That
Love is All There is
Terre_del_Nord
Slytherin's Blood
Chains - IV.003
- Mandato di Cattura
Alshain Sherton
località sconosciuta, Shetland - ven.
24 dicembre 1971
Sollevai la faccia dal bacile del Pensatoio e per
alcuni secondi continuai a tremare, per l'emozione che avevo provato e
per le domande che si accavallavano in me, per il senso di liberazione
che si fondeva alla paura e, al tempo stesso, all'orgoglio per quello
che iniziavo a intuire.
Mio figlio... Non solo mio figlio non mi ha tradito... Mio figlio...
“Hai bisogno di bere
qualcosa?”
Mi voltai, guardai il vecchio, seduto su una sedia di fronte al camino,
girato di spalle, attizzava il fuoco con un bastoncino, senza far uso
della Magia, mi spostai e mi avvicinai, teneva gli occhi socchiusi,
fumava uno dei suoi orrendi sigari, pieni di erbe strane, la mente
persa in un mondo tutto suo, il corpo avvolto nel mantello antracite.
Mi soffermai, silenzioso, a osservare anch'io le fiamme.
“Ho bisogno di risposte...
Devo capire cosa diavolo hai in mente, Fear... e spero per te che non
sia come immagino... ”
Eravamo in una grotta, sulla costa nord di uno dei più
piccoli scogli delle Shetland, avvolti nel buio e nel freddo della
lunga notte invernale, con il mare che ululava tutto il suo furore,
lì a pochi metri da noi: solo un potente Incantesimo
congiunto ci consentiva di non morire assiderati. Era uno degli
innumerevoli rifugi di Fear, abituato a non vivere mai troppo a lungo
in mezzo agli uomini, e soprattutto mai nello stesso luogo: una vita
raminga la sua, alla ricerca di una pace interiore che non avrebbe mai
raggiunto, lo sapevamo fin troppo bene entrambi. Guardai le immagini
che aveva disposto ordinatamente su un masso allestito come un altare:
era questo ciò che lui chiamava casa, tre immagini, le sole
cose che portava sempre con sé, insieme al bastone dei
MacPherson, forse l'unica reliquia ancora esistente della sua antica famiglia,
e una Bacchetta che, ne ero certo, non aveva più usato dopo i fatti di
Durmstrang. Mi soffermai su quei volti e ricordai le parole
con cui mi aveva raccontato, da ragazzino, di quella donna dai capelli
color del grano, che si muovevano al vento, la bellezza di una dea
nordica, e di quel bambino col volto tempestato di lentiggini, che
sorrideva e correva libero lungo un crinale fiorito. E il
giovane dai capelli lunghi e fulvi, i lineamenti nobili ed eleganti,
scolpiti dalla fierezza della nostra Terra, un sorriso che non gli
avevo mai visto.
Un sorriso morto secoli fa… Una famiglia felice, distrutta
da un unico errore. Può capitare anche a me...
basta compiere un solo altro passo, e capiterà anche a me...
Un'oppressione cupa mi prese e non mi lasciò più
andare. Intercettai il lampo furioso degli occhi di Fear,
aveva compreso quale fosse il corso dei miei pensieri, lo vidi da come
serrava la mascella, dal tremito appena ricomposto del suo corpo.
“Questo è
ciò che ha visto il Signore Oscuro, quando gli hanno portato
i ricordi di tua figlia. Ha quasi tre giorni di vantaggio rispetto a
te, vero, ma non riuscirà mai a conoscere la
verità: ho appena celato i ricordi di Orion e di suo figlio,
certi fatti, per loro, non sono mai esistiti; possono rievocarli solo
di fronte alla Fiamma: ma sono entrambi privi di Rune,
perciò non potranno condividerli con altri, né
mantenerne memoria, una volta lontani da Herrengton... Il Lord
vedrà queste immagini anche nella mente di Mirzam e, col tuo
permesso, sarebbe meglio se le trovasse anche nella tua... Posso celare
tutto quello che vuoi, lo sai... nemmeno col Veritaserum lui
potrà... ”
Mi ritrassi immediatamente: non potevo consentire a quell'uomo di
toccare i miei ricordi, non prima di avere ben chiaro che cosa avesse
in mente, non mi fidavo più di lui, non potevo rischiare di
confondere realtà e finzione, per nessuna ragione al mondo,
non volevo e non potevo farlo.
“Dimmi che cosa significa,
Fear... Perché mio figlio ha mentito, perché dice
quelle parole? Che cosa vuol dire tutto questo?”
“Sai già che cosa
significa, non sei uno stupido! Non hai più scelta, Alshain:
se vuoi salvare la tua famiglia dal Signore Oscuro, ormai puoi passare
solo da questa strada... Non ha senso nemmeno parlarne... stiamo solo
perdendo tempo prezioso…”
“Credi davvero che
starò qui buono a guardare Mirzam pagare per tutti? Non mi
conosci, vecchio!”
Fear restò in silenzio, lasciandomi macerare nei miei
patemi, come quando avevo ancora quindici anni, in attesa che
comprendessi che ormai non c'era più nulla da fare.
“Apri gli occhi, Alshain!
È passato, per te, il tempo delle decisioni, questo
è il momento di accettare la realtà e agire di
conseguenza! Non si può tornare indietro… Mirzam
si è trovato all'improvviso di fronte a una decisione
destinata a te, ma se per te sarebbe stato difficile e devastante
scegliere, non è stato altrettanto difficile per lui... Io
l'ho sostenuto, perché ora Mirzam e Sile hanno almeno una
possibilità di salvarsi, grazie a Habarcat, mentre gli altri
tuoi figli non ne avrebbero avuta nessuna, lo sai bene, e non ne
avranno nessuna ancora per molto tempo! L'abbiamo appena visto con
Rigel: il Lord non lascia all'avversario il tempo di crescere, di
imparare, di difendersi... Non si cura di lottare ad armi pari... Sei
il loro padre, li devi difendere tu, è a questo che
serve un padre! Da morto non serviresti loro a niente! In carcere non
serviresti loro a niente!”
“Anche Mirzam è mio
figlio! Lo è anche lui, non te lo scordare! È
compito mio difendere anche lui!”
“Se non l'avessi ancora
capito, Mirzam ormai è un uomo! Un uomo che ha scelto
consapevolmente la sua strada, con i rischi a essa legati: è
un buon fratello e l'ha appena dimostrato, ha agito così per
l'amore che nutre per Meissa, senza indugi. Non sembrava nemmeno lui,
era così deciso, determinato, non ha esitato un attimo... Ed
è anche un bravo figlio, perché ti ha risparmiato
un dilemma che ti avrebbe annientato... Quale migliore dimostrazione
che ora è un uomo? Solo di questo dovresti rammaricarti, di non aver ancora capito chi è tuo figlio... Ora
non rendere tutto inutile con i tuoi dubbi, fai la tua parte, per
quanto dura sia. A Mirzam ci penserò io, non lo
lascerò solo, te lo giuro…”
“No, deve esserci un'altra
strada... Non posso lasciare che l'odio del Signore Oscuro si scateni
tutto su di lui, non posso, nemmeno per salvare gli altri miei figli...
”
Fear si alzò di scatto, la sedia si rovesciò a
terra: era vecchio, consumato dal dolore e dal tempo, ma c'era
un'infinita potenza già solo nella sua figura, che mi faceva
sentire piccolo davanti a lui, sollevò la sinistra e pensai
che mi avrebbe tramortito, invece l'appoggiò calda sul mio
petto, sul mio cuore.
“Hai avuto venti anni e li hai
sprecati! Quanti altri vuoi buttarne via, Alshain? Quello che ti divora
è solo il rammarico, vuoi essere consumato da un rimorso
maggiore? Vuoi trascinare con te tutti gli altri? Ti nascondi spesso
dietro questo tuo cuore ma l’ascolti meno di quanto dovresti,
quando si tratta di lui! Hai sempre saputo di dover essere fiero di tuo
figlio… Perché si è avvicinato al
Lord? Te lo ricordi il vero motivo? È l'amore la forza che
l'ha spinto... Che cosa ti ha detto prima di sposarsi, quali sono i
suoi propositi, a chi s’ispira? A te! Alla famiglia che hai
creato! Pensa alle sue parole! Quello è tuo figlio, quello
è il tuo Mirzam! Tua moglie ha ragione, ce l'hai qui,
scritta nel tuo cuore, la verità! Ascoltalo! Lui
è come te. Non mandare tutto a monte,
come ho fatto io, Alshain... non farlo!”
Ero scosso, turbato, incapace di ragionare, pensai alla rabbia di
Deidra, alla disperazione, alla paura e all'odio con cui mi aveva
sputato addosso quelle parole: “Io non ho bisogno di
conferme... ” Perché io, al contrario, ne avevo
tanto bisogno? Perché? Eppure avrei dato la mia vita per
lui, per ognuno di loro… E ora... ora che quella
strada era diventata l'unica da percorrere... Come sarei sopravvissuto,
come saremmo sopravvissuti a tutto questo? Con quale coraggio mi sarei
presentato a Deidra? Come?
Tremavo, mi sedetti a terra, accanto al fuoco, le mani a sorreggere il
capo e i mille pensieri. Fear mosse pochi passi nella
penombra, dopo poco tornò indietro con un calice pieno di un
infuso distensivo, me lo porse, dandomi una pacca sulla spalla, poi
lentamente si sedette accanto a me e iniziò a raccontare.
“Ti dirò di quella
notte, così forse capirai quanto è successo,
capirai che era l'unica strada e che il tuo compito è
aiutarci, non ostacolarci... Sono stato io ad aiutare Mirzam a mettere
in atto il suo piano. Non avevamo tempo, non abbiamo avuto scelta. Tuo
figlio era a Inverness, a festeggiare il suo addio al celibato, quando
Rodolphus Lestrange l'ha avvicinato per dargli il suo “dono
di nozze”. Una proposta sincera: “Dai a me, solo a
me, l'anello di Salazar ed io non vi tradirò davanti al
Signore Oscuro”. A Lestrange interessa diventare grande agli
occhi del suo Milord, certo, ma non vi considera dei nemici da
eliminare, quanto una risorsa da sfruttare per la causa...
perché lui crede davvero che Milord agisca per la causa dei
Purosangue, non per se stesso... Quel giovane è molto
più furbo e ambizioso di suo padre, infido, come ogni
Lestrange, certo, ma… tuo figlio si è conquistato
in qualche modo una sorta di lealtà da parte sua, e se fossi
in te ne terrei conto, tutto può tornare utile, in un
momento difficile come questo.”
“Lo so, Fear, lo so... per
quanto quella famiglia mi disgusti, non potrò mai
dimenticare che Rodolphus Lestrange ha salvato mio figlio in varie
occasioni. ”
“Bene, perché non
è più tempo di nutrire pregiudizi, Alshain: la
strada che avete tutti di fronte è piena di sporchi
compromessi, la tua vita non sarà più come l'hai
conosciuta in questi anni... scordati i tuoi principi, scordati molto
di quello che ami... quello che conta ora è solo
sopravvivere... "
Lo guardai turbato, poi guardai le mie mani. Sì, era vero,
lo sapevo: questo era solo l'inizio... l'inizio di una caduta in un
baratro senza fondo. Nel mio futuro c'era ormai solo la
menzogna, l'odio, il sangue, l'orrore, dovevo prepararmi a fingere,
mentire, odiare, uccidere, dovevo rievocare il mostro che avevo celato
in me per vent’anni, grazie all'amore della mia
Deidra. Sarei diventato tutto ciò che
più disprezzavo. Dovevo...
“Mirzam ha negato di avere
l’anello, gli ha addirittura riso in faccia quando ha saputo
che Bellatrix pensava che fosse stato lui, tuo figlio, a introdursi a
Lestrange Manor per combinare lo scambio! Quella donna lo odia, anzi,
vi odia tutti… e anche di questo dovrai sempre tenere conto.
Non mi è piaciuto come ti guardava alla festa, Alshain...
Stai attento, soprattutto ora che con tua moglie le cose non saranno
semplici... ”
“Ti prego... continua a
raccontare e non parlarmi di Deidra... ”
Il vecchio annuì, mi guardò con quella che poteva
essere solo compassione, poi riprese celando i propri veri pensieri su
di me e su quello che mi angustiava in quel momento.
“Per Mirzam non è
stato difficile negare di fronte a una sciocchezza simile,
però Rodolphus è furbo, sa come colpire,
così gli ha detto che, al contrario, lui sospettava dei
Black... Tuo figlio si è spaventato, certo, ma è
riuscito a mantenere il sangue freddo necessario a farlo ragionare,
l’ha convinto che era un’assurdità e
alla fine l'ha distratto, dicendogli che era pronto ad agire, di
volergli dimostrare subito i suoi propositi... Così
è andato in missione con gli altri, quella notte, e alla
fine... è successo quello che prima o poi sarebbe dovuto
accadere. Ha ucciso, Alshain... per la prima volta ha
ucciso…”
Balzai di nuovo in piedi, incredulo: non era possibile, non riuscivo a
concepire l'idea che Mirzam fosse diventato un assassino, una sola
parola mi martellava la mente, una sola assurda, inutile parola:
Perché…
“Per favore, Alshain...
siediti, non è come credi: non l’ha voluto,
né cercato... Di certo saprai di quell'Auror caduto dai
muraglioni alcune notti fa, a Londra…”
“Che cosa? Salazar! Un Auror!
Ha ucciso un Auror? Che cosa…”
“Quell’uomo
inseguiva tuo figlio perché l’ha visto scappare,
ma Mirzam non aveva fatto nulla di male… certo, non era
riuscito a impedire agli altri di portare a termine l'impresa, ma...
non aveva fatto nient’altro che difendersi... E anche con
quell'Auror... Quell'uomo ha cercato di attaccarlo, Alshain, e nel
farlo ha perso l'equilibrio ed è caduto! Mirzam ha provato a
salvarlo, ma non ha fatto in tempo, si era già schiantato al
suolo. Mi ha giurato che è stato un incidente, solo un
maledetto incidente ed io gli credo: Mirzam era sconvolto, distrutto
dal senso di colpa... ”
“Perché mi dici
tutto questo solo adesso? Maledizione, Fear! Sono suo padre! Potevo
aiutarlo... Dovevo essere io ad aiutarlo!”
“C'era altro da fare,
Alshain… Il Rito era molto più importante,
estremamente importante... Tu non saresti riuscito a mantenerti sereno
con una storia del genere... Dovevamo dare una possibilità
di salvezza a quei due ragazzi... Almeno adesso, una seria
possibilità di farcela ce l'hanno...”
“Non posso crederci, non
è possibile... Non è...”
Perché Mirzam doveva affrontare tutto questo da
solo? Per colpa mia... solo per colpa
mia… Avevo rovinato tutto tra noi, non si fidava
più di me... Non si fidava e aveva paura di
chiedere aiuto a me... a suo padre… A questo punto l'avevo
portato... a questo punto... Mi sedetti di nuovo a terra, le mani tra i
capelli, disperato e sempre più confuso.
“È venuto da me,
ferito a una gamba, uno dei due Auror l'aveva colpito, mentre
l'altro... Credo sia quel Potter venuto a Herrengton con Crouch: Mirzam
dice che potrebbe averlo visto abbastanza da vicino da riconoscerlo...
Dobbiamo fare attenzione, Alshain, per tutto il giorno Crouch l'ha
osservato con più attenzione di quanta ne abbia prestata al
Ministro... e ormai hanno scoperto che non è partito con
Sile... Emerson dice che sarà spiccato un ordine
d’arresto per interrogarlo sull’attentato, in
questo momento potrebbero già cercarlo…”
“Era questa la cosa terribile
di cui mi accennavi prima?”
“Sì, e ti avverto,
credo che giocheranno sporco: c’era qualcosa di Oscuro, nella
sala di Habarcat! Non ho potuto controllare, era pieno di Aurors e...
Nella sala di Habarcat c'era qualcosa che non doveva esserci... prima
che tu svenissi, prima della sparizione di Meissa, ho percepito Magia
Oscura nella stanza, qualcosa di malefico e mortale… un
Manufatto Oscuro... ”
“Vorresti dire che qualcuno
avrebbe nascosto Manufatti Oscuri per incastrarlo? Perché?
Chi? Io non capisco! Deidra ha detto che hanno perquisito tutto, prima
e dopo l'arresto di Williamson, e non è stato trovato nulla,
Fear…”
“In quella stanza
c’era qualcosa, Alshain… e qualcuno, non so chi,
né perché, se l'è portata via... se
l’avessero preso i Ministeriali… a
quest’ora… ”
“Qualsiasi cosa accada,
troverò testimoni credibili che dicano che mio figlio quella
notte era da tutt'altra parte... e quanto a ipotetici Manufatti
Oscuri... ”
“Non sottovalutare Crouch e la
sua smania di far carriera, Alshain… Né
l’odio che molti provano per te, per la Confraternita, per le
Terre… Non si accontenteranno di incriminare quel
Williamson, per quello che è successo a Herrengton, faranno
di tutto per legare il vostro nome all’attentato!”
Lo sapevo… ero stato un folle a invitare tutta quella gente
a quella festa… Ero stato un folle, anzi, a
invitare il Ministro, a credere di potermi alleare con lui per il bene
della Confraternita, senza mettere in conto possibili
ritorsioni... Salazar...
“Penseremo anche a questo,
Fear... ora, però devo sapere tutto di quella notte e devi
sincero o non potrò più fidarmi di te... lo
sai... ”
“D’accordo… Mirzam era sconvolto, l'ho
curato e gli ho dato lo stesso infuso che stai bevendo ora per
calmarsi, mi sono fatto raccontare tutto e ho capito che la situazione
era grave, molto grave... Tuo figlio aveva già ben chiari il
problema e un'idea per risolverlo, doveva mettere al sicuro Meissa e
l’anello, ingannando Milord, come avevate già
fatto con Lestrange, ma non sapeva come agire nel concreto…
L’ho aiutato a mettere tutto in pratica, gli ho spiegato come
“convincere” la bambina a dargli
l’anello, ma Mirzam mi ha celato una parte dei suoi
propositi, per esempio non avevo idea che volesse nascondere il libro e
le singole parti in luoghi diversi…”
“Non capisco... Come avete
fatto a creare un falso ricordo se non avevate a disposizione il
ricordo originale? Mirzam non era con me in quella stanza, quando Orion
mi ha consegnato la pietra…”
“Mirzam doveva prelevare il
ricordo originale e portarmelo, così l’avrei
alterato sovrapponendogli un ricordo simile che avremmo ricreato qui:
alcuni capelli, un po' di Polisucco e un prezioso aiuto hanno fatto il
resto…”
“Non vorrai dire che ti sei
fatto aiutare da... ”
Non rispose, si limitò a rivolgermi un sorriso infido e
misterioso: capii che si era spinto di nuovo di là dei patti
che avevamo stretto e, con un brivido, mi chiesi quali altri segreti mi
nascondesse.
“Pagherò a tempo
debito anche per questo, se vorrai... ma non adesso... Ci ho lavorato
un pomeriggio intero, alla fine ho impresso al ricordo un Incantesimo
mimetico e confondente, così che non si notassero le
alterazioni: più sei coinvolto, più sei
desideroso di conoscere, più i dettagli diventano sfuggenti,
la mente si deconcentra... Ed io mi ci gioco la testa: la bramosia del
Lord per Habarcat è più che sufficiente a farlo
cadere in quella stupida trappola!”
“Sì, ma tutto
questo significa che... se Mirzam è tornato a casa, ha
lanciato un Imperius a Meissa per ottenere l’anello e
prenderle i ricordi… e te li ha riportati in un secondo
momento… allora a Diagon Alley, quando era con Lestrange,
aveva addosso... ”
“Sì, aveva con
sé i ricordi e probabilmente tutto o parte dell'anello... Ha
avuto molto coraggio e soprattutto molta fortuna, perché
Lestrange l'ha portato proprio da Milord, quella mattina...”
“Salazar... due pazzi, ecco
cosa siete... due... ”
“Mirzam sapeva cosa
c’era in gioco in quel momento e ha agito con astuzia e
coraggio. Dopo il mio intervento, prima che partiste per Grimmauld
Place, ha fissato il nuovo ricordo sulla bambina, avevo intenzione di
farlo io stesso, appena avessi avuto la possibilità di
avvicinare Meissa, ma Deidra mi controlla a vista dalla cena a Essex
Street… così Mirzam si è dovuto
occupare anche della seconda parte del piano ed io non ho avuto modo di
conoscere tutti i dettagli…”
“Quindi non hai la certezza
che questi siano davvero i ricordi che le hanno rubato! Sei sicuro che
sia andato tutto come... ”
“Sì... Ho avuto
modo di avvicinarla per pochi istanti durante il banchetto, le ho
offerto un succo di zucca e sfiorandole la mano…”
Di colpo mi prese un attacco di nausea, come ogni volta che ricordavo
gli insegnamenti del mio maestro, l’assoluta
tranquillità con cui mi spiegava come era possibile trarre
dal prossimo tutto ciò che si desiderava, anche attraverso
le azioni più turpi. Non riuscivo ad accettare che
questa volta, l’oggetto delle sue macchinazioni fosse
addirittura la mia bambina.
“Come ti è saltato
in mente di fare tutto questo a una bambina di undici anni, me lo
spieghi? Servendoti per giunta di suo fratello! A parte che
è… è… immorale…
ma Mirzam non ha ancora nemmeno l'esperienza necessaria per compiere
Magie simili! E se qualcosa fosse andato storto? Se le avesse procurato
dei danni irreversibili? Ci pensi? Come hai potuto esporlo
a… Salazar… non ho parole! Dovevi dirmi quello
che stavate architettando, maledizione! Se era proprio necessario...
L'avrei fatto io!”
“Sei bravo a parlare di
moralità e di rischi e di conseguenze… A te
com’è saltato in mente di affidarle l'anello?
Andiamo, Alshain! Lo sai bene, è questione di attimi: in
pochi attimi devi scegliere il male minore! Quando hai lanciato un
Imperius su tuo figlio o quando hai affidato a Meissa un impegno tanto
gravoso, hai fatto quello che ti pareva più giusto in quel
momento, la soluzione migliore per proteggere le persone a te care...
Il mio unico errore è stato non aver capito che avrebbero
colpito tanto presto! Pensavo di avere il tempo di dirti tutto... di
portare avanti una strategia comune... ”
“Non mi pare che questo sia
stato il tuo unico errore…”
“Ah no? Orion Black e suo
figlio non hanno memoria alcuna del proprio coinvolgimento nella storia
dell'anello e non essendoci altre prove, sono salvi; i ricordi di
Meissa e Mirzam sono ben protetti e per ora, consciamente, entrambi
credono che gli eventi siano andati come li hai visti nel bacile e come
li conosce Milord; d’ora in poi, Meissa e gli altri tuoi
figli non subiranno più l’attenzione del Signore
Oscuro, che si sposterà tutta e sola su Mirzam. Lui e Sile
sono protetti da Habarcat... Inoltre... il Lord non ha idea di quale
dei tuoi figli ti dovrà sostituire un giorno: quando si
accorgerà di avere un anello inutile, non potrà
toccare nessuno di loro, per non rischiare di colpire lo Sherton che
gli serve... Quanto all’anello, è di nuovo nelle
tue mani, in attesa di un nascondiglio definitivo e sicuro: presumo che
il libro sia stato prelevato e nascosto in un luogo in cui solo tu puoi
trovarlo. Gli unici ad avere piena coscienza della verità
ormai siamo noi due... se permetti, ti aiuterò a celarla,
così che nemmeno sotto Cruciatus tu possa tradire te stesso
e i tuoi figli!”
Lo guardai, riflettei a lungo: aveva ragione, quella follia era ormai
andata troppo oltre. Avevamo generato anche molta confusione, i Black
erano salvi e Mirzam si era, di fatto, sostituito a Meissa nelle mire
del Lord: questo non mi rallegrava, ma razionalmente sapevo che aveva
più possibilità di Meissa di sfuggirgli o
affrontarlo. Eppure... Avrei mandato al diavolo tutto, il mio orgoglio,
la mia onestà, la mia vita, per la loro
salvezza! Non m’importava dell’anello,
delle Terre, di Milord… L’unica cosa che
contava per me era salvarli, tutti, nessuno escluso! Mi
sconvolgeva il pensiero che Mirzam avesse scelto per se stesso, in quel
gioco, un ruolo che lo poneva in pericolo di vita, e lui non sapeva
nemmeno, fino in fondo, della potenza del Rito, aveva di fatto scelto
volontariamente di sacrificarsi per sua sorella... Una paura
atroce per quello che poteva accadergli se il Rito avesse fallito, mi
attanagliava e per quanta fiducia avessi nella Magia delle Terre, non
riuscivo a non sentirmi oppresso e disperato.
Mio figlio… che sono stato capace persino di giudicare un
traditore…
No, non posso starmene qui a guardare, devo aiutarlo:
è il mio compito... a qualsiasi costo...
“Tutto perfetto, Fear, hai
ragione, ma avete considerato che cosa succederà quando
Milord indosserà l’anello e scoprirà
che è del tutto inutile?”
“La tradizione dice:
“Gli anelli del Nord perdono il proprio potere quando sono
sottratti con la violenza o con l'inganno”... Milord
dovrà prendersela solo con se stesso e la propria ignoranza!
Farà fuori chi gli ha consegnato l'anello, se
vorrà sfogarsi con qualcun altro e non con se
stesso!”
“Certo... e per quanto tempo
ciò sarà sufficiente a placarlo? Lo sai bene che
cosa farà: catturerà Mirzam, lo
costringerà a indossarlo e usarlo per lui e in questo modo
scoprirà l’inganno, perché
l’anello non funzionerà nemmeno con mio figlio!
Allora me li prenderà uno dopo l'altro, e Mirzam si
sarà sacrificato per niente!”
“Non troverà mai il
vero anello, Alshain, e noi lo convinceremo che chi ha rubato
l’anello l’ha anche danneggiato, che il potere
sulla Fiamma è perduto, che l’Erede di Slytherin
potrà accedere alle Terre e farsi riconoscere dalla Fiamma
solo per altre vie. Se, come dici, è un Mezzosangue, non
entrerà mai nelle Terre, e voi Sherton a quel punto sarete i
suoi unici possibili intermediari presso quella Magia che tanto
ambisce. La sua sete di potere è così grande che
farebbe un patto persino con il diavolo piuttosto che rinunciare a
Habarcat e alla sua consacrazione. Figuriamoci se non
scenderà a patti con te…”
“Preferirà
ucciderci tutti che subire un’onta del genere! Chiedere il
nostro aiuto, equivarrebbe a mostrare a tutti la sua natura
imperfetta!”
Mi alzai, sentivo il mare ruggire furioso, la mia anima lo accompagnava
funerea in quel lamento: tutto quello che avevo saputo non aveva fatto
altro che aggiungere pene e sofferenze, il senso di colpa mi stava
annientando. Ora, però, più urgente
della disperazione, era la necessità di sottrarre mio figlio
al pericolo che si stagliava minaccioso su tutti noi: dovevo trovarlo,
parlargli, chiarire tutto, trovare il modo di nasconderlo e di
proteggerlo. Sì, potevo sfruttare il caos di quel
momento, per farlo sparire, per metterlo in salvo. Non avevo
idea di dove fosse, non sapevo se il Ministero fosse veramente
già sulle sue tracce, e se qualcuno avesse creato prove
contro di lui, per incastrarlo. Dovevo trovarlo prima di
Milord e dei Ministeriali.
“Devo trovare un modo per
proteggerlo, di là del potere del Rito... Voglio che si
nasconda, là dove nessuno possa trovarlo...
Nasconderò uno dopo l'altro tutti gli altri, se
necessario... ”
“Il potere di Habarcat
è sufficiente a proteggerlo, ma se altre garanzie...
Troverò il modo, Alshain... lo troverò... ora,
però, lasciami sistemare i tuoi ricordi... ”
“No, prima devo trovarlo e
parlare con lui… Dammi il tuo bastone e il tuo pugnale,
Fear…”
“Che cosa vorresti fare? Non
abbiamo tempo da perdere!”
Non gli risposi, il vecchio, cauto e sospettoso, mi diede
ciò che avevo chiesto, ma gli bastò notare la mia
determinazione per comprendere.
“Alshain, no…
Lascia fare a me, sei ancora troppo debole!”
Percepii la sua mano sulla spalla un solo istante, ma era
già troppo tardi: mi ero avvicinato al caminetto, avevo
allungato verso la fiamma la mano che reggeva ancora la verghetta di
Salazar e mi procurai un profondo taglio con la lama; recitai delle
formule di Magia Antica, finché il fuoco, assaporato il mio
sangue, si divise in due ali, smettendo di bruciare al centro. Mi
chinai e presi un pugno di cenere, lo strinsi tra le dita bagnandolo
del mio sangue, ci soffiai dentro altre formule, poi mi alzai, mi misi
al centro della stanza, tenendo il bastone di Fear nella mia destra;
chiusi gli occhi e iniziai a muovermi lentamente in cerchio, recitando
le formule e lasciando fluire cenere e sangue tra le dita. La
forza del mare e della tempesta penetrò il mio essere e
divennero un tutt’uno con la mia Magia: mi lasciai guidare da
quell’energia, istintivamente, senza mediarla con la
coscienza o, peggio, con la ragione. C’erano solo la
Magia primordiale, il mio cuore, il mio sangue, la mia ostinazione, la
mia mente che chiamava mio figlio con insistenza, inesorabile e
disperata, finché i miei occhi si riempirono
d’immagini, via via più nitide, e vidi Mirzam e
Sile, che si baciavano nella neve, in un posto che conoscevo, che
riconobbi all'istante, la soglia di casa nostra, a Essex
Street. Riaprii gli occhi, impaziente, pronto a
smaterializzarmi a Londra, ma Fear aveva ragione, sentii di aver
consumato in pochi istanti le flebili energie rimaste; rischiai di
cadere, senza più forze, il vecchio mi sorresse appena in
tempo, ero sul punto di perdere nuovamente i sensi. Senza
forze e senza scelta, affidai me stesso e mio figlio a lui.
“Sono a Londra, gli Aurors non
li hanno ancora trovati… salvali, a qualunque
costo… Ti prego! Portali da me, devo parlargli, Fear... Devo
dirgli che so... poi potrai fare dei miei ricordi e della mia vita
ciò che vorrai... ”
Il vecchio annuì, lo sguardo pieno di preoccupazione e di un
dolore che conosceva bene. L’ultima cosa che vidi fu la sua
mano davanti ai miei occhi. L’ultima cosa che sentii
fu la sua voce che recitava al mio orecchio la formula necessaria a
smaterializzarci. L’ultima cosa che pensai fu la
preghiera per i miei figli. Tutti i miei figli.
***
Lord Voldemort
Little Hangleton, UK - ven. 24 dicembre 1971
Lo studio era illuminato dall'ultimo sole del giorno, tiepidi raggi
penetravano dalle vecchie finestre ad arco ogivale, accarezzando le
pareti dominate dai ritratti degli antichi Signori di Herrengton, gli
scaffali ricolmi di libri, l'ampio tavolo pieno di ampolline e
alambicchi. Sospirai, bramoso, facendomi permeare io stesso
dal sole, percependo l'odore delle pergamene, delle erbe, delle
pietre. Spaziavo in quell'ambiente con occhi voraci, il cuore
che pulsava rapido: avevo la possibilità, per la prima
volta, di guardare oltre il velo di Magia Antica che proteggeva quella
Terra; nemmeno sondando la mente del giovane Sherton avevo visto
dettagli così nitidi della loro vita
quotidiana. Semplici ricordi, preziosi ricordi, scaturiti
senza la protezione del giudizio.
Pura Verità.
Un'emozione potente si era fatta largo in me, il richiamo stesso del
Sangue, il ritorno alle Origini più nobili e antiche del mio
Essere. La voce della mia Essenza più profonda.
Solo quando, da ragazzo, ero entrato, Io, primo dopo tanti secoli,
nella Camera dei Segreti avevo sentito una sensazione altrettanto
forte. Quella era la mia Storia e al tempo stesso il mio
Destino. Erano diventati un tutt'uno, in me, Futuro e Passato,
non solo nel pensiero, ma in maniera tangibile, sensibile, reale,
concreta: le mie dita avevano toccato la Magia millenaria delle
Origini. Presto sarei entrato anche nelle Terre, avrei
camminato tra quelle antiche pietre, avrei visto con i miei occhi i
segni lasciati dalla potenza di Salazar.
Io.
Avrei celebrato, Io stesso, persino i sacrifici nella Sacra
Grotta. E tutti si sarebbero prostrati ai miei piedi,
venerando Me, più forte e più grande di Salazar
stesso, perché Io avevo superato il mio stesso Sangue e i
miei Maestri, perché Io avevo battuto persino la Morte
conquistando addirittura l'Immortalità. Ero Io
l'Essenza stessa della Magia Vera, pura, incontrastata.
Dominai con una certa difficoltà le sensazioni che si
facevano largo in me, rischiai di perdere il contatto con i ricordi di
Meissa Sherton: svuotai di nuovo la mente da pensieri ed emozioni,
respirai di nuovo a fondo, rilasciando il respiro lentamente, percepii
una specie di vertigine e di straordinaria esaltazione, sentii il corpo
pronto a comprendere tutto, inebriato di nuovo, cullato di nuovo, da
quel sole, da quegli odori, da quell'atmosfera. Con la mente
sgombra, smisi di essere me stesso, Lord Voldemort, per guardare il
mondo con gli occhi di una bambina di undici anni, una bambina che
osservava Alshain Sherton, suo padre, senza il timore e il sospetto che
quasi tutti mostravano in sua presenza. E senza il disgusto
che quell'uomo aveva sempre suscitato in me. No, non
c’era nulla di tutto questo: guardare quell'uomo, attraverso
quegli occhi, mi dava una sensazione potente, intensa, soffocante, una
sensazione che mi squassava fin dalle viscere, così
insopportabile che rischiai di nuovo di perdere la concentrazione.
Amore.
Quello che c'era negli occhi di quell’inutile ragazzina era
Amore. Lo stupido, insulso, sentimento, che più
odiavo. Il sentimento dei deboli, degli illusi, dei
perdenti. Sentivo il suo amore per suo padre, in un modo
così potente e nauseante, che fui preso da una rabbia cieca:
quelli dovevano essere i Prediletti di Salazar, dovevano avere i suoi
Principi impressi a fuoco nel Cuore e nel Sangue, e
invece... Invece erano solo degli esseri stupidi, deboli,
inutili, vergognosamente vulnerabili. Ora comprendevo il
perché della decadenza del Mondo Magico: persino una delle
famiglie più pure tra gli Slytherin aveva perduto la
percezione della Verità! Dovevano essere Maghi e Streghe
pieni di ambizioni sfrenate e di odio per la feccia, orgogliosi ed
esaltati per la propria evidente superiorità, invece avevano
a cuore solo insulsi sentimenti, come volgare
plebaglia. Sentii forte come non mai il desiderio di punire
quell'uomo, meritava di pagare già solo per la debolezza che
aveva iniettato nelle vene dei suoi stessi figli! Mi
ripugnava... Volevo cancellare lui per cancellare tutto ciò
che rappresentava: il decadimento, la debolezza,
l'indecisione. Sì, meritava di morire anche solo
per questo. Volevo farne un esempio per tutti, nessuno doveva
più dimenticare il significato dell’essere grandi
e delle conseguenti responsabilità. Nessuno doveva
più dimenticare l’importanza degli unici Principi
da seguire. Sì, meritava di morire già
solo per la venerazione che sua figlia provava per lui. Un
figlio deve provare odio, terrore, al limite rispetto, non
amore. Ci avrei pensato Io a correggere quegli errori:
avrebbero compreso tutti, Meissa Sherton per prima, che l'amore porta
solo a questo… all'annientamento. Avrei trasformato
quell'amore in orrore, l'ammirazione e la speranza in fuoco e sangue.
Meissa Sherton conoscerà presto la differenza tra la
Realtà e le favole. Tutti, lei per prima, capiranno
che l'amore è un’illusione propria dei deboli.
Al mondo non c'è posto per i deboli... Non deve
più essercene... Non più. Mai più.
Dovevo calmarmi, rischiavo di perdere di nuovo il contatto con quei
pensieri e quei ricordi. Riflettei: di solito ero molto saldo
nel dominarmi, quelle immagini invece mi distraevano, sembravano
possedere la capacità di confondermi. C'era forse
della Magia in quei ricordi, una Magia capace di impedire di vedere
dettagli importanti? Forse era così, forse c'era
persino una Magia capace di variare l'intensità delle
sensazioni provate al mutare dell’osservatore,
perché Rodolphus, che pure era un Mago di Magia e potere
molto inferiori ai miei, non era rimasto confuso. Sherton era
astuto, aveva senz’altro usato dei trucchi per proteggere i
suoi segreti. Dovevo fare molta attenzione.
Di nuovo respirai a fondo e m’imposi di non pensare ai miei
propositi di vendetta. Mi ritrovai nello studiolo, immerso nella luce
calda del pomeriggio, sentii l'odore di salsedine permeare l'aria
attorno a me, confondendosi con gli odori di erbe tagliate, c'era senza
dubbio la mola da qualche parte, e l'odore muschiato, umido, delle
pergamene antiche, che macerano nell'oscurità, nel freddo,
nel silenzio. Mi soffermai sul ritratto del padre di Alshain.
Avevo visto quel Mago una sola volta, a Hogwarts, mentre usciva furente
dall'ufficio di Armando Dippet, all'epoca dell'apertura della Camera:
quando era successo, molti avevano concentrato attenzione e sospetti
sui suoi due figli, in particolare sul piccolo Alshain. Fin da
allora, il secondogenito di casa Sherton aveva qualcosa d'inquietante,
lo percepivo quando lo incrociavo in Sala Comune o nei corridoi, per
questo desideravo avvicinarlo, comprendere i suoi segreti, convinto che
mi sarebbero stati utili nei miei progetti. Anche lui sentiva me, la
mia vera natura, lo vedevo; era sfuggente, però, si teneva
alla larga, non capivo se avesse paura di me, o si sentisse, per
qualche motivo, superiore a me. M’irritava
già da allora, perché non assecondava i miei
desideri, perché trascurava la mia cerchia e cercava rifugio
nella compagnia di quell'essere pomposo e inutile di Orion Black: era
persino riuscito a sfuggirmi, quando l'avevo astutamente attirato e
intrappolato nel bagno da cui si accede alla Camera dei Segreti,
desideroso di vedere cosa gli sarebbe successo al cospetto del
Basilisco… Era stata colpa di Black, se la
situazione mi era sfuggita di mano e da allora erano diventati amici
del cuore.
Disgustoso...
Il maggiore dei fratelli Sherton, al contrario, frequentava i miei
stessi compagni, era intimo amico di Lestrange e spesso era in combutta
con suo “cugino”, Abraxas Malfoy: non aveva,
però, nulla che mi servisse, era solo un patetico idiota,
uno sbruffone senza un briciolo di vero potere, non sarebbe mai stato
una vera guida, come stoltamente credeva. In seguito, Malfoy
si era occupato di lui, alla prima occasione, liberandoci di
quell'insulsa e boriosa presenza: tanto avevamo capito tutti che il
vero Erede di Hifrig era il secondogenito.
“Mirzam, vorrei che facessi
vedere a tua sorella la pietra!”
Lasciai da parte i miei ricordi e ritornai a prestare attenzione alla
scena: Meissa era seduta di fronte a suo padre, accanto aveva Mirzam,
si voltò verso il fratello ed io lo guardai, non riusciva a
nascondere il proprio nervosismo, si capiva da quell'odioso vezzo di
lisciarsi di continuo i capelli. Il giovane, con un cenno
d’assenso, estrasse un morbido sacchettino di velluto
borgogna dalla tasca interna della toga e lo depose sul tavolo, Alshain
lo prese con delicatezza e fece rotolare fuori una pietra, non grande,
uno smeraldo dai sinistri bagliori verde cupo: la sua faccia
restò impenetrabile ma, guardando il suo petto, vidi il
respiro contratto tipico della persona concentrata, trepidante, e
compresi che doveva riporre molte aspettative in quella
gemma. La bambina si lasciò suggestionare da quel
verde intenso senza tuttavia osare toccarlo, mentre suo padre si
alzò, trafficò intorno al caminetto fino a
scoprire un nascondiglio, da cui estrasse una piccola scatola di legno,
intarsiata con Rune e simboli cabalistici. Sherton ritornò
al tavolo, la bambina, silenziosa, non gli staccò gli occhi
di dosso, per tutto il tempo, mentre Mirzam le teneva la mano. Guardai
le loro dita intrecciate e notai una sottile fila di Rune sul palmo del
giovane: il mio infiltrato nella Confraternita non aveva nulla di
simile, mi chiesi se fosse un semplice vezzo di famiglia, o un
dettaglio importante.
“Prova a indossare
quest’anello, Meissa... ”
La bambina prese la verghetta metallica dalle mani del padre,
infilò l'anello e non ci fu nessuna reazione particolare,
nessuna manifestazione della Magia Antica, nessuna apertura miracolosa
nella sua stupida mente.
“Non succede niente...
”
Alshain, preoccupato, guardò i figli ma non disse nulla, ne
percepivo, però, la delusione, riprese l'anello dalla mano
della bambina per poi lasciarlo sul tavolo, osservandolo a lungo,
assorto, finché invitò sua figlia a ritornare di
sopra, dalla madre. Meissa si alzò, si
avvicinò all'uscita, ma fece solo finta di ubbidire:
curiosa, rimase fuori dallo studiolo, osservando il padre e il fratello
da dietro la porta appena accostata. Sherton prese l'anello e
lo osservò per l'ennesima volta, poi lo provò su
se stesso, ma la verghetta metallica continuava a non completarsi con
la pietra, non potenziava la propria Magia accettando lo smeraldo, si
era limitata a mutare le proprie dimensioni per adattarsi alla mano del
Signore di Herrengton.
“Non succede niente...
Com'è possibile che non funzioni?”
“Dobbiamo continuare a
cercare... non è l'anello giusto o non è la
pietra giusta, Mirzam. Lo avevamo già messo in conto,
ricordi? A meno che... provalo anche tu! Toglimi questa
curiosità... ”
““Muoverà
l'anello colui che nasce tra Antares e Aldebaran”: Questo
dice la legge e lo dice molto chiaramente. Tutti noi, eccetto voi due,
siamo nati dopo Beltane!”
“Un vecchio mi
parlò una volta di una versione più antica della
legge, che legherebbe l'anello non alle Levate Eliache, ma al Sole, in
particolare alla primavera, quindi la verghetta risponderebbe a chi
nasce tra Osthara e Litha. Che cosa ci costa tentare?”
Il giovane, dubbioso, annuì e prese l'anello dalle mani del
padre: subito la pietra e l'anello si fusero, e lo sguardo dei due
Sherton s'illuminò di sorpresa e di sollievo.
“Ahi!”
Mirzam portò l'altra mano al dito su cui campeggiava
l'anello: la verghetta aveva mutato forma, ma non riuscivo a vederla
bene a causa della distanza, di sicuro gli si era conficcata nella
carne, provocandogli una piccola ferita e facendo cadere diverse gocce
di sangue sul tavolo. La pietra, coperta del fluido rubino,
s'ingrandì, aprendosi per lasciar cadere sul tavolo quella
che a prima vista sembrava una pagliuzza e che poi, poco per volta,
divenne sempre più grande, fino a trasformarsi in un
libercolo.
“Salazar! Allora è
vero! Avanti, presto... aprilo e leggi che cosa c'è
scritto!”
La voce di Alshain vibrava di eccitazione, Mirzam aprì il
libro e rimase per qualche secondo attonito, poi lo portò
alle labbra, muto, lo baciò e lo depose con riverenza sul
tavolo, inginocchiandosi come fosse al cospetto di un dio. Suo padre lo
prese a sua volta, entusiasta, accarezzò con la punta delle
dita la copertina, poi lo aprì, e rimase ad ammirare a lungo
quello che vedeva sul frontespizio, recitando rapide parole nella
lingua del Nord.
“La firma del mio Maestro, del
più potente tra i Fondatori, di Salazar Slytherin...
”
Anche Alshain baciò il libro e
s’inginocchiò davanti a lui, continuando a
recitare strane litanie, per poi rialzarsi, andare al nascondiglio
sotto il caminetto ed estrarre un drappo, antico e molto prezioso, con
cui avvolse il libro e lo depose sul tavolo. Rimasero a lungo
in silenzio, straniti, emozionati, finché Mirzam interruppe
quell’atmosfera fatta di attesa, stupore,
sacralità.
“È lui, padre...
È il libro delle antiche formule di Salazar... ora i segreti
di Habarcat saranno di nuovo alla nostra portata: attraverso la
pienezza della Magia Antica, noi... ”
“No, Mirzam, questo libro
è solo l'ultimo onore che Salazar fa alla nostra famiglia:
abbiamo promesso fedeltà a Salazar e alla sua Stirpe,
abbiamo ricevuto il compito di custodire la Fiamma e le Terre, fino a
che dal Sangue del Maestro non fosse nato un Mago di potenza
paragonabile a quella di Salazar, cui riconsegnarle integre... Il
giorno è arrivato, consegneremo l'anello a Milord e
onoreremo il patto!”
“Padre... Milord è
potente, vero, ma... Che prove abbiamo che sia davvero l'Erede di
Slytherin? Nessuno sa davvero chi sia, è comparso
all'improvviso, è un uomo senza passato, è...
”
“Ero a Hogwarts quando l'Erede
ha riaperto la Camera dei Segreti, Mirzam! Mio fratello sosteneva di
conoscerne l'identità, mi disse che era un suo amico, io non
avevo molta familiarità con quella persona, ma ho comunque
avuto modo di vivergli vicino per due anni: aveva... La sua Magia e la
sua persona erano notevoli già allora... È
cambiato molto, certo, ma... non tanto da non riconoscerlo...
È lui. A me basta ascoltare le vibrazioni che trasmette
tutto intorno a sé con la sua Magia: è lui... Ora
l'anello fornirà al mondo la prova definitiva di
ciò che dico... Pertanto rallegrati, figlio mio,
perché avremo l'onore di assistere al ritorno del Sangue di
Salazar in queste Terre, poi potremo ritornare alla nostra vita...
”
“Non puoi dire sul serio! Non
l'accetto! Non rinuncerò così a tutto questo!
Mai! ”
“Non capisci? Riavremo la
NOSTRA vita, Mirzam, quella che saremo noi a scegliere! Non avremo
più vincoli imposti dal Destino! Niente più
morte, niente più dolore, niente più rinunce in
nome di quell'antico patto! L’onore che comporta questa vita
è grande, ma... è costato molto, troppo agli
Sherton: io sarò l'ultimo Signore di Herrengton, e
avrò l'onore di servire l'Erede del Maestro, se
avrà bisogno di me... Tu e i tuoi fratelli vivrete, invece,
senza dover più niente a nessuno! Consegnerò
l'anello e voi sarete finalmente liberi!”
“Devi essere impazzito!
È questo che sei, sì! Un pazzo... Ed io
non ti seguirò mai in questa follia!”
Alshain non parve prendersela per quella mancanza di rispetto, che mi
lasciò perplesso come del resto tutta quella scena:
evidentemente la decadenza e il lassismo nell'educare i propri figli
erano persino più gravi di quanto i miei informatori mi
avessero raccontato.
“Mirzam... ”
“È da folli credere
che Milord, una volta preso l'anello, rispetti il patto! Non ti
lascerà mai in pace, lo vuoi capire? Il tuo nome... il tuo
potere... l'influenza sulla Confraternita... ti vedrà sempre
come un alleato da sfruttare o un nemico da distruggere, non ti
lascerà in pace, mai! Ti ricatterà per avere
ancora di più, sempre di più... E tu, privandoti
dell'anello, non avresti altro da offrirgli se non te stesso e i tuoi
figli! Se gli darai l'anello, perderemo l'unica speranza che abbiamo di
sopravvivere... ”
Ghignai tra me, quel piccolo imbecille mi aveva compreso molto
più di quello che dava a vedere: potevano scommetterci che
non mi sarei limitato a prendermi quell'anello! Una volta
ottenute le Terre e Habarcat, ripulito il mio sangue dell'onta di aver
avuto un padre babbano, avrei completato la mia piena consacrazione in
ogni modo, soddisfacendo qualsiasi mia voglia: avrei reso Alshain
Sherton il mio burattino, costringendolo a fare qualsiasi cosa lo
ripugnasse, solo per sfregio, e alla fine, piegato e umiliato, colmati
i suoi occhi di orrore e la sua anima di rimorsi, distrutta la sua
insopportabile alterigia, mi sarei disfatto di lui.
“Ho già deciso, non
ho altro da aggiungere!”
“E se io non volessi seguirti?
Ci hai pensato? Se io mi ribellassi? Da un pezzo, ormai, non spetta
più a te decidere della mia vita! E ora l'hai visto da te...
L'anello ha scelto me per palesarsi, potrebbe avermi scelto anche come
tuo successore! So che sei stanco di questa vita... Bene! Lascia
Herrengton a me, è me che l'anello rispetta, è a
me che risponde, a nessun altro di tutti voi! Sente che io gli
appartengo e che non lo deluderò! Io sono pronto,
prenderò il tuo posto, studierò il libro,
conoscerò i segreti di Habarcat e troverò il modo
di difenderci da Milord, so già che Lui non
rispetterà mai quei patti!”
“L'anello non indica il
Successore, Mirzam. Né puoi forzare il Destino a palesare la
sua volontà!”
“Non m'interessa! Se non
sarò io, agirò comunque per il bene del vero
Erede di Hifrig, al contrario di te! Non lascerò mai le
Terre a Milord! Non priverò mai la nostra famiglia di quello
che ci spetta dopo secoli di sangue e lutti! Dov'era la famiglia di
Salazar quando Herrengton bruciava? Quando eravamo sterminati dai
Babbani? Che cosa gli dobbiamo noi? Siamo stati noi a salvarlo! Noi...
fin dal primo giorno... questa Terra è nostra!”
“Mirzam...”
Mirzam ammutolì di colpo, la sua insolenza e il suo fuoco mi
colpirono profondamente: possibile che non avessi mai capito nulla di
lui? Lo guardai, pareva bruciare di un orgoglio e una forza
che mi aveva sempre celato, poi di colpo, abbassò lo
sguardo, rosso in volto, un leggero tremito gli percorreva tutto il
corpo.
“Perdonami, padre, non volevo
mancarti di rispetto... forse ho parlato senza riflettere... ma...
”
“Lo so, Mirzam, lo so...
anch'io mi sono fatto certe domande a lungo e, come ben sai... sono
arrivato alla conclusione che avevamo sacrificato anche troppo per quel
patto antico... per questo me ne sono andato da qui... Anch'io ho
cercato e sto ancora cercando una soluzione sicura, ma la
verità, per quanto avvilente, è questa: la nostra
unica speranza è sempre stata e resta la nostra
lealtà al Maestro... D'altra parte… hai ragione,
non è necessario agire d'impulso, posso prendere un po' di
tempo, per studiare il libro, valutare tutte le possibilità,
e conoscere meglio Milord... Proverò a crearmi delle
garanzie... Farò una copia del libro, nel frattempo lo
custodirà tua sorella a Hogwarts, lontano da possibili
tentazioni, per te, per me, o per chiunque altro! A Hogmanay,
consegnerò l'anello e lascerò decidere al
Destino... ”
“Spero ti renderai conto che
stai commettendo un errore, padre: dovremmo sperimentare qui, subito,
il potere dell'anello... può darci indicazioni utili per...
”
“Non siamo discendenti diretti
di Salazar, te lo ricordi? Non comprenderemo mai Habarcat nella sua
interezza, Mirzam... non avremo mai il potere che in questo momento
turba ed esalta il tuo cuore... Offrirò l'anello a
Milord quando prenderò il Marchio Nero, Lui non si aspetta
che io glielo ceda spontaneamente, crede che voglia osteggiarlo e che
negherò la sua identità fino alla morte, ma non
è così... Ora so... gli dimostrerò
davanti a tutti la mia fedeltà, la fedeltà che
gli devo in quanto Erede del mio Maestro. Se me lo chiederà,
gli fornirò tutto il mio aiuto, gli offrirò la
mia esperienza... ”
“No, non puoi dire davvero...
non puoi farlo... Come puoi esserti convinto di quello che
dici?”
“Perché sono uno
Sherton, Mirzam, e lui è l’Erede di
Salazar… Sai che cosa significa questo, te l'ho insegnato e
ce l'hai nel sangue... il resto lo capirai quando avrai dei figli anche
tu... ”
“Una volta entrato nelle Terre
nessuno potrà più fermarlo! Che cosa accadrebbe
se non volesse il tuo aiuto? Se non reagisse come immagini alle tue
dimostrazioni di lealtà? Che cosa accadrà quando
non gli serviremo più a niente?”
“Il potere cui ambisce si
governa solo con un controllo totale sulle proprie
emozioni…”
“E se lasciasse ad altri
l'onore di eliminarci? Può contare su un gran numero di
volontari, non dimenticarlo! Non è necessario che lo faccia
da sé!”
“Habarcat premierà
la nostra fedeltà... troverò grazie a lei il modo
di proteggere tutti voi. Userò questi mesi per riuscirci...
E puoi star certo che ce la farò! Quanto a me... che faccia
pure, mi uccida pure... io non ho paura della morte... ”
“Padre... ”
Sherton non rispose, si limitò a sospirare: si era alzato,
guardava l'orizzonte dalla finestra, la sua figura illuminata
dall'ultimo raggio di sole, sembrava molto più vecchio dei
suoi anni, stanco e provato, diverso da come l'avevo sempre percepito,
vulnerabile. La bambina continuava a osservarlo da dietro la
porta, sempre con la stessa venerazione, velata ora dal timore: con
disgusto, mi resi conto che il suo viso era bagnato di lacrime.
Sollevai il volto dal Pensatoio, mentre ormai il ricordo, giunto alla
fine, sbiadiva: avevo compreso Sherton e suo figlio molto
più da quei pochi ricordi che da quello che per anni mi
avevano raccontato la mia spia nelle Terre e altri che li conoscevano
molto bene. Rodolphus Lestrange aveva ragione, se quella era
la Verità, stavo per commettere un errore di valutazione.
Non potevo eliminarli subito come desideravo, Sherton alla fine poteva
essermi più utile di quanto avessi immaginato, dovevo
prendermi più tempo per studiare quella dannata
Confraternita, l'avevo sottovalutata… e in fondo il prezzo
della sua lealtà era davvero irrisorio rispetto ai vantaggi
che potevo trarre da lui e dalla sua famiglia...
Sì, posso aspettare... Mi sbarazzerò di tutti
loro una volta sicuro di aver ottenuto ciò che voglio e che
possono darmi...
D’altra parte... Non dovevo nemmeno entusiasmarmi
troppo: i nostri precedenti scontri non mi avevano mostrato un uomo
così accondiscendente, anzi... Alshain Sherton era
sempre stato arrogante, era arrivato persino a sfidarmi, apertamente, a
Lestrange Manor, e tutto questo era avvenuto, presumibilmente, solo
pochi giorni dopo quel discorso tra padre e figlio. Che cosa
significava quella sua prova di forza? Perché
indispettirmi se il suo scopo era ottenere la mia
protezione? Qual era il vero volto di Sherton? Era un
possibile alleato o un astuto nemico? Qual era il suo vero
proposito? Voleva propormi un'alleanza per salvare la propria misera
vita o piuttosto tentare di sfruttare il mio sangue per accedere a quel
potere che era a un passo da lui, ma a lui precluso? Possibile che le
nostre ambizioni fossero così simili? Voleva davvero salvare
la sua adorata famiglia? O piuttosto si faceva scudo dietro di
essa distraendomi, tramando invece per tentare di uccidermi,
ostacolarmi, sostituirsi a me?
Se lo speri davvero sei solo un illuso! Non hai idea del mio potere!
Non hai idea di chi hai di fronte… Quanto avanti mi sono
spinto nella ricerca dell'immortalità.
Per prima cosa, era necessario scoprire se quei ricordi fossero
autentici: non avevo percepito dei dettagli sospetti ma i miei dubbi
erano oltre modo fondati, perciò era meglio essere
cauti. Avrei catturato Mirzam e Alshain Sherton per verificare
i loro ricordi e le proprietà dell'anello. Guardai
la verghetta nella mia mano, il metallo e la gemma erano ancora fuse
insieme e della dimensione delle dita di Meissa, il desiderio di
indossarlo era forte, potente, ma mi trattenni.
E se fosse una trappola?
Dovevo analizzarlo, verificare che non celasse qualche
maledizione potente. Sì, dovevo
aspettare... L'avrei sperimentato di persona solo in seguito:
era noto il mio desiderio di penetrare nelle Terre il più
rapidamente possibile, se avessi indossato un anello privo di potere e
con quello avessi tentato di forzare i territori delle Terre del Nord,
l'indegno sangue di mio padre mi avrebbe portato alla
morte. Tutti sapevano che Salazar aveva protetto la purezza di
quella Terra con incredibili incanti oscuri. Serviva assoluta
cautela. Con la coda dell'occhio, notai l'uomo dietro di me, immobile,
avvolto nel suo nero mantello, nella penombra, in attesa dei miei
ordini: era l'unico, forse, insieme a Orion Black, a conoscere
realmente Sherton, ma non per amicizia, per la sua profonda e assoluta
astuzia. Potevo contare su di lui, per l'odio che lo animava, e
perché la sua mente, per me, era un libro aperto, sapevo
riconoscere in lui ogni verità e ogni
menzogna. Potevo contare su di lui e sulla sua
fedeltà, costruita sul terrore che sapevo incutergli e sulle
promesse con cui lo allettavo continuamente: ghignai tra me, mi
divertiva sempre vedere il fior fiore di quelle boriose famiglie nobili
prostrarsi ai miei piedi, come indegni Elfi
Domestici. Sì, avrei usato lui, poi avrei fatto in
modo che non ricordasse cosa aveva visto nel Pensatoio. Avrei
confuso anche Rodolphus, alla prima occasione. Se questa era
la verità, nessun altro doveva conoscerla. Mi voltai.
“Hai fatto bene a restare qui,
ho bisogno dei tuoi servigi. Ci sono notizie dal Ministero?”
“Mio Signore... è
stato spiccato un ordine di arresto per Mirzam Sherton, ma lui e la
moglie non sono ancora stati trovati... ”
“Sono nelle Terre?”
“È probabile, mio
Signore... ”
“Non devono portarlo ad
Azkaban… Sa troppe cose e non possiamo perderlo! Mi serve
libero e soprattutto mi serve qui, il prima possibile! Malfoy ha
già fatto pressioni, in tal senso, sui nostri uomini di
fiducia al Ministero... Crouch sarà osteggiato se
cercherà di incarcerare il ragazzo... ma dovrai fare anche
tu la tua parte... ”
“Tutto ciò che
desiderate, Mio Signore... ”
“Non deve ricongiungersi con
suo padre... Lo voglio qui, al più presto... è
chiaro? Inoltre... abbiamo la necessità di recuperare un
Manufatto nascosto in un caminetto di Herrengton… Voglio che
tu entri nella sala di Habarcat per prenderlo e portarmelo…
andrai a far visita a Sherton domattina, t’informerai delle
sue condizioni di salute e ti offrirai per aiutare concretamente il
ragazzo... Preferirei che non cercassi di parlare direttamente con lui,
sii diplomatico come sai essere, offri il tuo aiuto alla moglie: ormai
sarà sconvolta a sufficienza da tutti questi avvenimenti,
non rifiuterà il tuo aiuto... e ti concederà il
permesso di entrare nel Maniero... Voglio anche che tu le chieda, con
discrezione, se i Ministeriali hanno prelevato qualcosa... ”
“Potete contare su di me mio
Signore... ”
“Molto bene... ora avvicinati
al Pensatoio e osserva con attenzione i ricordi che mi ha appena
consegnato Lestrange. Poi dimmi che cosa ne pensi, sinceramente, da
uomo delle Terre del Nord…”
***
Mirzam Sherton
Leaky Cauldron, Londra - ven. 24 dicembre 1971
“Mirzam Alshain
Sherton?”
Sile si staccò da me il poco che bastasse a rispondere
all'uomo alle mie spalle, io mi voltai innervosito per
l’interruzione, maledicendo tra me l'idea di esserci fermati
lì, esposti, com’era prevedibile, al fastidio dei
soliti seccatori. Quando riconobbi Crouch, però, mi
sbiancai, perché collegai la sua presenza al fatto che
avevamo trovato la casa di Essex Street avvolta nel buio e nel
silenzio, e ricordai con quanta urgenza Kreya avesse cercato di dirmi
qualcosa. Qualcosa d'importante, qualcosa che io, come uno
stolto, mi ero rifiutato di ascoltare. Un brivido di terrore
mi percorse la schiena, la stessa domanda, piena di orribili
presentimenti, che mi aveva colto davanti alla casa in cui ero nato, mi
salì alle labbra e mi rese pallido e tremante: era successo
qualcosa, qualcosa di oscuro e terribile alla mia famiglia? Il
pensiero di Milord s’impossessò di me e
trasformò il mio sangue in ghiaccio.
“Questo è il
mandato di cattura con cui il Ministro Longbottom ha ordinato il vostro
arresto, Sherton, queste sono le accuse che vi sono mosse! Consegnateci
la bacchetta e seguiteci, senza opporre resistenza: da questo momento
siete sotto la custodia del Ministero della Magia.”
Dapprima ebbi difficoltà a comprendere quelle parole, mi
sembrava che qualcosa le distorcesse nell'aria, rendendo indecifrabile
il suono che usciva dalle labbra dell'Auror: rimasi immobile, in
attesa, come se tutto intorno a me si muovesse al rallentatore, poi mi
ripresi, quando vidi Crouch schiaffare sul tavolo, di fronte a Sile,
una pergamena con la ceralacca del Ministero. Mia moglie, confusa e
spaventata, guardò impietrita il documento, senza sapere
cosa fare, poi con mani tremanti lo prese, ruppe il sigillo e
iniziò a leggere; la sua paura mi strinse il cuore ma, a
mano a mano che la situazione diventava più chiara, mi
sentii pervadere anche da una specie di folle ilarità, che
trattenni a stento: qualsiasi accusa mi fosse mossa, per quanto
orribile e tragica fosse, avrei potuto ribattere. Ora che avevo tanto
da perdere, infatti, non avrei esitato a lottare come una furia per la
mia libertà, sarei ricorso a trucchi e inganni e, alla fine,
in un modo o nell'altro, avrei vinto. Quello che avevo temuto,
invece, un attacco mortale di Milord alla mia famiglia, era un orrore
che non ammetteva repliche, all'odio di Lord Voldemort, lo sapevo, non
c'era rimedio: pur nella tensione del momento, perciò,
riuscii a tranquillizzarmi, appena compresi che l'attacco dei
Mangiamorte ai miei cari, almeno per ora, era solo un incubo che
aleggiava nella mia fantasia. Mi alzai, senza batter ciglio, sfrontato,
guardando pieno di disprezzo quell'uomo, come se di fronte a me non ci
fosse il temibile Bartemious Crouch sr., Capo del Dipartimento Aurors,
ma un miserabile pazzo: non mi curai delle bacchette dei due
Ministeriali scattate subito contro di me, né di Sile, che
si aggrappava al mio braccio, supplice, per convincermi a non fare
pazzie.
“Vi avverto, Sherton, siete
sotto tiro, non costringeteci a schiantarvi o... ”
“Per l'amor di Merlino,
Mirzam, siediti!”
“Quest'uomo non può
farci niente, Sile... a nessuno dei due: io non ho nulla da nascondere
e non avrò difficoltà a dimostrarlo a tutti! Sai
questa cos'è? Questa non è altro che una delle
solite miserabili pagliacciate inscenate dal Ministero ai danni della
Confraternita!”
Crouch continuava a fissarmi con un ghigno che non prometteva nulla di
buono, io sostenni con decisione quello sguardo, volevo che tutti i
presenti capissero che ero convinto di quello che avevo appena detto,
che non avevo paura di nessuno, ma la mia sicurezza riprese a vacillare
quando misi a fuoco l'uomo dietro di lui, su cui non mi ero soffermato
fino a quel momento: era Potter, Charlus Potter, l'Auror che mi aveva
inseguito per i tetti di Londra, insieme a Podmore, senza
però assistere all'attimo in cui il suo collega cadeva di
sotto, accidentalmente. In silenzio, freddo e determinato, mi stava
osservando in maniera sistematica: stava cercando di valutarmi, di
convincersi dei propri sospetti, lo sapevo, ci aveva provato anche
durante la mia cerimonia di nozze ed io, appena l'avevo riconosciuto,
avevo sfruttato tutte le occasioni possibili per tenermi a debita
distanza da lui, vista la natura della cerimonia, non era stato
difficile far sembrare casuale il mio atteggiamento
sfuggente. Ora, però... ora era vicino a me, ed io
non avevo scuse per sottrarmi al suo sguardo. Quanto bene aveva visto
il mio volto, quella notte? E, soprattutto, il Ministero aveva altro,
di più preoccupante, contro di me? Con l'aiuto di
un buon legale, in fondo, un riconoscimento simile, da lontano e al
buio, pur fatto da una persona tanto attendibile, sarebbe stato
valutato per quello che era, un riconoscimento dubbio, che andava
sostenuto e verificato con prove molto più
calzanti. Esistevano prove di questo genere? No, era
impossibile, era assolutamente impossibile, non avevo lasciato tracce,
ne ero certo…
Ne sei proprio sicuro, Mirzam?
Dovevo fare chiarezza nella mia mente e ricordare quegli istanti
concitati, ne andava della mia libertà e, soprattutto, della
vita e della felicità di Sile, dovevo valutare cosa fosse
meglio fare e, al tempo stesso, nascondere agli Aurors il mio
turbamento: in questo, la frequentazione con Milord e Rodolphus e gli
insegnamenti di Fear mi erano d'aiuto, un po' per volta stavo
diventando abile a bluffare, a nascondere i miei pensieri, a celare o a
fingere la paura. Mi rimisi seduto, sfilai la bacchetta dalla manica e
la lasciai sul tavolo, guardai Sile e la invitai a fare altrettanto,
quasi un gesto di buona volontà da parte nostra, Crouch
sequestrò subito la mia, mentre lasciò sul tavolo
quella di Sile. Presi nelle mie la mano di mia moglie,
cercando di trasmetterle un po’ di coraggio: vidi che era
pallida e preoccupata, certo, ma nei suoi occhi non lessi dubbi nei
miei confronti, c'era invece l'ennesima conferma che, come me, era
pronta a combattere come una tigre, per noi e per il nostro futuro;
questo mi diede nuova forza e determinazione, le feci un cenno
d'assenso e, sfoggiando sicurezza e una certa sfrontatezza, continuai a
guardarla e a stringerle la mano nelle mie, come se tutto il resto del
mondo non esistesse, come se fossimo rimasti di nuovo, solamente, lei
ed io. Le chiesi di continuare a leggere le accuse che mi
venivano mosse, sereno, poi tornai a fissare Crouch, il mio volto
aperto in un sorriso di sfida e tacita derisione.
“Prego, continuate, Crouch...
Non voglio perdermi nemmeno una battuta del vostro spettacolino... Se,
in qualità di Capo del Dipartimento Aurors, avete deciso di
rendervi ridicolo di fronte a tutti, la vigilia di Natale, chi sono io
per impedirvelo? Avanti, sputtanatevi pure!”
“Mirzam... ”
Sile mi riprese, preoccupata, io non me ne curai più di
tanto, le sorrisi, convinto, perché sapesse che non avrei
mai abbassato la testa, anzi, dovevano capirlo tutti.
“Come può vedere
vostra moglie, il vostro destino è segnato, Sherton, voi
dovete rispondere di numerose e gravissime accuse... é
finito per voi il tempo di fare lo spiritoso, appena il Dissennatore vi
avrà baciato, a ridere saranno solo i parenti delle vostre
vittime... Andiamo!”
“Quanta fretta Crouch... certo
voi avete già raggiunto il vostro scopo, facendo questa
sceneggiata in pubblico ai miei danni, ma visto che non ho nulla da
nascondere, ditemi, perché mai dovrei reggervi supinamente
il gioco?”
“Gioco? Qui nessuno sta
giocando, Sherton! E lo capirete molto presto!”
“Vedete, Crouch, mi sembra
lecito chiedersi perché mai, pur avendo avuto un'occasione,
in privato, il giorno del mio matrimonio, alla presenza dei miei
legali, per eseguire legalmente il mio arresto avete aspettato che
entrassi in un locale pubblico. Una cortesia non rovinare il giorno del
mio matrimonio? Voi non siete così cortese, Crouch... sono
passati già diversi giorni da allora e voi del Ministero
sapevate bene dove trovarmi, sapevate che non avevo ancora utilizzato
la vostra Passaporta... Allora perché tutta
quest’urgenza di arrestarmi proprio qui, proprio adesso?
Forse per far colpo sull'opinione pubblica e sull'elettorato? Per
sfruttare pubblicamente il mio nome e la mia notorietà per i
vostri interessi personali? Io non ho nulla da nascondere e voi lo
sapete, Crouch... Mi chiedo se si possa dire lo stesso di voi... So che
cosa speravate di fare, speravate di cogliermi di sorpresa davanti a
tutti: se avessi perso la testa, se avessi reagito davanti a tanti
testimoni, avreste avuto la scusa per portarmi via senza la presenza
del mio legale... però vedete, Crouch, mi spiace
per voi, ma non ho la coscienza così sporca, o forse non
sono così ingenuo... Al contrario conosco molto bene la
Legge e conosco altrettanto bene i miei diritti! Sapete
com'è... ne avete fatti fin troppo spesso di questi scherzi,
alla mia gente... ”
Finora, intorno a noi, non era volata una mosca, sembrava che il tempo
si fosse fermato e che le persone presenti si fossero trasformate tutte
in statue: io non provavo rispetto per quell'uomo e per
l’Istituzione che rappresentava, ma, presso l'opinione
pubblica, lo sapevo, Crouch era molto temuto, per i suoi metodi
pragmatici e per i traguardi importanti che il Dipartimento aveva
raggiunto sotto la sua guida, tanto che, se si fosse dato alla
politica, Bartemius Crouch sr. avrebbe tradotto in realtà,
senza problemi, la sua più alta ambizione, diventare
Ministro della Magia. In quel momento, però, forse
perché di rado accadeva che qualcuno fosse tanto ardito o
tanto sconsiderato da rispondere a tono a quell'uomo, o
perché, pur temuto, Crouch non era certo molto amato, si
sentiva qualche brusio d'approvazione nel locale, come risposta al mio
atteggiamento fermo e irriverente, e questo mi diede ancora
più forza e voglia di bluffare.
“Per quanto mi riguarda, per
quanto io sappia, in quella lista può esserci solo l'elenco
delle partite in cui ho battuto la vostra squadra del cuore, Crouch! Mi
spiace, immagino sia difficile sopportare l'onta di risultati tanto
vergognosi, ma dovete prendervela con loro, non con me!”
Ghignai, guardandomi intorno e occhieggiando divertito il pubblico, con
la stessa irriverenza con cui, a fine partita, volteggiavo sempre con
il boccino in mano, davanti agli spalti degli avversari delusi e
sconfitti.
“Adesso basta, Sherton, basta
con le vostre cazzate e la vostra mancanza di rispetto! Alzatevi e
seguiteci!”
“Non è questione di
rispetto, signor Crouch, Mirzam ha ragione... il nostro Ordinamento
dice che, a meno di non essere colti nel compimento del reato, vige la
presunzione d’innocenza, per tutti, ed è compito
dell'accusa provare le proprie tesi! Non stavamo facendo nulla di male,
quindi non potete costringerlo a seguirvi, né potete
sottoporlo a un interrogatorio senza l'assistenza di un legale! State
violando apertamente i suoi diritti, in nome di accuse a dir poco
ridicole! Come poteva Mirzam fare quello di cui è accusato,
se contemporaneamente era impegnato con la squadra in uno stadio di
Quidditch di fronte a migliaia di persone? Non ho memoria di tutte le
date, certo, ma... ”
Guardai Sile, le sorrisi: erano proprio quella lucidità e
razionalità, anche nei momenti più drammatici,
quello spirito fiero e indomito, in una giovane donna apparentemente
tanto dolce e fragile, ciò che mi aveva colpito di lei fin
da ragazzino e che contribuiva, giorno dopo giorno, insieme al suo
amore, a renderla tanto speciale per me. No, non avremmo ceduto
facilmente, nessuno dei due.
“Quelle che avete appena
letto, signora Sherton, sono solo le accuse minori: quella serie di
reati è stata commessa usando un pugnale di
proprietà di suo marito, abbiamo un testimone che afferma di
aver venduto l'Athame in questione al Signor Sherton, dovrete
consegnarcelo o dirci a chi l'avete venduto o regalato... Vostro marito
potrà difendersi davanti al Wizengamot e, visto che ci
tenete tanto, potete seguirci, mi sembra che voi sappiate difenderlo
quanto, se non meglio, di un legale qualificato… in ogni
modo, lungi da me interrogare qualcuno in violazione dei suoi diritti:
potrete chiamare tutti gli avvocati che vorrete, una volta giunti in
Dipartimento. V’invito, però, a seguirci, vorrei
evitare che vostro marito chiami rinforzi qui, in un luogo affollato,
pieno di persone innocenti!”
“Rinforzi? Di quali rinforzi
state parlando? Non esistono rinforzi, signor Crouch, queste sono
calunnie che mettete in giro per inculcare il terrore e l'odio verso la
nostra gente... Noi non siamo ciò che ci accusate di
essere... e ve lo posso dimostrare, qui, davanti a tutti!”
Sile arrotolò la manica scoprendo la pelle del braccio
sinistro e lo alzò così che tutti vedessero che
era intatta, poi mi guardò e m’invitò a
fare lo stesso: quella non era una prova, lo sapevo, esistevano,
infatti, particolari incanti oscuri, utili a celare il Marchio, usati
soprattutto dai Mangiamorte che si erano infiltrati nel Ministero e
immaginavo che Crouch ne fosse a conoscenza. D'altra parte, la
maggior parte dell'opinione pubblica, formata da persone che, come
Sile, non avevano mai avuto a che fare con quei Maghi Oscuri, non ne
era a conoscenza e in un certo senso la loro ingenuità era
già una dimostrazione d’innocenza, così
decisi di sfruttare l'errore di Sile e mostrai il braccio anch'io,
godendomi la sorpresa che si stampò sul volto di molti dei
presenti, convinti ormai, dopo anni di calunnie, che i Maghi del Nord
fossero tutti seguaci del Lord Oscuro.
“Vedete, Crouch? Nessun
Marchio Nero di Voi-sapete-chi sottomette le genti del Nord! Potete
mentire quanto volete, noi siamo e resteremo fedeli sempre e soltanto
alle nostre Rune... ”
Vidi la mascella dell'Auror serrarsi, il volto contratto dalla rabbia:
se avesse potuto farlo impunemente, mi avrebbe cruciato senza
esitazione, per costringermi a confessare qualsiasi cosa, magari
proprio lì, in quel momento, mentre riprendevo la mia
giacca, flemmatico, occhieggiando gli astanti con un'espressione
complice e divertita.
“Mi piacerebbe continuare a
guardarvi mentre vi sputtanate con le vostre assurde accuse, Crouch,
devo dire che ci riuscite in maniera egregia, ma noi saremmo in luna di
miele e il tempo che stiamo perdendo con voi potremmo impiegarlo molto
meglio, perciò... Sapete dove trovarmi, potete venire a
Maillag dopo Hogmanay, così troverete anche i miei legali
pronti ad accogliervi, parlerete di tutto con loro... oppure possiamo
darci appuntamento al Ministero, ma solo al mio ritorno dal viaggio di
nozze. Avanti, Sile, andiamo... forse possiamo ancora salvare la
serata... ”
“Non sono assurde, signor
Sherton... ”
“Prego?”
Fino a quel momento Potter era rimasto in silenzio, non aveva mostrato
alcun interesse per quel nostro futile battibeccare, aveva solo fissato
imperterrito il mio volto per tutto il tempo: io all'inizio mi ero
sentito inquieto e a disagio, poi, poco per volta, visto che quell'uomo
non appariva aggressivo, avevo stoltamente smesso di prenderlo in
considerazione.
“Le accuse che vi sono mosse,
signor Sherton, non sono assurde, sono anzi serie, molto serie: in
particolare dovrete rispondere davanti al Wizengamot alla testimonianza
di un Auror che vi ha visto, la sera del 18 dicembre 1971, uccidere e
gettare dai muraglioni di Langdon Street, qui a Londra, il nostro
collega, l'Auror Alfred Podmore! Per vostra informazione, chi vi ha
visto sono io, Sherton: ho depositato poco fa la mia denuncia, dopo
aver controllato tutto. Quella sera non c'erano partite, so a che ora
avete lasciato la vostra festa di addio al celibato presso i Warrington
e so che non esistono testimoni che possano fornirvi un alibi. Il
vostro posto, Sherton, non è a Maillag o in viaggio di
nozze, il vostro posto è ad Azkaban, perché voi
siete un efferato assassino!”
“Vi sbagliate! Esiste un
testimone che può dire con esattezza dove fosse e cosa
facesse mio marito, la notte del 18 dicembre... Quel testimone sono io:
Mirzam è venuto da me, a Doire, dopo la sua festa, dovevamo
accordarci sugli ultimi dettagli della nostra cerimonia di nozze e...
beh... siamo rimasti insieme, per tutta la notte. Non ha avuto
né tempo, né testa per uccidere qualcuno...
”
Sile lo disse stringendo forte la mia mano e fissando il mio volto,
l'espressione serena e innamorata, velata anche di una sorprendente,
spudorata malizia: io ero confuso, avrei trovato un modo, anche se non
sapevo ancora quale, per togliermi da quell'impiccio, ma non prevedevo
certo di coinvolgerla in quella brutta storia! Una storia che
stava saltando fuori prima che avessi trovato il tempo e il coraggio di
parlargliene, benché, per farla tornare da me, le avessi
giurato e spergiurato per settimane che ero cambiato e che
non le avrei più mentito un solo giorno della mia vita.
“Faccia attenzione, signora,
quando le testimonianze sono così attendibili, il Wizengamot
permette di utilizzare sistemi più severi e dolorosi del
Veritaserum per smascherare gli spergiuri e sappiate che le pene sono
molto dure, per chi testimonia il falso! Soprattutto quando si mente
per salvare un assassino di Aurors, che ha anche attentato alla vita
del Ministro, e si è reso responsabile di un numero
considerevole di omicidi e di altri reati contro persone e
proprietà, e... ”
“Nient'altro? Di questo passo
arriverete ad accusare mio marito di essere Voi-sapete-chi! Voi siete
un folle, Crouch, ma io non mi farò spaventare né
ingannare da voi!”
“Andate all'ultimo paragrafo
della pergamena, signora, poi ditemi chi è che vi sta
mentendo... leggete bene di cosa si è macchiato vostro
marito, chi ha provato a uccidere e quando... leggete come quest'uomo
ha sfruttato persino il giorno del vostro matrimonio per uccidere...
poi ditemi se avete ancora lo stomaco di difenderlo!”
“Salazar, Crouch, il giorno
del mio matrimonio? Non fatemi ridere! Eravate lì, tutti e
due, mi avete continuamente avuto sotto gli occhi, voi come centinaia
di altri testimoni, come e quando avrei avuto il tempo di uccidere
qualcuno?! E soprattutto... chi?”
“Alshain, Meissa e Rigel
Sherton... ”
Scoppiai a ridere: anche volendo essere seri e rispettosi, era ormai
talmente evidente la pazzia di quell'uomo che non riuscii a
trattenermi, persino la naturale tensione seguita alle accuse dirette
di Potter contro di me, a quel punto, si dissolse, perché se
arrivavano ad accusarmi di aver fatto del male, io, alla mia famiglia,
perdeva di attendibilità qualsiasi altra accusa contro di
me. Guardai Sile, mi aspettavo di vederla sorpresa come me,
magari divertita da tanta follia, invece notai che i suoi occhi si
stavano riempiendo di paura e orrore, di lacrime trattenute a stento, e
che il pulsare del suo sangue, nella mano stretta alla mia, si faceva
via via più rapido e aritmico. Fu rapido, immediato: la mia
mente fu di nuovo preda del terrore provato a Essex Street.
Che cos'è successo alla mia famiglia?
“Che cosa diavolo vi state
inventando, Crouch?”
“Come fingete bene, Sherton!
Ormai, però, tutti sanno che il vostro piano contro il
Ministro Longbottom si rivoltato contro di voi e che a farne le spese
sono stati i vostri familiari!”
“Non so di cosa state
parlando! Che cosa è successo alla mia famiglia? Voglio una
risposta, Crouch! Adesso! ”
Non ci fu tempo, però, per nessuna risposta. Nel
locale, ammutolito da quella che per me era un'assurda accusa, di colpo
calò il buio, dopodiché, improvvisi, esplosero
dai punti più nascosti della stanza, da tre diverse
direzioni, i lampi rossi degli Schiantesimi, lanciati contro i due
Aurors da almeno tre sconosciuti. In pochi secondi fu il caos,
soprattutto quando, nella luce spezzata degli incantesimi, tutti
scorgemmo dei volti celati da maschere d'argento, sotto i cappucci e i
mantelli neri degli aggressori: eravamo nel mezzo di un attacco dei
Mangiamorte. Ovunque si levarono urla di terrore, i clienti
del locale provarono a scappare, chi verso la porta che dava sulla
Londra babbana, chi dalle finestre o dai tetti, chi dai camini, quasi
tutti i varchi, però, erano stati chiusi, non sapevo se dai
Mangiamorte o dalle fatture di Crouch, apposte contro di me per
impedirmi la fuga, insieme alla famigerata barriera
anti-smaterializzazione, usata spesso dagli Aurors contro i
ricercati. L'impossibilità di fuggire
contribuì ad accrescere il panico, ovunque risuonava il
rumore degli arredi distrutti dalla calca e dai colpi degli
incantesimi, mischiato al pianto e alle invocazioni. Fulminea,
Sile recuperò almeno la sua bacchetta, rimasta sul tavolo,
poi mi afferrò per un braccio, invitandomi a seguirla, nella
confusione e nel buio: al contrario dei più, che cercavano
la via di fuga più rapida e immediata nella Londra babbana,
ci dirigemmo, con difficoltà, verso il retrobottega, alla
ricerca del varco che dava su Diagon Alley, snobbato da tutti
perché più lontano. All'improvviso,
però, sentii un bruciore intenso a una gamba, mi voltai,
vidi che Crouch, del tutto disinteressato alle sorti degli altri
avventori, ci aveva lanciato addosso una Fattura Tracciante, per non
perderci di vista in mezzo al buio e alla confusione, e ora si
concentrava per colpirci con altre fatture particolarmente dolorose;
chiesi la bacchetta a Sile, essendo più abile di lei nei
duelli, e schivando alla meglio i colpi dell'Auror le protessi, per
quanto possibile, le spalle. Potter, al contrario, era rimasto
indietro, intento a difendere i clienti del Paiolo dagli aggressori
che, stranamente, più che a ferire, sembravano impegnati a
generare il caos alle nostre spalle: per un secondo, mi chiesi se non
fossero lì per aiutarmi a fuggire, poi ripresi a correre,
deviando le fatture di Crouch contro le pareti attorno a me. Nel
cataclisma degli arredi distrutti e rovesciati e delle persone prese
dal panico, nel buio rotto dai lampi improvvisi e molteplici del
duello, riuscimmo infine a raggiungere il retrobottega, quello che
consideravamo la nostra sola salvezza: Sile ed io, in
realtà, potevamo ancora usare la smaterializzazione del Nord
ma, per esperienza, sapevo quanti problemi avremmo creato alla
Confraternita in quella maniera, anzi temevo che coinvolgere gli altri
fosse proprio lo scopo finale di Crouch, era perciò molto
meglio raggiungere Diagon Alley, evocare da lì Kreya e
fuggire all'istante con lei in un luogo qualsiasi, quello
più impensabile. Come un idiota, non presi nemmeno in
considerazione l'idea che i Mangiamorte volessero catturarci, che non
fossero lì solo per generare caos o per combattere contro
gli Aurors, né mi passò per la testa che Crouch
potesse aver lasciato degli Aurors oltre il varco, pronti a catturarmi
se avessi tentato la fuga in quella direzione. Per questo fui colto di
sorpresa, quando un'improvvisa luce rossa accecante ci colpì
da sinistra, appena la porta del locale si chiuse alle nostre spalle e
ci ritrovammo di fronte al muro, pronti ad aprire con la Magia il varco
per Diagon Alley. Con la coda dell'occhio, vidi Sile, al mio
fianco, cadere schiantata a terra. Subito dopo, senza nemmeno
il tempo di voltarmi a soccorrerla, persi i sensi anch'io.
***
Deidra Sherton
Ospedale McCormacc, Inverness, Highlands - sab. 25
dicembre 1971
Vagavo per il corridoio, in attesa, agitata. Ritornavo in silenzio da
Rigel, controllavo il suo respiro, sentivo il calore della sua fronte,
la febbre finalmente sembrava sparita; rientravo nella stanza di
Meissa, rimboccavo le sue coperte, accarezzavo i suoi capelli,
ringraziando gli dei perché, nonostante tutto, riusciva a
riposare serena: secondo i Medimaghi, col riposo, la sua memoria si
sarebbe presto stabilizzata e la vigliacca aggressione che aveva
subito, non avrebbe lasciato conseguenze. La situazione stava
lentamente migliorando, eppure non era stata una serata
facile. Quando avevano saputo dell'improvvisa sparizione del
padre con Fear, i ragazzi si erano spaventati molto, soprattutto
Meissa, ed io ero riuscita a convincerli che non c'era nulla di cui
preoccuparsi con molta difficoltà: se, alla fine, avevano
ceduto e avevano seguito il mio ordine di andare a riposarsi, lo
sapevo, era stato soltanto a causa della loro estrema
debolezza. Mi fermai a guardare la notte dalla finestra, fuori
la neve scendeva placida su Inverness, ormai addormentata: pensavo a
Mirzam e mi chiedevo che cosa stesse accadendo, perché
nonostante i nostri appelli non si fosse ancora presentato, non
capivo. Solo di una cosa ero certa, che Alshain avesse torto a
dubitare di lui, le sue accuse erano infondate e immotivate, Mirzam
amava profondamente la sua famiglia, doveva esserci un motivo diverso
se non ci aveva raggiunto. Pregavo solo che non fosse in
pericolo anche lui. Forse aveva commesso una semplice
leggerezza, dettata dalla felicità che stava vivendo: quando
erano andati via, mio figlio e Sile non avevano certo motivi di
preoccuparsi per noi, era perciò normale curarsi poco dei
nostri messaggi, forse non li avevano nemmeno letti, forse credevano
fossero solo inviti a cenare o pranzare insieme. Se fosse
stato così... Sì, in fondo, dopo tutto
quello che avevano patito per ritrovarsi, per quanto avessi bisogno di
Mirzam, riuscivo a comprenderli, a comprendere la loro
necessità di stare finalmente insieme, da soli, di pensare
prima a se stessi, alla propria felicità. Doveva
essere andata così... Sì, sentivo che
era così...
Il mio pensiero correva, però, soprattutto a Wezen e Adhara:
li avevo affidati a mia sorella, sapevo che erano al sicuro, al riparo,
difesi dalla Magia delle Terre del Nord e che, razionalmente, erano gli
unici tra i miei figli per cui non dovessi provare alcuna
preoccupazione, eppure sentivo in me, profonda, la loro mancanza, il
desiderio di stringerli a me, di cullarli, di ammirare il loro sguardo
pieno d’innocenza, sentire la loro voce e il loro
calore. Ogni ora passata lontano, mi sentivo sempre
più divisa, in colpa e disperata, mi chiedevo se si
svegliassero in piena notte e se piangessero, non trovando
né me, né Alshain accanto a loro: non mi era mai
capitato di dovermi separare dai miei figli quando erano
così piccoli, già stavo male, per giorni, quando
li vedevo partire per Hogwarts, e ora, così...
così credevo di impazzire.
Ripresi a camminare nel corridoio, in quel ciclo perpetuo fatto di
silenzi, pensieri, preoccupazione, in attesa che Murchadh Mackendrick
finisse di visitare Alshain e mi parlasse delle sue condizioni: mi
sentivo persa, preda di dubbi e paure, di pensieri confusi su quello
che potevo o non potevo fare, su quello che avrei dovuto dire, sulle
decisioni più giuste da prendere. Lo sentivo, era
giunto il momento delle scelte. Strinsi le mani a pugno e mi fermai,
sulla soglia della camera di Alshain, senza riuscire a cogliere le
parole sussurrate che filtravano appena di là della
porta. La prima decisione, che dovevamo prendere, riguardava
il malefico vecchio: mi sarei imposta, non volevo più
vederlo davanti a me un solo altro giorno della mia vita! Lo
sapevo che non dovevo fidarmi di Fear, che dovevo impedire in ogni modo
che si avvicinasse a mio marito, invece... Quel dannato vecchio era un
Mago Oscuro, lo sapevo, sapevo di cosa fosse capace, Alshain non aveva
avuto esitazioni, si era confidato con me, fin dall'inizio, mi aveva
detto tutto di Fear, di quello che gli aveva insegnato, di quello che
aveva fatto per anni, in nome di quegli insegnamenti. Me
l'aveva detto prima ancora di sposarmi, perché voleva che
sapessi tutto di lui, che lo conoscessi davvero, voleva che conoscessi
anche il male che teneva nascosto in fondo alla sua anima, prima di
accettare di vivere per sempre al suo fianco. Ed io,
nonostante tutto quello che avevo scoperto, non avevo avuto esitazioni
perché io l’amavo e per questo Alshain mi aveva
aperto il suo cuore, fiducioso, così da poter sentire quanto
fortemente desiderasse diventare un uomo diverso, quanto disperatamente
volesse cambiare. Cambiare attraverso l'amore. Il
nostro amore.
Avevo sempre avuto paura di Fear, avevo tremato quando Alshain aveva
deciso di riammetterlo a Herrengton, ma avevo capito che i rischi che
Mirzam stava correndo erano altrettanto orribili, per questo avevo
accettato, avevo messo a tacere le mie perplessità, avevo
preteso soltanto di preservare dall'influenza del vecchio almeno gli
altri nostri figli. Ed ora... Nonostante sapessi di
cosa Fear fosse capace, di quali nefandezze si fosse macchiato nel
corso della sua vita, di quanto dolore avesse arrecato, non avevo fatto
nulla perché la sorveglianza gli impedisse di avvicinarsi ad
Alshain. Ero stata una stupida... sì, una
stupida... O forse... forse ero talmente disperata, che gli
avevo lasciato la possibilità di avvicinarsi, illudendomi
che sapesse qualcosa più degli altri, che conoscesse un
metodo per risolvere tutti i nostri problemi, che facesse una delle sue
maledette Magie per aiutare mio marito e i miei figli. L'unica cosa che
aveva fatto, invece, come suo solito, era stato il proprio interesse:
aveva portato via mio marito da sotto i miei occhi, all'improvviso,
benché avesse bisogno di calma e riposo, poi, altrettanto
all'improvviso, l'aveva fatto riapparire nel corridoio dell'ospedale,
privo di sensi, l'aveva lasciato su una poltrona e si era
smaterializzato all'istante, di nuovo, senza nemmeno una parola, senza
darci un'indicazione di cosa fosse successo e di cosa fare per
aiutarlo. Dove l'aveva portato? Perché,
privo di sensi e di forze, fisiche e magiche, aveva una profonda ferita
alla mano? L'aveva coinvolto in uno dei suoi sinistri rituali,
ne ero certa: con un brivido, mi chiesi quali altri loschi piani stesse
architettando, se ci fosse un modo per fermarlo. Dovevo fare
qualcosa, sì, dovevo smettere di avere paura di quel dannato
vecchio.
“Deidra... ”
Mi voltai verso la voce di Murchadh Mackendrick, che riemergeva dopo la
visita ad Alshain: era stato un nostro compagno di studi a Hogwarts,
poi si era dato alla Medimagia e, all'epoca del Quidditch, dopo un
incidente di gioco, Alshain l’aveva scelto come suo Medimago
di fiducia.
“Come sta? Che
cos'è quella ferita alla mano?”
“Nulla di preoccupante,
l'infermiere gli sta propinando un po' di pozione
“Rimpolpa-sangue”, tra pochi minuti sarà
come nuovo: ha già ripreso le forze e ha già
iniziato a dar di matto, vuole alzarsi e tornare a Herrengton. Non ho
mai visto un paziente tanto testardo, incosciente e maledettamente
arrogante, ma stavolta l'ho avvertito, se non la smette di comportarsi
come un quindicenne umorale, io non intendo più occuparmi di
lui!”
“Ci penserò io,
puoi starne certo... è... è stato di nuovo il
cuore... o Fear gli ha fatto…”
“È agitatissimo,
per non so che cosa, non me l'ha voluto dire. Non gli è
stato fatto nessun incantesimo, è stato lui a fare qualcosa,
qualcosa d’impegnativo, tanto da restare fisicamente e
mentalmente stremato. Gliel'ho ripetuto, per l’ennesima
volta: qualsiasi cosa stia facendo, deve smetterla. Negli ultimi mesi
il suo fisico si è affaticato troppo, il collasso dell'altra
sera non è stato l'effetto del veleno, altrimenti col Bezoar
si sarebbe ripreso rapidamente, lui è stanco, provato, e di
questo passo, quello che è stato un fenomeno episodico,
può trasformarsi in una malattia. Non so quali
preoccupazioni abbia, ma deve recuperare la tranquillità,
buttare quei suoi orrendi sigari e gli alcolici... Appena i ragazzi
tornano a scuola, dovresti portarlo a Doire, con i bambini: occuparsi
dei figli piccoli gli ha sempre fatto bene. L’importante
è che stacchi da qualsiasi problema abbia!”
“Sì,
allontanerò Fear... una volta eliminato questo problema...
tutto si rimetterà a posto... ”
“Fear? Ne sei sicura?
Può essere inquietante, a volte, può fare delle
sciocchezze come poco fa, ma... secondo me, potrebbe essere un aiuto in
questo momento... potrebbe essere l'unico a sapere che cosa preoccupa
tuo marito e aiutarti a trovare la soluzione ai suoi problemi...
”
Lo guardai, per la seconda volta in pochi giorni, prima Walburga Black,
poi Murchadh Mackendrick insinuavano che mio marito mi nascondesse
qualcosa e mi chiesi, di nuovo, se questo fosse possibile: finora
Alshain non mi aveva mai nascosto niente, o almeno così ero
convinta, ed ero sicura che fosse così anche questa
volta. Ciò nonostante, benché fossi
sicura di lui, quell'allusione mi mal dispose verso il nostro Medimago,
tanto che, appena vidi l'infermiere uscire, lo salutai sbrigativamente,
per andare subito da Alshain: trovai la camera illuminata dalla luce
tenue di tre candelabri posti su dei mobili ai tre angoli della stanza,
il letto vuoto e mio marito in piedi, nella sua verde veste da camera,
accanto alla finestra, lo sguardo fisso nel vuoto. Mi vide
specchiata sul vetro, dietro di lui, vicino alla porta, si
voltò verso di me, si avvicinò, mi strinse a
sé e mi baciò con la solita intensità,
per poi restare con la fronte appoggiata alla mia.
“Perdonami... ”
“Lo stai dicendo troppo
spesso, da un po' e ogni volta mi fai preoccupare sempre di
più... Che cosa sta succedendo, Alshain? Per favore...
voglio la verità... tutta... Che cosa hai fatto?
Perché hai questo taglio?”
Mi scostai, lo osservai turbata, era profondamente triste, lo sguardo
colpevole, sembrava quasi che non mi ascoltasse, sapevo che aveva paura
e sapevo che lui non aveva mai paura di niente.
“Stavolta... stavolta ho
bisogno che mi perdoni per quello che sto per fare, Dei... e non so
se... se sia giusto chiederti perdono... forse... forse non dovrei...
sì, credo che non dovrei...”
Un brivido mi percorse la schiena e mi agguantò,
stringendomi forte il cuore: non riuscii a parlare, a fare altre
domande, quando vidi quella profonda afflizione nei suoi occhi,
qualcosa che non ricordavo di avergli visto mai, una rassegnazione, un
dolore, uno smarrimento più profondo persino della
disperazione che l’aveva colto al San Mungo, anni prima, al
capezzale di Mirzam, durante quegli orrendi giorni in cui avevamo
temuto che nostro figlio non ce l'avrebbe mai fatta. Quando
avvicinò di nuovo le labbra al mio orecchio per sussurrarmi
di aiutarlo, di gettare tutto intorno a noi i Muffliato più
potenti che conoscessimo, ubbidii come un automa, in apnea. Alshain
andò a sedersi su una poltrona, vicino alla porta che
comunicava con la stanza di Rigel, distrutto, carico di un peso che, lo
vedevo, era eccessivo anche per un uomo forte come lui. Mi
sedetti al suo fianco, in attesa, prendendogli le mani tra le mie,
facendomi più vicina, fisicamente e mentalmente: io ero la
sua compagna, lui era la mia vita, avremmo affrontato tutto insieme,
anche questa volta. Era questo che gli ripetevo con il mio
sguardo, con i miei gesti, con il bacio che gli stampai sul
palmo. Alshain, però, non riuscì nemmeno
a guardarmi in faccia.
“Rigel?”
“Sta dormendo, proprio come
Meissa... ”
Ripensai alla paura di quegli ultimi giorni: mi ero illusa che il
peggio fosse alle spalle, ora mi rendevo conto che la lotta era solo
all’inizio e che nulla sarebbe stato più come
prima. Alshain si avvicinò ancora di più
a me, mi accarezzò timido il viso e mi baciò di
nuovo, con una tenerezza che ricordava i suoi primi baci, quelli
incerti, dettati non dall'inesperienza, ma dal timore che la sua
“fame” mi spaventasse. Ogni suo gesto,
ora, mostrava una tensione che si trasmetteva rapida a me, come le onde
che si rincorrono nella vastità dell'oceano: quando
iniziò a sussurrare piano al mio orecchio,
perciò, vibravo già della sua stessa angoscia,
ero già parte, insieme con lui, della catastrofe.
“È successa una
cosa grave, Dei: Mirzam è nei guai, guai seri, stavolta, il
Ministero lo accusa dei fatti di Herrengton, e questo lo immaginavo
già, ma... Ho appena saputo che... lo credono responsabile
anche dell'omicidio di un Auror. Pare ci sia un testimone molto
attendibile e per questo hanno spiccato un ordine di arresto e lo
stanno cercando.”
“È assurdo!
Impossibile! Non è stato lui! L'hanno incastrato! Non puoi
accusarlo di...”
Non riuscii a trattenermi, e subito, spaventata, non ricordando
più la presenza dei Muffliato, temetti di aver svegliato
Rigel o di aver attirato l'attenzione di qualcuno fuori della porta;
entrambi guardammo verso la stanza che si apriva dietro di noi:
benché fosse impossibile, per sicurezza mi alzai, rapida e
silenziosa, entrai nella camera, mi avvicinai a mio figlio, mi
assicurai che fosse ancora immerso in un sonno profondo, poi tornai
indietro. Feci un cenno ad Alshain, che riprese il racconto,
appena mi sedetti di nuovo accanto a lui.
“Io non lo accuso di niente,
Deidra, ti dico soltanto quello che sta accadendo: un Auror
è morto e un suo collega dice che è successo
mentre inseguivano Mirzam, può essere andata davvero
così, può essere stato un incidente,
può averlo fatto sotto Imperius, oppure qualcuno ha assunto
il suo aspetto per incastrarlo... o addirittura gli Aurors stanno
mentendo. Io non lo so. Quello che ora conta è che Mirzam
non sa di essere ricercato, non ha idea nemmeno di quanto è
successo a noi, probabilmente è a casa, al sicuro, ma forse
è da qualche parte con Sile. Ed è questo che mi
preoccupa: se un Auror lo trovasse in giro, vista la natura
dell'accusa, potrebbe usare le maniere forti per fermarlo e lui farebbe
di tutto per difendere Sile. E sarebbe un disastro. Per questo ho
chiesto a Fear di trovarli e portarli in un posto sicuro.”
“Mio figlio... nostro
figlio... non potrebbe mai aver fatto una cosa del genere, e tu lo
sai!”
“Quello che crediamo noi non
conta, Deidra, l'unica cosa che possiamo fare ora è trovarlo
e nasconderlo, anche perché… il Ministero
è solo uno dei suoi problemi… ”
“Che cosa vorresti
dire?”
“Nostro figlio ha scelto, Dei,
e ha preso la strada più rischiosa per se stesso. Dovrei
dirti tante cose, cose che ho saputo anch’io solo poco fa, ma
non qui, non adesso, non ho tempo ed è molto pericoloso, per
te, per i ragazzi, per Mirzam conoscere quelle verità... Per
aiutarlo dovremo fare cose che non ci piaceranno, e soffriremo molto,
è di questo che ti chiedo perdono fin da ora...”
“Alshain... che
cosa...”
“Ti supplico, fidati di me,
Deidra, dell'amore che provo per te e per i nostri figli: hai visto che
cosa è appena successo a Herrengton, è contro
questo che dovremo lottare d'ora in poi, contro un nemico che non si
ferma nemmeno di fronte ai bambini innocenti... Ed io non ho tempo di
trovare una soluzione diversa, mi dispiace... non ho altra scelta... mi
dispiace… ”
“Mi stai spaventando...
”
“Lo so... Sono spaventato
anch’io, molto, ma… ora... ora ho bisogno di
vedere Mirzam, subito, senza che nessun altro lo sappia, altrimenti
andrà a monte tutto il folle piano che ho in mente... Ho
bisogno di te, che tu faccia una cosa per me... ”
Lo guardai senza capire: stava accadendo qualcosa di brutto, di cui il
mandato del Ministero non era che una piccola parte; Mirzam aveva fatto
una scelta, una scelta diversa da quella che temevamo e, dal livello di
agitazione di Alshain, era facile intuire che nostro figlio aveva
appena disatteso le aspettative di Milord, o Milord aveva scoperto che
non era mai stato completamente sincero con lui, non aveva tradito suo
padre, non si era mosso contro il suo stesso sangue. Alshain
aveva un piano, ma non intendeva rendermene partecipe: da un lato, la
mia natura schietta, il mio orgoglio, la mia necessità di
capire mi spingevano a ribellarmi e pretendere di sapere tutto,
dall'altro, dal modo in cui mi guardava, sentivo la sofferenza di
scelte nate dalla necessità, la necessità di
proteggere ciò che avevamo di più caro, i nostri
figli, la nostra famiglia. Era sempre stato difficile per me accettare
senza fare domande, mettere da parte il mio orgoglio, lasciare che le
cose mi scivolassero addosso, e Alshain lo sapeva, per questo non mi
aveva mai chiesto nulla del genere, si era sempre confidato con me, mi
aveva persino chiesto consigli. Se ora non lo stava facendo,
se ora mi supplicava di aiutarlo senza fare domande, doveva avere delle
ragioni serie: mi ero sempre fidata di lui e la mia fiducia era sempre
stata ben riposta, non avrei smesso di sostenere il mio uomo, di
credere in lui e nelle sue motivazioni, proprio adesso. Sarei
stata al suo fianco anche questa volta, ovunque ci avrebbe condotto il
destino.
“Non si tratta di un'altra
folle idea di quel dannato vecchio, vero? Ti prego, dimmi che
è un'idea tua... posso accettare tutto da te... ma non da
quell'uomo, non più!”
Alshain sorrise, un sorriso triste, ma anche carico di affetto e
gratitudine: il senso di colpa lo ghermiva, i dubbi e la sofferenza lo
assalivano, la situazione era grave e forse, davvero, stavolta ai suoi
occhi non meritava il mio sostegno; io invece, ancora una volta, gli
davo tutta me stessa, tutta la mia fiducia, incondizionatamente,
consapevole che non sarebbe mai riuscito a farmi del male.
“Fear farà solo
quello che gli ho chiesto: mi aiuterà a mettere in salvo
Mirzam e Sile, ma la piena responsabilità di quello che sta
accadendo è mia, solo mia, Deidra… Devo uscire da
qui e raggiungerli, ora... e devo evitare che qualcuno lo scopra...
tutti qui all'ospedale dovranno pensare che io stia riposando nel mio
letto, e che tu sei da qualche parte con Murchadh Mackendrick a parlare
delle mie condizioni... ho già affatturato lui e
l'infermiere a dovere... ”
“Perché?”
“Fear dovrà
sicuramente sottrarre Mirzam agli Aurors e per farlo, potrebbe essere
costretto a uno scontro... Fear è già
compromesso, lo sai, io invece non posso farmi coinvolgere, devo
parlare con Mirzam ma non correrò il rischio di lasciarti da
sola con i bambini... alla mercè di Milord...”
“E come pensi di farlo?
Dovresti alterare la memoria a tutti o procurarti della pozione
Polisucco, e a quest'ora persino Sinister è chiuso e ...
”
“La trovi nella mia tasca
“portatutto”... ”
“Che cosa? Perché?
Mi stai dicendo che ti porti dietro, di nuovo, della pozione Polisucco?
A che cosa diavolo dovrebbe servirti?"
Lo fissai preoccupata, spaventata all’idea che ci fosse di
nuovo qualcosa di torbido nella sua vita, che avesse ripreso, senza che
me ne rendessi conto, la strada che aveva abbandonato da ragazzo.
“No, non vado più
in giro con la Polisucco, Deidra non ti preoccupare… Me l'ha
fornita Fear poco fa, una quantità sufficiente per tutti e
due: mentre io mi allontano da questa stanza, con le tue sembianze, tu
fingerai di essere me e ti metterai a letto, così se i
Ministeriali dovessero venire a sincerarsi della mia presenza qui...
”
“Capisco... Sì,
d'accordo, ma... Pensi di star via a lungo? Non so se riuscirei a
reggere un... ”
“Tornerò
subito… e non farò nulla di pericoloso, o
faticoso, te lo prometto... Voglio solo parlare con Mirzam, spiegargli
dove e come voglio che si nasconda… e dirgli quanto sono
fiero di lui, della scelta che ha fatto... che gli voglio bene, che so
quanto ha rischiato per i suoi fratelli e... ”
“Alshain... ”
Gli misi una mano sulle labbra, quella morsa gelida che già
mi stringeva il cuore da un po’, sembrò
all’improvviso ridurmi in pezzi: per capire mi era bastato
guardare quegli occhi di mercurio, sempre ridenti, che di colpo si
riempivano di lacrime, e quella voce, sempre calda, perdersi in un
sussurro addolorato e commosso.
“Ti prego... Dimmi che non
è quello che sto pensando... ”
Non ottenni risposta, solo uno sconfinato silenzio.
“Non stai cercando di
raggiungerlo per dirgli addio, vero? O è questo che vuoi
fare? Mi stai dicendo che non lo vedrò più,
è così? Che non lo vedremo più? Che
non vedrò più il mio Mirzam?”
Anche la mia voce finì in un gemito soffocato. Non
ci fu risposta, se non un sospiro, seguito da un lungo silenzio: gli
occhi di Alshain si persero a terra, preda della colpa e del mio stesso
dolore. Avrei voluto urlare, piangere e supplicare, invece
rimasi lì, impietrita e muta, non potevo crederci... no, non
potevo… Non avrei più visto mio figlio?
Mai più? No, non era possibile... non era...
“Perché?”
Lo guardai di nuovo, di colpo squassata da una rabbia feroce che non
avevo provato mai, la sentivo crescermi dentro, come un dolore sordo
che mi divorava pezzo per pezzo, mentre Alshain restava immobile, in
silenzio, il capo chino.
“Dimmi perché! Devi
dirmi il perché! Devi dirmelo! Non puoi pensare che questa
sia l'unica soluzione possibile! Come puoi pensarlo? Come?”
Di nuovo nessuna risposta, allora lo afferrai per un braccio, lo
costrinsi a sollevare il viso, a guardarmi, doveva rispondermi, dirmi
la verità, fissandomi negli occhi: nella luce tenue e
rossastra dei candelabri, però, riuscii solo a vedere il suo
sguardo velato di lacrime, lo sguardo di un uomo vinto, senza scelta,
rassegnato al destino, sordo ormai a tutte le mie lacrime e alle mie
suppliche. Non riuscii più a dire o a pensare a niente.
“Per salvare nostro figlio dal
Signore Oscuro… Perché se ha scelto la strada
più rischiosa è a causa dei miei errori...
Perché ha dovuto sacrificarsi per salvare Meissa...
Perché io non sono stato capace di proteggerla, anzi, l'ho
esposta... Io... E ora… l'unica cosa che posso fare, ora...
l'unico rimedio che sono stato capace di trovare... Per salvargli la
vita sono pronto a pagare qualsiasi prezzo, Deidra, lo sai…
Anche a rinunciare a lui, anche a far soffrire te… persino a
perdere te… So che ti avevo promesso che non ti avrei mai
fatto versare una lacrima… e invece... Eccomi qui... Ho
fallito, anche con te... Devo chiederti il sacrificio più
grande, devo infliggere a te, a ciò che ho di più
caro al mondo, il dolore più atroce, per rimediare ai miei
sbagli… Ti ho chiesto perdono, Deidra, ma so bene che non ho
il diritto di chiederti niente... so che ti ho deluso e ti ho
ferito… Perciò… se non volessi
perdonarmi, se non volessi più vedermi…
io… lo capirei… io…”
Ci guardammo per pochi rapidi secondi, poi il pudore mi fece
distogliere lo sguardo, non dissi nulla, non avevo più
parole, non respiravo più, gli occhi persi nel vuoto: mi
sentivo in mezzo alla tempesta e non avevo idea di dove fosse
l’approdo, non capivo nemmeno che cosa
provassi. Com'era possibile che fossimo arrivati a
questo? Dov'era la vita che avevo conosciuto per
vent'anni? Come avevo fatto a essere così cieca per
tutto questo tempo? Un senso di gelo mi pervadeva, una parte di me
voleva battersi per impedire che tutto accadesse, per trovare
un’altra strada, perché doveva essercene almeno
un’altra… Quella parte di me era convinta
che Alshain non si stesse impegnando abbastanza, che cercasse solo di
allontanare Mirzam, perché non si fidava di lui, che mi
mentisse, mi riempisse di altisonanti parole per non ammetterlo: si
fingeva un agnello, per qualcuno dei suoi oscuri
scopi. L’altra me stessa, però, la vera
me stessa, sapeva che era tutto vero, che non c'erano menzogne o strani
complotti, e mi spingeva a stringermi all’uomo con cui avevo
creato tutto, a dirgli che non c’era niente da perdonare, che
lui ed io, fin dall'inizio, avevamo messo in conto tutto, anche questo,
di soffrire per il bene della nostra famiglia, per ognuno dei nostri
figli... Perché eravamo una vita sola e, solamente
insieme, anche stavolta, come tutte le altre volte, avremmo trovato il
modo di farcela: per Mirzam, per gli altri nostri figli, per noi.
Per questo non dissi nulla. Annodai le mie dita tra i suoi
capelli e ne staccai uno, poi feci altrettanto con uno dei miei e
glieli diedi: Alshain mi guardò, vedevo riconoscenza e
stupore, non immaginava che avrei ceduto con tanta facilità,
per questo provò subito a baciarmi, ma io, a sorpresa,
istintivamente, mi sottrassi. Scivolai con le dita sul
fermaglio che chiudeva il mio ciondolo, quello che portavo al collo da
quando ero una ragazzina, un vecchio talismano celtico di mia nonna,
che simboleggiava la Levata di Sirio: me lo sfilai e glielo misi nel
palmo, poi chiusi la sua mano con la mia.
“Se questa è
l'unica strada che abbiamo per salvarlo, fai quello che devi, senza
indugi, ma voglio che sappia che, ovunque ci porterà il
destino, io sono sua madre e sarò sempre al suo
fianco!”
Lo fissai a lungo: ricordai lo sguardo pieno d'amore e
felicità che c'eravamo scambiati alla nascita di Mirzam,
quando la levatrice me l’aveva messo tra le braccia, ricordai
che anche allora avevo scorto con sorpresa le lacrime che gli rigavano
il viso. Quella notte, invece, le sue lacrime avevano un sapore e un
significato ben diverso. Lacrime di disperazione avevano preso
il posto alle lacrime di felicità e speranza.
“Farò di tutto per
riportartelo a casa… te lo prometto… ”
“No, Alshain... non farmi
promesse... non farmene più… Ormai non voglio
più niente, mi basta che tutto questo dolore abbia un
senso…”
Lasciai che Alshain mi baciasse e mi stringesse a sé, ma non
riuscii a rispondere né al bacio né alla sua
stretta, in tanti anni, per la prima volta, non riuscii a sentire
niente, neppure il suo calore. Un dolore atroce e sconosciuto
spegneva i miei sensi nei confronti di tutto ciò che avevo
intorno, al punto che non mi accorsi del pianto silenzioso di uno dei
miei figli, nascosto a spiarci nel buio: non ci accorgemmo, nessuno dei
due, che la Verità non era custodita più solo nei
nostri cuori. Alshain si staccò da me, dopo un tempo che
poteva essere un istante o tutta la nostra vita, io rimasi immobile al
mio posto, lo vidi andare verso l'armadio, dove l'infermiere aveva
appoggiato le sue vesti umide di salsedine, quando Fear l'aveva
riportato indietro; lo sentii trafficare un po' con la sua sacca
porta-tutto, fino a riemergere con due piccole fialette, piene della
famigerata pozione. Lo fissai, mentre versava nel composto i
due capelli, mentre si avvicinava per poi sedersi al mio fianco e
infine porgermi la mia parte di pozione.
“Stavo pensando... se vuoi,
potresti andare tu al mio posto, Deidra, così potresti
abbracciarlo e parlargli... Ti darò tutte le indicazioni che
gli serviranno, e ti proteggerò con l'Incanto Fidelius...
”
Chinai il capo: desideravo rivederlo con tutte le mie forze, sarei
stata capace persino di prendere con me i ragazzi, raggiungere Mirzam e
fuggire con lui, ma sapevo che era una follia dettata dal bisogno
disperato di non perderli, nessuno di loro... No, non potevo andare al
suo posto, non sarei riuscita a farlo, non sarei riuscita a lasciarlo
andare, a dirgli addio, perciò, preda di nuovo della
commozione, mi limitai a negare con la testa, poi, vergognandomi delle
mie lacrime e della mia voce traditrice, guardai fuori. La
notte era ancora oscura ed io mi chiesi se sarebbe mai più
tornato il sole a illuminare i nostri giorni. L'unica cosa importante
era che Mirzam si mettesse in salvo, rivederlo invece mi avrebbe solo
fatto più male e ne avrebbe fatto, di certo, anche a lui,
perché non sarei riuscita a mentirgli ed ero sicura che,
proprio come me, nemmeno mio figlio fosse pronto a tutto
questo. Inoltre... Se davvero era finita, se davvero
non avremmo mai avuto una seconda possibilità, mio figlio
aveva bisogno di sapere quanto suo padre l'amasse, dovevano chiarirsi
per poi poter chiudere quella parte della loro vita, quella che aveva
quasi rovinato entrambi: solo così, guardandosi finalmente
negli occhi e dicendosi tutto, sarebbero stati entrambi liberi, per
sempre.
“No, devi andare tu, devi
dirgli cosa fare e soprattutto devi fargli capire che siamo fieri di
lui... è questo ciò che mi devi, Alshain, solo
questo, lo devi a lui, se, come dici, sei responsabile di quanto sta
accadendo... Nostro figlio merita le tue scuse e la tua gratitudine...
”
Alshain annuì: dal suo sguardo carico di riconoscenza, capii
che sperava che lo lasciassi andare, perché sentiva forte,
dentro di sé, il bisogno di quel confronto. Non
era, però destino che almeno quel nostro desiderio si
avverasse. Stavamo per bere i nostri filtri quando,
all'improvviso, sentimmo bussare con estrema violenza
all’uscio: Alshain fece appena in tempo a far
“evanescere” la pozione e a frapporsi tra me e la
porta, che sette uomini incappucciati fecero irruzione nella stanza.
“Questo è un
ospedale, che cosa diavolo significa tutto questo? Chi credete di
essere ?”
Murchadh Mackendrick, altri tre Medimaghi e alcuni uomini della
sorveglianza arrivarono di corsa a controllare la situazione, mentre
Alshain fronteggiava cinque dei nostri sgraditi ospiti che, appena
entrati, si erano disposti attorno a noi, le bacchette sfoderate,
mentre gli altri due iniziavano a rovistare tra le nostre cose: quando
vidi che uno di loro entrava nella stanza di Rigel feci un passo per
impedirglielo e uno dei cinque mi puntò la bacchetta alla
tempia.
“Prego, signora, restate dove
siete… Il mio nome è Moody, Alastor Moody, questi
sono i miei uomini e questo è il mandato di perquisizione
firmato dal Ministro Longbottom in persona... E ora, se non vi
dispiace, le domande le faccio io... dove si nasconde vostro figlio,
Sherton?”
***
Mirzam Sherton
località sconosciuta, Shetland - sab.
25 dicembre 1971
Poco per volta mi ripresi: ero stordito, confuso, dolorante, non capivo
dove fossi. Una lama di luce mi colpiva in faccia, risvegliandomi, e
subito, rapidi, dal caos della mia memoria, iniziarono a riemergere
come flash i ricordi delle ultime ore, andando ad alimentare, feroce,
la paura che improvvisa era già riesplosa in me.
“Sile! Dove sei?
Sile!”
Provai a rialzarmi, non ci riuscii: ero steso a terra, su una specie di
pagliericcio, libero ma completamente indolenzito, forse per il freddo,
forse per lo Schiantesimo. Mi guardai intorno, quel luogo non sembrava
una casa, né una prigione, piuttosto un rifugio naturale,
una grotta, ma non trovavo intorno a me nessun dettaglio capace di
orientarmi su dove fossi: c’era qualcosa di strano, un odore
e un rumore strani, una luce strana, soprattutto percepivo molta Magia,
Magia antica e potente, talmente soffocante che mi chiesi se fosse
tutto reale, o piuttosto una visione alterata da qualche incantesimo o
pozione. Alla fine, al terzo tentativo, riuscii a rialzarmi e vidi da
vicino la luce che mi aveva svegliato, una specie di fiammella che
nuotava al centro di una palla evanescente, sospesa e fluttuante
nell’aria, in un lento e ciclico movimento per tutta la
stanza. Mi avvicinai alle pareti, le toccai: come immaginavo, non erano
muri costruiti dall’uomo, ma nuda roccia di una vera grotta.
“Mirzam! Ti sei ripreso
finalmente!”
Sile mi raggiunse, di corsa, dall'oscurità fitta che si
celava oltre una fenditura alla mia
destra. L’abbracciai, mi sincerai che stesse bene,
che fosse tutta intera, ci baciammo; appena fummo entrambi sicuri delle
nostre reciproche condizioni, riversammo infinite domande
l’uno sull’altra.
“Sicura di star bene?
È da tanto che ti sei ripresa? Ti ricordi chi ci ha portati
qui?”
“Sto bene, mi sono ripresa
poco fa, accanto a te: ho visto che neanche tu eri ferito e ho iniziato
a guardarmi intorno, in attesa che ti risvegliassi; ho controllato
tutta la parete davanti a noi e ho scoperto che non ci sono altri
varchi, oltre a questo. Credo ci sia una specie di galleria, qui
dietro, che porta da qualche parte, ma non so dove, sono ritornata qui
appena ho sentito la tua voce. Non so dove siamo, e tu?”
“No, ma credo di sapere dove
“non siamo”: questa non è Little
Hangleton, il covo del Lord, e non siamo nemmeno ospiti di Rodolphus o
di mio zio Malfoy… Anche perché, visto che siamo
liberi di muoverci e ho ancora la tua bacchetta, non credo siamo in
mano ai Mangiamorte... Forse non siamo nemmeno nelle Terre, non riesco
a sentire il respiro di Habarcat… e tu? Lo senti?”
Sile negò con il capo e il suo viso non accennò a
riprendere colore o a rasserenarsi per quelle mie deduzioni, il suo
sguardo anzi s’incupì ancora di più.
“E se fossimo prigionieri
della spia?”
“Quale spia?”
“Non credi più che
ci sia un traditore nella Confraternita? Da quando hai accusato mio
padre di essere un infiltrato del Signore Oscuro, lui ha preso molto
seriamente le tue parole… in realtà lui ti ha
sempre preso molto seriamente, Mirzam… Non me ne ha mai
parlato apertamente per non spaventarmi, ma so che ha iniziato a porsi
domande e a farle in giro, a notare stranezze, coincidenze…
Una sera, un paio di mesi fa, l’ho sentito dire a Liam che
è sicuro della presenza di un traditore nella
Confraternita… Credo ne abbia parlato anche con tuo padre e
con Fear…”
“Evidentemente, ne ha parlato
con tutti, ma non con me… forse crede che la spia sia
io!”
“Mirzam!”
“Dico davvero, Sile, non me ne
meraviglierei… A meno che non sia arrivato a qualche altra
conclusione più realistica… è forse
così?”
“Non sa chi sia, ma si tratta
di qualcuno che sa mascherarsi molto bene, molto furbo!”
“Allora hai ragione, non
sospetta di me!”
“Mirzam…”
“Va bene, la
smetto… Se non fosse stato abile a mentire, o non gli fosse
in qualche altro modo utile, Milord non l’avrebbe mai preso
tra i suoi, questo è chiaro… ma ora…
Hai già provato a smaterializzarti o a usare
l’anello per chiamare gli altri? Potremmo fuggire a
Herrengton e…”
“No, non riesco a
smaterializzarmi, non so perché… ma non credo sia
una buona idea usare gli anelli per chiedere aiuto, Mirzam... Nel
momento in cui dovessimo farlo, tutti saprebbero dove ci troviamo,
compresi la spia e Milord… quanto a Herrengton, non credo
sia accessibile... ”
Annuii, aveva ragione sugli anelli, dovevamo però capire
dove fossimo e soprattutto con chi, poi cercare un modo per scappare e
un luogo per nasconderci.
“Potresti dirmi che cosa hai
letto nella pergamena del Ministero? Che cosa diavolo è
successo alla mia famiglia?”
“C’era scritto che
sei accusato di aver organizzato un attentato contro il Ministro, in
cui sono rimasti coinvolti alcuni membri della tua famiglia: tuo padre,
Meissa e Rigel; non c’era scritto in che condizioni sono,
adesso... ”
Strinsi le mani a pugno, preda della rabbia e del dolore: volevo
rompere e distruggere qualcosa, volevo poter sfogare tutta la furia che
mi sentivo dentro, tutta quell’assurda situazione, la mia
stupidità, la voce di Crouch, tutto quel mistero, mi stavano
facendo impazzire, soprattutto il fatto di immaginare le cose peggiori
sui miei e non poter in alcun modo sapere quale fosse la
verità. All’improvviso, sentimmo un rumore alle
nostre spalle, mi voltai di scatto, verso il buio dietro di noi, la
bacchetta di Sile serrata in mano, non c’era nessuno: guardai
mia moglie, anche lei aveva sentito, almeno stando al suo volto,
contratto dalla tensione e dalla sorpresa. Mi avvicinai e mi
sistemai due passi davanti a lei, per essere pronto a proteggerla, nel
caso l’oscurità celasse una minaccia, ma la
situazione non cambiò per diversi minuti, quasi fosse stato
tutto solo il parto della nostra mente.
“Forse possono vederci, ma noi
non possiamo fare altrettanto… forse ci sono degli
specchi… forse… ”
In realtà, nemmeno l’ascoltavo più,
stavo seguendo un’idea improvvisa: le feci cenno di non
parlare, Sile mi guardò stupita ma non ebbe il tempo di
capire, puntai subito la bacchetta contro la palla evanescente e urlai
“Reducto”, poi, mentre tutto era di nuovo buio e
silenzio, l’afferrai per un braccio e di corsa ci gettammo
nella galleria oscura che aveva iniziato a perlustrare. A mano a mano
che correvamo, sembrava che ci avvicinassimo a una fonte di luce
naturale, ma il percorso era in leggera salita e là dentro
era incredibilmente caldo, troppo caldo, e noi troppo stanchi,
così rallentammo sempre più, fin quasi a
fermarci. Avanzando piano, affinavo l’orecchio, per sentire
eventuali voci o altri rumori, e, in quel vago grigio chiarore, anche
Sile si guardava attorno attenta, sospettosa: più andavamo
avanti, più il tuonare lontano e cupo, che avevo udito fin
dal mio risveglio, prendeva forma, trasformandosi
nell’ululato terribile e minaccioso del
mare. Infine, quando di colpo, inaspettatamente, la galleria
terminò, il chiarore esplose nella sua pienezza, nella
cenere dell’alba invernale, la voce possente del mare ci
investì con la sua forza profonda, travolgendoci con gli
schizzi gelidi e salati della sua schiuma furiosa, che si avventava
contro gli artigli di roccia disposti tutto attorno a noi. La
sorpresa e persino lo spavento per la furia impetuosa della natura, il
precario equilibrio che riuscivamo a mantenere su quel pavimento liscio
e levigato di basalto scuro, il vento gelido che ci schiaffeggiava
spingendoci contro la parete umida e salmastra, togliendoci il fiato,
tutto ci invitava a tornare indietro, nella tiepida oscurità
della grotta. Fu allora che una voce metallica, profonda,
maschile, si librò alle spalle.
“Ti sei appena svegliato,
Sherton, e già sei impegnato a compiere la cazzata del
giorno? Ahahahah…”
Mi voltai: di fronte a me c'era una figura umana completamente vestita
di nero, con una maschera d’argento a celargli il volto; la
paura, per Sile, per me, per una fine ingloriosa ormai scontata, mi
fece contorcere lo stomaco, serrai le dita attorno alla bacchetta e mi
preparai al peggio, ripetendomi che almeno dovevo cercare di proteggere
Sile con il mio corpo, fino alla morte. Il Mago,
però, a sorpresa, non estrasse la bacchetta, non mi
colpì con un incantesimo oscuro, non assunse alcun
atteggiamento aggressivo, alzò invece la mano verso il
proprio volto e, con la Magia, fece sparire la maschera, mostrandosi a
entrambi e godendosi, divertito, il nostro stupore e il nostro
turbamento. Lo guardai, a lungo, la mia mente era devastata
dalle domande e incapace di realizzare quella verità: no,
non potevo crederci, la spia non poteva essere lui! Quel giovane uomo,
poco più basso di me, appena più robusto di me,
con i capelli scuri raccolti in un principio di coda, gli occhi chiari
e ridenti, vestito con una toga tradizionale, nera, senza dettagli che
ne rivelassero l'appartenenza alla Confraternita o al mondo degli
Slytherin, né l'elevata estrazione sociale, la bacchetta
alla cintola e il sorriso gioviale stampato in faccia, negli ultimi
dieci anni era diventato per me, tra alti e bassi, quasi una presenza
fraterna.
Warrington scoppiò a ridere, poi si avvicinò
rapido, con la chiara intenzione di raggiungere Sile, che lo guardava
atterrita, senza parole ma, a pochi passi da me, cambiò
idea, si rivolse per primo a me, mi porse la mano e mi
abbracciò; io rimasi impietrito, sconvolto, una voce che mi
ripeteva nella mente “come nella Bibbia babbana, ecco il
bacio di Giuda”.
“Accidenti, dalle vostre facce
direi che sono un Mangiamorte credibile… meglio
così… se sono stato tanto bravo, nessuno
dubiterà di me… e devo essere sincero, avervi
messo tutta questa paura non mi è dispiaciuto per
niente… ahahahah!”
Jarvis si staccò da me, vedendo la nostra confusione, si
arrotolò la manica della toga sull’avambraccio
sinistro, appena vidi la sua pelle pallida deturpata da una macchia
nera, senza nemmeno osservarla bene, sentii percorrermi le viscere da
un attacco di bile, accecato di rabbia, delusione, paura, ma mi
costrinsi a non reagire. No, per il bene di Sile, non potevo
reagire.
“Ma… Questo non
è… Che cosa significa Jarvis?”
“Non hai ancora capito? Non
posso crederci! Hai davvero creduto che fossi un Mangiamorte, uno vero?
Andiamo, Sile, non deludermi così, o mi farai credere che ti
sono bastati pochi giorni da sola con lui per diventare tonta come
questo qui! Ahahah!”
Mi voltai a guardarli, non capivo più niente, le risate,
tutta la situazione. Di certo, dovevo essere più
pallido di un cencio, perché Sile si avvicinò per
sorreggermi aiutata da Warrington, che alla fine mi diede una pacca
sulle spalle che quasi mi ributtò a terra. Furioso
e stranito, gli presi il braccio senza altri indugi, lo guardai con
attenzione e solo allora mi resi conto, a metà tra il
sollievo e la più completa confusione, che
l’oscena macchia scura era in realtà solo una
patetica imitazione del marchio dei Mangiamorte: una stupida imitazione
che si cancellava strofinandoci sopra la stoffa e che mi aveva fatto
perdere almeno venti anni di vita.
“Ma dico, sei impazzito o
cosa? Ti sembrano scherzi da fare, questi? Che cosa ci fai qui,
Warrington? Dove cazzo siamo? Che diavolo significa questa
mascherata?”
“Stai calmo, Mirzam, hai
ragione, scusami, dovevo cambiarmi prima di apparire dietro di
voi… sono stato un idiota, ma… volevo vedere se
ero stato credibile… Non avete idea di quanti casini siano
successi dal giorno del vostro matrimonio… Si può
sapere perché non avete risposto ai nostri
messaggi?”
Diventai rosso porpora e abbassai lo sguardo, non prima,
però, di aver notato con fastidio che Jarvis passava un
braccio attorno alle spalle di Sile e mi guardava con un’aria
maliziosa e irridente, che contribuiva ad aumentare la mia confusione.
Avevo sempre più voglia di dare di matto, di sfogarmi su
qualcuno, e vedere quell’idiota fare il cascamorto con mia
moglie, come all’epoca della scuola, quando mezzo sbronzo
festeggiava le nostre vittorie a Quidditch, esasperava ulteriormente le
mie manie omicide. Forse a Jarvis bastò guardarmi negli
occhi per capire che ero arrivato e addirittura avevo superato il
limite di sopportazione, perché si staccò subito
da lei e, per darmi il tempo di sbollire un po’,
iniziò a muoversi tutto intorno a noi, in silenzio, evocando
dei fuochi, per conservare il calore e avere più luce,
mentre io lentamente, pur avendo capito che non c’erano
pericoli, anzi eravamo in mani amiche, mi frapponevo tra loro.
“Per farla corta, ragazzi, era
necessario che Crouch non vi portasse al Ministero.”
“E perché mai? Una
volta lì potevo difendermi, maledizione! Non sarei mai
finito ad Azkaban con quelle accuse ridicole! Perché mi hai
trasformato in un ricercato? E perché hai lasciato che Sile
restasse coinvolta? Con l’aiuto di Emerson saremmo stati
fuori in pochi minuti!”
“Come no! Non hai ancora
capito che è lui a fare il doppio gioco
all’interno della Confraternita? Ti avrebbe salvato da Crouch
solo per portarti da Milord… Quanto al Ministero, ormai
cercano solo una scusa per colpirvi… per loro siete entrambi
già coinvolti, siete entrambi ricercati! Per me, dal momento
in cui vi siete sposati, il vostro destino è unico, siete
entrambi in pericolo! E presto, sarete considerati anche due
traditori!”
“Traditori? Cosa hai fumato
Jarvis? Che significa traditori?”
“Non spetta a me darti le
spiegazioni, non conosco il piano di Fear… A me è
stato chiesto di portarti qui, perché Milord è
sulle tue tracce ed Emerson era pronto a tradirti... Fear ha chiesto a
Liam, Donovan e me di aiutarlo… tra poco ci
raggiungerà per dirti tutto… era previsto che
arrivasse anche tuo padre, ma è quasi l’alba
ormai, temo che qualcosa sia andato storto… ”
“Io non ci sto capendo
più niente! Voglio sapere come stanno i miei familiari,
Jarvis! E voglio sapere che cosa significa
“traditori”… e che cosa ne è
del padre e del fratello di Sile!”
“Donovan e Liam sono
già a casa: hanno fatto un po’ di confusione con
Fear al Paiolo per farvi fuggire, orientandovi verso il varco, dove
c’ero io ad aspettarvi. Non si è fatto male
nessuno, solo Fear ha, come dire, esagerato con un
candelabro… credo abbia ferito leggermente un
Auror… ma nulla di grave, te lo assicuro!”
“E ora? Qual è il
piano?”
“A me è stato
riferito solo il minimo indispensabile, Mirzam: so che Fear
è andato a Herrengton a prendere una cosa per te,
così potrai nasconderti… Quanto ai tuoi
familiari, tua madre non permette a nessuno di avvicinarsi, ma stando a
Fear, si stanno riprendendo tutti rapidamente… ”
Fu un attimo, all’improvviso mi gettai su di lui, con forza,
prendendolo per il bavero e schiacciandolo contro il muro, impedendogli
di muoversi e di staccare gli occhi dai miei, con Sile, a sua volta,
che cercava di calmarmi inutilmente, implorandomi di lasciarlo andare.
“Credi che mi bastino come
risposte? Ascoltami, pezzo di un idiota, so di essere in debito con te
perché mi hai salvato, ma se non vuoi che ti spacchi la
faccia, ti conviene rispondermi! Non sto scherzando! So che stai
mentendo! Che sai molto di più di quello che dici, ti
conosco!”
“Che diavolo dovrei dirti di
più, e a che cosa ti servirebbe saperlo? Sei stato accusato
di aver attentato alla vita del Ministro, un attentato compiuto dai
Mangiamorte, a Herrengton, un attentato che ha quasi ucciso tuo padre e
i tuoi fratelli, ferito i Lestrange ed eliminato vari
Aurors… Hanno catturato, per tutto questo, solo un ex Auror
in pensione, con un bel Marchio Nero stampato sul braccio, ma cercano
ancora i suoi complici… E tutti credono che uno dei complici
sia tu… la tua famiglia si sta riprendendo, tuo padre aveva
un Bezoar a disposizione, il piccolo Lestrange ha salvato tua
sorella… chi se l’è vista brutta
è stato Rigel, ma pare si stia rimettendo anche
lui…”
“Salazar
santissimo…”
Sile era sbiancata, ascoltando tutta quella sequela di orrori e
disgrazie, io ero rimasto impietrito, incapace di parlare o di pensare,
la sola idea che i miei fratelli… No, non riuscivo
a pensarci… Soprattutto non riuscivo a credere che,
come uno stolto, invece di ascoltare le suppliche dei miei familiari,
avevo chiuso la porta in faccia a Kreya e avevo pensato solo a me
stesso. Mi sentii di nuovo ribollire il sangue: mi odiavo come
non avevo mai odiato nessuno in vita mia.
“Hanno preso
l’anello di tua sorella e i suoi ricordi: io non so che cosa
significhi tutto questo e non so se ha un senso per te…
Questa storia però ha fatto impazzire tutti, Fear per primo,
e da questo ho dedotto che si tratta di qualcosa di pericoloso di cui,
se permetti, non voglio sapere niente! Ho anch’io delle
persone care, tu mi sei amico, vero… ma non voglio entrarci
più di così…”
Annuii e gli lasciai il bavero, mi staccai da lui, in parte confuso, in
parte vergognandomi per lo scatto di nervi, ma Warrington pareva non
essersela presa più di tanto, l’unica cosa che
desiderava, lo vedevo, era non dover andare oltre. Tutto iniziava ad
avere un senso: gli uomini di Milord avevano colpito e
l’avevano fatto molto prima di quanto pensassi, non solo ma,
se già mi cercavano, il mio piano era riuscito, Fear aveva
fatto un ottimo lavoro con i ricordi di mia sorella. A questo punto,
Jarvis aveva ragione, era bene cambiare discorso, quanto sapevo era
sufficiente, l’unico che poteva aiutarmi oramai era Fear, che
conosceva tutta la situazione e gli incanti adatti a difenderci, mi
chiedevo soltanto se mio padre conoscesse o sospettasse la
verità e come avrebbe reagito quando l’avesse
scoperta. E se era per questo che tutti, a breve, mi avrebbero
considerato un traditore. Visto quanto le cose erano
precipitate in poco tempo e che non avevo avuto l’occasione
di dire a Sile in quali guai mi ero cacciato volontariamente, mi
chiedevo quale sarebbe stato il mio destino, che cosa ne sarebbe stato
di noi, e soprattutto se fosse giusto coinvolgere e costringere Sile a
una vita di fughe e rinunce.
“Ora devo andare, non vorrei
essere trovato fuori casa, se i Ministeriali mi facessero visita.
Statemi bene, ragazzi… Vi lascio nelle solerti mani della
sua giovane apprendista di Fear... ”
Dal buio, emerse una ragazzina, poco più giovane di noi, dai
capelli scuri tagliati corti e gli occhi chiari, gli abiti da maschio,
anzi, aveva addosso addirittura la tenuta che noi giovani del Nord
usavamo nelle lunghe battute di caccia e le esercitazioni nelle
foreste. Aveva qualcosa di familiare, eppure ero certo di non averla
mia vista, mi chiesi se fosse una parente di Fear, non trovavo infatti
nessun’altra ragione perché il vecchio accettasse
un’apprendista, era infatti un individuo sempre terribilmente
sfuggente e asociale. Mi chiesi quale mistero ci fosse sotto.
“... Ragazzi, questa
è Margareth…”
*continua*
NdA:
Inizio con i ringraziamenti a chi ha letto, recensito, aggiunto a
preferiti/seguiti/ricordati, ecc ecc. In questo capitolo alcune cose si
svelano, altre si intuiscono, altre ancora pongono nuovi dubbi. Alshain
è lontano anni luce dal personaggio che conosciamo,
perché voglio far vedere la fragilità di un uomo
sempre tanto sicuro e forte, nel momento in cui viene colpito negli
affetti più cari e sa di averne la
responsabilità. Deidra può apparire addirittura
più forte di lui... in realtà, pur in modi via
via diversi, quasi tutte le donne di questa ff sono più
forti dell'uomo che sta al loro fianco.
Alla prossima!
Valeria
Scheda
Immagine :
non sono riuscita a risalire alla fonte di questa immagine
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