sailor moon
Note: in una delle puntate della prima serie, durante uno
dei soliti litigi infantili tra Usagi e Mamoru, ho avuto modo di
leggere il vero dialogo che era intercorso tra i due. Le parole di
Mamoru mi hanno fatto morire dalle risate :D Ringraziate quindi i
sottotitoli dei DVD della Dynit per questa one-shot.
Ho scelto di inserire questa storia all'interno della raccolta 'Oltre
le stelle - scene' perché volevo ambientarla dopo la terza
scena ma prima della prima scena di 'Interludio'. Questa piccola storia
mi sembrava adatta per questa raccolta, visto che parla di Usagi e
Mamoru e di un momento della loro relazione successivo a 'Oltre le
stelle'. Come periodo siamo nell'autunno o inverno del 1995, prima
dell'inizio di Acqua viva.
Oltre
le stelle - scene
Autore: ellephedre
Disclaimer: i
personaggi di
Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di
proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.
4 -
Antichi litigi
Chi va con lo zoppo impara a zoppicare
Ogni pentola ha il suo
coperchio
L'immondizia va al suo
posto
A ogni testolina a
odango il suo perdente.
Tre anni dopo Usagi si svegliò nel suo letto, gli occhi
spalancati.
Legò il sogno a un chiaro ricordo.
Si dipinse il volto di un sorriso pieno di malvagissimo amore.
Quello stesso pomeriggio, come da accordi, andò a
trovare Mamoru Chiba.
Ex-principe Endymion, futuro sovrano, futuro padre di sua figlia e suo
attuale fidanzato nei guai.
«Ciao» le disse lui sulla porta, felice. In passato
per salutarla si
era limitato spesso alle sole parole, ma da quando si erano... ehm,
scoperti, lui era diventato molto più affettuoso.
La baciò sulla guancia, indugiando per un tenero momento col
respiro sulla sua pelle.
Riempiendosi le narici del profumo di lui, un magnifico odore naturale
che
avrebbe dovuto essere imbottigliato e venduto per il bene
dell'umanità, Usagi iniziò a pensare
che il passato fosse passato, che i rancori erano una cosa negativa,
che tante cose erano cambiate e che-
Mamoru andò in cucina. «Se non ti dispiace oggi
avrei
bisogno di comprare una nuova pentola.» Con una smorfia
stizzita,
profondamente scocciata, lui ne tirò fuori una annerita.
«Ieri
ho bruciato la migliore che avevo.»
Dang!
Il gong nella sua testa diede inizio alla battaglia.
Peggio per lui che in tre anni non aveva cambiato faccia! «Ma
certo»
gli sorrise melliflua. «Andiamo!»
«Ne preferisco una col fondo più basso»
disse Mamoru,
esaminando attentamente l'interno di una pentola lucente.
Alle sue spalle Usagi trafficò con una confezione chiusa,
strappando le chiusure e aprendola. «Mi sa che questo
è il
suo coperchio!» Fece volare il braccio in un arco.
Completamente per caso, Mamoru si beccò una sonora
coperchiata
alla nuca.
«Oh! Scuuusa!»
«Ti fa ancora male?» gli chiese lei una volta fuori
dal negozio, non del
tutto pentita.
«No... non preoccuparti.»
Non è che lei si stesse proprio preoccupando. Lo aveva visto
prendere in pieno attacchi mostruosi, ondate di energia e una volta,
per errore, persino l'Aqua Shine di Sailor Mercury - era stata lei a
deviarlo e poi si era scusata in un modo che le aveva tolto ogni
secondo di colpa - perciò sapeva che la testa di lui era
fatta di ferro inossidabile e infrangibile. Poteva prendersi qualche
colpetto in più, soprattutto se ampiamente meritato.
«Ah!» fece Mamoru, inciampando in avanti.
Riuscì a non
cadere e si guardò indietro. «Un sasso.»
Ma allora, pensò Usagi, lo faceva apposta.
Riprese a camminare e osservò per bene il marciapiede che
stavano percorrendo. Costeggiava il parco, ma niente più
sassi nelle vicinanze.
Mamoru la raggiunse. «Cerchi qualcosa?»
«No no» fischiettò lei. «Che
ne dici se andiamo a mangiare
in quel posto?» Indicò con un braccio largo un
ristorante
dall'altra parte della strada.
Lui si voltò. «Va bene.»
Iniziò ad avanzare.
Lei allungò una gamba.
Lui inciampò e, tentando di riprendere
l'equilibrio, bilanciò il peso portando avanti velocemente
la gamba opposta. Col ginocchio colpì un palo.
«Ahia!»
«Oh no! Scusa!»
Attraversarono la strada con lui che quasi zoppicava.
«Usa...»
Lei trasformò l'espressione in innocenza.
«Hm?»
«Per caso... c'è qualcosa che non va?»
«Ma no!» ridacchiò lei.
«Piuttosto non ti fa più
male niente, vero? Oggi sono stata così sbadata.»
«... già.»
«Che ti prende?» gli chiese, curiosa.
«Nulla.»
«Bene.» Sorrise.
Lo lasciò coi suoi dubbi. Per quanto la riguardava poteva
tenerseli vita natural durante.
Sarebbe finita così.
Sarebbe veramente finita così, senza più feriti.
Ma, verso la fine del loro pranzo, Mamoru guardò malamente
le zucchine che aveva separato dal resto del cibo. «Non
l'avrei
ordinato se avessi saputo che c'erano anche queste. Sono da
buttare.»
Lo faceva apposta!
«Non mi sembrano così brutte.» Lei si
sporse sopra il
tavolo, in pugno i bastoncini con cui aveva mangiato. «Hanno
anche loro una loro
dignità, no?» Le
trascinò all'interno del piatto.
Fuori dal piatto e sopra i pantaloni di Mamoru.
Lui scattò in piedi.
«Ah!» si coprì la bocca lei, con
entrambe le mani. «Perdonami!»
«Usako.»
«Sì?»
«Cosa c'è che non va?»
Erano entrati nel parco. Lei adocchiò un chioschetto mobile
per il tiro a segno e si illuminò.
«Giochiamo!»
«Cosa?»
«A quello!» lo afferrò per un braccio.
«Dai!»
«Ma perch-»
Lei lo trascinò di corsa verso il suo destino.
«Devi sbagliare, Mamo-chan.»
Lui abbassò il fucile giocattolo e la guardò come
se non capisse più nulla. «Non vuoi quel coniglio
gigante?»
Oh, era tentata perché il coniglio era bellissimo: rosa,
morbido, con una faccina adorabile, ma... no! «Devi
perdere.»
«Perdere?»
«Sì!» Perché a ogni testolina
a odango il suo
perdente, no? Era ora per lui di dimostrarglielo.
«Usako...»
Lei incrociò le braccia e gli diede la schiena.
«Non ti
guarderò più in faccia se non perdi!»
Dopo un momento di silenzio sentì dietro di sé
una serie di colpi rapidi - sparati a caso, pensò.
Si girò per fare pace.
«Ma sei fortunatissimo ragazzo!» Il gestore del
chiosco si
accucciò sotto il bancone. «Tiri senza guardare e
ti
becchi lo
stesso un premio.» Gli porse una piccola custodia trasparente.
Usagi spalancò la bocca e marciò via.
«Usa!»
Lei accelerò il passo. «Oggi non ti voglio
più vedere!»
«Non l'ho fatto apposta!» gridò lui.
«Non mi interessa!»
Maledizione, qual era la strada per uscire?!?
«Usa.» Si sentì prendere un polso.
Non ebbe la forza di strattonarlo via. Iniziò a
piagnucolare. «Uffa....» Avanzò di un
passo e
riuscì ad appoggiarsi contro il petto di lui, del suo
fidanzato che avrebbe dovuto difenderla dal cattivo che l'aveva fatta
piangere o almeno, almeno!, punirlo per bene.
«Uffa...» Lo
colpì con un pugno debole. Perché lui e il
cattivo erano la stessa persona?
«Usa?» Esitando, Mamoru le massaggiò le
spalle. «Non ho
capito niente. Cosa c'è che non va oggi? Dimmelo.»
Lei tirò su col naso e deglutì. Si
tirò indietro, per guardarlo in faccia. «Beh...
Stamattina
non me l'ero presa molto.» Erano passati tanti anni in fondo.
«Per cosa?»
Il tono innocente la fece sbottare. «Per quanto eri
antipatico! Lo sai
cosa mi hai detto?»
Lui sussultò. «Eh?»
Ora glielo faceva ricordare! «Quando ti avevo detto che mi
piaceva un
ragazzo che poi era Motoki e lui mi aveva detto che ero
speciale!»
«Eh?» ripeté lui, confuso e
più attento.
«Tu mi hai detto-» Lo scimmiottò al
meglio delle sue
possibilità, assumendo la stessa aria altera e antipatica
che l'aveva fatta stare male. «Chi va con lo zoppo impara a
zoppicare,
ogni pentola ha il suo coperchio, l'immondizia va al suo posto, a ogni
testolina a odango il suo perdente.» Nel ripetere tutte
quelle
cattiverie ad alta voce si riempì di furia. «Tutte
quelle
frasi pronte per parlare male di chi si sarebbe messo con me!»
Fu colpita, letteralmente colpita, da un'intuizione geniale,
meravigliosa. Cambiò espressione. «Per caso... eri
geloso?»
Mamoru si era rabbuiato. «No.»
Lei espirò via una nuova ondata di rabbia. «Allora
eri solo
cattivo.»
«Ero stupido. Scusa.»
Lei abbassò lo sguardo. «Non basta.» Ma
bastava, era quella
la cosa peggiore. Erano passati tre anni da quando lui si era
comportato in modo tanto infantile, ma sembravano passati secoli con
tutto quello che era successo da allora. Lei se l'era presa solo
perché era ancora una sciocca, ma... «Mi
sarebbe bastato che
perdessi al gioco di prima per dimenticare tutto quanto.»
«A ogni testolina a odango il suo perdente?»
comprese lui.
Lei annuì, mogia.
«Scusa.»
Lei non riuscì a dire 'Va bene' e si sentì
stupida.
Udì un suono e le parve, forse, un sorriso.
«Sai cosa farei se potessi? Tornerei indietro nel tempo e
direi al me
stesso di allora di piantarla. Si stava rendendo ridicolo.»
Usagi aggrottò la fronte, ma manenne lo sguardo basso.
«Non ero geloso di te, Usa. Solo invidioso, te l'avevo
detto.»
Invidioso della sua allegria, della sua spensieratezza, della sua vita
tranquilla e felice, come quella che lui non aveva mai avuto.
Alzò lo sguardo, sentendosi meschina non in passato ma in
quel preciso momento. «Scusa.»
«Me l'hai detto spesso oggi» sorrise lui.
«Dopo tanti incidenti.»
Lei scrollò le spalle.
«Me li meritavo» concordò Mamoru.
«Già.»
«Lo vuoi?» si sentì chiedere.
Abbassò lo sguardo. «Cos'è?»
Lui aprì il premio che aveva vinto al chioschetto. Da una
confezione di plastica minuta estrasse un anello di plastica
altrettanto minuto ma molto grazioso.
«In segno di pace» fece lui, prendendole una mano.
«Immagina che abbia
voluto dartelo dopo il ballo in maschera a cui avevamo partecipato. Era
passato poco tempo da quando avevo insultato il tipo che sarebbe
diventato
il tuo ragazzo, perciò mi sembra una bella vittoria per te:
a
quel ballo ero io a seguirti dappertutto, non il contrario.»
Per non sorridere troppo lei si morse le labbra. Quando ebbe al dito
l'anello azzurro sollevò in aria la mano e rimirò
la graziosa lucentezza del gioiello di plastica. «Beh, ma ero
trasformata. Era merito della penna lunare.» Inoltre, se non
fosse
stato lui a seguirla, lei lo avrebbe braccato senza lasciargli un
attimo di respiro.
«Ti faceva sembrare un po' più grande.»
Lui seguì
con lo sguardo l'anello. «Meno di adesso però.
Chiariamo che io ora sarei felice di
chiamarmi zoppo, coperchio, immondizia e anche perdente se servisse a
stare con te.»
Lei cercò di non saltargli al collo. Fu uno sforzo tremendo.
«Ti se molto evoluto in
questi anni. Dalle stalle alle stelle.»
«Diciamo così» sorrise lui, tranquillo,
dolce e di nuovo
solo e solamente il suo Mamo-chan.
Usagi si morse le labbra. «Te la prendi se interrompiamo il
nostro
appuntamento e torniamo a casa tua?»
L'espressione di lui iniziò a intuire.
«Per farmi perdonare» aggiunse lei.
Mamoru annuì. «No. Stranamente non me lo
prendo.»
Usagi intrecciò le dita con le sue e sorrise al cielo.
«Andiamo allora!»
FINE
NdA : spero che questa piccola storia vi abbia fatto divertire
:)
Ogni commento è sempre graditissimo.
Se aspettate nuove per la terza parte del capitolo 26/2 di 'Verso
l'alba', volevo solo farvi sapere che sono un po' bloccata, ma
è normale: sapevo che sarebbe stata
complessa da scrivere. Per questo ho scelto di prendermi un'oretta di
pausa e buttare giù questa storiella semplice.
Alla prossima!
ellephedre
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