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Autore: Yuuki_Shinsengumi    23/12/2010    1 recensioni
[Hakuouki Shinsengumi Kitan]
Sapeva che sarebbe accaduto in quel posto, lo aveva visto.
Ed aveva deciso che avrebbe fatto di tutto per salvargli la vita.
Sapeva che suo fratello lo avrebbe raggiunto: aveva ricevuto l'ordine di uccidere tutti i Rasetsu di quel pazzo di Koudou-san.
E lei aveva deciso di seguirlo.
Si erano separati solo per far sì che lei rimanesse al di fuori dello scontro, seduta sul ramo più alto dell'albero più alto, sotto cui sapeva che si sarebbe conclusa la vita di Harada.
Ma lei era intenzionata a cambiarne il destino.
Genere: Sentimentale, Sovrannaturale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Anche gli Oni hanno sentimenti umani cap 6

L'aveva tenuta stretta a sé nel tentativo di scaldarla: al pallore mortale della pelle della giovane si era unito il freddo che ne attanagliava le membra, rendendola gelata.
Harada si dette dell'idiota; si riteneva responsabile di quanto le stava accadendo: se non l'avesse provocata, baciandola, non l'avrebbe ridotta in uno stato tale da renderla inappetente. E forse, allora...

Merda”

Era la sola parola che ripeteva da quando Kyo era partito in avanscoperta affidandogli la sorella.
Okita, da parte sua, nei momenti di lucidità che le ferite e la trasformazione in atto gli consentivano, si limitava a fissare la figura del compagno e della ragazza che teneva stretta, chiedendosi quanto Harada avesse compreso circa i suoi sentimenti per lei.
Fissò gli occhi verdi sul volto di Gin, domandandosi come quei due si fossero incontrati: gli era ormai chiara la natura della giovane e la naturalezza con cui Sano si era portato il polso sanguinante di lei alle labbra gli aveva palesato la nuova natura dell'uomo. Probabilmente stava morendo anche lui e quella divinità dagli occhi argentati che stringeva tra le braccia gli aveva restituito la vita. Ma perché? E perché anche a lui?
La cosa che lo stupiva maggiormente, però, era il fatto che Kyuujyu e Shiranui, che dalla somiglianza con la giovane doveva indubbiamente esserle fratello, avessero accettato di collaborare con la ragazza; perché era chiaro che tutto quel castello fosse stato montato dalla giovane.
Harada, sentendosi osservato, voltò lo sguardo verso Okita, inarcando lievemente un sopracciglio.

  • Tutto bene, Souji?

  • Affaticato, come se mi fosse passato sopra uno squadrone di fanteria, ma posso assicurarti che per la prima volta dopo mesi riesco a respirare a pieni polmoni. - rispose, lasciando la domanda in sospeso, sebbene avesse già una vaga idea della risposta.

  • E' il suo sangue Oni – fu infatti la risposta di Harada mentre spostava lo sguardo sul volto di Gin.

  • Può sanare le ferite, trasformandoci in qualcosa che sta a metà tra il Rasetsu e l'Oni – aggiunse dopo un attimo di silenzio.

Okita ne osservava l'espressione intensa mentre guardava la ragazza.

  • E' molto bella.

  • Lo è.

Poco dopo raggiunsero Kyo, che aveva trovato riparo presso un boschetto, dove aveva già acceso il fuoco e montato un riparo di fortuna. Amagiri aiutò Okita a smontare, mentre il moro Oni prendeva tra le braccia la sorella per consentire a Harada si smontare a sua volta.
Gin, ancora priva di conoscenza, venne adagiata su una coperta in prossimità del fuoco, affinché potesse riscaldarsi. Okita si sedette accanto a lei, invitando gli altri tre ad occuparsi di quanto le fosse necessario per riprendersi.

  • Resto io con lei. E' la sola cosa che posso fare. In caso di necessità vi chiamo.

  • Ok – fu la risposta di Kyo dopo aver soppesato l'altro per alcuni istanti.

Il ragazzo spostava lo sguardo dai tre alla ragazza e viceversa, riuscendo così a captare il lieve movimento delle ciglia della giovane.

  • Shiranui... si sta svegliando.

  • Come stai, piccola? - chiese l'Oni alla sorella subito dopo essere accorso al suo capezzale, stringendole lievemente la mano.

  • [Io... sono svenuta?] - chiese guardandosi attorno intontita.

  • Sì, Gin. No, non alzarti, rimani giù mentre noi pensiamo alla cena. Non appena è pronta ti porterò da mangiare.

  • [Grazie... Okita?]

  • E' accanto a te.

  • [Sta bene?]

  • Puoi vederlo tu stessa – invitandola a voltarsi.

Di tutto quello scambio, Okita aveva preso solo le frasi pronunciate dall'Oni, la qualcosa lo costrinse a sollevare gli occhi su Harada, indirizzandogli uno sguardo interrogativo.

  • Non parla... non come me e te... usa la voce interiore.

  • Mi stai dicendo che comunica con il pensiero? - gli chiese l'altro, scettico.

  • Solo con alcuni di noi.

  • E scommetto che tra quei pochi ci rientri anche tu... - fu l'intervento ironico di Okita.

  • Souji... vacci cauto. Non è come le donne a cui sei abituato.

  • Se per quello neanche Chizuru lo è... e anche tu non annoveri certe conoscenze femminili tra le donne che ti spupazzi...

  • Souji, piantala. Lei è diversa anche da Chizuru... - e Harada sperò con questo di chiudere quella bocca velenosa del compagno.

  • Scusa, ma non sono entrambe Oni?

  • Ci sono cosa che non ti è dato sapere – fu la risposta secca di Harada che annotava il cambiamento di espressioni sul volto della giovane mentre Souji sondava nella sua vita.

  • Capito. - fu la dichiarazione di Okita, avendo compreso che Harada stava proteggendo Gin da qualcosa.

Gin, da parte sua, studiava i due, stupendosi di quanto fossero caratterialmente simili ed al contempo totalmente diversi.
Harada era impulsivo, facile agli scatti d'ira ma anche estremamente protettivo: irradiava calore umano, proprio come lasciavano intuire quegli occhi ambrati, sempre accesi di bagliori dorati.
Okita, invece, le ricordava un serpente incantatore: i suoi meravigliosi occhi verdi avevano la capacità di ipnotizzare, ora deridendo, ora minacciando, ora provocando; ma erano limpidi come possono esserlo solo gli occhi delle persone affidabili ed oneste.
Fu distratta dall'arrivo di suo fratello con una ciotola piena di cibo: certo si era arrangiato con quel poco che si erano portati dietro e che avevano trovato in zona, ma la fame era talmente tanta che avrebbero mangiato tutti anche delle bacche selvatiche.
Finito di pasteggiare, i due Oni si apprestarono a risistemare il tutto, mentre Harada continuava a sostenere Gin che aveva costretto a poggiare la propria schiena al suo petto per tutta la durata del pasto, sotto lo sguardo sornione di Okita, la qualcosa aveva imbarazzato e non poco la ragazza.
Un'ora dopo, erano pronti a dormire: avrebbero fatto dei turni di guardia che consentissero il riposo di tutti, esonerando ovviamente Gin ed Okita, che aveva bisogno di recuperare ancora tutte le forze.
Il primo turno di guardia lo copriva Amagiri, a cui sarebbero subentrati nell'ordine Kyo e Harada. I due Oni avevano deciso quest'ordine perché l'umano si era trovato immobilizzato dal corpo di Gin, addormentatasi contro di lui.

  • Perché non dormi, Kyo? Ne hai bisogno anche tu...

  • Non lo so... c'è qualcosa che non mi lascia dormire... - rispose il moro alla domanda di Amagiri mentre teneva lo sguardo puntato sulla figura dei due, abbracciati nel sonno.

  • Sei preoccupato per lei.

Il silenzio di Kyo fu una risposta più che eloquente.

  • Non credo Harada la farà soffrire. E' palese che le sia affezionato.

  • A noi. Ma lui lo ha compreso? E comunque non è questo a preoccuparmi.

  • Mh?

  • E' la sua salute. Ogni volta che salva un umano... si indebolisce sempre più. Stavolta è andata abbastanza bene perché Okita era già un Rasetsu, già trasformato per metà, sebbene le sia comunque costato un po' più di sangue lo stato di salute in cui lui versava.

  • Ma si sta riprendendo più rapidamente di quanto non abbia fatto la volta scorsa.

  • Mph... credi non sappia che ogni notte andava da lui con la scusa di controllare che stesse bene al solo scopo di fargli bere altro sangue?

  • Lo sapevi... perché non glielo hai impedito? Se lo avesse scoperto Kazama...

  • Lo sapeva anche lui. - fu l'ammissione di Kyo, che colse di sorpresa l'altro.

  • Come...?

  • ...è possibile che non abbia fatto e detto niente? Lo sai benissimo anche tu che si ritiene responsabile di quanto le è accaduto. Esattamente come me. Ma io la mia buona dose di responsabilità ce l'ho... e non me ne pentirò mai abbastanza... - fu la tirata disperata del moro, mentre si passava stancamente una mano sugli occhi.

  • Cosa...?

  • Avrei dovuto ascoltarlo, ascoltare Kazama. Sen Hime... lei lo aveva avvisato che la nostra politica di alleanze avrebbe dato il via a qualcosa di incontrollabile e che i nostri nemici non avrebbero esitato dinanzi a niente. Lei lo aveva detto a Kazama e lui lo aveva detto a me... Ed io non gli ho dato il peso che avrei dovuto – un singhiozzo interruppe la confessione dell'uomo.

  • Kazama... era preoccupato per Gin... aveva la sensazione che la seguissero da giorni, ma non era riuscito a provare niente. Avrei dovuto fidarmi del suo istinto.

  • Vuoi dire...

  • Lo stupro di Gin... è stato deciso freddamente, a tavolino. E' stata una mossa politica. Io... ho perduto mia sorella per una guerra che neanche volevo combattere.

Il silenzio scese sui due, ignari di due paia di occhi, verde e dorati, che li scrutavano in silenzio e che si scambiarono uno sguardo d'intesa.

  • E'... è per questo che non posso dirle di no, che non posso impedirle di percorrere la strada che si è scelta. Però... temo che la cosa non avrà un lieto fine. Pensavo che si sarebbe limitata a salvare Harada... invece è decisa a trasformarli tutti. E la cosa mi preoccupa moltissimo: se dopo solo due trasformazioni è così debole... cosa accadrà una volta trasformati tutti gli altri? - Kyo fece una pausa, guardando Amagiri negli occhi.

  • Ha detto che... in questo modo la sua vita sarà valsa a qualcosa... ed il modo in cui lo ha detto non mi è piaciuto: sembravano le parole di un condannato a morte. - fu la conclusione strozzata dell'Oni, ignaro del brivido gelido che attraversò il corpo di Harada, che accentuò la stretta attorno al corpo di Gin, mentre con gli occhi sondava il volto di Okita, in cerca di una qualche rassicurazione che non avrebbe potuto dargli. Né lui né nessun altro.

***

Harada si svegliò intorpidito, realizzando immediatamente che i due Oni non lo avevano svegliato. Si massagggiò l'attaccatura del naso con frustrazione, salvo poi abbassare gli occhi sul dolce peso che gli gravava sul petto, perdendosi in un volto bellissimo rilassato nel sonno, le lunghe ciglia nero violaceo a nascondere due occhi argentati.

  • Non volevano svegliarla – fu il commento di Okita, la voce roca per il sonno.

Harada si limitò a guardarlo senza dire alcunché. Si spostò lievemente, sistemandosi meglio il peso della ragazza sul corpo, in modo da dare un minimo di sollievo alle membra appesantite, portando suo malgrado la ragazza a svegliarsi.
Fu così che Gin realizzò di avere la testa posata su un cucino troppo duro per essere quello della sua stanza... e troppo caldo. Sbatté le palpebre rapidamente, senza aprirle, mentre registrava il peso che le circondava la vita, riconoscendovi immediatamente un braccio.
Spalancò gli occhi per la sorpresa, cercando di tirarsi su, seduta, senza riuscirvi: il peso che le circondava i fianchi la teneva ferma, impedendole ogni movimento, costringendola ad alzare la testa non appena realizzò che il cuscino su cui poggiava il capo si alzava ed abbassava, seguendo il movimento della respirazione, il cui ritmo era scandito dal battito di un cuore.
Arrossì improvvisamente, sotto lo sguardo intenso di un paio di occhi ambrati e quello sornione, tipico del gatto che sta per mangiarsi il topo, di due occhi verdi.
In preda all'imbarazzo, ormai di dimensioni titaniche, dato che si era trovata schiacciata contro Harada, bloccata dalle sue braccia contro il busto, le gambe intrecciate, non le restò che nascondere il volto contro il petto dell'uomo che, compresa la difficoltà in cui versava, prese a carezzarle i capelli con delicatezza.

  • Stai meglio?

Gin si limitò a muovere la testa in cenno di assenso.

  • Bene – fu la breve risposta, il cui tono lasciava intuire una sensazione di sollievo per le condizioni della giovane.

  • [Sano... dobbiamo andare...]

  • Come vuoi - fu la risposta di Harada, che si decise a lasciarla libera di muoversi solo dopo alcuni minuti, durante i quali assaporò il piacere di stringerla come mai aveva fatto prima.

***

Quando raggiunsero la base, Gin smontò velocemente da cavallo per rifugiarsi nella propria stanza, lasciando gli altri a sistemare le cavalcature, incluso Harada, con cui Kyo l'aveva costretta a fare tutto il viaggio.
Okita aveva immediatamente incrociato lo sguardo con Kazama, il quale si era limitato a fissarlo con aria minacciosa per alcuni istanti, andando poi a dedicarsi ad Harada, rendendolo depositario di un'occhiata assassina.

  • Sano... non è che gliela hai soffiata?

  • Piantala, Souji. Hai sentito anche tu cosa le è accaduto...

  • Ma questo non significa che non la ami...

  • Non è come credi.

  • Forse...

  • Comunque – riprese Okita dopo un attimo di silenzio – tra i due litiganti, il terzo gode...

Lo sguardo infuocato e al contempo gelido che gli indirizzò Harada, costrinse Okita al riso.

  • Ehi, non è che sei geloso?

  • E di chi, di grazia? - fu la risposta sibilata dal rosso.

  • Beh... potrei sempre decidere di darmi da fare...

  • Provaci e ti spacco la faccia – fu la risposta rabbiosa dell'altro mentre lo afferrava per il collo della camicia, strattonandolo.

Okita si limitò a fissarlo con un sorriso sornione, lievemente sghembo, mentre con le mani lo afferrava per i polsi costringendolo a mollare la presa.

  • Ho infilato il dito nella piaga, Ha-ra-da-San? - lo stuzzicò, ricevendone in cambio un'occhiata basita.

***

Trascorsero due giorni di una strana calma apparente, in cui Kazama si sentiva soffocare da quella strana immobilità che precedeva sempre una disgrazia, la quiete prima della tempesta.
E quando la tempesta, nella figura di un gruppo di uomini armati della fazione loro avversaria, fece irruzione nel tempio, non li colse così impreparati: avevano già allontanato donne e bambini.
Certo è che non avrebbero mai pensato che il loro obiettivo fosse ancora una volta Gin.
Harada e Souji la videro combattere senza tregua, revolver alla mano, mentre sparava con estrema precisione contro quei... Rasetsu?!
La rabbia di Harada esplose improvvisa quando la vide sbattuta a terra, presa a calci e caricata in spalle ad uno di loro, il tutto mentre combatteva strenuamente per avvicinarsi a lei e trarla in salvo.
Stavano per essere schiacciati dalla supremazia numerica del nemico.
Gin, nel frattempo, riuscì ad afferrare per il collo il Rasetsu che la teneva bloccata sulle proprie spalle, arrivando a tagliargli la giugulare con il wakizashi.
Pochi istanti dopo iniziò a correre come una pazza in direzione di Harada, spinta da quell'immagine che fino a pochi attimi prima le riempiva la mente – Sano a terra, ferito gravemente da un colpo di fucile armato di munizioni in argento - e da quelle voci che la tormentavano ormai da mesi – Urla, grida quanto vuoi... non ti sentirà nessuno... neanche lui accorrerà da te... sei sola... nessuno ti sentirà... stavolta lo Shinsengumi non arriverà a salvarti.
Lei voleva gridare, proprio come aveva fatto allora. Ma allora nessuno la sentiva. Nessuno era venuto a salvarla.

  • [Harada!]

Ma la voce non gli arrivava.

  • [Harada!]

Non ti sentirà.

  • [Harada!]

Morirà.

  • NO!!!!!!!!!!!!!! SANOOOO!!!

Fu l'urlo di Gin che squarciò il silenzio innaturale che l'aveva accompagnata per oltre un anno, mentre si gettava contro l'uomo, inarcandosi sotto il colpo di pistola, gli occhi spalancati per la sorpresa, mentre lo guardava mutare espressione, gli occhi dorati accendersi di dolore e preoccupazione, e un gridò terribile richiamava sui due l'attenzione di tutti; gli occhi argentati sorridere a quelli dorati, il corpo della giovane terminare la propria corsa contro quello dell'uomo, mentre il sangue le sgorgava copioso dalla ferita alla schiena.

- Sei salvo... per fortuna... Mi spiace solo... gli altri...– furono le parole sussurrate con sollievo, mentre il mondo di Gin si faceva nero, sotto le sue ciglia folte, accompagnato dall'urlo accorato di Harada, che continuava a pronunciarne il nome, senza ottenere risposta.

   
 
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