Anche gli Oni hanno sentimenti umani cap 6
L'aveva tenuta stretta a sé nel tentativo di scaldarla:
al pallore mortale della pelle della giovane si era unito il freddo
che ne attanagliava le membra, rendendola gelata.
Harada si dette dell'idiota; si riteneva responsabile di
quanto le stava accadendo: se non l'avesse provocata, baciandola, non
l'avrebbe ridotta in uno stato tale da renderla inappetente. E forse,
allora...
“Merda”
Era la sola parola che ripeteva da quando Kyo era
partito in avanscoperta affidandogli la sorella.
Okita, da parte sua, nei momenti di lucidità che le
ferite e la trasformazione in atto gli consentivano, si limitava a
fissare la figura del compagno e della ragazza che teneva stretta,
chiedendosi quanto Harada avesse compreso circa i suoi sentimenti
per lei.
Fissò gli occhi verdi sul volto di Gin, domandandosi
come quei due si fossero incontrati: gli era ormai chiara la natura
della giovane e la naturalezza con cui Sano si era portato il polso
sanguinante di lei alle labbra gli aveva palesato la nuova natura
dell'uomo. Probabilmente stava morendo anche lui e quella divinità
dagli occhi argentati che stringeva tra le braccia gli aveva
restituito la vita. Ma perché? E perché anche a lui?
La cosa che lo stupiva maggiormente, però, era il fatto
che Kyuujyu e Shiranui, che dalla somiglianza con la giovane doveva
indubbiamente esserle fratello, avessero accettato di collaborare con
la ragazza; perché era chiaro che tutto quel castello fosse stato
montato dalla giovane.
Harada, sentendosi osservato, voltò lo sguardo verso
Okita, inarcando lievemente un sopracciglio.
-
Tutto bene, Souji?
-
Affaticato, come se mi fosse passato sopra uno
squadrone di fanteria, ma posso assicurarti che per la prima volta
dopo mesi riesco a respirare a pieni polmoni. - rispose, lasciando
la domanda in sospeso, sebbene avesse già una vaga idea della
risposta.
-
E' il suo sangue Oni – fu infatti la risposta di
Harada mentre spostava lo sguardo sul volto di Gin.
-
Può sanare le ferite, trasformandoci in qualcosa che
sta a metà tra il Rasetsu e l'Oni – aggiunse dopo un attimo di
silenzio.
Okita ne osservava l'espressione intensa mentre guardava
la ragazza.
Poco dopo raggiunsero Kyo, che aveva trovato riparo
presso un boschetto, dove aveva già acceso il fuoco e montato un
riparo di fortuna. Amagiri aiutò Okita a smontare, mentre il moro
Oni prendeva tra le braccia la sorella per consentire a Harada si
smontare a sua volta.
Gin, ancora priva di conoscenza, venne adagiata su una
coperta in prossimità del fuoco, affinché potesse riscaldarsi.
Okita si sedette accanto a lei, invitando gli altri tre ad occuparsi
di quanto le fosse necessario per riprendersi.
Il ragazzo spostava lo sguardo dai tre alla ragazza e
viceversa, riuscendo così a captare il lieve movimento delle ciglia
della giovane.
-
Shiranui... si sta svegliando.
-
Come stai, piccola? - chiese l'Oni alla sorella subito
dopo essere accorso al suo capezzale, stringendole lievemente la
mano.
-
[Io... sono svenuta?] - chiese guardandosi attorno
intontita.
-
Sì, Gin. No, non alzarti, rimani giù mentre noi
pensiamo alla cena. Non appena è pronta ti porterò da mangiare.
-
[Grazie... Okita?]
-
E' accanto a te.
-
[Sta bene?]
-
Puoi vederlo tu stessa – invitandola a voltarsi.
Di tutto quello scambio, Okita aveva preso solo le frasi
pronunciate dall'Oni, la qualcosa lo costrinse a sollevare gli occhi
su Harada, indirizzandogli uno sguardo interrogativo.
-
Non parla... non come me e te... usa la voce interiore.
-
Mi stai dicendo che comunica con il pensiero? - gli
chiese l'altro, scettico.
-
Solo con alcuni di noi.
-
E scommetto che tra quei pochi ci rientri anche tu... -
fu l'intervento ironico di Okita.
-
Souji... vacci cauto. Non è come le donne a cui sei
abituato.
-
Se per quello neanche Chizuru lo è... e anche tu non
annoveri certe conoscenze femminili tra le donne che ti spupazzi...
-
Souji, piantala. Lei è diversa anche da Chizuru... - e
Harada sperò con questo di chiudere quella bocca velenosa del
compagno.
-
Scusa, ma non sono entrambe Oni?
-
Ci sono cosa che non ti è dato sapere – fu la
risposta secca di Harada che annotava il cambiamento di espressioni
sul volto della giovane mentre Souji sondava nella sua vita.
-
Capito. - fu la dichiarazione di Okita, avendo compreso
che Harada stava proteggendo Gin da qualcosa.
Gin, da parte sua, studiava i due, stupendosi di quanto
fossero caratterialmente simili ed al contempo totalmente diversi.
Harada era impulsivo, facile agli scatti d'ira ma anche
estremamente protettivo: irradiava calore umano, proprio come
lasciavano intuire quegli occhi ambrati, sempre accesi di bagliori
dorati.
Okita, invece, le ricordava un serpente incantatore: i
suoi meravigliosi occhi verdi avevano la capacità di ipnotizzare,
ora deridendo, ora minacciando, ora provocando; ma erano limpidi come
possono esserlo solo gli occhi delle persone affidabili ed oneste.
Fu distratta dall'arrivo di suo fratello con una ciotola
piena di cibo: certo si era arrangiato con quel poco che si erano
portati dietro e che avevano trovato in zona, ma la fame era talmente
tanta che avrebbero mangiato tutti anche delle bacche selvatiche.
Finito di pasteggiare, i due Oni si apprestarono a
risistemare il tutto, mentre Harada continuava a sostenere Gin che
aveva costretto a poggiare la propria schiena al suo petto per tutta
la durata del pasto, sotto lo sguardo sornione di Okita, la qualcosa
aveva imbarazzato e non poco la ragazza.
Un'ora dopo, erano pronti a dormire: avrebbero fatto dei
turni di guardia che consentissero il riposo di tutti, esonerando
ovviamente Gin ed Okita, che aveva bisogno di recuperare ancora tutte
le forze.
Il primo turno di guardia lo copriva Amagiri, a cui
sarebbero subentrati nell'ordine Kyo e Harada. I due Oni avevano
deciso quest'ordine perché l'umano si era trovato immobilizzato dal
corpo di Gin, addormentatasi contro di lui.
-
Perché non dormi, Kyo? Ne hai bisogno anche tu...
-
Non lo so... c'è qualcosa che non mi lascia dormire...
- rispose il moro alla domanda di Amagiri mentre teneva lo sguardo
puntato sulla figura dei due, abbracciati nel sonno.
-
Sei preoccupato per lei.
Il silenzio di Kyo fu una risposta più che eloquente.
-
Non credo Harada la farà soffrire. E' palese che le
sia affezionato.
-
A noi. Ma lui lo ha compreso? E comunque non è questo
a preoccuparmi.
-
Mh?
-
E' la sua salute. Ogni volta che salva un umano... si
indebolisce sempre più. Stavolta è andata abbastanza bene perché
Okita era già un Rasetsu, già trasformato per metà, sebbene le
sia comunque costato un po' più di sangue lo stato di salute in cui
lui versava.
-
Ma si sta riprendendo più rapidamente di quanto non
abbia fatto la volta scorsa.
-
Mph... credi non sappia che ogni notte andava da lui
con la scusa di controllare che stesse bene al solo scopo di fargli
bere altro sangue?
-
Lo sapevi... perché non glielo hai impedito? Se lo
avesse scoperto Kazama...
-
Lo sapeva anche lui. - fu l'ammissione di Kyo, che
colse di sorpresa l'altro.
-
Come...?
-
...è possibile che non abbia fatto e detto niente? Lo
sai benissimo anche tu che si ritiene responsabile di quanto le è
accaduto. Esattamente come me. Ma io la mia buona dose di
responsabilità ce l'ho... e non me ne pentirò mai abbastanza... -
fu la tirata disperata del moro, mentre si passava stancamente una
mano sugli occhi.
-
Cosa...?
-
Avrei dovuto ascoltarlo, ascoltare Kazama. Sen Hime...
lei lo aveva avvisato che la nostra politica di alleanze avrebbe
dato il via a qualcosa di incontrollabile e che i nostri nemici non
avrebbero esitato dinanzi a niente. Lei lo aveva detto a Kazama e
lui lo aveva detto a me... Ed io non gli ho dato il peso che avrei
dovuto – un singhiozzo interruppe la confessione dell'uomo.
-
Kazama... era preoccupato per Gin... aveva la
sensazione che la seguissero da giorni, ma non era riuscito a
provare niente. Avrei dovuto fidarmi del suo istinto.
-
Vuoi dire...
-
Lo stupro di Gin... è stato deciso freddamente, a
tavolino. E' stata una mossa politica. Io... ho perduto mia sorella
per una guerra che neanche volevo combattere.
Il silenzio scese sui due, ignari di due paia di occhi,
verde e dorati, che li scrutavano in silenzio e che si scambiarono
uno sguardo d'intesa.
-
E'... è per questo che non posso dirle di no, che non
posso impedirle di percorrere la strada che si è scelta. Però...
temo che la cosa non avrà un lieto fine. Pensavo che si sarebbe
limitata a salvare Harada... invece è decisa a trasformarli tutti.
E la cosa mi preoccupa moltissimo: se dopo solo due trasformazioni è
così debole... cosa accadrà una volta trasformati tutti gli altri?
- Kyo fece una pausa, guardando Amagiri negli occhi.
-
Ha detto che... in questo modo la sua vita sarà valsa
a qualcosa... ed il modo in cui lo ha detto non mi è piaciuto:
sembravano le parole di un condannato a morte. - fu la conclusione
strozzata dell'Oni, ignaro del brivido gelido che attraversò il
corpo di Harada, che accentuò la stretta attorno al corpo di Gin,
mentre con gli occhi sondava il volto di Okita, in cerca di una
qualche rassicurazione che non avrebbe potuto dargli. Né lui né
nessun altro.
***
Harada si svegliò intorpidito, realizzando
immediatamente che i due Oni non lo avevano svegliato. Si massagggiò
l'attaccatura del naso con frustrazione, salvo poi abbassare gli
occhi sul dolce peso che gli gravava sul petto, perdendosi in un
volto bellissimo rilassato nel sonno, le lunghe ciglia nero violaceo
a nascondere due occhi argentati.
Harada si limitò a guardarlo senza dire alcunché. Si
spostò lievemente, sistemandosi meglio il peso della ragazza sul
corpo, in modo da dare un minimo di sollievo alle membra appesantite,
portando suo malgrado la ragazza a svegliarsi.
Fu così che Gin realizzò di avere la testa posata su
un cucino troppo duro per essere quello della sua stanza... e troppo
caldo. Sbatté le palpebre rapidamente, senza aprirle, mentre
registrava il peso che le circondava la vita, riconoscendovi
immediatamente un braccio.
Spalancò gli occhi per la sorpresa, cercando di tirarsi
su, seduta, senza riuscirvi: il peso che le circondava i fianchi la
teneva ferma, impedendole ogni movimento, costringendola ad alzare la
testa non appena realizzò che il cuscino su cui poggiava il capo si
alzava ed abbassava, seguendo il movimento della respirazione, il cui
ritmo era scandito dal battito di un cuore.
Arrossì improvvisamente, sotto lo sguardo intenso di un
paio di occhi ambrati e quello sornione, tipico del gatto che sta per
mangiarsi il topo, di due occhi verdi.
In preda all'imbarazzo, ormai di dimensioni titaniche,
dato che si era trovata schiacciata contro Harada, bloccata dalle sue
braccia contro il busto, le gambe intrecciate, non le restò che
nascondere il volto contro il petto dell'uomo che, compresa la
difficoltà in cui versava, prese a carezzarle i capelli con
delicatezza.
Gin si limitò a muovere la testa in cenno di assenso.
-
[Sano... dobbiamo andare...]
-
Come vuoi - fu la risposta di Harada, che si decise a
lasciarla libera di muoversi solo dopo alcuni minuti, durante i
quali assaporò il piacere di stringerla come mai aveva fatto prima.
***
Quando raggiunsero la base, Gin smontò velocemente da
cavallo per rifugiarsi nella propria stanza, lasciando gli altri a
sistemare le cavalcature, incluso Harada, con cui Kyo l'aveva
costretta a fare tutto il viaggio.
Okita aveva immediatamente incrociato lo sguardo con
Kazama, il quale si era limitato a fissarlo con aria minacciosa per
alcuni istanti, andando poi a dedicarsi ad Harada, rendendolo
depositario di un'occhiata assassina.
-
Sano... non è che gliela hai soffiata?
-
Piantala, Souji. Hai sentito anche tu cosa le è
accaduto...
-
Ma questo non significa che non la ami...
-
Non è come credi.
-
Forse...
-
Comunque – riprese Okita dopo un attimo di silenzio –
tra i due litiganti, il terzo gode...
Lo sguardo infuocato e al contempo gelido che gli
indirizzò Harada, costrinse Okita al riso.
-
Ehi, non è che sei geloso?
-
E di chi, di grazia? - fu la risposta sibilata dal
rosso.
-
Beh... potrei sempre decidere di darmi da fare...
-
Provaci e ti spacco la faccia – fu la risposta
rabbiosa dell'altro mentre lo afferrava per il collo della camicia,
strattonandolo.
Okita si limitò a fissarlo con un sorriso sornione,
lievemente sghembo, mentre con le mani lo afferrava per i polsi
costringendolo a mollare la presa.
***
Trascorsero due giorni di una strana calma apparente, in
cui Kazama si sentiva soffocare da quella strana immobilità che
precedeva sempre una disgrazia, la quiete prima della tempesta.
E quando la tempesta, nella figura di un gruppo di
uomini armati della fazione loro avversaria, fece irruzione nel
tempio, non li colse così impreparati: avevano già allontanato
donne e bambini.
Certo è che non avrebbero mai pensato che il loro
obiettivo fosse ancora una volta Gin.
Harada e Souji la videro combattere senza tregua,
revolver alla mano, mentre sparava con estrema precisione contro
quei... Rasetsu?!
La rabbia di Harada esplose improvvisa quando la vide
sbattuta a terra, presa a calci e caricata in spalle ad uno di loro,
il tutto mentre combatteva strenuamente per avvicinarsi a lei e
trarla in salvo.
Stavano per essere schiacciati dalla supremazia numerica
del nemico.
Gin, nel frattempo, riuscì ad afferrare per il collo il
Rasetsu che la teneva bloccata sulle proprie spalle, arrivando a
tagliargli la giugulare con il wakizashi.
Pochi istanti dopo iniziò a correre come una pazza in
direzione di Harada, spinta da quell'immagine che fino a pochi attimi
prima le riempiva la mente – Sano a terra, ferito gravemente da un
colpo di fucile armato di munizioni in argento - e da quelle voci
che la tormentavano ormai da mesi – Urla, grida quanto vuoi... non
ti sentirà nessuno... neanche lui accorrerà da te... sei sola...
nessuno ti sentirà... stavolta lo Shinsengumi non arriverà a
salvarti.
Lei voleva gridare, proprio come aveva fatto allora. Ma
allora nessuno la sentiva. Nessuno era venuto a salvarla.
Ma la voce non gli arrivava.
Non ti sentirà.
Morirà.
Fu l'urlo di Gin che squarciò il silenzio innaturale
che l'aveva accompagnata per oltre un anno, mentre si gettava contro
l'uomo, inarcandosi sotto il colpo di pistola, gli occhi spalancati
per la sorpresa, mentre lo guardava mutare espressione, gli occhi
dorati accendersi di dolore e preoccupazione, e un gridò terribile
richiamava sui due l'attenzione di tutti; gli occhi argentati
sorridere a quelli dorati, il corpo della giovane terminare la
propria corsa contro quello dell'uomo, mentre il sangue le sgorgava
copioso dalla ferita alla schiena.
- Sei salvo... per fortuna... Mi spiace solo... gli
altri...– furono le parole sussurrate con sollievo, mentre il mondo
di Gin si faceva nero, sotto le sue ciglia folte, accompagnato
dall'urlo accorato di Harada, che continuava a pronunciarne il nome,
senza ottenere risposta.
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