Fandom: Supernatural.
Pairing: Castiel/Dean.
Altri personaggi:
Claire Novak, Jimmy Novak, Sam Winchester.
Rating: Pg13.
Genere: Angst,
Comico, Introspettivo, Romantico.
Warning: Fluff, Slash, Spoiler!.
Words: 6046 (fiumidiparole).
Summary: Castiel
viene strappato dal suo tramite e ha bisogno dell’aiuto di Dean per
recuperarlo. Per parlare con lui, però, gli serve un altro corpo e sembra che
l’unico disponibile sia quello della piccola Claire Novak.
Note: Scritta sul
prompt 07. “Se questo è il tuo volere, non aprirò più bocca”, preso dal mio set di syllablesoftime
e per la quinta
settimana della COW-T di fiumidiparole
e maridichallenge, Team Maghi – Missione 2: Fluff.
Il titolo della fic è quello della bellissima ed omonima canzone dei Bon
Jovi, da cui è tratta anche la strofa tradotta che fa da introduzione alla
storia.
DISCLAIMER: Non mi appartengono e non ci guadagno nulla ù_ù
I Am
Non ho nessuna aureola
appesa alla mia testa
non ti giudicherò, sono qui solo per amarti
sono io, sono io.
L’aria era tanto piena di vapore da essere quasi
irrespirabile e lo scroscio della doccia riempiva la stanza, a malapena
soffocato dalle parole di una canzone. Canticchiando “Ramble On”, Dean
chiuse la manopola dell’acqua e scostò la tenda di plastica, sgocciolando sul
tappeto mentre si avvolgeva un asciugamano attorno ai fianchi. Aprì
la porta del bagno per tornare in camera da letto, chiudendo le palpebre mentre
con le dita suonava una chitarra immaginaria, ma le spalancò subito dopo,
quando qualcuno lo interruppe.
«Ciao, Dean» lo salutò una voce squillante.
Lui strabuzzò gli occhi, portando istintivamente una mano a
stringere meglio la stoffa che nascondeva le sue parti più intime. Davanti a
lui c’era una ragazzina bionda dall’aria familiare, apparsa – a quanto pareva –
dal nulla, visto che la porta era chiusa a chiave e non l’aveva sentita
aprirsi.
Ci mise qualche secondo a fare mente locale e ricordare dove
l’avesse già vista, poi la riconobbe: era Claire Novak, la figlia di Jimmy, il
tramite di Castiel. Solo in quel momento il cacciatore si rese conto che la
piccola l’aveva salutato in modo alquanto distintivo e lo stava osservando con
la testa inclinata da un lato, in maniera inquietantemente riconoscibile.
«Cas?» replicò
incredulo e dubbioso.
«Ho bisogno del tuo aiuto» rispose lui – lei – confermando i suoi sospetti.
«Cosa… cosa diavolo ci fai nel corpo di una bambina?!»
esclamò stralunato.
«È proprio questo il problema, Dean. Devo ritrovare Jimmy»
cominciò l’angelo, ma lui lo interruppe.
«Okay, andiamo con ordine. Ora mi vesto, poi mi spieghi»
decise. «Ti volti per favore?»
«Perché?» chiese Castiel perplesso, inclinando di nuovo il
capo.
«Perché sei nel corpo di una ragazzina che non dovrebbe
vedere un uomo nudo per almeno un’altra mezza dozzina d’anni» rispose
esasperato «Probabilmente anche per una decina, se dipendesse dal volere di suo
padre. E so che è cosciente, anche se la stai occupando, quindi girati. E copriti gli occhi, Cristo!» aggiunse
imbarazzato.
Cas alzò le mani in un gesto di resa, con l’aria di star
assecondando una questione davvero stupida, ma si voltò e si posò anche un
palmo sugli occhi. Dean ne approfittò subito per afferrare un paio di boxer ed
infilarseli sotto l’asciugamano, poi iniziò a vestirsi con rapidità.
«Possiamo riprendere il discorso, ora?» propose intanto
l’angelo, dandogli ancora le spalle.
Lui ne approfittò per osservarlo – osservarla: nonostante fosse inverno inoltrato e fuori nevicasse,
non indossava alcun cappotto, ma solo un vestitino di lana blu cobalto sopra dei
leggings neri, abbinati ad un paio stivaletti verde petrolio. Le forcine che le
fermavano i capelli erano dello stesso colore delle scarpe e, nel complesso,
era piuttosto… graziosa.
Senza riuscire a controllarsi, il maggiore dei Winchester
cominciò a ridacchiare, iniziando ad essere solleticato dall’ironia della situazione,
ora che non era più nudo. «Oh, sei davvero carina,
Cas» sghignazzò, attirando la sua attenzione.
Lui – lei – si
voltò con un espressione curiosa dipinta sul visetto pallido. «Cosa ci trovi di
tanto divertente?» lo interrogò.
«Ma scherzi? Sei nel corpo di una mocciosa, amico» gli fece
notare, ma l’angelo continuò a non capire.
In quel momento, la porta della camera del motel di aprì e
Sam rientrò con un sacchetto di cibo in mano. Si bloccò non appena si accorse
della ragazzina, accigliandosi perplesso e, dopo pochi secondi, la sua fronte
si spianò mentre sgranava gli occhi. «Castiel?»
domandò con lo stesso tono allibito che aveva avuto il fratello maggiore.
«Non capisco tutto questo stupore, ma suppongo che avrei
dovuto immaginarlo. È proprio il motivo per il quale ho scelto il corpo di
Jimmy per rapportarmi con voi» replicò, rispondendo implicitamente
all’interrogativo.
«Non è adorabile?»
ironizzò Dean, all’indirizzo del fratello minore.
Questi gli scoccò un’occhiata di rimprovero, prima di
rivolgersi ancora all’angelo: «Cos’è successo a Jimmy?»
«Raphael è riuscito a strapparmi via dal suo corpo. L’ha
fatto per rallentarmi, ovviamente. Ma il problema non è questo, potrei
rientrare nel mio tramite in qualunque momento, solo che – mentre lottavo
contro mio fratello – Jimmy è stato catturato da un demone» spiegò con urgenza.
«Per questo ho dovuto rivolgermi a Claire. Lei ha accettato di aiutarmi per
ritrovare suo padre».
«Catturato da un demone? È stato posseduto?» domandò il
maggiore dei Winchester, ritrovando uno sprazzo di serietà.
«No, lo sentirei se fosse così. Purtroppo temo gli
riserveranno qualcosa di peggio» rispose cupo.
«Torture» dedusse Dean e Castiel annuì.
«L’hanno preso per cercare di strappargli più informazioni
possibili» concluse.
«Quanto può sapere?» replicò Sam.
«Non ne ho idea. Essere il tramite di un angelo è diverso
dall’essere posseduto da un demone. Tu dovresti saperlo» rispose lui… Lei.
Il più giovane si morse un labbro e Dean passò uno sguardo
interrogativo dall’uno all’altro. «Che intende dire?» chiese al fratello.
«Uhm… ricordi quando Jimmy disse che avere un angelo dentro
di sé, è come essere incatenati ad una stella cometa? Be’, aveva ragione.
Essere posseduto da un demone è terribile, perché ti trovi in conflitto con lui
e sei cosciente di tutte le cose orribili che fa, ma non puoi lottare» iniziò a
spiegare «Avere un angelo dentro e più… doloroso,
in un certo senso. Non c’è ragione di combattere, perché l’hai accettato tu, ma
è come essere legato a qualcuno che sta andando a fuoco. L’essenza di un angelo
è incandescente e tu ne senti il calore, ma non bruci per davvero e questo ti
distrae, ti… assorda. Vedi attraverso i suoi occhi, ma non sei veramente
cosciente».
Dean rabbrividì visibilmente, felice di essersela scampata.
Fanculo a Michael e grazie tante al libero arbitrio. «Non abbiamo molto tempo»
asserì riscuotendosi. «Finché riuscirà a resistere ed a far credere loro di
avere delle informazioni, Jimmy resterà vivo. E speriamo che il demone che l’ha
preso non sia un tipo fantasioso» confidava abbastanza sul fatto che il tramite
di Castiel avesse una buona resistenza al dolore, visto tutto ciò che aveva
subito, ma ora era di nuovo – e soltanto
– umano, non si sarebbe rigenerato finché l’angelo non fosse tornato dentro di
lui, il che voleva dire che era molto più fragile.
«Aspetta un attimo» intervenne Sam «Non capisco. Perché hai
bisogno del nostro aiuto? Va bene, sei nel corpo di una ragazzina, ma dovresti
essere comunque abbastanza potente da rispedire all’Inferno quei bastardi, no?»
Castiel gli scoccò uno sguardo che sembrava dire “con chi
credi di aver a che fare?”, che sul visetto bianco di quella biondina faceva
un’impressione davvero bizzarra. «Il problema non sono i miei poteri, Samuel.
Potrei esorcizzarli tutti senza venire a disturbarvi, se solo non avessero chiuso
l’edificio con sigilli enochiani. Non posso entrare ed avevo bisogno di un
corpo per comunicare con voi. Non ho avuto altra scelta che rivolgermi a
Claire».
I Winchester si scambiarono uno sguardo d’intesa,
comunicando senza parole. Erano in quella città perché stavano seguendo un
caso, ovviamente, e non lo avevano ancora portato a termine.
«Vai con lui, Dean. Posso occuparmi io di questa faccenda»
asserì il più giovane.
«Ma…» cominciò l’altro.
«È solo un fantasma, non avrò problemi. È Cas ad avere
bisogno di te, adesso» gli fece presente Sammy, fermandolo sul nascere.
«D’accordo» si arrese Dean.
L’angelo non intervenne, lasciando che si accordassero, poi
si avvicinò al maggiore sollevando due dita per toccargli la fronte, ma non
appena questi capì quali fossero le sue intenzioni gli – le – piantò una mano sulla testa, stendendo completamente il
braccio e tenendolo – tenendola – a
distanza di sicurezza.
«Uoh! Non ci provare, Barbie!»
sbottò, approfittando slealmente della propria stazza.
Castiel sembrò sul punto di chiedergli chi fosse questa
Barbie, ma preferì lasciar perdere per rivolgere la propria attenzione a
questioni più pressanti. «Qual è il problema?»
«Il “problema” è che sono umano, Cas. Non sono fatto per svolazzare in giro, chiaro?»
La ragazzina si accigliò. «Il teletrasporto non da problemi
gastrointestinali, a te fa quest’effetto perché hai paura di volare».
Sam per poco non scoppiò a ridere, mentre Dean rimase a
bocca aperta. «Castiel non è un aeroplano, dubito che precipiterete» gli fece
notare il fratello minore e l’altro gli gettò un’occhiataccia.
«Se vuoi il mio aiuto, si fa a modo mio» replicò il maggiore
dei Winchester all’indirizzo del loro angelo e quest’ultimo – ultima – si arrese, non potendo fare
altrimenti.
Dean si affrettò a riempire la propria sacca con le cose che
avrebbero potuto essergli più utili. «Prendi dalla macchina tutto ciò che ti
può servire» consigliò a Sammy, che uscì per recuperare dal cofano quel che gli
occorreva.
«Non hai preso una giacca?» chiese alla piccola, una volta
che fu tutto pronto.
«Non ne ho bisogno e andavo di fretta» rispose spiccio Cas.
«Una ragazzina che gira senza soprabito sotto la neve è
strana» gli fece presente l’amico.
«Finché sono nel suo corpo, non si ammalerà e non sentirà
freddo» concluse l’angelo, come se quello fosse tutto ciò che contava, in barba
a ciò che poteva pensare chiunque li avesse visti.
Il cacciatore rinunciò a fargli capire che avrebbe dovuto
essere più prudente e preferì rivolgersi di nuovo al fratello. «Se ci fosse
qualunque problema…» cominciò.
«Ti chiamerò» concluse Sam per lui, esasperato dal fatto che
l’altro continuasse a trattarlo sempre come un moccioso. «Andate, su» gli diede
una pacca sulla spalla per incoraggiarlo, poi si voltò a guardare Castiel. Sembrò
soppesare la sua figuretta per qualche secondo, poi le si accostò e la strinse
a sé. «Buona fortuna, Cas» gli augurò.
In un primo momento l’angelo rimase immobile, preso in
contropiede, poi gli cinse il collo ricambiando l’abbraccio. «Pensavo lo
considerassi un gesto imbarazzante» osservò perplesso. Era così minuscola, in confronto
a lui, da sembrare una bambina tra le braccia del gigante buono.
«In questa forma è tutta un’altra cosa e… insomma, te lo
dovevo» rispose imbarazzato, lasciandola andare, per poi incontrare lo sguardo
stranito del fratello maggiore.
«Non credo di voler sapere a cosa vi riferiate» asserì
quest’ultimo stralunato, prima di voltarsi e salire sull’Impala. «Allaccia la
cintura» ordinò poi, quando Castiel si accomodò al suo fianco.
«Tu non lo fai mai e non mi hai mai chiesto di farlo, prima»
ribatté questi in una vaga protesta.
«Prima non eri nel
corpo di una mocciosa. Allacciala, non voglio essere costretto ad attaccare sul
vetro posteriore l’adesivo “Bimbo a bordo”» rispose lui con sguardo severo.
«Sai che, seppure avessimo un incidente, non mi accadrebbe
nulla, vero?» gli ricordò l’angelo, assecondando tuttavia il suo volere.
«Questo non impedirebbe alla polizia di fermarci e farci
perdere tempo» gli fece notare di rimando il cacciatore e, a quel punto, Cas
esaurì le recriminazioni.
Dean mise in moto e rimasero in silenzio per qualche minuto.
Ogni tanto, senza poterne fare a meno, si voltava a guardare il compagno –
compagna – di viaggio. Era così
strano credere che lì dentro vi fosse Castiel. Razionalmente lo sapeva, ma crederlo era tutt’altra questione. Non solo
perché quello era il corpo di una bambina, ma anche perché la piccola Claire
era identica alla madre e non aveva quasi nulla del padre. Se non avesse saputo
che la linea di sangue adatta ad accogliere Cas era quella di Jimmy, avrebbe
quasi potuto pensare che non fosse davvero figlia sua.
Ormai si era abituato a pensare all’angelo nel corpo di un
uomo, a vedersi osservare attraverso quegli incredibili occhi blu che, solo in
parte, erano un pregio di Jimmy Novak; la loro intensità, infatti, era tutta
dovuta all’essenza di Castiel.
«Allora,» esordì per rompere il silenzio «com’è stare nel
corpo di una ragazzina?»
Due occhioni grigi e perplessi si posarono su di lui,
diversi per colore, ma identici per profondità a quelli che conosceva tanto
bene. «Stretto» rispose Cas, conciso
come sempre.
L’amico ridacchiò, era convinto che non fosse l’unica cosa
diversa dal tramite che occupava in precedenza, ma in effetti per lui – una
volta aveva detto che la sua vera forma aveva approssimativamente le dimensioni
del Chrysler Building, no? – doveva essere ancora più angusto.
La ragazzina allungò una mano ed accese la radio e lui la osservò
sorpreso. «Da quando sai smanettare con quella?»
«Me l’ha suggerito Claire» rispose l’angelo.
Dean strabuzzò gli occhi. «Puoi sentirla?» chiese stupito.
«Certo che posso. Controllo spesso se l’anima del mio tramite
sta bene, anche quando sono nel corpo di Jimmy» rispose, come se fosse ovvio.
«Uhm… non dovrebbe tipo essere distratta, o star soffrendo,
o che so io?» continuò curioso.
«Voi umani, da piccoli, avete una capacità di adattamento
maggiore. Jimmy, essendo adulto, ci ha messo più tempo ed è stato molto più
difficile, per lui. All’inizio soffriva molto e pregava spesso, ora dorme per
la maggior parte del tempo» spiegò, pigiando qualche bottone.
D’istinto, Dean gli – le
– schiaffeggiò una mano. «Smettila» l’ammonì.
«Aveva detto anche che probabilmente ti avrebbe infastidito»
ammise Castiel atono.
«Ma che mocciosa sveglia» ironizzò Dean, mordendo le parole
tra i denti. «Allora perché te lo ha suggerito?»
«Secondo lei mi aiuterà a stare più a mio agio» riferì l’angelo,
con l’aria di non comprendere lui stesso cosa volesse dire.
«È pure premurosa» considerò il cacciatore, inserendo una
cassetta nel mangianastri. «Okay, Barbie, hai vinto tu» annunciò.
Passò forse una mezz’ora, poi Castiel cominciò a mugugnare
qualcosa e Dean si voltò a guardarlo.
«Stai canticchiando?»
chiese conferma incredulo.
L’interpellato – interpellata – gli rivolse un sguardo tra il colpevole ed il sorpreso, a quanto
pare allibito lui stesso dallo star facendo una cosa così umana. «È Claire a farlo. Le da coraggio».
Il ragazzo scosse il capo, non riuscendo proprio a
capacitarsi della situazione, era troppo bizzarra. «Be’, spero per te che non
stia cantando qualcosa di Justin Bieber» si concesse una smorfia al solo
pensiero.
«Non so di chi sia la canzone, ma fa più o meno così: We're just who we are, there's no pretending.
It takes a while to learn to live in your own skin. Say a prayer, that
we might find our happy ending. And if you're in, you know I'm in, I'm ready
and I'm willing» citò, anche piuttosto
intonato.
Riconoscendola, Dean riprese il ritornello con lui: «I Am, when you think that no-one needs you,
sees you or believes you, no ones there to understand, I Am. I'll be there to
be that someone, when you think that no one, is there to hold your hand. I Am» e continuarono a cantare insieme
per un po’.
Diamine, era da un pezzo che non faceva qualcosa del genere.
L’ultima volta era stato con Sammy, anni prima.
«I Bon Jovi!» esclamò alla fine, soddisfatto. «Quantomeno la
piccola ha buon gusto. Vi state divertendo voi due, lì dentro, eh?»
Castiel non rispose, si limitò a sorridere lievemente.
All’improvviso, però, strizzò gli occhi e si premette le mani sulle tempie,
come colpito da una fitta lancinante.
«Stai bene?» chiese Dean preoccupato, alternando lo sguardo
tra lei e la strada. Purtroppo non c’era nemmeno una piazzola di sosta dove
fermarsi.
«Possiamo accelerare, per favore?» replicò l’angelo, con uno
sguardo sofferente.
Lui non era geneticamente portato per andare piano, quindi
la velocità era già piuttosto sostenuta. «Che succede?» domandò, sempre più
ansioso.
«È Jimmy. Sta urlando» spiegò conciso.
Linea telefonica sempre aperta fra angelo e tramite, ricordò
in quel momento il cacciatore. «Cazzo»
ringhiò, premendo il piede sull’acceleratore. «Puoi sentirlo?» Gli occhi
disperati della ragazzina furono una risposta più che esplicita. «Anche lei?» chiese allora.
«Sì, e sta piangendo» confermò Castiel.
«Merda!» sbottò, dando un colpo al volante. «Siamo quasi
arrivati» cercò di rassicurare entrambi, sia l’angelo che la bambina. «Cosa
faremo una volta lì?» domandò per distrarli.
«L’edificio è coperto da sigilli enochiani. Se riuscirai a
spezzarli potrò entrare con te, altrimenti dovrai vedertela da solo» asserì
Cas.
«Hai idea di quanti demoni ci siano all’interno?» chiese
allora il ragazzo.
«Almeno quattro di basso livello, più il capo» rispose la
ragazzina.
«Splendido» ironizzò Dean, superando finalmente il cartello
che annunciava l’ingresso in città.
*°*°*°*°*
Il nascondiglio dei demoni era un vecchio scannatoio
abbandonato; davvero poco originale. Su ogni accesso era stato disegnato un
simbolo enochiano ed il sangue rosso spiccava fin troppo vivido sulla tinta
grigia delle porte e sui vetri impolverati delle finestre.
Lo sguardo di Castiel s’indurì fino a divenire duro come
granito, assumendo il suo distintivo cipiglio da battaglia, che stonava terribilmente
sul viso delicato di Claire.
«Hanno usato il sangue di Jimmy per tracciarli, posso
sentirlo» gli notificò stringendo le labbra in una linea pallida e sottile.
Ovviamente il sangue umano era l’unico che avrebbe funzionato, quello dei
demoni non avrebbe avuto alcun effetto.
Dalla gola di Dean risalì un suono graffiante e selvaggio,
pieno di rabbia. «Dimmi cosa fare» lo incoraggiò.
«Devi spezzare i sigilli con altro sangue. Dovrai usare il
tuo, il mio non andrebbe bene» lo istruì l’angelo ed il ragazzo si affrettò e
tagliarsi un palmo con un coltello e fare il giro dell’edificio per rompere
tutti i sigilli.
«Bene» concluse a lavoro finito «Andiamo a fare il culo a
quei figli di puttana».
Impaziente e dando l’ennesima prova del proprio potere,
Castiel alzò una mano e spalancò l’ingresso principale facendo uso solo della
propria mente, poi avanzò con calma e Dean lo seguì, armato soltanto d’acqua santa
e del pugnale di Ruby.
La visione che si parò loro davanti era orrenda: Jimmy era
appeso al soffitto per i polsi, uniti insieme e stretti da pesanti catenacci
arrugginiti. I suoi piedi toccavano a malapena terra, cosicché era costretto a
stare in bilico sulle punte per non stirarsi le braccia con il proprio stesso
peso, e la sua fronte era ormai madida di sudore per lo sforzo. Il soprabito e
la giacca che indossava sempre erano scomparsi e la camicia aperta lasciava
vedere chiaramente il petto pallido coperto di tagli, lividi ed ustioni.
«Bene, bene, bene… cosa abbiamo qui?» ironizzò, quello che
doveva essere il capo dei demoni, racchiuso nel corpo di un anonimo uomo di
mezz’età. «Ti sei persa, Dorothy? Sei
molto lontana dal Kansas» canzonò la bambina.
Per tutta risposta, la fredda stanza si riempi
dell’agghiacciante rumore di tuoni e fulmini, che fecero scuotere i ganci
arrugginiti pendenti dal soffitto, mentre Castiel faceva mostra delle proprie
ali. Dean non aveva ancora capito se fosse un modo per palesarsi o se
succedesse senza che l’angelo lo volesse, quando era molto molto
incazzato. E decisamente ora lo era.
Accadde tutto molto in fretta: la ragazzina camminò con
passo sicuro verso il demone, senza quasi far caso agli altri scagnozzi che le
si scagliarono addosso. Schivò la presa del primo che tentò di afferrarla e lo
esorcizzò premendogli una mano sulla fronte, mentre Dean conficcava il pugnale
nel petto di un altro. Il secondo demone, chiuso nel corpo di una donna, tentò
di afferrarla per i capelli, ma Claire la rimise al proprio posto con un pugno
al diaframma che la fece piegare in due dal dolore, poi l’afferrò per il collo,
facendo fuori anche lei.
Allora il quarto, che stava attaccando il cacciatore, pensò
bene di abbandonare la scena e fuggì via in volute di fumo nero, mentre
l’angelo raggiungeva infine il boss dei cattivi, il quale ora pareva
decisamente meno baldanzoso. Come suo solito, Cas non sprecò tempo a parlare,
si limitò ad atterrarlo con un calcio volante degno di Chuck Norris o di Cameron
Diaz, per poi rispedirlo all’Inferno per direttissima.
Dean rimase a godersi lo spettacolo a bocca aperta e, quando
la ragazzina si rimise dritta, non riuscì a trattenersi: «Ehi, angelo, ti ha chiamato Charlie?»
ironizzò, perché davvero aveva bisogno di una battuta per affrontare quella
scena pazzesca.
Lei inclinò il capo con sguardo perplesso. «Non conosco
nessun Charlie» asserì, facendogli alzare gli occhi al cielo.
«Castiel…» esalò Jimmy in un rantolo sofferente.
«Ora ti libero» lo rassicurò lui, accostandosi all’uomo.
Il cacciatore si avvicinò per aiutarli e sostenne tra le
braccia il corpo di Jimmy, mentre l’angelo rompeva le manette con il proprio
potere, poi lo aiutarono a stendersi a terra. Dean individuò in un angolo del
magazzino il resto dei suoi abiti e glieli drappeggiò addosso, e Cas lo toccò
con gentilezza sul viso, scostandogli i capelli dalla fronte.
«Mi dispiace per il ritardo» asserì sincero.
«Castiel… mia figlia…
come hai potuto?» replicò il suo legittimo tramite, incurante delle proprie
condizioni.
L’interpellato abbassò colpevolmente il capo. «Non avevo
altra scelta» rispose contrito.
«Avrei… avrei preferito morire» smozzicò Jimmy, voltando il
capo per tossire un grumo di sangue.
«Non potevo permetterlo» rispose l’angelo, ora con un tono
più duro. «Sta’ fermo» lo ammonì, prima di toccargli di nuovo la fronte e
guarirlo completamente. Perfino i vestiti tornarono immacolati.
«Maledizione, Cas!» sbottò l’uomo, portandosi subito seduto.
«Sì tratta sempre di te e della tua guerra, non è vero? Ma non avevi alcun
diritto di prendere la mia bambina!»
«Sai che non avrei potuto, senza il suo consenso» gli
ricordò l’interpellato.
«E so anche quanto tu sia bravo a convincere le persone,
quando serve» sibilò Jimmy rabbioso.
«Sta bene, te lo assicuro. Anzi, reagisce molto meglio di
quanto faccia tu, a dire il vero. La riaccompagnerò subito a casa, se mi
consentirai di riprendere il tuo corpo» cercò di rassicurarlo l’angelo, senza
rendersi conto che così non faceva altro che rendere l’uomo più furioso.
«Ehi, Cas» intervenne Dean, cercando di arginare
l’insensibilità angelica di cui l’amico alato non si rendeva nemmeno conto di
fare sfoggio. «Perché non lasci loro un minuto, uhm? Permetti alla piccola di
riabbracciare suo padre, sono certo che poi Jimmy ti aiuterà di buon grado»
propose, scambiando uno sguardo con quest’ultimo, che quasi non riusciva a
credere in quell’aiuto insperato.
Castiel tentennò e, a quel punto, il suo tramite gli si
rivolse accorato: «Ti prego, Cas. Me lo devi» gli ricordò in poco più di un
sussurro.
«D’accordo» accettò questi con un sospiro. «Chiudi gli
occhi» avvisò il cacciatore, prima di alzare lo sguardo al cielo.
Dean eseguì subito l’ordine e vide il nero del retro delle
proprie palpebre incendiarsi di luce, quando l’angelo lasciò il corpo della
ragazzina, illuminando la stanza come un piccolo sole. Gli parve di sentire
l’aria sfrigolargli attorno, mentre qualcosa di simile ad un vento caldo lo
accarezzava in un turbinio, facendogli rizzare i capelli sulla nuca come una
pressione elettrica. Poi la luce diminuì.
«Papà!» esclamò la voce di Claire e la piccola si gettò tra
le braccia di Jimmy.
Il ragazzo li osservò un momento, prima di allontanarsi di
qualche passo per lasciare loro un po’ d’intimità.
«Claire! Tesoro, stai bene?» replicò subito il padre,
stringendola a sé con preoccupazione convulsa.
«Sì, io sto benissimo, papà. E tu? Cas ti ha guarito, vero?
Non prendertela con lui, era così preoccupato! E anche io… oh, papy!» sciorinò
tutto d’un fiato, accoccolandosi contro di lui.
«Claire,» la richiamò lui, scostandola appena da sé per
incontrare il suo sguardo «non puoi fidarti di Castiel. Lui non è come gli
angeli di cui ci parlava Padre Louis. È pericoloso» cercò di spiegarle.
«Lo so, papà. Era già stato dentro di me, ricordi? Sapevo
chi fosse, quando è venuto a chiedermi aiuto. Lui non è come i suoi fratelli,
è… buono e mi ha tenuta al sicuro,
davvero. E poi c’era Dean a proteggermi» controbatté convinta «Mi ha – ci ha – perfino obbligati ad allacciare
la cintura, in macchina» gli raccontò, scoccando uno sguardo al cacciatore, con
un tono che alle orecchie di quest’ultimo parve quasi canzonatorio. «E ha
rimproverato Cas perché non aveva preso un cappotto» aggiunse divertita.
«Ehi! L’ho fatto perché una bambina senza giacca sotto la
neve è strana, okay?» si sentì in dovere di ricordarle, punto sul vivo, e Claire
ridacchiò graziosamente.
«Visto?» concluse la piccola all’indirizzo del padre,
dimostrandogli che aveva ragione lei.
«Non è questo il punto, tesoro» le fece presente Jimmy. Era
chiaro che sapesse che Castiel non era egoista e meschino come gli altri
angeli, ma doveva essere difficile per lui non portargli rancore, visto che gli
stava impedendo di vivere la propria vita.
«Lo so, e lo sa anche la mamma. Ma lui ha bisogno di te, papà. Noi riusciamo ad
andare avanti perché sappiamo che, nonostante tutti i disastri e l’Apocalisse
sempre alle porte, tu stai combattendo per salvarci. Castiel è un soldato e tu
sei un eroe… un martire» ribatté la
ragazzina, con una convinzione ed una maturità davvero fuori dal comune.
Il padre l’abbracciò con le lacrime agli occhi, rivolgendo a
Dean e poi al cielo uno sguardo disperato. Il ragazzo fece lo stesso,
chiedendosi dove fosse l’angelo in quel momento. Era tornato in Paradiso?
«È sopra di noi» rivelò Claire, interpretando la sua
espressione.
«Sta tenendo le particelle della sua essenza disgregate come
aria, per non ferirti gli occhi. Riunendole diverrebbe pura luce e ti
accecherebbe» gli spiegò Jimmy; evidentemente entrambi riuscivano a vederlo, o
a percepirlo, anche in quelle condizioni.
«È sempre molto attento nei tuoi confronti» gli fece notare
la ragazzina con un sorriso tenero.
«Voglio che tu mi faccia una promessa» la richiamò il padre,
afferrandola con fermezza per le spalle. «Se dovesse accadermi di nuovo
qualcosa, qualunque cosa, e Castiel
dovesse venire di nuovo da te, tu non
lo aiuterai».
«Ma papà…» cercò di obiettare la piccola.
«Non lo farai»
ripeté Jimmy in tono duro. «Promettimelo, Claire. Ne ho bisogno o non riuscirò
ad andare avanti. È già abbastanza orribile sapere che non potrò mai vederti
crescere, non posso sopportare il pensiero che anche tu venga privata della tua
vita».
La ragazzina tirò su col naso ed annuì, sgranando gli occhi
lucidi, prima di abbracciare di nuovo il genitore, smarrita. «Ti voglio bene,
papà» mormorò contro il suo petto.
«Anch’io, tesoro. Anch’io» sussurrò lui, stringendola forte
e lisciandole i capelli dorati.
Dean diede loro le spalle, sentendosi di troppo. Tutto
quello non era giusto. “Non è affatto giusto, Cas” si disse tra sé, osservando
il soffitto di lamiere. Di nuovo un mulinello caldo lo avvolse, facendolo
rabbrividire e trasmettendogli, stavolta, un’intensa malinconia. Inquietante, a
dir poco. Sospirò comunque, perché aveva capito il messaggio. “Scusa, so che
non è colpa tua” pensò ancora.
«Temo sia arrivato il momento» constatò Jimmy, rimettendosi
in piedi e cingendo le spalle della figlia con un braccio. «Dean, posso
chiederti un favore?» cercò l’attenzione del cacciatore, che gli rivolse uno
sguardo curioso.
«So di domandarti molto, ma… ogni tanto, potresti
controllare che la mia famiglia stia bene? Castiel si prende cura di loro,
però… sai com’è lui con le faccende umane» abbozzò un sorriso ed il ragazzo gli
rispose con uno sbuffo divertito.
«Farò il possibile» gli assicurò, stringendogli la mano.
«Dean, mi dai il tuo numero?» esclamò Claire, tirando fuori
un cellulare da chissà dove. Lui era certo che quel vestitino non avesse
tasche… bah, misteri femminili!
«Non sei un po’ troppo giovane per questo?» ironizzò.
«No, sei tu ad essere troppo vecchio per me» rispose lei
mordace, facendolo accigliare. «Per favore, almeno saprò chi cercare per assicurarmi
che papà e Cas stiano bene» aggiunse poi in tono più mite.
«Sono diventato un dannata balia angelica» borbottò
incredulo, prima di accontentarla. «Ehi, Barbie, vedi di non tartassarmi di
SMS, eh!» l’apostrofò burbero.
«Prometto che non ne approfitterò» replicò lei, arricciando
le labbra in una maniera che, invece, prometteva guai. Poi, scioccandolo del
tutto, gli gettò le braccia collo. «Prenditi cura di loro, okay? E tratta bene
Cas, lui vorrebbe essere “quel qualcuno” per te» gli sussurrò all’orecchio, riprendendo
le parole della canzone che avevano cantato in macchina, prima di tornare dal
padre.
Lui aggrottò la fronte, stordito dal sottinteso di quelle
parole. Non poteva dire sul serio, giusto?
Jimmy alzò lo sguardo al cielo e prese un respiro profondo.
«Sono pronto» annunciò, e la figlia lo strinse forte. «È meglio che tu chiuda
gli occhi» consigliò a Dean, mentre ricambiava l’abbraccio, riscuotendolo da
quelle elucubrazioni.
Il cacciatore eseguì subito ed una luce intensa riempì di
nuovo la stanza. In pochi secondi tutto finì e, quando socchiuse le palpebre,
l’uomo stava ancora abbracciando la piccola, ma il suo aspetto era decisamente
diverso: più rigido, più stoico. Osservava la bambina con occhi intensi e
pregni di cose non dette, e lei gli restituì uno sguardo lacrimoso.
«Oh, Cas… lo so» mormorò, senza staccarsi da lui.
«Io… la riaccompagno a casa» questi informò il suo protetto,
rivolgendogli una breve occhiata e lui annuì.
«Ci vediamo più tardi» replicò a mo’ di saluto, e con un
battito d’ali gli altri due scomparvero.
*°*°*°*°*
L’acqua scorreva in un vortice continuo, risucchiata dallo
scarico del lavandino. Dean l’osservava assorto, con la mente immersa in
tutt’altri pensieri ed il volto ancora striato di goccioline fresche. Lo
immerse sotto il getto ancora una volta, prima di arraffare alla cieca un
asciugamano e soffocarci il viso in mezzo.
Alla fine era rimasto in quella città per la notte, non era
molto lontano dal motel in cui si trovava il fratello, ma si sentiva
emotivamente prosciugato e non dormiva da… be’, un numero indecente di ore. Sam
aveva già risolto il caso a cui stavano lavorando in precedenza e si sarebbero
ricongiunti la mattina dopo. Per ora, tutto ciò a cui riusciva a pensare era
stappare una birra e tuffarsi in un letto.
Ma quando abbassò la morbida spugna ed incrociò il proprio
riflesso, un’imprecazione semi-soffocata gli sfuggì dalle labbra, scorgendo
alle proprie spalle una sagoma familiare.
«Comincio a pensare che ti piaccia cogliermi in situazioni
imbarazzanti, Cas» asserì infastidito, voltandosi per incontrare il suo
sguardo.
L’angelo inclinò la testa perplesso, prima di far scorrere
gli occhi su tutta la sua figura, soffermandosi un momento di troppo sulle
gocce che gli colavano sulla gola per infilarsi nel collo della camicia. Il
ragazzo deglutì a fatica, ricordando con disagio quello che Claire gli aveva
sussurrato meno di un’ora prima.
Eppure, quando le iridi blu di Castiel tornarono ad
incontrare le sue, Dean dimenticò tutto ciò a cui stava pensando in precedenza.
Se lui si sentiva sfiancato, non c’erano parole adatte a descrivere quanto
l’amico sembrasse esausto e sconfitto; con tutta probabilità, se fosse stato
umano, non si sarebbe retto nemmeno in piedi.
«Volevo ringraziarti» esordì Cas «Per avermi aiutato e per…
essere stato così disponibile con Jimmy e Claire».
Il cacciatore inarcò un sopracciglio, non era cosa di tutti
i giorni ricevere la gratitudine di Castiel. Di solito non la esternava o,
perlomeno, non lo faceva in modo così esplicito.
«È tutto okay» lo rassicurò. «Ci copriamo le spalle a
vicenda, no?» domandò retorico. «Ora, pensi di potermi lasciare uscire dal
bagno?» aggiunse, cercando di alleggerire la conversazione.
L’angelo annuì, ma quando lui gli si accostò, cercando di
oltrepassare la porta di cui gli sbarrava il passaggio, non si mosse di un solo
passo, continuando a fissare il pavimento.
Dean si schiarì la voce, cercando di attirare la sua
attenzione. «Dovresti spostarti, sai?» gli fece presente e, quando ancora
l’amico non si mosse, gli posò una mano sulla spalla, mormorando un flebile
«Ehi…» d’incoraggiamento, mentre cercava il suo sguardo.
«Mi dispiace» asserì Castiel mesto e non sembrava riferirsi
al fatto di essere in mezzo ai piedi.
Il ragazzo sospirò, non era a lui che avrebbe dovuto
rivolgere quelle parole. «Immagino che la moglie di Jimmy non ti abbia proprio
trattato con i guanti, uhm?» ipotizzò. «Le donne incazzate ed abbandonate sanno
essere spaventose» concluse convinto. E lui di creature terrificanti ne conosceva
parecchie.
«Ne aveva tutto il diritto» osservò l’altro.
«Sì, è vero» convenne lui e, nonostante fosse convinto di
ciò che lui stesso aveva detto, l’angelo parve incupirsi un po’ di più.
«Ma…» continuò il suo protetto «Stammi a sentire, perché c’è un “ma”. La colpa non è tua, Cas.
Cioè, sì, tecnicamente è tua, ma sei stato costretto dagli eventi e stai facendo
il possibile per salvare la vita di tutti, non di una sola famiglia. Diamine,
se non fosse per te forse nemmeno esisterebbe più un mondo in cui potrebbe vivere quella famiglia. Okay? Quindi smettila
di fare il bambino, sei un soldato e hai appena spaccato il culo ad una
combriccola di demoni, dovresti festeggiare!» cercò di riscuoterlo.
L’angelo abbozzò un sorriso e, finalmente, lui riuscì a
superarlo e tornare in camera da letto. Prese due birre ghiacciate dal frigobar
e le stappò entrambe, prima di porgerne una all’amico e lasciarsi cadere su di una
delle due sedie accanto all’unico tavolo della stanza. Dopo qualche secondo, Cas
fece lo stesso, accomodandosi con più controllo ed una certa intramontabile
rigidità.
Dean l’osservò con attenzione, soppesandolo. Era di nuovo
Castiel, il suo Castiel. Cristo, gli
faceva ancora strano pensare che aveva parlato con lui tutta la sera attraverso
il corpo di una mocciosa; era fin troppo facile dimenticare che l’uomo che
aveva davanti era una creatura eterea e potente. Poteva essere così tangibile,
così presente – quasi asfissiante, in
un certo senso – così imbranato. E poi altre volte scompariva per settimane
senza mai farsi vivo e ritornava tra i piedi nei momenti più imprevisti,
gettandogli una di quelle rogne tra capo e collo, e mostrandogli quanto potesse
essere pericoloso.
Diamine, forse lui non lo avrebbe mai compreso veramente – ed
altre volte il fatto di capirlo con tanta semplicità lo spaventava a morte – ma
ormai quello sfigato alato era parte della sua vita e non sapeva più farne a
meno.
«Ehi, Cas» lo chiamò, «cosa intendeva dire Barbie?» lo
interrogò, perché ormai doveva sapere, non poteva continuare a far finta di
niente.
«A cosa ti riferisci?» replicò l’interpellato perplesso.
«A quello che mi ha sussurrato all’orecchio, prima di
salutarmi» spiegò lui.
«Dean, sono etereo, non onnisciente» gli ricordò con una
punta di divertimento.
Il ragazzo si accigliò, non sapendo bene se fosse il caso di
continuare o meno. Forse poteva lasciare tutto così, permettersi di nascondere
la testa sotto la sabbia ancora per un po’. Ma poi Castiel l’osservò con quegli
occhi blu e curiosi, ora così
gentili, e lui capitolò.
Deglutì a fatica, prendendo un lungo sorso di birra ed
asciugandosi le labbra con il dorso di una mano, prima di rivelare: «Ha insinuato
che tu provi dei sentimenti per me…
che mi ami».
Oh, e quegli stessi occhi divennero enormi, quasi spaventati, prima di essere calamitati dal pavimento
con irresistibile attrattiva.
«Intendeva dire che mi
vuoi bene, no? Provi sicuramente dell’affetto
nei miei confronti, non sei… innamorato,
uhm?» aggiunse concitato, cercando di limitare i danni o forse d’ingannare se
stesso, ma l’angelo non rispose e allora lui lo richiamò con durezza: «Cas?!»
«Cosa vuoi che ti risponda, Dean?» ribatté questi, scuotendo
il capo ed evitando il suo sguardo, cosciente che la verità non gli sarebbe
piaciuta.
«Niente, sta’ zitto!» sbottò questi, terrorizzato.
«Se questo è il tuo volere, non aprirò più bocca» sentenziò
l’amico, e lui sentì un’improvvisa ondata di frustrazione ruggirgli nelle vene.
Avrebbe voluto prendere a pugni qualcosa, preferibilmente Castiel, ma non
sarebbe servito a nulla. Cazzo, quanto odiava quel suo fare condiscendente!
Si alzò in piedi, cominciando a fare su e giù con rabbia, ma
dopo un paio di minuti si fermò, piantandosi davanti a lui e fissando la
sommità della sua testa ancora abbassata. «È vero?» sputò quasi come un’accusa.
«Ha importanza?» svicolò l’angelo, distogliendo lo sguardo
per scrutare un interessante punto della parete spoglia.
«Mi prendi in giro?!» replicò il cacciatore iniziando ad
incazzarsi sul serio, e finalmente gli occhi di Castiel tornarono sui suoi.
Aprì le braccia in un gesto impotente. «Tu sei un umano e ti
piacciono le donne» asserì «Ed io…»
«Tu sei Cas» lo interruppe lui e, nel momento stesso in cui
pronunciò quelle parole, si rese finalmente conto che nel corpo di un uomo, di
una bambina, o perfino intangibile come aria, era sempre il suo Castiel. «Sei Cas» ripeté quasi con stupore e voce più sommessa, incorniciandogli
il viso.
«Questo non sono
io» sbuffò l’angelo, stropicciandosi il collo dell’impermeabile.
«Io ti ho visto»
rispose allora Dean, mordendosi nervosamente un labbro. Posò un ginocchio a
terra per essere sulla stessa linea del suo sguardo, poi continuò: «Ricordo
l’Inferno e ricordo te. All’inizio
non sapevo cosa tu fossi – vedevo solo luce, troppa luce – avevo paura che fossi l’ennesimo figlio di puttana
venuto per farmi a pezzi. Ma ricordo i tuoi occhi…»
rivelò «e sono blu, proprio come questi, anzi più blu».
E quegli stessi occhi ora erano spalancati, pieni di
meraviglia. Poi l’angelo seguì l’istinto, gli posò una mano dietro la nuca
attirandolo a sé e lo baciò, stropicciando la stoffa della sua camicia
nell’altra mano, e – Dio! – stava piangendo
e ridendo, e cercava le sue labbra come se non potesse più farne a meno.
Il ragazzo lo trattenne, cercando di rallentarlo. «Ehi,
vacci piano, tigre» sussurrò, sfiorando con i pollici la traccia di barba sulla
sua mascella, poi gli bisbigliò all’orecchio: «Perdonami, Jimmy» prima di
catturare di nuovo la sua bocca, coinvolgendola in una bacio più affamato e più
profondo.
«Non è qui» gli rivelò affannato Castiel, quando lui si
scostò per riprendere fiato.
«Eh?» replicò molto acuto Dean, ormai con la testa da
tutt’altra parte.
«Ho stretto un accordo con Jimmy» gli spiegò. «Non volevo
che fosse ancora cosciente mentre combatto, che fosse costretto a sentirsi
colpire, tagliare, sparare, esplodere…
quindi l’ho lasciato in Paradiso. E potrà tornare nel suo corpo quando io non
ne avrò più bisogno, se lo desidererà ancora. Lì sta bene o, perlomeno, molto
meglio che incatenato a me».
«Ah… e quando il gatto non c’è i topi ballano, eh?» ironizzò
il cacciatore, sollevato.
«Quali topi?» replicò Cas perplesso e Dean sorrise.
«Lascia perdere» sbuffò, prima di ricominciare a baciarlo.
FINE.