Fandom: Dogma;
Pairing: Bartleby/Loki;
Rating: Pg;
Beta: nessuna, la
frutta marcia è tutta da lanciare a me .__.
Genere: Angst, Introspettivo,
Romantico (?).
Warning: Pre-Slash;
Words: 701 (fiumidiparole)
Summary:
Dopo tremila anni di assenza da casa, è difficile non deprimersi.
Note: È
ambientata prima degli eventi
accaduti nel film. Scritta per la sesta
settimana della COW-T di fiumidiparole
e maridichallenge, Team Maghi – Missione 1: Nostalgia.
DISCLAIMER: Non mi appartengono e non ci guadagno nulla ù_ù
Far From
Home
Il fumo uccide. Ma la vita mica scherza.¹
La serratura produsse un cigolio stridente, quando Bartleby infilò la chiave e la ruotò, entrando in casa.
Olio, doveva metterci un po’ d’olio, Loki non faceva altro che ricordarglielo.
«Sono a casa!» annunciò, cercando la presenza dell’amico. «Ehi,
non hai idea di cosa mi è successo oggi, c’era questa bambina all’aeroporto…»
iniziò a raccontare, ma s’interruppe quando si accorse che nessuna risposta era
giunta al suo saluto e che la TV
era spenta.
«Ci risiamo» sbuffò, dopo aver teso le orecchie per qualche
secondo ed aver riscontrato che l’appartamento era
completamente buio e silenzioso.
A differenza di lui, a cui piaceva
osservare la gente negli aeroporti, Loki era capace
di trascorrere ore intere nei parchi, ancora più di quando si attaccava alla
televisione a guardare le sue orrende soap spagnole. A volte si dimenticava
perfino di rientrare a casa, ma Bartleby
era certo di dove trovarlo: ai giardini pubblici a due isolati da lì.
E, infatti, nemmeno quella volta si era sbagliato.
Nonostante fosse ormai notte fonda, l’altro angelo stava ciondolando pigramente
su una delle altalene, con il viso rivolto verso il cielo stellato.
«Sei riuscito a contarle tutte?» domandò Bartleby
accostandosi a lui, la ghiaia del vialetto che scricchiolava sotto le sue
scarpe nere.
«Ti ricordi com’era?» gli chiese invece l’amico.
«Cosa?» replicò l’interpellato, non riuscendo a seguire i
suoi voli pindarici, anche se – riconoscendo quel particolare tono di voce – né
aveva una vaga idea.
«Casa»
preciso, infatti, Loki. E lui sapeva che non si riferiva affatto al loro piccolo ed incasinatissimo
appartamento a due passi da lì.
Bartleby sospirò. In quei momenti
si odiava, si detestava per averlo portato a festeggiare dopo la strage dei
primogeniti d’Egitto, per avergli parlato dei propri dubbi, per averlo spinto a
riflettere e a “consegnare le dimissioni”, si odiava perfino per avere avuto
compassione per gli umani; nessuno ne aveva avuta per loro, quando erano stati
buttati giù.
Lo raggiunse alle spalle e lo abbracciò, stringendolo a sé
nell’unico conforto che potesse dargli. Era bello il suo amico, biondo e con il
viso dolce con il quale gli angeli venivano sempre
raffigurati, faceva girare la testa a tutte le donne. Ma Dio non aveva concesso loro nemmeno quello, erano asessuati come
bambolotti e non avrebbero mai potuto sperimentare il piacere dell’amore
carnale.
«Se non ricordassi il Paradiso, non mi mancherebbe così tanto» rispose infine, poggiando una guancia sui suoi
capelli.
Loki era il più positivo tra loro,
ma anche il più fragile. Malgrado fosse nato per portare la collera divina, non
era in grado di sopportarla. Lui, invece, era un Grigori
– un dannato Osservatore! – assisteva a tutto con distacco ed
avrebbe dovuto calcolarlo. Ma non l’aveva fatto e
tutto era andato a puttane.
«Sono passati tremila anni, Bartleby. Ho paura di dimenticarlo. Cosa
succederebbe se lo dimenticassi? Se dimenticassi com’era stare al
cospetto di Dio?» lo interrogò disperato.
In quel momento – e non per la prima volta – lui provò
l’intenso bisogno di chiedergli scusa, di inginocchiarsi davanti a l’amico e supplicarlo di perdonarlo per tutto il resto
delle loro vite eterne. Eppure non l’aveva mai fatto e non l’avrebbe fatto nemmeno adesso.
«Se potessimo farlo,» rispose
invece «sarebbe tutto più semplice. Con il tempo la nostalgia di attenuerebbe e con essa il dolore. Ma
siamo angeli, siamo immortali, e non dimenticheremo mai».
Loki chinò il capo e si aggrappò
alle sue braccia, stringendole tanto forte da far male. Forse stava piangendo. Bartleby non ne era certo, ma gli
concesse quel momento di debolezza, restando in silenzio.
Amico, fratello, compagno… non riusciva nemmeno ad immaginare come sarebbe stato vivere senza di lui. Quella
punizione era già abbastanza orribile così, ma non sarebbe mai riuscito a
sopportarla da solo; era egoista da parte sua, ma così stavano le cose.
«Su, andiamo dai» lo esortò, quando l’altro si fu calmato un
po’. «Torniamo a casa».
«Quella non è casa»
ribatté Loki, lasciandosi tuttavia tirare in piedi.
«Già, ma non è poi così male, no? E
oggi esce la nuova puntata di quella schifezza che ti piace, no? Com’è che si
chiama… Desperados?» lo blandì Bartleby, cingendogli
le spalle con un braccio.
«Desesperada» lo corresse
l’altro, incamminandosi con lui verso il loro appartamento.
Non era il Paradiso, ma era un posto tutto loro, e questo
bastava. Poi c’era perfino l’aria condizionata.
FINE.
¹.
Citazione di Alfredo Accatino.