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#14
Titolo:
Do You Want to Know a Secret?
Autrice: Melanyholland
Summary: Erano amici.
Quel breve momento di trasgressione in cui erano quasi scivolati in qualcosa di
più sarebbe rimasto segreto come i loro incontri.
Rating: arancione
Timeline:
dopo la 4x08 (Juliet Doesn’t Live Here Anymore). SPOILER dunque
fino alla puntata in questione.
Pairing:
Blair/Chuck
Do You Want to Know a Secret?
You'll never know how much I really love you.
You'll never know how much I really care.
The Beatles
“Avevo quasi dimenticato quanto
il sesso fosse incredibile”, sospirò Blair con un sorriso a fior di labbra,
spostandosi su un fianco e rannicchiandosi sotto il soffice piumone. Percepì il
braccio di Chuck che le cingeva la vita e sentì il calore del suo respiro ancora
un po’ affannoso sulla nuca umida. Chiuse gli occhi, rilassandosi contro di lui.
Non era il caso di dirlo ad alta voce, ma aveva scordato anche la piacevole
sensazione di riposare fra le braccia di Chuck, le loro gambe intrecciate, la
sua presenza solida e maschile intorno a lei mentre i battiti del cuore
rallentavano, riprendendo un ritmo regolare.
Non che stare così bene a letto
con lui significasse qualcosa. Non poteva.
“Perché, quest’estate non hai
avuto molte occasioni di ripasso?” udì Chuck mormorare in tono fin troppo
noncurante alle sue spalle. Il sorriso di Blair si tinse di maligna
soddisfazione. Povero Bass. Di certo ora rimpiangeva di non averla fatta spiare
tutta l’estate perché impegnato a interpretare la versione fuori stagione del
Canto di Natale dickensiano, più tardi arricchita con patetici spunti da
Pretty Woman (un film ridicolo che Blair aveva sempre detestato, anche se
aveva trovato apprezzabile il comportamento del personaggio della commessa di
fronte a quella squattrinata sgualdrina arrivista).
“Non direi proprio così”, lo
provocò, con disinvoltura. In fondo, erano amici. E dato che gli amici
parlano di certe cose, aggiunse, leziosa: “I ragazzi con l’accento francese
hanno quel certo je ne sais quoi… soprattutto quando fanno parte della
famiglia reale di Monaco.”
“Sei uscita con un altro
Marcus?” domandò Chuck, rigido. Che Blair e le sue fantasie da regina
riuscissero sempre a incontrare un nobile spasimante era incredibile in modo
piuttosto irritante, rifletté con rancore.
“Mmm…” lo tenne sulle spine lei,
“…una signora non parla delle sue conquiste. E al contrario di qualcuno, io
di certo non porto a casa le mie storielle estive.” concluse, pungente.
“Quindi ne hai avute?” insisté
Chuck, premendo il viso contro il collo liscio come seta di lei e respirando
Chanel Nº5, il profumo reso più penetrante dall’attività fisica appena
conclusa. Se Blair avesse interpretato la sua semplice curiosità in un altro
modo, lui non poteva farci nulla. La vita sessuale di Blair lo aveva interessato
fin da quando aveva quattordici anni e si baloccava talvolta con fantasie spinte
su come lei sarebbe stata a letto, quando finalmente avesse concesso l’onore
supremo della sua verginità al caro Nathaniel. Fredda e dominatrice gli era
sembrata la più stuzzicante, e ricordava di aver comunicato con sfrontatezza la
teoria proprio alla candida Blair, che gli aveva scoccato un’occhiata
oltraggiata e lo aveva definito un disgustoso pervertito, mentre lui godeva
spietatamente del suo malcelato imbarazzo. Blair era così innocente
allora, rifletté Chuck. Non aveva ancora avuto modo di insegnarle tutte le
tecniche con cui lei ora lo faceva impazzire, né lei si era ancora resa conto di
quanto passionale potesse essere. Benché ormai avessero fatto l’amore (no,
sesso) innumerevoli volte, Blair riusciva ancora a sorprenderlo,
deliziandolo con mosse audaci e inaspettate che le venivano d’istinto.
Blair si girò pigramente fra le
coperte, strusciandosi contro di lui in modo piuttosto stimolante, come una
gatta che fa le fusa. Quando poté guardarla in viso, Chuck si accorse che
sfoggiava un sorrisetto impertinente sulle labbra e uno scintillio malizioso
negli occhi. Il soffuso rossore che le colorava le guance donava decisamente ai
bei lineamenti del suo viso e i capelli spettinati, lungi dal farla apparire
trasandata, le davano un aspetto incredibilmente sexy. Gocce di traspirazione le
imperlavano la fronte e la gola; Chuck avrebbe voluto posarvi le labbra, sentire
sulla lingua il salato, caldo sapore della pelle di Blair.
“Te l’ho detto, Bass: ciò che
succede in vacanza, resta in vacanza. Per fortuna. Non so se avrei resistito a
vederti ancora vestito come un pezzente.”
“Ma…”
D’improvviso, Blair fu tutta
addosso a lui: la bocca insistente sulla sua, i seni premuti contro il suo
petto, la cosce ad avvolgergli i fianchi, i gomiti ai lati del suo viso, per
imprigionarlo sotto di sé dopo averlo spinto prepotente sulla schiena. Chuck non
poté che affondarle le dita fra i boccoli rigogliosi e rispondere al bacio con
altrettanta foga, dimentico di qualunque pensiero molesto su altri uomini che
l’avevano toccata, perso soltanto nella sensazione paradisiaca di Blair sopra di
lui. Smisero solo quando furono senza fiato a tal punto che i polmoni facevano
quasi male, ma Chuck non era pronto a lasciarla andare e continuò a tenerla
stretta, con la fronte posata sulla sua, mentre i loro respiri si mescolavano
fra gli ansiti. Non voleva ancora rinunciare a sentire la presenza di Blair
tutta intorno a lui, così delicata e fragile, ma allo stesso tempo familiare,
rassicurante.
Il contatto non sembrava
dispiacere neanche a lei: ora che l’impeto di passione si era placato, era
languida e docile nel suo abbraccio. Ingannevolmente docile, gli ricordò la sua
mente, perché Chuck era ben conscio di che forza della natura fosse la ragazza
che gli aveva appena posato la testa sul petto, e quanto grande fosse il potere
che aveva su di lui. Blair sapeva come salvarlo, Non sarebbe il mio mondo
senza di te, ma sapeva anche come fargli davvero male, Non ti amo più,
tutto con una sola frase pronunciata da quelle labbra tanto desiderabili, ora
prive di rossetto e gonfie per i suoi baci.
Chuck la guardava attraverso le
ciglia degli occhi socchiusi e l’intensità del suo sguardo, il tepore del suo
abbraccio, la dolcezza delle sue dita che le accarezzavano i capelli avevano un
effetto calmante su di lei. Era così tutte le volte, anche se non glielo aveva
mai detto –né avrebbe potuto farlo ora, né mai più. Forse.
Comunque, raggiunto lo scopo di
distrarlo (Chuck sapeva essere davvero testardo, certe volte) e avendo trovato
l’attuazione del piano soddisfacente quanto il risultato (oltremodo
soddisfacente), Blair si sporse per schioccargli un ultimo bacio sulle labbra e
si spostò di nuovo su un fianco per dargli le spalle, ma Chuck si mosse con lei
e restarono una tra le braccia dell’altro. Non le sarebbe dispiaciuto esplorare
ancora i benefici della sua amicizia con Chuck, ma erano già le due e mezza, di
lì a qualche ora avrebbero dovuto alzarsi ed entrambi tendevano a perdere la
cognizione del tempo quando erano molto presi, il che accadeva
puntualmente ad ogni rapporto. Blair non riusciva proprio a trattenersi, con
Chuck: i movimenti che sapeva fare con quelle mani, i posti in cui infilava
quella lingua… Blair si morse il labbro, bloccando i propri pensieri indecenti
prima che la spingessero a saltargli di nuovo addosso. Con tutti gli orgasmi a
cui lui riusciva a portarla, non c’era da stupirsi che il suo corpo reagisse
alla presenza di Chuck anche quando il contatto era una semplice stretta di
mano, o che lei lo trovasse sexy con indosso qualsiasi indumento, perfino una
vestaglia da donna. In realtà, aveva pensato che fosse attraente perfino alla
Gare du Nord, abiti da quattro soldi, ciuffo ribelle e tutto il resto.
Parecchio attraente, ad essere proprio onesta. Non che glielo avrebbe mai
confessato, e intanto ci pensava lei a spettinarlo e a sbottonargli il colletto
della camicia ogni volta che lo facevano, anche quando erano in un sottoscala e
bisognava fare in fretta e la maggior parte dei vestiti rimanevano su.
“Non ti va?” domandò Chuck in un
tono che lasciava intuire la sua delusione, mentre le scostava i capelli dietro
l’orecchio per poterla baciare in quel punto particolare sulla gola che la
faceva sempre rabbrividire. Blair serrò le palpebre e ansimò alla sensazione di
umido risucchio, appoggiandosi ancora di più contro di lui. Lo sentì
sghignazzare, sfacciato:
“Ti va, eccome”, constatò e
benché non potesse vederlo, Blair non aveva difficoltà ad immaginarselo col suo
solito sorrisetto tronfio.
“Senti chi parla, Bass.” lo
rimbeccò, infilando la mano sotto le coperte fino ad afferrare la parte di lui
che le premeva contro la natica. Chuck trattenne il respiro con un sussulto e
lei sorrise soddisfatta, lasciandolo andare.
“Non ho mai detto il contrario,
Waldorf.” obiettò, con voce roca.
“Comunque, domattina alle otto
io e Serena abbiamo appuntamento a colazione prima di andare alla Columbia.”
“Sono lusingato, Blair, ma sta’
tranquilla: se iniziamo subito, ci sono buone probabilità che tu sia libera per
le otto.” replicò lui borioso, facendola sorridere contro il cuscino.
“Non è questo il punto, idiota.”
“E qual è?”
“A: per quanto adori le borse,
quelle sotto gli occhi non si abbinano con nessuno dei miei abiti e B: già mi è
difficile prestare attenzione al dilemma Nate o Dan quando sono perfettamente
sveglia, non riesco a immaginare la mia reazione alle chiacchiere di Serena se
ho già molto sonno. Devo occuparmi anche della mia amicizia con lei, sai.”
“Ma scommetto che non è
altrettanto divertente.” ammiccò Chuck, seduttore impenitente.
“Né lo sarà il meeting con i
tuoi soci in affari, ne sono certa.” ribatté lei. “Non è previsto per domani
alle nove e mezza?”
Chuck sospirò, un soffio tiepido
contro il suo orecchio.
“Purtroppo, sì.”
“Metti la cravatta rosa a righe.
E…”
“…il completo a tre pezzi blu
scuro.” concluse Chuck per lei, sfiorandole la tempia con le labbra. Blair
sorrise e annuì.
“Sarai perfetto. Ma evita
qualunque tonalità del viola per la camicia.”
“Ora non dire assurdità, Blair.”
la rimproverò lui, in un tono così esageratamente risentito che era anche
involontariamente comico. Blair, divertita dalla sua reazione e in vena di fare
un po’ la dispettosa, si girò sulla schiena per occhieggiarlo con impudenza:
“Affronta la realtà, Chuck:
nessuno stilista ha usato il viola questo autunno.” lo punzecchiò, inarcando le
sopracciglia con l’aria di superiorità che assumeva intorno alle sue minions
quando criticava un accessorio fuori moda o semplicemente di cattivo gusto.
“Perché nessuno lo indossa bene
quanto me.” replicò vanesio e Blair rise di cuore perché sapeva che, al di là
della battuta, Chuck ne era veramente convinto.
“Non direi, io ci sto piuttosto
bene.” ribatté, civettuola. “Ricordi la sera del quattro luglio?”. La luce
maliziosa negli occhi di Chuck fu una risposta piuttosto eloquente. Di certo
stava pensando a come avessero deciso di fare il tradizionale picnic a letto
invece che su un prato (“Per non macchiare i vestiti d’erba”, aveva dichiarato
lui, solo che non c’erano stati vestiti da macchiare, durante il loro personale
picnic a base di frutta rossa, caramello e champagne d’annata) e di come, quando
erano iniziati i primi fuochi d’artificio, lei si fosse precipitata sul balcone
mettendosi addosso solo la camicia color lavanda di lui (di proposito, perché ci
voleva troppo ad abbottonarla tutta e dunque l’ombelico e la parte superiore dei
seni facevano capolino, e poi l’orlo di seta le sfiorava provocante le cosce
appena sotto l’inguine, perché Chuck non era tanto più alto di lei). Mentre
osservava i fuochi, Blair aveva sorriso, percependo lo sguardo arroventato di
Chuck su di lei invece che sullo spettacolo pirotecnico. Amava
stuzzicarlo.
“Mi ricordo.” confermò lui con
passione, poi sollevò le sopracciglia, arrogante. “Ma per quanto fossi adorabile
quella sera, Blair, continuo a pensare che il viola stia meglio a me.”
“Cosa?” protestò lei sorridente,
in tono offeso. Gli diede anche uno schiaffo sul braccio, tanto per sottolineare
l’indignazione.
“Sono comunque pronto ad
ammettere che senza niente addosso non ti batte nessuno.” la blandì lui,
accarezzandole amorevole i seni. Blair sbuffò, ma il tocco era piacevole e quel
giorno si sentiva particolarmente di buonumore, così rise, scuotendo la testa.
Quando cominciò a ridere anche
lui, Blair gli prese il volto fra le mani e lo baciò ancora, perché le era
mancato scherzare così con Chuck ed era contenta di vedere il suo sorriso: per
settimane non c’erano stati che cipigli pieni di rabbia e parole ribollenti di
odio fra loro due. Era bello poter essere di nuovo allegri in compagnia l’una
dell’altro.
Tuttavia, un angolo traditore
della sua mente non poté fare a meno di chiedersi se anche con l’ingenua
Prostituta dal Cuore d’Oro scherzasse in quel modo, magari proprio a letto, dopo
il sesso. In tutte le decine di foto che Gossip Girl e i paparazzi gli avevano
scattato con la sciatta biondina, Chuck era sempre sorridente, gioioso, gli
occhi che brillavano mentre la guardava affascinato, quasi come se fosse
innamorato…
Blair si ritrasse bruscamente e
Chuck aggrottò la fronte, confuso dal repentino cambio di atteggiamento: gli
incisivi candidi le mordicchiavano il labbro inferiore in modo nervoso e
inconscio, come tutte le volte in cui qualcosa la turbava, e le mani erano
ricadute sul letto, come se non avesse più voglia di toccarlo.
“Tutto okay, Blair?” le domandò,
e varie emozioni si avvicendarono nel castano prima che parlasse, ma accadde
tutto così rapidamente che per Chuck sarebbe stato difficile distinguerle e dare
a ciascuna un nome. Alla fine, le tornò il sorriso lezioso e rispose: “Certo”,
poi aggiunse, riprendendo la conversazione precedente come se non ve ne fossero
mai state altre:
“A Parigi ho incontrato un
principe. Mi ha detto che potevo chiamarlo Louis, che sono bellissima e mi ha
invitata ad un ballo”.
Era incredibile come una
manciata di frasi riuscissero a riassumere perfettamente il sogno di Blair fin
da quando era bambina e disegnava con i pastelli scarabocchi di re e regine sul
suo album. Chuck sentì una spiacevole acidità corrodergli le pareti dello
stomaco.
“E come è stato?” chiese, mentre
immagini di Blair raggiante al braccio di un damerino senza volto gli si
insinuavano nel cervello, inarrestabili e dolorose come un’infezione. Appena
fuori di lì avrebbe ordinato a Mike di fare una ricerca approfondita su questo
fantomatico principe Louis di Monaco, tanto per scoprire che aspetto aveva, se
nel frattempo aveva trovato qualcun'altra da invitare ai balli e, in caso
contrario, se si poteva fare qualcosa perché ciò accadesse.
Blair lo fissava in silenzio.
Chuck era consapevole che lei poteva scorgere la sua inquietudine proprio come
lui era riuscito a fare pochi minuti prima con lei, ma al momento non gli
interessava. E avrebbe riservato a dopo anche le considerazioni su quel
malessere che con prepotenza si era impossessato di lui alla menzione di un
altro uomo, perché Non ti amo più e Come potrei amarti dopo quello che
hai fatto? gli impedivano di rivelare la verità – a Blair, soprattutto, ma
anche a se stesso.
A poco a poco, la vide
rasserenarsi, seppur lievemente. La mano con l’anello di rubini salì a
scostargli dalla fronte una ciocca di capelli, poi le dita scivolarono fino alla
mascella contratta, quasi a voler accertarsi del suo disagio.
“Il ballo?”, sussurrò infine,
titubante, e c’era ancora un acceso dibattito dentro di lei su cosa rivelargli e
cosa tralasciare, Chuck poteva vederlo e non gli piaceva per niente. Forse Blair
temeva di intaccare di nuovo il loro rapporto confidandogli che aveva baciato il
principe nel salone lussuoso del suo palazzo e che si era sentita come una
principessa in una fiaba, al centro dell’attenzione e invidiata da tutte le
altre invitate, e che poi lei e il principe avevano fatto sesso in un pregiato
letto a baldacchino davanti al caminetto –e naturalmente era stato allora che
lui le aveva sussurrato all’orecchio che era bellissima e Blair lo aveva
invocato in estasi fra i gemiti, per nome, come voleva lui, e poi…
“Non ne ho idea, non ci sono
andata.” confessò Blair alla fine, e Chuck ebbe l’impressione che l’aria fosse
improvvisamente più leggera e fresca, non si sentiva più schiacciare né
soffocare.
“Non ci sei andata?” ripeté,
pieno di lieta incredulità.
“Già. Peccato. Il mio Oscar
de la Renta rosso era perfetto, per quell’occasione”.
Gli ci volle qualche secondo per
comprendere cosa Blair gli stava veramente dicendo, e quando ci riuscì, sentì un
largo sorriso stendergli le labbra senza che potesse in alcun modo fermarlo.
Blair appariva compiaciuta dalla sua reazione: lo sguardo si era addolcito,
anche se era ancora velato di tristezza.
“Hai ragione. Eri stupenda.”
sussurrò in tono adorante e in qualche modo ancora non era abbastanza.
Impossibile descrivere a parole la bellezza di Blair mentre avanzava verso di
lui in quell’abito sfarzoso, o la valanga di emozioni intense e contrastanti che
lo avevano travolto, meraviglia e angoscia, sollievo e terrore, amore (per
lei) e odio (per se stesso). Era stata Blair la prima a parlare. Non
poteva essere altrimenti, perché nel vederla, Chuck era rimasto senza fiato.
Sapeva che non avrebbe dovuto
parlarle così –le lodi che traboccavano di ammirazione e desiderio non erano
esattamente da amico- ma non ci badò: Blair era arrossita, e il rosso era il
colore che le donava di più, sulle guance, sulle labbra, e quando avvolgeva il
suo fisico seducente in drappi e onde morbide; proprio come quella sera a
Parigi, quando gli era venuta incontro e lo aveva riportato a casa sui tacchi
delle sue scarpette rosse.
Ma c’era ancora quell’ombra che
danzava nel fondo dei suoi occhi, ora rivolti altrove, che Chuck non riusciva a
spiegarsi.
“Più di lei?” bisbigliò
infine Blair, piano e senza il coraggio di guardarlo. I denti tormentavano
ancora il labbro indifeso, ma non poteva farci nulla, non riusciva a
trattenersi. Odiava essere così vulnerabile, odiava essere stata messa da parte
per un’altra bionda, essere di nuovo meno bella, meno importante… semplicemente
meno. Credeva che Chuck, fra tutti, non l’avrebbe mai trattata così.
Percepì la mano di lui sfiorarle
la guancia.
“Guardami, Blair”.
Dopo un momento di esitazione in
cui si sforzò di mandar via l’evidenza del suo tormento dal proprio viso –come
se servisse; a Chuck non sfuggiva mai niente, come gli aveva rinfacciato lei
stessa l’anno prima – obbedì e si ritrovò davanti quegli occhi scuri e ricolmi
di tenerezza in cui una volta aveva creduto che si sarebbe riflessa per il resto
della vita.
“Non le ho mai detto quelle tre
parole”.
Blair lo occhieggiò con le
sopracciglia aggrottate mentre la sua mente frugava in quei ricordi scomodi che
di solito preferiva ignorare alla ricerca di una confutazione. Non la trovò, ma
ciò non significava che Chuck non si fosse dichiarato mentre lui e quella erano
soli sotto il cielo stellato di New York. Lo sapeva, ma una parte di lei, più
grande di quanto fosse disposta ad accettare, desiderava credergli; credere che
loro due fossero ancora speciali, nonostante tutto.
“Davvero?” si ritrovò a
chiedere, speranzosa. Chuck si chinò per posarle un bacio sulle labbra, delicato
come il fruscio di una gonna di chiffon.
“C’è solo una persona a cui le
ho dette. Per cui l’ho provato.” ammise, in un sussurro. Blair scrutò nei suoi
occhi vividi per un lungo momento in cui lottò contro la propria sfiducia e alla
fine, un sorriso le affiorò alle labbra. No, non c’erano state dichiarazioni
romantiche al chiaro di luna, né a Parigi né a New York, perché anche se
Henry forse avrebbe voluto, Chuck non avrebbe mai potuto. Blair lo
lesse nel suo sguardo, nella loro storia, nel proprio cuore.
Per un attimo ebbe l’impressione
che lui volesse aggiungere qualcosa, che le parole fossero già sulle sue labbra
socchiuse, sul punto di venir fuori. Ma l’attimo passò, Chuck distolse gli occhi
e lei preferì non indagare oltre.
Erano amici. Quel breve momento
di trasgressione in cui erano quasi scivolati in qualcosa di più sarebbe rimasto
segreto come i loro incontri.
Peccato che nell’Upper East Side
i segreti non fossero mai destinati a durare.
Fine#14
Note
dell’Autrice:
[1] “Do You Want to Know a Secret?” è (ovviamente) una canzone dei
Beatles.
[2] Angolo delle chiacchiere
futili: non so voi, ma per me, Chuck e Blair alla Gare du Nord sono i
Chuck e Blair più belli che mi vengono in mente. Lui senza i capelli impomatati
e con quel look casual è sexy e lei è favolosa con quel vestito, quel trucco e
quella pettinatura. Per di più, la scena è emozionante e la colonna sonora
azzeccata. Davvero, adoro quel momento, è perfetto in tutti i suoi particolari.
[3] I ringraziamenti alle recensioni sono stati spediti con il solito
metodo. Grazie a tutti voi per il sostegno.
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