti comportare male.” ghignò Chuck, compiaciuto. “A proposito, che ne
dici di passare da me domani, nel pomeriggio?”.
Le mani di lui scorrevano
tentatrici sull’orlo delle mutandine, sfiorandole provocanti l’interno coscia.
Blair fremette e quasi rimpianse di non aver accettato l’offerta di poco prima.
“Vedremo.” rispose, ostentando
indifferenza.
“Alle quattro?” insisté lui,
ignorandola. Le dita continuavano a sfregare impudenti il cotone leggero
abbastanza da farle percepire ogni pressione e ogni movimento e lei cominciava a
sentirsi vacillante e accaldata. Dannato Chuck e i suoi trucchetti da libidinoso
manipolatore.
Blair non rispose, chiudendo gli
occhi alla sensazione ora anche delle labbra di lui contro il collo. Il fatto
che Chuck fosse completamente vestito e lei mezza nuda e vulnerabile non aiutava
la sua causa. Una mano cominciò a scivolare lentamente dalla schiena scoperta
alla curva del bacino mentre le dita dell’altra ora la sfioravano in mezzo alle
cosce, indugiando un solo instante troppo breve e Blair premette il proprio
corpo contro quello di lui, con un sospiro bisognoso. Ora non voleva più che
smettesse di toccarla, quanto piuttosto che la toccasse nei punti giusti, invece
che girarci intorno per stuzzicarla senza pietà.
“Blair?” la incalzò, arrogante e
pieno di sé. Il tono la irritò, ma era una sensazione lontana nella sua mente
offuscata da altri pensieri, decisamente impuri. In un momento di maggiore
lucidità probabilmente gliel’avrebbe fatta pagare, ma in quello stato non era in
grado di fare alcunché al riguardo.
“Chuck.” emise a metà fra
l’infastidito e il supplichevole. Gli afferrò la mano per guidarlo ma l’ostinato
bastardo oppose resistenza e dato che era più forte di lei, Blair non poté che
sbuffare, esasperata.
“Alle quattro?” ripeté lui,
baciandola dietro l’orecchio e annusando avido i suoi capelli.
“Alle cinque.” concesse Blair
infine, posticipando l’incontro perché la resa non fosse totale e
ripromettendosi di arrivare con un ritardo considerevole. Che Chuck la
aspettasse pure. Così imparava a credere di poterla manipolare come una
sciacquetta qualunque.
“Bene”.
All’improvviso, non ci fu più
alcuna mano svergognata sulle sue mutandine e alcun corpo caldo e solido contro
cui schiacciare il proprio. Blair aprì gli occhi, perplessa e piuttosto delusa.
Quando vide Chuck che con noncuranza raccoglieva da terra la sua sciarpa
patchwork e se l’avvolgeva intorno al collo, aggrottò le sopracciglia e
strinse le labbra, furibonda. Sarebbe arrivata con più di un’ora di ritardo,
decise all’istante. Poi sarebbe passata e, dopo un paio di baci, gli avrebbe
detto che non aveva più voglia e lo avrebbe lasciato a bocca asciutta e braghe
calate. Oh sì, l’avrebbe fatto eccome, e augurandogli di rompersi il polso nel
tentativo di rimediare, anche.
Chuck si voltò e, notando la sua
espressione livida e inviperita, le scoccò il più affascinante –e studiato, lei
lo sapeva bene, avendoglielo visto sulle labbra svariate volte intorno alle
donne- dei suoi sorrisi.
“Andiamo, Blair. Non mettermi il
broncio adesso.” la blandì, come se non avesse programmato fin dall’inizio di
farle quell’ignobile dispetto. “Hai detto tu che tua madre sta per arrivare,
no?”, proseguì in un detestabile tono ragionevole, avvicinandosi e spostandole
una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Blair scostò il viso, senza smettere di
fissarlo con fredda ostilità.
“Mi farò perdonare domani. Sarà
un piacere.” sussurrò lui con voce profonda e un luccichio lascivo negli
occhi castani.
“Forse non vengo.” lo pungolò
lei, altera. Voleva essere sicura che Chuck tenesse a mente chi era che dettava
le regole di quel contorto affair. L’ultima cosa che Blair poteva
permettersi era lasciare il controllo nelle mani di Chuck. Certo, sotto le
lenzuola era tutta un’altra storia… ma stava divagando.
Chuck le sorrise, irriverente.
“Oh, credimi Blair: verrai.
Ancora e ancora finché non avrai più voce.” alluse con un sorrisetto impudico e
Blair roteò gli occhi, piantandogli di nuovo le mani sul petto e spingendolo
verso la porta.
“Vattene! Sei disgustoso!”
“Un momento fa eri arrabbiata
perché me ne stavo andando.” le rammentò lui, gongolante, ma la accontentò,
avviandosi verso la porta. “A domani, bellissima.” la salutò, imperturbabile.
Blair tirò un sospiro di
sollievo quando finalmente si fu liberata di lui. Si diresse verso il guardaroba
e fece scorrere lo sguardo sui vari capi per decidere cosa indossare alla cena
con sua madre. Sarebbero stati presenti vari stilisti e possibili investitori ed
Eleonor le aveva raccomandato caldamente di indossare un vestito della sua
collezione. “Ma assicurati che ti stia alla perfezione”, aveva aggiunto,
osservandola da capo a piedi con occhio critico sotto la fronte corrugata. Blair
ignorò la fitta allo stomaco che il ricordo le aveva provocato e prese un abito
di taglio modesto con un’ampia gonna di velluto fino al ginocchio.
Dopo averlo indossato, si mise
davanti allo specchio e studiò meticolosamente il proprio aspetto per notare
ogni minima pecca. All’improvviso lo squillo di un cellulare la fece sussultare,
sia perché era concentrata sul modo in cui il tessuto le accentuava fin troppo i
fianchi, sia perché non era la sua suoneria. Infatti, quando si voltò verso la
fonte di disturbo, si rese conto che Chuck aveva dimenticato lì il cellulare.
Il pensiero le fece affiorare un
piccolo sorrisetto malizioso sulle labbra. Blair aveva sempre avuto fra le mani
i telefoni di Nate e Serena, loro non avevano segreti per lei, anche perché
indovinare le loro password non era mai così difficile. Chuck, d’altro canto,
non le aveva mai permesso di curiosare nel suo; quell’unica volta che lei lo
aveva preso in un momento in cui lui era distratto, Chuck glielo aveva sfilato
dalle dita con un’occhiata divertita e le parole: “Non vorrei che ti
scandalizzassi, Waldorf”.
Ma ora il cellulare era sul suo
comodino, incustodito. Probabilmente vi avrebbe trovato solo numeri a luci rosse
e di persone che frequentava anche lei, ma a Blair non era mai andato giù che le
fosse stato negato di sbirciare, perciò il poterlo fare in sé era diventato
interessante. Inoltre, doveva ammetterlo, era curiosa di scoprire se Chuck
continuava a chiamare le sue sgualdrine anche durante la… cosa che c’era
fra loro.
Raggiunse il mobiletto accanto
al letto e afferrò il telefono proprio nell’istante in cui smise di squillare.
Notare che a chiamarlo era stato Nate le fece provare una sensazione di disagio
agrodolce. Chuck e Nate erano ancora amici, si vedevano, parlavano, scherzavano
insieme. Lei non sentiva Nate dal giorno del suo compleanno e a quanto pareva a lui non interessava fare
alcun tentativo per riallacciare i rapporti.
Chiaramente neanche Blair voleva
più frequentarlo dopo quello che era accaduto, però Nate avrebbe almeno potuto
fare uno sforzo per restare amici. Glielo doveva.
Scacciò quei pensieri angusti e
sbirciò i messaggi ricevuti, facendo una smorfia seccata quando si accorse che
era quasi vuoto, a parte alcuni suoi e del migliore amico. A quanto sembrava,
Chuck era solito cancellare i messaggi dopo averli letti, e non era una notizia
gradevole. Nessuno era così scrupoloso se non aveva niente da nascondere.
Blair sbuffò, cominciando a
scorrere la lista delle chiamate effettuate. Sorrise compiaciuta nel notare che
il suo nome era il più frequente, intervallato solo dalle telefonate all’autista
e al migliore amico. Stava quasi per lasciar perdere quando scorse una
telefonata fatta a Candy la mattina dopo il suo diciassettesimo
compleanno. Aggrottò le sopracciglia, contrariata. Non c’era nessuna Candy tra
le loro comuni conoscenze e il nome le suonava tanto come quello che avrebbe
potuto scegliere una sgualdrina di lusso per la sua inserzione su internet. Non
le piaceva per niente.
Non che fosse gelosa.
Ovviamente no. Era ridicolo. Il punto era che Blair gli stava facendo un grosso
favore a permettergli di toccarla, Chuck avrebbe dovuto esserne grato e
riservarle la sua completa attenzione, non trattarla come una delle tante. In
più, se Candy –un nome assurdo, tra l’altro, così smorfioso- avesse avuto la
mononucleosi o l’herpes o qualsiasi altra orrida malattia, c’era il rischio che
i baci di Chuck l’attaccassero anche a lei. Non era ammissibile.
Blair si sentiva furiosa. Non
riusciva a credere che Chuck le avesse fatto un affronto simile. Era meglio per
lui che avesse una spiegazione credibile e innocente oppure gliel’avrebbe fatta
pagare cara.
“Sai che mi piace quando vuoi
entrare in intimità con me, Waldorf…”.
Blair udì la voce carezzevole
del protagonista dei suoi pensieri alle spalle e si voltò, il cellulare ancora
in mano. Chuck aveva il solito sorrisetto sulle labbra mentre le si avvicinava,
però lei lo conosceva abbastanza da scorgere l’irritazione dietro la smorfia
spavalda.
“…ma spiare il mio telefono…
ora, questa sì che è una caduta di stile. Come quel vestito”.
Blair lanciò d’istinto
un’occhiata all’abito che aveva indosso, ma subito rialzò lo sguardo per posarlo
dritto nel suo, decisa a non lasciar trasparire quanto il commento l’avesse
punta sul vivo.
“O come frequentare una
prostituta che si chiama Candy.” ribatté, con gelido disprezzo. Chuck l’aveva
raggiunta ed ora si guardavano da una distanza minima. Il sorrisetto di lui si
fece divertito.
“Ti dà fastidio?”
“No.” sbottò lei, algida,
maledicendo le sue guance per il calore che si stava diffondendo. “Pensavo solo
che puoi anche evitare di venire da me, visto che hai già Candy e le altre”. Il
tono era nauseato e Blair sperò che lui non vedesse oltre il cipiglio. Prima che
potesse fermarla, la sua mente tentò d’immaginare Candy e tutto ciò che Blair
vide prima che bloccasse ostinata quei pensieri fu una cascata di capelli
dorati.
Gli occhi di Chuck erano così
intensamente puntati nei suoi, mentre la scrutava in silenzio, quasi come se
fosse in grado di leggerle la mente, che cominciava a diventare difficile non
distogliere lo sguardo. Ovviamente Blair resistette, ne andava del suo orgoglio.
Alla fine, Chuck rise:
“Prima mi parli di romanticismo,
ora spii il mio telefono e ti arrabbi per averci trovato il nome di una donna”,
ricapitolò, perfido, beandosi del crescente disagio di lei. “Stavolta sei tu
quella che sembra una fidanzata gelosa.”
“Non montarti la testa, Bass. Mi
sto solo cautelando contro le malattie con cui potresti infettarmi.” ribatté,
dura e trovò insopportabile l’incredulità che trapelava dal sorrisetto arrogante
di lui.
“Facciamo così, Waldorf: tu
ammetti che l’idea di me con qualcun’altra ti infastidisce, e io ti spiego chi è
Candy e perché l’ho chiamata.” propose, borioso.
Blair lo fissò con stizza. Stava
per rispondere che poteva anche scordarselo, quando divenne all’improvviso
consapevole del lieve peso ancora nella sua mano. Allora represse un sorriso e
sospirò, mordendosi il labbro inferiore. Quando fu certa che Chuck fosse
concentrato sul suo viso, il braccio destro passò dal ricadere lungo il fianco a
nascondere la mano con il cellulare dietro la schiena, in modo da permetterle di
spingere il pulsante di richiamata senza che lui la vedesse.
Purtroppo Chuck sembrò
realizzare ad un tratto che qualcosa non andava e cercò di afferrarle il
braccio, ma Blair indietreggiò di scatto e si portò il telefono all’orecchio:
“Sì? Cosa posso fare
per lei?” rispose una voce femminile e prima che Chuck approfittasse del
proprio vantaggio fisico per strapparle il cellulare, Blair rifletté che non era
né suadente, né provocante. Anzi, le parole erano formali e il tono freddo,
anche se cortese. Certo, lei non aveva mai telefonato ad una prostituta, ma
immaginava che fossero tutte sospiri accaldati e moine oscene anche in linea.
“Ho sbagliato numero. Buona
giornata.” disse Chuck al telefono, altro particolare che la convinse che quella
non era una squillo, nonostante il nome tanto appropriato. Quando ebbe
interrotto la comunicazione, Chuck la guardò risentito e un po’ irritato.
“Allora non è una prostituta.”
affermò Blair, sicura. “È qualcuno che lavora per te? Una cameriera del Palace?”
“Sai che cosa fare, se vuoi che
te lo dica.” ribatté Chuck, cocciuto, infilando il telefono al sicuro nella
tasca dei pantaloni beige. Blair roteò gli occhi, incrociando le braccia.
“Sono stufa, Bass. E mia madre
sarà qui a momenti, anzi, doveva già essere arrivata.”
“Motivo in più per non perdere
altro tempo”.
Blair gli avrebbe volentieri
sferrato un calcio per cancellargli quell’espressione implacabile dalla faccia,
come era solita fare quando da piccoli lui si rifiutava di giocare a quello che
decideva lei. Dopo un sofferto dibattito interiore, sbuffò:
“Certo che mi dà fastidio, io
non sono una delle tue sgualdrine, lieta di essere l’appuntamento del martedì e
incurante di chi ti fai gli altri giorni. Non osare mai mancarmi di
rispetto in quel modo, Bass. Sono stata chiara?” lo minacciò, e fu fiera di sé
per essere riuscita ad adempire alla sua parte del patto senza umiliarsi, al
contrario facendo in modo di dettare fieramente le regole, ancora una volta.
Chuck non sembrò infastidito
dalla destrezza con cui lei aveva evitato lo smacco e mescolato le carte. Le
sorrise:
“Non lo farei mai. Sei tu
l’unica.” sussurrò mellifluo, ed era di nuovo seducente ed ammiccante, mentre le
mani tornavano sulle sue anche e le accarezzavano. “Candy è la segretaria di
Bart. L’ho chiamata per sapere se era libero per pranzo.” spiegò in un mormorio
noncurante, gli occhi fissi sulla scollatura fin troppo discreta dell’abito.
Altri non si sarebbero accorti di nulla, ma Blair sperimentava ogni giorno su di
sé la solitudine derivata da genitori troppo presi da altro per occuparsi di lei
e anche se così non fosse stato, difficilmente le sarebbe sfuggito quanto amaro
dovesse essere chiamare la segretaria per avere un appuntamento a pranzo
con il proprio padre. Il pensiero le fece scaturire nel petto un’empatia che non
avrebbe mai creduto di poter provare per Chuck Bass.
Ma loro non erano tipi da
conforto e parole dolci e confidenze a cuore aperto sui rispettivi drammi
familiari. Così Blair non commentò, gli prese invece il viso tra le mani e lo
baciò con fervore, lasciando che lui la stringesse a sé e che le mani
scivolassero più in basso del dovuto, afferrandole le natiche.
“Non è che ne hai approfittato
per domandarle anche se le andava di passare da te dopo il lavoro, vero?” gli
domandò in tono sospettoso, ancora fra le sue braccia dopo che il lungo e
passionale bacio fu interrotto. Si era illusa che Chuck avesse la decenza di far
risalire le mani a quel punto, ma quelle continuavano a palparla senza ritegno.
Blair decise di concedergli un altro minuto, ma se si fosse spinto oltre,
avrebbe avuto di che pentirsene.
“Di solito apprezzo le donne
navigate, sfoderano mosse niente male. Ma cinquantotto anni…”, Blair si sentì
risollevata e Chuck ghignò: “…una notte con me, e la poverina sarebbe stata
stroncata da un infarto.”
“Oh sì, perché sei un tale dio
del sesso, Bass.” lo derise lei, con una smorfia sarcastica.
“Sai che è così.” disse lui
tronfio, e Blair roteò gli occhi di fronte a tanta indisponente tracotanza.
“Toglimi le mani di dosso e fila
via, non ti sopporto più”.
Per nulla offeso e ancora
sorridente, Chuck l’accontentò, dopo un ultimo pizzico sul sedere per cui si
beccò una violenta tirata di capelli che lo fece gemere di dolore e che
finalmente gli portò via quell’espressione spavalda e irriverente dalla faccia.
Blair ne fu più che lieta.
Poco dopo, mentre era intenta
nella scelta delle scarpe da abbinare alla pochette, il cellulare trillò
per un messaggio di Chuck: Eleonor dovrebbe ringraziarti. Su di te, perfino
quel vestito è uno splendore. Vorrei che fosse già domani. CB
Blair sorrise, scoccando
un’occhiata orgogliosa al proprio riflesso nello specchio.
Fine#13
Note dell’Autrice:
[1] “An Affair to Remember” è un film del 1957 con Cary Grant (quello da
cui quel paraculo di Chuck copia l’idea per il grande gesto romantico della
terza stagione, per intenderci).
[2] Grazie a tutti per le recensioni, siete adorabili. Le risposte
individuali sono state spedite con il nuovo metodo.
Al prossimo aggiornamento,
Melany
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