Disclaimer: I
personaggi presenti in questa fan fic non
sono miei ma sono presi in prestito da InuYasha,
partorito dalla mente di Rumiko Takahashi
Personaggi: Izayoi/InuTaishou.
Genere: Generale,
Fluff, Romantico.
Note: One-shot,
NDA: Ogni volta che vedo il
terzo film di Inuyasha, mi sorge
spontaneo domandarmi
come sia nata la storia d’amore fra la madre ed il padre del mio mezzo-demone
preferito.
Ho immaginato il loro
primo incontro ispirata anche grazie da una canzone di uno dei miei gruppi
giapponesi preferiti, i Do as Infinity (la canzone è Kitakaze
- Do As Infinity che vi consiglio di ascoltare mentre leggete, qui invece
trovate la traduzione
in inglese della canzone.), mi è sembrata terribilmente adatta alla figura
del padre di Inuyasha ed alla sua fine.
Questo è ciò che ne è
saltato fuori.
Buona lettura.
Sara.
Kitakaze
Vento del Nord
Era
una giornata relativamente calma nonostante la neve sotto i suoi piedi
scricchiolasse sotto la pressione del suo peso di fanciulla, aggiunto a quello
degli abiti pesanti; l’inverno era molto freddo in quella regione, ma lei non
poteva sapere se negli altri Paesi quella stagione fosse più calda o più
fredda.
I
suoi capelli neri ondeggiavano accarezzati dal vento del nord e creavano un
delizioso contrasto col candido biancore che la circondava.
Le
piaceva passeggiare nel giardino del castello in cui era nata la sedicesima
notte di luna, per questo le avevano dato il nome Izayoi; nessuno le faceva mai compagnia in quei momenti, le piaceva
stare da sola ad osservare l’infinita distesa bianca e perdersi in quel mare
fatto di neve.
S’inginocchiò
verso la neve che tanto le piaceva per quel colore così puro e con le dita
affondò in essa, rabbrividendo al contatto col freddo: il kimono le si era
aperto, lasciando che le gambe coperte solo da una sottoveste di lana, le si
raffreddassero.
«Così
prenderai un malanno.»
Ritirò
immediatamente la mano, le dita le si erano intorpidite ed avevano assunto un
colore più roseo rispetto alla sua pelle pallida, e si guardò intorno,
spaventata dalla voce sconosciuta e dall’insolenza con cui le si era rivolta,
dandole del tu; come principessa, era
abituata a farsi dare del lei.
Nessuno
toccava il suo sguardo e per un breve momento credé di aver immaginato quel
suono profondo ed adulto, come l’orgoglioso ruggito di un drago.
Voltò
le spalle e fu in quell’istante che poté notare una striscia rossa che
scioglieva la neve ed una gamba che versava quel liquido scarlatto; si spostò
per poter osservare meglio chi potesse essere, non aveva paura che potesse essere un demone feroce
oppure un rapitore, e quando i suoi occhi blu accarezzarono il viso fiero di un
uomo poggiato al tronco di un albero, il suo cuore iniziò a battere forte.
Non
era spaventata, quella sensazione non l’aveva mai provata prima.
Quel
viso era orgoglioso e non mostrava segni di sofferenza, nonostante la ferita
continuasse a sanguinare; aveva una striscia violacea su entrambi gli zigomi e
le sue orecchie erano appuntite, non rotonde come le sue: le fu abbastanza per
capire che si trattava di un demone.
I
suoi occhi erano del colore dell’oro ma ciò che più le piacque furono i suoi
lunghi capelli legati in una coda alta ed erano bianchi come il colore che circondava
le due figure.
Il
demone le sorrise, era un sorriso gentile e lei per un breve istante credette
di innamorarsene: «Non ti faccio paura?» Domandò lui guardandola incuriosito.
Lei
scosse il capo e si portò una mano all’altezza del cuore.
«Come
ti chiami?»
Non
le interessava più che le desse del tu, anzi, le piaceva che la trattasse come
se fosse una sua pari: gli rispose con un tono di voce flebile, tanto che pensò
di dover ripetere «Izayoi» Ma le orecchie del demone erano molto più sviluppate
delle sue.
«Hai
un nome bellissimo.» Il demone le sorrise ancora, piegando teneramente la testa
di lato.
Arrossì,
e gli si avvicinò di un passo: voleva che parlasse, voleva sentire ancora la
sua voce gentile. «E tu come ti chiami?» Non si preoccupò di dargli del tu.
«Io
sono InuTaisho.» Rispose, ipnotizzandola coi suoi occhi dello stesso colore del
sole.
Una
folata di vento le fece chiudere gli occhi per il freddo ma improvvisamente si
ritrovò al caldo, coperta da una specie di mantella di pelo: alzò lo sguardo e
notò che il demone le si era avvicinato per metterle una veste rossa sulla
testa, per poi tornare lentamente verso il posto che occupava e riposare
poggiato all’albero.
Izayoi
si inginocchiò accanto a lui e prese il suo fazzoletto dalla manica del kimono,
per poi legarlo intorno alla gamba del demone. «Come te la sei procurata questa
ferita, InuTaisho?» Domandò, stringendo per fermare l’emorragia.
Sospirò.
«Ero in battaglia, un altro demone mi ha azzannato; a breve guarirà.» Spiegò.
«Ma
è profondissima, vuoi che chiami un medico?»
«No,
non servirebbe a nulla. Sono un demone superiore, non te ne sei accorta? Il
medico mi ucciderebbe.» Sorrise di nuovo e lei poté sentire il sangue
affiorarle alle guance. «Il mio organismo impiega poco a cicatrizzare ferite di
questo genere.» Disse.
Izayoi
annuì: lo guardò a lungo, cercando di memorizzare ogni cosa di lui perché sentiva
che non lo avrebbe rivisto più. «Cosa ti ha portato qui?»
«Il
vento del nord.»
Ed
un’altra folata di vento le scompigliò i capelli, facendo arrivare il profumo
di resina e foglie selvatiche alle narici della fanciulla.
«Profumi
di luna.» Commentò lui annusando l’aria. «E di purezza.» Chiuse gli occhi,
portando la testa alla corteccia dell’albero.
«Queste
cose non hanno un odore.» Sorrise, imbarazzandosi per il complimento.
«Oh,
ma io posso sentirlo: sono un demone cane, in quanto ad olfatto non mi batte
nessuno, neanche i lupi.»
Un
campanellino prese a suonare ed Izayoi si mise in piedi, guardando verso il
palazzo: era ora di rientrare; si voltò verso il demone e gli restituì la
mantella rossa.
«Grazie
per avermi coperta dal vento. E’ ora di rientrare. Penso che non ci rivedremo
più, perciò: addio, InuTaisho»
Lui
la guardò: gli piaceva quel viso, quegli occhi, quella voce, quelle labbra,
quei capelli; quella donna umana gli piaceva.
Izayoi
si allontanò, avvicinandosi al palazzo.
«Arrivederci,
Izayoi. Presto tornerò a restituirti il fazzoletto.» Sussurrò il demone,
guardando il fazzoletto.
Prima
di entrare nel palazzo, Izayoi si voltò verso l’albero ma il demone dagli occhi
dorati come il sole ed i capelli bianchi come la neve era già andato via,
insieme al vento del nord che lo aveva portato da lei.
Aveva
lasciato solo una striscia rosso scarlatto sulla neve: un fiocco di neve scese
dal cielo.
Presto,
non sarebbe rimasta più nemmeno la scia di sangue ma solo il ricordo del demone
arrivato col kitakaze.