Red Lemon
Note:
- geta: sono i sandali tradizionali giapponesi, dalla superficie
rettangolare dura. Foto
da Wikipedia.
Red
Lemon
Autore: ellephedre
Disclaimer: i
personaggi di
Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di
proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.
4 -
Rei/Yuichiro II
Scena ambientata tra
'Oltre le stelle' e 'Verso l'alba', l'estate precedente a 'L'indole del
fuoco', la
storia in cui Rei e Yuichiro cominciano a fare coppia.
La one-shot fa riferimento ad un discorso che Rei ha affrontato nel
primo episodio di 'Red lemon' e sarebbe inquadrabile in un punto molto
lontano di 'Ovviamente... impossibile?'
Una mano le accarezzò il fianco. Dita lunghe e grandi,
lievemente ruvide, titillarono la sua pelle, impossessandosi
dei suoi
sensi.
Inarcandosi verso l'alto, alla ricerca dell'ultimo tocco, Rei
separò le labbra.
La mano su di lei si spostò verso la parte bassa della sua
schiena, senza fretta, intenta a soddisfarla.
Rei tentò di allontanarsi, ma nelle sue orecchie, dentro la
sua testa, risuonò un mormorio rassicurante,
meravigliosamente
sensuale.
Basso e profondo, maschile.
Sentì bruciare i palmi che opposero una lieve
resistenza,
che si posarono su un petto largo, caldo e compatto, come niente che
avesse mai sentito.
Cercò di dirgli di andarsene, di uscire da sotto le sue
lenzuola,
ma lui prese ad accarezzarla senza chiederle il permesso.
Portò
entrambe le mani sul suo petto, prese a coppa i suoi seni e, sopra la
maglietta del suo
pigiama, si abbassò a morderle piano un capezzolo.
Rei artigliò le coperte. Prima di poter tentare una fuga
indesiderata si ritrovò con una gamba
intrappolata,
presa per essere messa attorno ai fianchi stretti che si insinuarono
tra le sue gambe. Le mani di lui le accarezzarono apertamente lo
stomaco, sedandola, conquistandola.
Perché?
le chiedevano. Perché
vuoi andare via? Resta, scopri.
Lei si allungò inconsciamente sul letto e lui accolse
l'offerta del suo collo. La baciò
lì e, sollevandole la maglietta, la denudò per
facilitare la sua adorazione.
Era lì per lei, le disse senza parole. Per risvegliare il
suo corpo, per farle conoscere la meraviglia dei sensi. Rispettando la
muta promessa, rigirò i suoi capezzoli tra le
dita, lambendoli a turno con la
lingua umida, bollente, avida di lei.
In silenzio Rei iniziò a
gemere, scoprendosi come un essere capace di provare un dolcissimo
piacere.
Sussultò quando la durezza di lui comparve all'improvviso
tra le sue gambe, estranea. Lui gliela spinse contro. Due strati di
tessuto non le impedirono di
capire che lì sotto era fatta apposta per lui, per farlo
entrare
e permettergli di farla gridare.
Si sentì avvampare, arrossire. Ansimò quando lui
riprese
a spingere languidamente e pulsò di idilliaca delizia tra le
gambe.
Lui spostò le mani, le fece scendere lungo il suo corpo fino
a
prenderle a palmi pieni le natiche. La tenne ferma così, per
lui
e le sue spinte insistenti.
Rei buttò la testa all'indietro e
ondeggiò a ritmo col bacino. L'arco accennato di ciascun
movimento la fece lentamente impazzire.
Due dita si infilarono dentro i suoi pantaloncini e trovarono
l'elastico dei suoi
slip. Le tolsero tutto con un unico pensiero.
Per proteggersi lei si appiattì contro il
letto, ma lui la abbracciò. La tranquillizzò
accarezzandole la schiena, chiedendole se voleva conoscere il
proprio corpo, diventare grande.
Affondò in lei, un colpo di piacere feroce che la fece
inarcare. Era bloccata, ma voleva essere schiacciata, presa.
Lo abbracciò e lui riprese a spingere in modo perfetto, perfetto, oh, era
quello il piacere?
Lei voleva tutto. Voleva la sua bocca sulla propria, chi
sei?
Arrivò il suo bacio, un nuovo atto di sesso favolosamente
eccitante.
Ma quello che lei desiderava davvero era altro. Mi ami? Vero che mi ami?
Sulle sue labbra si posò un bellissimo bacio d'amore
romantico. Rei pianse di gioia. Dimmelo,
gli
chiese, tra ansiti di trasporto magnifico.
Ti amo, Rei.
Lei gli sfiorò le labbra con la proprie e affondò
le dita nei suoi capelli folti. Chiese di più.
Ti amo, le
ripeté lui, entrando tanto a fondo dentro il suo corpo da
farli diventare una cosa sola. Rei aprì gli occhi e nel buio
seppe che lui aveva le labbra piene - riconobbe la forma - che rideva
sempre, che l'amava ancora e che, con gli occhi tranquilli, pensava
sempre a lei. Come all'inizio, perché dietro quella frangia
lunga e scura c'era-
Sobbalzò.
Lui sparì e lei...
Si svegliò.
Spalancò gli occhi, ritrovandosi stravaccata sul
letto, una gamba che minacciava di cadere sul pavimento e le braccia
buttate sopra la testa.
Scattò a sedere, respirando affannosamente. Tutto per via
di...
Iniziò a tremare di rabbia.
Buttò via le lenzuola, umide di sudore dove le
aveva
strette
ripetutamente al corpo. Balzò in piedi. Quasi
inciampò
nello scendere dal letto, ma raggiunse la scrivania e aprì
violentemente il cassetto. La luce della giornata estiva aveva
già invaso metà della sua
stanza, come tutte le primissime mattine di quell'afoso luglio infinito.
Si ritrovò tra le mani il manga che aveva letto la sera
prima. Desiderò avere un accendino e dargli fuoco. Prima di
provvedere, andò a rileggere tutte le pagine su cui
si era soffermata il giorno precedente.
Bei termini, Rei.
'Sesso', 'piacere' e almeno tre o quattro dannate posizioni
sessuali graficamente suggestive che lei non aveva sperimentato durante
il
sogno, ma che evidentemente le erano entrate in testa a tal punto da- A
tal punto da...
Sbatté il volume a terra.
«Ahhh!» Lo pestò
ripetutamente sotto il piede.
Fremente d'ira, si precipitò fuori dalla sua stanza.
Brontolando e borbottando, fu costretta a tornarci dentro per mettersi
addosso qualcosa di decente.
«Che caldo...» Fermo in mezzo allo spiazzo del
santuario,
Yuichiro si asciugò la fronte madida con il dorso della mano.
Nelle giornate estive più insopportabili, quelle in cui un
singolo raggio di sole era capace di trapassare da parte a parte un
cranio umano, Yuichiro considerava la divisa del tempio come una sfida
personale: tenerla addosso lo faceva sudare a tal punto che l'indumento
in sé era quasi un esercizio di resistenza fisica.
Appoggiò la scopa contro il muro vicino e pensò
alla
piccola fontana di bambù posizionata dietro il tempio.
L'acqua
era sempre pulita dentro quel pacifico bacino artificiale e lui aveva
un disperato bisogno
di rinfrescarsi fronte, collo, nuca e... Sospirò. Se avesse
potuto, si sarebbe sdraiato nella pozza.
Ancora un'ora e avrebbe fatto una bella doccia gelata.
Nell'attesa, non gli restava che accontentarsi. Si diresse verso la sua
momentanea salvezza e affinò
l'udito. Gli parve di percepire sin da lontano lo scrosciare
dell'acqua cristallina, fredda come l'inverno che sembrava un miraggio
distante.
«Yuichiro!»
Voltò la testa con uno scatto e non faticò a
riconoscere
il timbro maestosamente acuto del suo personale e meraviglioso tormento
quotidiano.
Si era già reso conto di aver fatto virare la sua esistenza
in
una direzione masochistica nel rimanere vicino a Rei, ma a lei
bastava accennare ad un sorriso - neppure rivolto a lui - per
illuminare le sue giornate. Yuichiro si sentiva pronto ad essere
infelicemente felice nel viverle accanto, almeno fino a che le
circostanze non li avessero separati.
Gli risultava penoso persino pensarci.
«Yuichiro!!»
Il grido, trasformatosi in strillo sulla sillaba finale, gli fece
aggrottare la fronte e digrignare i denti.
Perché Rei era arrabbiata con lui?
Iniziò ad avere timore della risposta e deglutì.
«Sono qui!»
Si era dimenticato di fare qualcosa? No, gli mancava un angolo dello
spiazzo da ripulire, nient'altro. Quella mattina, pur avendo
operato di fretta, non aveva tralasciato alcun particolare nei suoi
compiti. Erano da poco passate le undici e lui aveva già
finito tutte le sue faccende, apposta per cercare di riposare in casa
nelle
ore più calde della giornata. I possibili visitatori del
tempio
si sarebbero comportati nello stesso modo - ne aveva avuto la prova
proprio
durante la settimana - e lui aveva ottenuto il permesso dal
maestro di prendersi una pausa pranzo più lunga in quei
giorni,
a patto di sacrificare un paio d'ore di riposo la sera.
«Eccoti!» ringhiò Rei, comparendo da
dietro l'angolo
dell'edificio.
Yuichiro amava l'estate per molte ragioni: per i bagni in piscina, per
le lunghe ore di sole, per le fette di cocomero che si faceva finire in
pancia e per le magliette di Rei.
Erano sempre scollate e senza maniche e da diverse estati gli
permettevano di vedere quel che di solito gli piaceva immensamente
immaginare.
Tre anni addietro si era sentito quasi meschino ad osservarla,
quattordicenne com'era stata. Due anni addietro si era detto che lei
stava crescendo e che era molto matura per la sua età.
Dall'anno
precedente i suoi sensi di colpa si erano volatilizzati: neppure il
mignolo di Rei si sarebbe più potuto descrivere come
infantile.
E quell'anno lei era sempre più...
Indiavolata, con un braccio alzato. Gli gettò addosso un-
Lui schivò in tempo e l'oggetto piombò
dentro la
fontana.
«Perché diavolo non fai mai quello che
devi?!»
Rei strinse i pugni e marciò nella sua direzione.
«Sei uno stupido! Muoviti a riprenderlo!»
Lui cercò di guardare dentro l'acqua. «Che
cosa?»
Lei fece per spingerlo in avanti, ma all'ultimo momento
evitò di
toccarlo. In volto le passò una smorfia che gli parve un
misto di disgusto e imbarazzo.
«Ho... fatto qualcosa di male?» azzardò
lui. Di cui magari non si era accorto?
Lei picchiò il suolo con un piede.
«Perché non hai
riparato il rubinetto del bagno!? Mi si è staccata una delle
due
chiavi in mano e ora è finita nella fontana!»
«Non c'è
problema. Lo
riprendo.» Non era il caso di discutere con
Rei, non quando era in quello stato. Non che lui avesse mai discusso
con lei, ma qualche volta aveva osato ribattere silenziosamente e Rei,
puntualmente, non gli aveva parlato per giorni. Era stata una tortura
tremenda.
Sporgendosi, studiò il fondo della fontana e decise
di tenere addosso i geta.
Non aveva voglia di scivolare malamente e sbattere da qualche parte.
Immerse il piede nell'acqua e volle rilasciare un sospiro di godimento.
Che meraviglia!
«Vuoi muoverti?!» lo incalzò Rei.
«Sì, sì.» Avrebbe dovuto
scoprire se era
stato lui a farla arrabbiare tanto o se Rei era adirata per conto suo.
Esaminò la superficie in pietra resa tremolante dall'acqua e
fece fatica ad individuare
la chiave del rubinetto sotto i vari piccoli massi che decoravano il
fondo della fontana.
«E' lì!» lo sgridò Rei.
Yuichiro decise che dopo le avrebbe chiesto scusa a prescindere. Non
c'era
altro modo per fermare quel trattamento, lo sapeva bene.
«Adesso
lo trovo.»
Facendo attenzione a non scivolare, si mosse parallelamente al bordo.
«Lì!»
Lì... dove? Cercò di guardare dietro il sasso
più grosso e finalmente scorse un luccicchio.
«Insomma, ce l'hai davanti agli occhi!» Rei
picchiò
violentemente la canna da cui scendeva l'acqua. Il totem di
bambù a cui era stata sostenuta - vecchio come il tempio,
secondo Yuichiro - si spaccò su tutta la parte superiore.
La pressione dell'acqua si liberò su di lui e il getto
violento lo inondò da capo a piedi.
Yuichiro gli volse la schiena e scoppiò a ridere.
«Che disastro!» inorridì lei.
La forza del flusso venne meno con l'esaurimento della scorta
principale e l'acqua cominciò lentamente a spargersi sul
terreno.
«E'-è tutto distrutto!» Il risentimento
di Rei non
si trasformò in ulteriori rimproveri: con estremo
dispiacere lei non ebbe il coraggio di dargli la colpa
anche di quel problema. Deglutì
la rabbia e ritrovò il broncio. «Vieni ad aiutarmi
con la
pompa dell'acqua. E' vecchia, da sola non riesco a chiuderla.»
Fradicio e felice di esserlo, lui cominciò a uscire dalla
fontana. Si fermò di colpo. «Aspetta. La chiave
del
rubinetto.»
Rei gli indicò imperiosamente di uscire. «La
prendo io!» Non gli diede il tempo di protestare: si
levò i sandali
bassi ed
entrò coi piedi nella fontana. Si chinò e
cercò nell'acqua con una mano.
Yuichiro rimase attento fino a che lei non
tornò dritta.
«Eccolo. Quanto ci voleva a
prenderlo?» Rei avanzò e, nell'istante successivo,
perse l'equilibrio. Scivolò come se avesse pestato una
saponetta e Yuichiro le
afferrò il polso con tanta violenza da deviare la direzione
della caduta.
Invece di sbattere contro il bordo della fontana, lei
capitolò in acqua con tutto il corpo.
Lui si sentì come se avesse rotto un preziosissimo
vaso. «Rei-san!»
La chioma corvina di lei uscì lentamente dall'acqua, lucente
per
quanto era fradicia. Rei usò le mani per togliersela dalla
faccia e il sole illuminò i suoi occhi di fuoco. «San? Credi forse
che ti salverà?»
Yuichiro si protesse con le mani. «Non- Stavi per
cadere!» E lui stava per essere ucciso!
«Sono caduta lo stesso!» latrò Rei.
«Idiota!»
Yuichiro si preparò a correre. «Mi dispiace! Non
volevo che ti facessi male!»
Rei afferrò la canna di bambù che galleggiava
accanto a
lei. «Non sarò io a farmi
male.» Uscì
dall'acqua con un balzo.
Yuichiro scattò come un centometrista.
«Vigliacco!»
Sapendo di avere un vantaggio, si voltò per controllarlo.
Quello che vide fu la furia di Rei, già munita di sandali - quando li aveva rimessi?!
- a tre metri da lui. Chiese aiuto nella propria testa e corse
più forte.
«Fermati! Oggi ti sei permesso un torto di troppo con
me!»
Ma che le aveva fatto?!
Si diresse di proposito verso la pompa dell'acqua sistemata accanto al
pozzo, dall'altra parte del tempio. Quando l'avvistò,
tirò un sospiro di sollievo. «Tregua! Tregua,
tregua!» Rallentò e schivò per un pelo
un colpo di bambù.
«Tregua!
Dobbiamo chiudere la pompa!» Si buttò a terra, in
ginocchio. «Non ti ho fatta cadere apposta! Non potrei mai,
lo
sai!»
Rei ebbe un attimo di esitazione e lui ne approfittò per
disarmarla.
Quando gli vide la canna di bambù in mano, lei
iniziò a fumare di rabbia.
Yuichiro la gettò lontano, oltre gli alberi.
«Perdonami! Non so cosa ti ho fatto oggi ma...
perdonami.»
Lei continuò a fremere. «Cosa mi hai fatto?!
Adesso per
esempio! Mi ero appena cambiata, per colpa tua dovrò lavare
tutto!» Tirò stizzita la maglietta gialla che
indossava, fradicia. Quando la lasciò andare, il tessuto si
riattaccò al suo corpo, producendo un suono bagnato e una
miriade di minuscoli schizzi.
Lui rimase a fissare una delle tante scie d'acqua che le percorrevano
il collo. Prima di evaporare al sole, una goccia riuscì a
scivolare dentro la maglietta bagnata, infilandosi tra i seni
di lei.
Gli mancò la saliva.
«Ma che-?»
Nemmeno la voce soffocata di Rei riuscì a convincerlo ad
alzare gli occhi.
Lei corse a coprirsi il petto con un braccio e Yuichiro capì
che per lui era finita.
Rei si sfilò un sandalo e, con mira infallibile, lo
centrò in piena fronte. «Maniaco!»
Con un gemito di dolore, lui si sfilò la parte superiore
della
tunica. «Mi dispiace, scusa! Copriti con questo!»
Solo quando sentì
com'era zuppo il tessuto si rese conto di quanto era stata stupida
la sua offerta.
Furiosa, la faccia di Rei assorbì lentamente l'intero
calore del sole e lui approfittò di quegli istanti
preziosi
per abbassare lo sguardo almeno un'altra volta. O due.
Considerò l'idea di chiedere a Rei di farlo fuori con le sue
stesse mani, a patto che lei non si cambiasse mentre procedeva al
massacro.
Rei gli levò la tunica dalle mani e gliela
ributtò in
faccia. «A cosa vuoi che mi serva?! Rimettitela e smettiamo
di
perdere tempo!»
Quando Yuichiro liberò gli occhi, vide che Rei si era
sistemata
accanto alla pompa.
«Muoviti!» gli sibilò lei e le
bastò quell'unica parola per fargli capire che non si
riferiva
solo alla chiusura dell'acqua.
Lui terminò di infilare rapidamente le braccia nella
tunica e non si
disturbò ad unire i lembi solo per non farla aspettare oltre.
Invece di rimproverarlo, Rei attaccò immediatamente gli
occhi
alla maniglia che doveva far girare e vi posò le mani,
preparandosi a spingere. «Al tre. Uno, due e-»
Lui arrivò giusto in tempo per fare la sua parte.
L'acuto cigolio della vecchia pompa gli confermò solo che,
alla
riapertura, molto probabilmente si sarebbe rotta anche lei. Avrebbero
dovuto chiamare un idraulico e prevenire il disastro. O forse far
cambiare l'intero impianto. Era già stato in programma, in
fondo.
Tornando dritta, Rei incrociò le braccia sul petto, facendo
attenzione a tenerle bene alte. «Mettiamo in chiaro
la situazione.»
Cauto, lui annuì.
«Ci sono cose su di me che tu non puoi nemmeno permetterti di
sognare.»
L'ombra del sorriso che gli era cresciuto in volto sparì.
Su quello di Rei si fece viva una smorfia di forzato disgusto.
«Non
gradisco affatto che tu- che tu...» Unì malamente
le
labbra. «Per niente! Non succederà mai.»
Lui rimase ad osservarla, a confermarsi che dietro la vena di
cattiveria sottile e gratuita ci fosse davvero Rei.
Lei deglutì ma non vacillò.
Per niente,
si ripeté lui in testa. Rei non si era riferita solo
all'errore di un attimo, ma a tutto quanto. Ad anni di lui che la
guardava
da lontano, che cercava di vederla sorridere, che era contento quando
ci riusciva. Entrambi erano stati perfettamente coscienti della
situazione tra loro, era stato il tacito accordo di sempre quello di
non parlarne mai.
«Certo che no» le rispose, graffiando le parole.
Aveva sempre saputo che tra loro non sarebbe mai successo nulla, non
nella realtà. Ma non si era meritato di sentirselo dire a
quel modo. O di sentirselo dire in qualunque modo: non aveva mai
preteso nulla da lei, le era sempre stato solamente amico.
O almeno, aveva creduto che loro due fossero amici. Ma adesso era
chiaro che, quando era di cattivo umore, Rei si sentiva autorizzata a
sfogarsi sui punti deboli di lui.
«In frigo non c'è niente.» Si
voltò, diretto in casa a cambiarsi. «Vado a fare
la spesa.»
Magari, rifletté tra sé, in giro per
strada il
caldo del mezzogiorno lo avrebbe fritto sull'asfalto.
Non sarebbe stato un male.
Rei si sentì morire mentre l'ennesima ondata di
vapore bollente si levava dal ferro da stiro, colpendola in volto.
Continuò a stirare. Aveva cominciato dall'hakama
azzurro e dalla tunica bianca di Yuichiro - aveva iniziato per
sistemare quei due indumenti, d'altronde - ma in seguito si era
ricordata che non si era più prodigata in quei compiti da
molte settimane. Era sempre stato lui ad occuparsene e questa volta,
si era detta, avrebbe pensato a tutto lei.
Posizionò l'ultima parte del lenzuolo sull'asse e
cominciò a togliere le pieghe anche dagli ultimi lembi.
Si meritava sia la scomodità che la punizione, ne era
cosciente: si
era comportata in maniera imperdonabilmente superba e antipatica con
Yuichiro.
Era stata persino cattiva con lui.
Era passato un mucchio di tempo dall'ultima volta che Yuichiro aveva
lasciato ad intendere di provare qualcosa nei suoi confronti e cosa
faceva lei? Lo accusava di immaginarsi chissà cosa - quello
che si era sognata lei! - e per di più, pur di nascondere
l'imbarazzo e i nuovi pensieri impropri che l'avevano fulminata, aveva
persino fatto finta di esserne disgustata.
Sarebbe stata un'esagerazione affermare il contrario: Yuichiro non
aveva improvvisamente cominciato a piacerle in modo diverso da prima. O
meglio... sì e no. Ovvero, non aveva alcuna intenzione di
mettersi con lui, ma il punto era che... no, neppure quello!
Non era attratta da lui in quella maniera. Solo... non era non attratta da lui
in quella maniera. Secondo la matematica del suo cervello, dove due
'non' sommati facevano un mezzo 'sì', poteva dire
essenzialmente che Yuichiro non le era indifferente, almeno ad un
livello oggettivo, puramente distaccato, completamente impersonale.
Fisico, quindi.
Ammetterlo non costituiva un delitto capitale, anche se
ci aveva messo mezza giornata a convincersene. Sarebbe stato strano il
contrario piuttosto: Yuichiro non era affatto brutto, anche se di
recente le sembrava che fosse diventato sempre meno brutto dove
già prima non lo era mai stato. Valeva sempre la regola dei
due 'non'? Preferì non scoprirlo. Il punto era che...
beh, lui era un ragazzo. Tutto lì.
E lei quella notte aveva avuto il primo sogno erotico della sua breve
vita piena di responsabilità e battaglie ma priva di
fidanzati. Come molte altre ragazze era una romantica nell'animo anche
lei; ovviamente le era piaciuto unire a quella fantasia anche
l'idea dell'amore. E chi mai si era innamorato di lei in quei
diciassette anni? Solo Yuichiro.
Solo lui, a chi altro avrebbe dovuto pensare? Per di più lui
viveva a casa sua, le stava sempre accanto, intorno, le parlava, le
stava simpatico, era una persona con cui si trovava bene.
Per forza aveva pensato a lui.
Benché Yuichiro quella mattina si fosse messo a guardarla
come se volesse
spogliarla - maniaco,
ma con quale diritto glielo aveva detto? - non era certo
perché era ancora innamorato di lei. Si era solamente
trovato davanti una ragazza con addosso null'altro che pochi vestiti
bagnati; avrebbe avuto la stessa reazione anche con un'altra persona.
Sentì la fronte aggrottarsi e tornò al punto: era
una
faccenda impersonale anche nel suo caso.
Apprezzare il fatto che lui non fosse brutto non significava niente.
Era una semplice reazione ormonale. Non doveva aver timore di quello
che provava.
Erano anni che lei trovava carini molto ragazzi; era passata alla fase
successiva, quella in cui 'carino' diventava una qualità
superata, ecco. Aveva nuovi bisogni che stavano crescendo dentro di
lei, facendosi sentire con forza, ed era normale provare il desiderio
di abbracciarsi ad un ragazzo. O meglio, al corpo di lui.
... quanto era squallida.
Ebbene, era maniaca solo quando era incosciente. A mente lucida, il
massimo che riusciva a pensare era che Yuichiro... Okay, lui aveva
delle
belle braccia, proprio come avrebbero dovuto essere delle
braccia che non fossero di donna. Ma questo, ammise a se stessa, lo
pensava già da almeno un paio d'anni. Durante quell'estate a
quella considerazione aveva aggiunto, del tutto disinteressatamente,
che anche le proporzioni del torso di lui erano... discrete. O
discretamente ottimali, ma non c'era motivo di essere troppo generosi.
Anche perché quel giorno le era entrato in testa - come se
non fosse bastato il sogno - che le proporzioni di lui senza
vestiti erano
parecchio invitanti e questo era molto
male.
Yuichiro era suo amico e lei non aveva quel tipo intenzioni nei suoi
confronti.
Quindi, doveva prendere i suoi nascenti bisogni e direzionarli in una
bella storia d'amore.
Sospirò, lasciandosi bagnare il viso dall'ultima nuvola di
vapore.
Oh sì, voleva innamorarsi.
Lasciò scendere le spalle.
Voleva anche sistemare le cose con Yuichiro.
Gli aveva fatto male - almeno un po', anche se da qualche
tempo aveva avuto l'impressione che lui nascondesse i suoi
malesseri peggiori. Si era sentita egoista, meschina e cattiva.
Spense il ferro da stiro e controllò ancora una volta che
gli abiti di lui fossero perfettamente piegati.
Quello era un primo modo, minimo, per farsi perdonare.
Il resto le sarebbe venuto in mente quando se lo fosse trovato davanti.
Erano le nove.
Faceva ancora un caldo tremendo, ma il sole era appena
tramontato e non colpiva più il corridoio davanti alla sua
stanza. Nell'aria aveva cominciato a scorrere una minuscola brezza per
cui valeva la pena di stare all'aperto.
Buttando giù un nuovo sorso d'acqua ghiacciata, Yuichiro
cercò di racimolare il desiderio di alzarsi e andare a
prendere anche una fetta d'anguria.
Capì di non avere abbastanza fame. No, piuttosto non aveva
nemmeno voglia di qualcosa di
buono.
Abbassò le palpebre e cercò di godersi la pace
silenziosa della casa.
Il suono di passi leggeri, appena veloci, non lo fece alzare. Si
concesse di non trovarli neppure piacevoli, per una volta.
Attese che arrivassero accanto a lui, senza spostare lo sguardo dal
giardino.
Udì il respiro di Rei e lasciò che fosse quello a
riempire la mancanza di suoni, attendendosi di udire uno sbuffo di
impazienza o un'altra manifestazione di fastidio.
«Ti ho portato un po' di anguria» furono le prime
parole di lei, incerte. «E... ho lavato e stirato la
tua divisa.»
Non si era girato nell'udire la prima offerta, ma il secondo favore lo
sorprese.
Rei incontrò il suo sguardo col cenno di un sorriso nervoso.
«Scusami.» Posò accanto a lui i vestiti
e si inginocchiò, sedendosi a terra. «Mi dispiace
molto per come mi sono comportata oggi con te.
Ero irritata per ragioni che... per problemi in cui non avrei dovuto
coinvolgerti.»
Gli stava chiedendo perdono.
Per un momento il suo cuore non
udì ragioni diverse da quelle dell'amore. Yuichiro
riuscì a zittirle solo all'ultimo momento.
Rei annuì. «Tu sei stato... beh, un po'
inopportuno. Io però sono stata superba e ingiusta con
te.»
Abbassò lo sguardo. «Non devi perdonarmi, ma...
non essere infelice a causa mia.» Lo fissò con
profondissimi e sinceri occhi viola. «Per favore»
aggiunse, mettendo fine alla sua giornata di mestizia.
Lui si costrinse a non sorridere apertamente solo immaginando di
essere un'altra persona: se qualcun altro fosse stato nei suoi panni,
non gli sarebbe piaciuto vederlo arrendersi tanto facilmente.
Rei lo squadrò nel viso rimasto calmo per un altro attimo
prima di cominciare ad alzarsi. «Mi dispiace
davvero» gli disse, afflitta.
«Grazie per l'anguria» si affrettò a
dire lui.
Era un debole. Un debole che l'amava.
Rei prese a sorridere. Aveva capito
di essere stata completamente perdonata. «Non si
ripeterà più, lo prometto.»
Se gli chiedeva ancora scusa in qualunque modo, lui si sarebbe lanciato
in avanti, l'avrebbe presa tra le braccia e l'avrebbe baciata. Nei suoi
sogni, ovviamente. Nella realtà Rei avrebbe reso
reale il rifiuto che gli aveva quasi palesato quel giorno.
Lei tornò in piedi. «Prendo la mia fetta d'anguria
e la
porto qui.» Con passò allegro sparì nel
corridoio.
La vita era bella, pensò lui, chiudendo gli occhi e
appoggiando la nuca contro il palo in legno.
La vita era degna di essere vissuta per serate come quella, in cui Rei
si
metteva a parlare con lui, davanti ad un gelato o magari ad un gioco di
carte, e insieme discorrevano di tutto e niente. Ed erano
felici;
realmente felici anche solo così.
Si sporse in avanti e le infilò una mano tra i capelli,
dietro l'orecchio.
Rei spalancò gli occhi, ma lui non attese
di udire il suo rifiuto. Lo precedette, chiudendole la bocca con la
propria.
Non fu spinto via né allontanato, nemmeno un poco.
Lo sai, gli
diceva quella Rei che non si faceva mai sentire ma che era sempre
presente. Lo sai che
voglio solo che mi ami.
Lui lo sapeva. Sapeva benissimo di dover essere solo abbastanza
coraggioso da riuscire a dimostrarlo: Rei voleva essere amata. Da lui,
certo. Come poteva esserci quacosa di più giusto?
Le loro labbra erano una sola bocca che era un delitto separare.
Lui le usò per inebriarsi del sapore di lei, ogni volta
sempre migliore, diverso. Le usò per dirle che andava tutto
bene: lei era forte soprattutto quando era dolce e non doveva mostrarsi
sempre ferma e superiore. Andava bene lasciarsi andare, fidarsi.
Rei gli credette e rispose al suo bacio.
Ricambiò anche il suo abbraccio e lui fu stupidamente
impulsivo: la spinse all'indietro, sul pavimento in legno, adagiandosi
sopra di lei. Provò a staccarsi, ma Rei glielo
impedì.
Erano innamorati, gli confermò. Lei voleva
tutto quello che voleva lui.
Lui lasciò uscire la tensione e cominciò ad
accarezzarla piano, lungo le gambe e sulle spalle.
Lei si fece contenuta passione, desiderosa di essere liberata. Rei era
come il suo fuoco, una fiamma che ardeva feroce e viva se alimentata.
Che bruciava, come la mano che trovò la sua schiena,
accarezzandolo con tanta maestria da lasciarlo senza fiato.
Lui volle trascinarla in camera e Rei lo aiutò sollevandosi.
Si spostarono piano, di poco. Bastò giungere appena oltre la
porta, dove giaceva il suo futon, illuminato dalla luna piena.
Lui le aprì la tunica - lei non indossava altro che quella -
e la scoprì candida e tremante sotto il tessuto bianco. Per
non farsi guardare Rei
prese a baciarlo, a baciarlo ancora, ma lui la fece sdraiare sulla
schiena,
su lenzuola chiare degne di lei, e le passò le mani sulla
pelle nuda.
Sotto la luce fioca la vide con una chiarezza mai concepita. Le
trovò un seno con le dita e capì di non averla
mai sentita tanto bene, tanto realmente, prima di allora.
Era più piccola, di pochissimo, rispetto a quello che aveva
immaginato, ma perfetta, assurdamente morbida e ancora più
ricettiva.
Come l'acqua fredda, anche i suoi polpastrelli riuscirono a renderle
duri i capezzoli e lui fu sicuro di non aver mai visto niente di
più innocentemente sensuale. La punta era minimamente
ruvida, chiara sotto la debole luce bianca della luna, fatta per un
assaggio o per una
carezza, pensati entrambi solo per farla stare bene.
Il sospiro di lei - il suo ansito - gli ricordò il sorriso
che lei gli aveva rivolto sulla veranda. Mi rendi felice.
Lui la gustò con la lingua. Ti amo. La amava.
Perché, perché non si erano liberati prima delle
paure, dei timori?
Rei lo circondò con le gambe e gli abbracciò la
testa, chiudendo il loro mondo.
Vieni. Si
inarcò sotto la sua bocca e poi riuscì a
scivolare verso il basso. Basta
aspettare. Rilasciò un suono di dolcissima
resa nel sentirlo contro di lei e Yuichiro se ne sentì
emettere
uno che lui stesso volle consolare.
Sono qui. Sono qui con
lei, non l'amavo senza essere ricambiato.
Gridò in silenzio quando entrò dentro il corpo di
Rei e si sentì un penoso novellino che non aveva mai fatto
sesso in vita sua, perché niente, nulla, lo aveva preparato
a
quello.
Rei singhiozzò a bocca aperta con muti lamenti di
completezza. Fu lei a muoversi per prima e a fargli capire che non
sarebbe mai più riuscito ad essere da solo nel proprio corpo.
Dondolarono su un naturale mare, col desiderio di non finire mai.
Lui si sentì stretto dalle sue gambe, intrappolato dalle sue
braccia e ringraziò di essere vivo.
Le trovò la bocca con la propria e la adorò
finché non ebbe più fiato. A quel punto si mosse
più veloce e spinse, spinse, la trovò col proprio
corpo e le chiese di non farlo mai più stare senza di lei.
Rei fece aderire i loro bacini, il proprio seno contro il suo petto e
le loro labbra l'una contro l'altra. Lo tenne contro di sé e
dentro di sé, mentre tremava violentemente, senza fine.
Nella calma non si abbandonò sul futon, continuò
a tenersi stretta a lui. Portò le labbra al suo orecchio. Prova a cercarmi. Gli
accarezzò piano i capelli, facendoli scorrere uno per uno
sulle dita. Cercami e
diventa felice con me.
Yuichiro si svegliò.
Aprì gli occhi nel buio della sua
stanza, in piena
notte, la testa adagiata sul proprio cuscino.
Guardò il
soffitto scuro.
Sono già
felice con te, le rispose, calmando il respiro veloce e il
corpo teso. Ma qui,
forse, non siamo fatti per stare insieme.
Come un povero pazzo, salutò la Rei dei suoi sogni, quella
Rei che intravedeva ogni giorno dentro un paio di determinati occhi
viola.
Era la stessa ragazza che era capace di diventare irritante e
irritabile, inquieta, nervosa e anche un po' cattiva. Dopo
però veniva a chiedergli scusa portandogli i vestiti stirati
e un
pezzo di anguria. Si fermava a parlare con lui, a mostrargli quanto
poteva
essere bella quando sorrideva per cercare di farlo contento.
Sono già
felice, si ripeté lui, voltandosi su un
fianco e stiracchiandosi.
Buonanotte,
augurò silenziosamente alla Rei che dormiva dall'altra parte
della casa.
La Rei della realtà che creava ogni suo sogno.
FINE
NdA
- Questa era una di quelle storie che volevo scrivere da un mucchio di
tempo, ma che ho sempre pensato che avrei dovuto aspettare per mettere
giù, visto che si collocava in un periodo che volevo
caratterizzare meglio con 'Ovviamente... impossibile?'. Alla fine non
ho resistito e l'ho buttata giù comunque, giustificandomi
con una semplice scusa: non avrei potuto mettere questa roba in una
storia a rating Giallo :D E chissà quanto potevo metterci
per arrivare a questo periodo (anche se, lo dico subito, ho
già idee per il prossimo capitolo della storiella dedicata
alla complicata relazione di questi due personaggi).
Mi viene voglia di spiegare cosa ho cercato di lasciar trapelare nei
sogni dei due, ma mi piace pensare di essere riuscita a far parlare il
testo e quindi propri i subconsci di Rei e Yuichiro. O almeno spero :D
Grazie per aver letto e se volete dirmi cosa ne pensate sarò
contentissima ;)
Alla prossima!
ellephedre
P.S. - sul gruppo Facebook che vedete sotto mi diverto a fare delle
note - pezzi di testo con allegate delle immagini - relative alle
storie che scrivo (attenzione;
ho dovuto ricominciare daccapo col gruppo perché l'indirizzo
del precedente funzionava a tratti.)
Queste sono le due note presenti per questa storia.
Yuichiro
amava l'estate per molte ragioni...
Come
un povero pazzo, salutò la Rei dei suoi sogni...
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