Nota
pre-capitolo: Il nome della protagonista va letto
all'inglese,
Daiana.
I'd
make you coffee on a rainy morning.
Diana
aveva spesso quella strana sensazione, come d'essere osservata, ma in
un modo diverso, e si sentiva nuda, dietro quello sguardo che
percepiva solo, e la cosa, stranamente, a lei che si nascondeva nelle
felpe di suo padre respirandone l'odore per nascondersi dagli sguardi
della gente, faceva piacere. Si sentiva quasi lusingata, da quegli
occhi spesso invisibili che la studiavano, occasionalmente, ed uno
strano formicolio la prendeva lo stomaco le mani ed il naso
(formicolava il naso, a Diana) ed in quei momenti lei era felice, e
quindi splendida.
«So
che mi stai guardando» mormorò, portandosi subito
una mano sul
collo nudo avendo sentito il leggero bruciore e sorridendo appena, ma
senza aprire gli occhi.
Una
risata lieve, appena accennata, e due dita che leggere le scostarono
un ciuffo dalla fronte e raggiunsero il collo, accarezzandolo
dolcemente. «Ti amo perché dormi con la bocca
aperta e ogni mattina
ti svegli con il mal di gola».
Mugugnò
qualcosa, lei, e si strinse al corpo di Johnny, contatto di pelle
nuda e calda,
e di anime nude e pure,
ed il braccio di Diana che scivolava lento sul fianco destro di lui
per raggiungere la schiena ed accarezzarla, creandogli brividi che
raggiunsero presto anche lei, portandola ad aprire gli occhi, e nel
verde di quelli grandi di Johnny trovò un prato che
profumava di
qualcosa mai visto – terribile mancanza.
Fecero
incontrare le loro labbra, ed altro non fu che l'ennesima fusione di
due anime non affini ma complementari, e quell'incontro –
senza
fretta – di lingue ancora assonnate fu l'alba dei loro
giorni, che
finalmente iniziavano bene, con loro due nella stessa città,
nella
stessa casa, nello stesso
letto,
e magari il mondo
fuori li avrebbe massacrati, ma loro sapevano d'essere insieme,
sempre, e allora lo disse pure Walt Whitman che il resto del mondo
non contava.
Johnny
si staccò, lentamente, e le portò una mano sulla
guancia ora
accaldata, sorridendole, pieno di qualcosa che sfugge ai
più, e
restò un attimo così, mentre entrambi ascoltavano
il suono della
pioggia che colpiva piano le finestre, quasi a non volerli
disturbare, perché loro due altro non erano che l'ennesima
meraviglia di Londra, ed il cielo lo sapeva.
«Ti
preparo il caffè» le disse, ed un bacio sulla
fronte anticipò il
suo viaggio verso la cucina.
E
Diana sorrise, felice, davvero felice, e un piccolo sole
spuntò su
Londra quando l'odore della bevanda nera invase la casa, anche se non
smise di piovere, perché Joh a lei l'aveva detto quando
ancora tutto
ciò che
avevano era un amore senza particolare contesto: «Ti
farei il caffè in una mattina di pioggia», e
quel profumo di caffè misto a promesse mantenute
entrò nelle narici
di entrambi, cucendo definitivamente la ferita del mondo di cui
parlava Baricco.
Johnny
entrò in camera con le tazze in mano, ed un pacco di
biscotti
incastrato tra il braccio ed il busto, con un sorriso che Diana
sperò
non se ne andasse mai.
«È
finito il succo» disse, dispiaciuto ma senza il minimo di
colpevolezza, perché loro nelle colpe e nel peccato non ci
credevano, avevano fede solo nei fatti, ed il suo dispiacere era per
Diana che si faceva passare il malessere mattutino con l'acidognolo
del succo di frutta.
Lei
gli sorrise e sollevò le spalle, tirandosi su a sedere,
afferrando
la sua tazza bianca colma di caffè nero, senza latte e senza
zucchero, lasciando a Johnny il suo the alla vaniglia, ché
in loro
due le convenzioni non esistevano, e a lui piaceva il dolce e a lei
l'amaro, lui era quello paziente e lei quella dallo scatto facile, e
entrambi s'amavano in pari misura, in una continua gara a chi
venerava più l'altro, e questo era forse lo straordinario.
«Joh,
ma te l'ho mai detto che hai degli occhi bellissimi?» gli
chiese,
con le labbra che già sapevano di caffè, e lui
sapeva che se
l'avesse baciata in quell'esatto istante avrebbe anche imparato ad
amare la caffeina più d'ogni altra cosa al mondo, e invece
le
sorrise, portandosi il suo the alla bocca e ne prese un sorso,
permeando la sua lingua di dolcezza, e Diana pensò che non
c'era
cosa più bella al mondo del suo Joh –
suo,
meravigliosa parola
– che beveva the alla vaniglia in una mattina piovosa sotto
al
cielo di Forest Hill.
Johnny
le sorrise, in quel modo che le faceva sempre perdere un battito, che
chissà dove andava, e si portò una mano tra i
riccioli scuri. «È
che ti guardo tanto».
Ooookay,
la spiegazione della raccolta è tutta nell'introduzione,
quindi
direi che è il caso di parlare un po' della prima shot, mh?
L'ho
scritta a scuola durante l'ora di matematica, con la mia compagna di
banco che ogni secondo m'interrompeva chiedendomi “Ma
lì non ci va
il valore assoluto?” o “Aspetta, ma qui
è più o meno radice di
tre?”.
Ha
messo a dura prova il mio karma, ché le volevo rispondere
“MACAZZONESOIOCHIEDIALLAPROF, faccia di merda”, ma
mi son
trattenuta. Come son brava.
Quindi
niente, se vi fa schifo picchiate lei –poverina, neanche
fosse
realmente colpa sua.
Nient'altro
di rilevante da dire, è una cosa molto sdolcinata ed
inutile, però
mi piaceva un sacco l'idea.
C'è
un'altra raccolta, a cui sto lavorando da un po' e che credo di
postare a breve, anche perché ho già due shot e
mezzo pronte, ma
insomma niente, non ve ne parlo, tanto sarà a presto qui su
EFP.
Ora
mi eclisso, in attesa di un po' di pareri, anche di un paio di
pomodori, perché no?, mentre mi dedico ai miei compiti di
matematica. Che giuoia.
Human_ (che
ha un taglio sul labbro che le brucia come il culo d'un
babbuino. –ai babbuini brucia il culo, vero?–).
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