Narnia's
Spirits
[Spin
Off]
Promise
Peter
stava
percorrendo un corridoio di Cair Paravel che lo avrebbe
portato nella sala vicina a quella dei troni, dove sapeva essere
riuniti i suoi fratelli. Era
la stessa in cui lo aveva portato Aslan
poco dopo l'incoronazione per fargli sapere quella cosa. La
sala con il
caminetto, a cui davanti stavano cinque poltrone di velluto rosso che
circondavano un tavolino, a due lati della stanza tre grandi
vetrate, due delle quali davano sulle terrazze attigue.
La
luce
mattutina penetrava dalle finestre ad arco alla sua sinistra,
riflettendosi poi sulla corona d'oro che spiccava sul capo del ragazzo,
la quale andatura era fiera, composta e regale.
Il
sole era sorto da
qualche ora, ed i Pevensie avevano già fatto la prima
colazione circa mezz'ora prima, tutti insieme, mentre la vita nel resto
di Narnia aveva inizio. Si erano poi divisi, come sempre, mentre ognuno
si andava a sistemare definitivamente nelle proprie stanze, per potersi
mostrare poi a coloro che arrivavano a corte.
Quel
giorno
però, a quanto gli aveva rammendato Oreius poco prima, non
erano previsti incontri. Ci
sarebbe stata una festa due settimane
più tardi, e loro dovevano concentrarsi sul prepararla.
I
due fauni di vedetta davanti alla porta della sala aprirono le porte,
per poi inchinarsi in segno di rispetto. Peter rispose con un cenno,
sorridendo appena e facendo la sua comparsa nella sala.
Stava andando
tutto meravigliosamente bene.
Gonfiò
il petto, orgoglioso e
sereno, mentre faceva scorrere lo sguardo sui presenti e l'aura di
famigliarità lo circondava.
Susan
stava leggendo un libro
seduta sulla poltrona vicino al camino, spento per via del tepore
primaverile. Alzò lo sguardo su di lui, sorridendogli, per
poi tornare a concentrarsi sulla lettura quando il fratello le rispose
con un cenno del capo. Lucy
ed Edmund parlavano con la signora Castoro,
i due regnanti seduti sulle poltrone vicino la Dolce e la Narniana su
un cuscino. Il
marito di questa e Tumnus erano ad un lato, vicino alla
parete e dando la schiena ad una finestra, osservando i reali mentre si
scambiavano qualche battuta.
Gli
occhi azzurri di Peter si soffermarono
sul resto della sala, trovandola vuota.
Mancava
Eve, ma probabilmente
non era ancora pronta del tutto. Anche
se quella mattina, a colazione,
era sembrata strana, distratta. Ricordò
il
viso pallido, gli occhi oscurati da
un velo molto simile ad una paura nascosta e le occhiaie di chi non ha
dormito molto.
Se
n'era accorto, ma non appena aveva provato ad
avvicinarsi lei era sgusciata via, liquidando tutto con un malessere.
E
dannazione, lui non era mica stupido. La conosceva, e sapeva
benissimo
che non avrebbe aperto bocca nemmeno sotto tortura, per non fargli
pesare la cosa.
Sospirò,
scuotendo il capo e iniziando ad
avvicinarsi agli altri.
Possibile che non
capisse mai che facendo
così faceva solo preoccupare di più lui e gli
altri? Diamine, ormai aveva quasi
vent'anni!
Quando
arrivò
davanti agli altri Lucy lo salutò radiosa, mentre Edmund gli
faceva un cenno con il capo e la Sig. Castoro un inchino dopo essersi
lustrata velocemente il pelo.
-Prego,
continuate come se non ci fossi-
disse, per poi muoversi verso gli altri due. Anch'essi
fecero una
riverenza, mentre Tumnus azzardava a parlare dopo aver studiato il
volto del Pevensie.
-Qualcosa
vi turba?- domandò, apprensivo,
cercando di non farsi sentire da Lucy. Peter
annuì,
pensieroso, mentre lo ringraziava per la discrezione nel non attirare
l'attenzione della più piccola.
-Avete notizie di Eve?-
domandò, serio. I due
negarono.
-L'ultima volta che abbiamo
visto vostra sorella, Sire, è stato quando vi siete divisi
tutti poco tempo fa- spiegò il Sig. Castoro, scambiandosi
uno sguardo con Tumnus per constatare che la versione era la stessa per
entrambi.
-Capisco- mormorò, piano, sospirando.
-Forse
vi raggiungerà tra poco. Magari non è
ancora pronta- ipotizzò il fauno. Il
Pevensie sorrise:
effettivamente c'era anche quella possibilità.
-Vi
ringrazio- proferì, per poi raggiungere i fratelli e sedersi
anch'egli su una poltrona, iniziando a parlare con gli altri.
***
Stava
correndo. O
meglio, stava camminando
velocemente dopo essersi
appurata di avere la via per il giardino libera. Sulla
sua strada
incontrava talvolta delle ancelle o dei centauri, ma fortunatamente i
fratelli sembravano già tutti riuniti nella solita sala.
Svoltò
un angolo, uscendo da una porta-finestra e
ritrovandosi il sole contro il volto. Non
era molto forte,
però le fece strizzare ugualmente gli occhi, mentre si
metteva una mano sulla fronte per attutire il fastidio.
Continuò
a camminare, aggirando il giardino solito e
raggiungendo il frutteto, dove i raggi del sole arrivavano in
maniera più equilibrata e i rami degli alberi in fiore
donavano un'ombra quasi rinfrescante.
Si
sedette, appoggiando la
schiena sotto il tronco dell'albero che stava alla fine del giardino,
nascosto dagli altri e leggermente più in ombra. Alla
sua
destra c'era un muretto, che dava sul promontorio che s'affacciava sul
mare dell'est.
Evelyn
sospirò, gli occhi persi, portando
tutti i capelli raccolti in una mezza coda da un lato, sciogliendo dei
nodi, mentre le driadi in lontananza la cullavano con le loro risate
delicate.
Sapeva
di non avere una bella cera: era pallida, e non era
riuscita a nascondere le occhiaie che le poche ore di sonno le aveva
portato. Lasciò
stare i fili mogano, appoggiando il mento
sulle ginocchia attirate contro di se, mentre il suo volto si faceva
pensieroso.
-Eve, stai bene?- Peter
le pose quella domanda inaspettata,
parandosi davanti a lei che in risposta aveva alzato di scatto lo
sguardo dal pavimento. Si sforzò di
sorridere, rassicurante.
-Certo- mormorò, mentre vedeva il fratello maggiore
scrutarla, attento.
-Non mi menti, sai?- sobbalzò, quando il
Pevensie le fece intendere che non le aveva creduto.
Fingeva
così male?
-Sto bene, solo un po' di
malessere passeggero-
sibilò, indispettita, affilando lo sguardo.
I
problemi che
aveva, dopotutto, erano pur sempre i suoi, mica di suo fratello.
-Qualcosa ti preoccupa?- Peter
rincarò la dose, non badando
al tono brusco della sorella e restando apparentemente indifferente al
fatto che si fosse messa sulla difensiva. Eve fece due respiri lenti,
mentre preparava la voce in modo che non tremasse e rendendosi conto di
quanto Peter la conoscesse.
-Va tutto bene-
disse, quando fu sicura. Nonostante ciò, il
tono di voce le
si incrinò prima di finire completamente la frase. Si
ritrovò a mordicchiarsi il labbro inferiore, maledicendo il
magone che l'aveva assalita a quel ricordo.
-Ora scusa, ma devo andare
a finire di prepararmi- tentò di liquidare la questione con
la prima scusa che le era venuta in mente, iniziando a superare il
fratello, dopo aver appurato che nella sala in cui aveva appena fatto
colazione con gli altri rimaneva solo lei e Peter, in piedi l'uno
dinanzi all'altro a poca distanza dalla porta.
Si ritrovò
bloccata, una stretta decisa ma delicata, non intenta a farle male, che
fermava la sua camminata di fuga.
Qualcosa si
dibatté
furiosamente dentro di lei, mentre la sensazione di essere in trappola
non le piaceva per niente.
-Dimmi Evelyn, perchè
ho capito
che qualcosa non va. Sono il Magnifico, mica lo stupido- Eve si
ritrovò a sorridere, mentre si voltava leggermente verso
Peter, un senso di familiarità e sicurezza che sostituiva
l'ansia di pochi attimi prima.
-Grazie, ma sto bene- disse,
guardandolo
dritto negli occhi. Il Pevensie capì che
non avrebbe
ottenuto niente, e inoltre lo sguardo di sua sorella…
Sgranò gli occhi,
senza farsi notare. Sua sorella aveva una
scintilla implorante negli occhi chiari, nascosta dalla finta
tranquillità che lasciava trapelare, che lo pregavano di
lasciarla andare.
Cedette.
Le voleva bene, vederla
così era
uno strazio.
-Va bene- asserì,
mollando la presa sul suo
braccio -ma se hai bisogno... -
-Ci sei- finì Eve per lui,
sorridendogli leggermente, non potendo nascondere un po' di
serenità.
-Lo so Peter, grazie-
mormorò, dandogli
poi le spalle e incamminandosi verso la sua stanza.
Chiuse gli
occhi,
portando la testa indietro appoggiandola alla corteccia dietro di lei e
mettendosi a guardare le fronde degli alberi che la circondavano,
i capelli mossi dal vento che proveniva dal mare.
Non
poteva certamente far preoccupare tutti per una sciocchezza. Che tra
l'altro riguardava lei, e lei soltanto.
Sospirò.
Così
però li faceva preoccupare lo
stesso, quindi
la storia non cambiava e lei era sempre la colpevole. Come
fino a poco
tempo prima, con Edmund.
Quanto stupida era
stata?
Si
perse nei suoi
pensieri, ascoltando i rumori della natura Narniana per rilassarsi.
-Ma
Evelyn non
è ancora arrivata?- Lucy fece quella domanda
innocente e Peter si ritrovò d'accordo con lei. Erano
almeno
due ore che la stavano aspettando, e lei non si era ancora fatta viva.
-Forse
si sente poco bene- azzardò Susan, posando il libro
sul tavolino dopo aver lasciato il segno, non nascondendo un tono
preoccupato nella voce. Era così presa dalla lettura che non
si era accorta del tempo che passava.
Lucy
sobbalzò, allarmata.
-Davvero?-
chiese apprensiva, voltandosi verso la sorella maggiore. Quella
le
sorrise comprensiva, dopo essersi scambiata un'occhiata con gli altri.
-E' solo un'ipotesi, Lu, stai tranquilla- la
rassicurò. La
Pevensie non sembrò esserne del
tutto convinta, però sorrise lo stesso alla sorella,
cercando lo sguardo del maggiore. Lo
trovò che la guardava,
rassicurante.
-Vado a cercarla, va bene?- proferì,
conciliante. Lucy
annuì, sorridendogli.
-Allora
vai tu e poi
portala qui. E' capace di perdersi via per ore- l'affermazione pungente
di Edmund arrivò chiara e limpida ad un Peter che si stava
alzando dal suo posto. Non
voleva essere un'offesa nei confronti della
sorella, per niente, specialmente se lei non era presente. Stava
facendo sottintendere che per una delle rare volte avrebbe lasciato a
Peter il compito di starle vicino e farla sfogare.
Il
fratello sorrise,
intuendo ciò che il Giusto aveva lasciato trapelare ed
iniziò ad avviarsi in cerca di Eve, decidendo come prima
tappa la sua stanza.
Bussò
tre volte.
-Evelyn?-
domandò, posando la mano sulla maniglia e aprendo la porta.
Ciò
che lo accolse quando la aprì definitivamente
fu una tenue luce azzurrina data dalle tende blu davanti alla finestra
della stanza di Eve e una ventata di vento fresca e delicata che
penetrò dalla portafinestra lasciata aperta, per far
cambiare l'aria della notte, che gli scompigliò i capelli.
Uscì,
chiudendo la porta alle sue spalle e dirigendosi verso
l'entrata principale di Cair Paravel, un solo pensiero in testa:
A sua
sorella piaceva stare all'aperto, in mezzo alla natura. E lui sapeva
anche il Perchè.
Quando
domandò di Evelyn alle
driadi che giocavano in mezzo al giardino queste risero, felici,
indicandogli poi la strada ed accompagnandolo per un breve tratto
girandogli intorno con gioia, i loro corpi fatti d'aria che fluttuavano
leggeri e i petali dei fiori che le ricoprivano delle
tonalità che andavano tra il blu e il bianco, per poi
sfociare in porpora o verdi chiari.
Queste
ad un certo punto lo fecero
proseguire da solo, e lui le ringraziò, esibendosi in un
inchino galante.
S'incamminò
verso l'albero più
grande, e quando scorse Eve non poté fare a meno di aprirsi
in un sorriso, cercando di nascondere la preoccupazione che l'aveva
assalito nel vederla fissare inespressiva il cielo che si scorgeva.
***
Sentì
dei
passi avvicinarsi e si risvegliò dal
suo stato di torpore, sussultando e mettendosi sull'attenti senza
nemmeno volerlo del tutto. Sapeva
che li a Cair Paravel non correva
rischi, ma non poteva fare a meno di spaventarsi e mettersi sulla
difensiva ogni volta. Riconobbe
la figura di Peter avanzare tra gli
alberi e abbassò lo sguardo, ansiosa: ora? Che
avrebbe fatto
ora? Non
voleva parlare, però avrebbe tanto voluto farlo.
Sentì
la sua presenza avvicinarsi e sovrastarla per
qualche attimo, per poi sedersi da parte a lei. Entrambi
restarono in
silenzio, ognuno perso nei propri ragionamenti.
-Ho
fatto un sogno- la
voce di Evelyn spezzò il silenzio attorno a loro che si era
creato da
non pochi minuti.
Alla fine aveva ceduto. Peter l'aveva sempre aiutata,
protetta, rassicurata.
Forse… forse avrebbe
potuto darle
conforto anche in questo.
-Davvero?-
la voce del Pevensie
risuonò calma, mentre si voltava leggermente a guardare la
sorella, con ostinatamente lo sguardo basso a guardare i fili d'erba
davanti a lei.
Sorrise
Peter, mentre gli si scaldava il cuore nel
sapere che finalmente avrebbe scoperto cosa la tormentava tanto.
La
scorse annuire, pensierosa.
-Beh, più che un sogno
è stato un incubo- Peter si fece attento, sentendo
distintamente la voce di Eve incrinarsi, quasi come se stesse per
piangere. Come aveva
potuto sconvolgerla
tanto un singolo incubo, per
quanto terribile potesse essere? Non era
più una
bambina e
sapeva benissimo che i mostri non esistevano.
-Ti
va di raccontarmelo?-
domandò, apprensivo, voltando il viso completamente verso di
lei, scrutandola. Quella
annuì, semplicemente.
Si trovava in
groppa ad un cavallo che correva, nel fitto del bosco dell'ovest
diretto verso una meta a lei sconosciuta. Si limitava a reggersi
alle
redini, stringendo lei ginocchia ed evitando dei rami più
bassi che incontrava sulla traiettoria.
Eve sentiva
distintamente
l'aria tra i capelli, il respiro cadenzato dell'animale e gli zoccoli
che calpestavano il terriccio coperto di foglie dalle tinte rossastre o
gialle.
Era autunno.
Una strana sensazione di
libertà le
scoppiava nel petto, mentre vedere la natura - la sua natura, quella di
Narnia, quella della sua casa e del suo mondo – scorrerle da
parte.
Il cavallo diminuì
l'andatura, mentre i due arrivarono
in una radura. Al centro c'era un grande
albero, che Eve si
bloccò a guardare mentre il destriero continuava ad avanzare
verso il centro del grande spiazzo d'erba, al passo. La ragazza
distolse lo sguardo dal ciliegio, posandolo sul cielo turchese e
limpido.
Era sola, in quell'enorme
radura, mentre tutt'attorno a lei si
trovavano alberi ed erba, smossi dall'aria autunnale che proveniva da
nord. Smontò, lasciando il
cavallo libero e
s'avvicinò alle fronte dell'albero, improvvisamente stanca.
Non poté fare a meno
di sdraiarsi, cullata dai rumori di
Narnia e addormentarsi, unico pensiero fisso il non voler mai, per
nessuna ragione al mondo, abbandonare la sua terra magica che definiva
casa.
Uno scoppio vicino, troppo
vicino, di qualcosa che esplode
svegliò Eve di scatto, facendola sobbalzare, il panico che
montava. Sgranò gli occhi,
riconoscendo dove si trovava: nel
letto di camera sua.
A
Londra, con la guerra in corso in piena notte. E
alla sua età di ragazzina quattordicenne.
-Eve
vieni!- Susan la prese per mano, e lei si lasciò trascinare
giù dal letto come un automa, non capendo: ma
non stava a
Narnia, pochi minuti prima?
-Sue, sbrigati! Vieni!- Peter,
con in
braccio una Lucy piangente, aspettava che le altre due sorelle lo
raggiungessero.
-Che… che succede?-
Evelyn si decise
finalmente a parlare, mentre tutti e cinque i Pevensie uscivano di casa
per andare al rifugio in giardino.
I rumori degli aerei erano
mischiati
ai fischi che facevano le bombe quando venivano lanciate, e gli scoppi
dei punti in cui esse colpivano facevano tremare tutt'attorno. C'era
odore di cenere e morte, misto ai pianti delle persone o le grida dei
bambini disperati per la paura.
-Come che succede?- Edmund le
rispose
pungente, mentre reticente veniva trascinato da Peter che lo teneva per
mano.
-M-ma… Narnia-
esalò, senza capire.
-Eve,
aumenta il passo, siamo in pericolo!- Susan la pregò e lei
non se lo fece ripetere due volte, aumentando l'andatura.
-E smettila di
pensare alle tue cose senza senso, probabilmente stavi sognando-
finì Edmund, liberando la sua mano da Peter ma continuando
comunque a seguirlo dopo che questi lo aveva rimproverato con lo
sguardo.
Mancavano pochi metri, e poi
sarebbero stati al
sicuro.
-S-senza senso?- la sua voce
uscì
tremante, mentre il respiro le si bloccava.
Non si ricordavano
di
Narnia? Come
potevano?
“Probabilmente
stavi
sognando”
Le si gelò il sangue
nelle vene.
Era
stato tutto un bellissimo sogno?
Un fischio acuto, molto vicino a
loro
e che si avvicinava la ridestò, mentre sentiva la bomba che
scoppiava a poche case di distanza dalla loro. Ciò che
l'accolse, dopo, fu solo buio.
Il
Pevensie
l'ascoltò, in silenzio, capendo il problema,
annuendo di tanto in tanto.
-Peter…-
Evelyn
sussurrò il suo nome poco dopo aver finito di raccontare il
sogno che raccoglieva le sue paure più profonde.
Abbandonare
Narnia, scoprire che non era niente, che non esisteva. Le
lacrime che
dal cuore non arrivavano agli occhi, nonostante fossero lucidi, erano
trapelate dalla voce tremante ed implorante, un peso alla bocca dello
stomaco che la rendeva agitata.
-Rimarremo
qui per sempre, vero?-
domandò lei speranzosa alzando lo sguardo su di lui, la voce
che tremava d'ansia in caso di risposta negativa. Peter
sorrise,
circondandole le spalle con un braccio con fare affettuoso e
protettivo.
-Ma
certo. Questa è la nostra casa-
affermò sicuro, sul viso un sorriso radioso e caldo che
rilassò la sorella. Eve
abbozzò un sorriso.
-Prometti?- domandò, porgendo il mignolo.
-Prometto- rispose
il fratello, porgendo il suo e intrecciandoli in un giuramento. Evelyn
sospirò mentre Peter le parlava di Lucy che era preoccupata.
Ancora una volta si era
sbagliata a non volersi
fidare di loro.
***
I
cavalli correvano
per il sentiero nella foresta Narniana, il cervo
bianco davanti ai cinque ragazzi che ridevano felici. Edmund
rimase
indietro, lasciando prendere fiato a Philip, il suo bosco che lo
circondava e il cervo che se la batteva, seminandoli.
-Ed!-
gli altri
Pevensie tornarono indietro, richiamandolo, non appena si resero conto
che erano rimasti solo in quattro.
-Che
stai facendo?- gli
domandò Eve, curiosa, venendo poi affiancata da Peter e
Lucy, la quale aveva al suo fianco Susan.
-Prendo
fiato- rispose ovvio, accarezzando il manto del suo cavallo.
-Di
questo passo prenderemo
giusto quello- lo rimbeccò la più piccola, per
poi rivolgersi alla sorella maggiore.
-Come aveva detto Susan?- chiese,
in tono ironico. Quella colse gli intenti della Valorosa, e non si
tirò indietro.
-Ragazze voi restate al castello, lo prendo da
solo il cervo- lo schernì, gonfiando la voce. Tutti
e cinque
scoppiarono in una risata a quell'imitazione, ricordando bene la
discussione.
-Cos'è?-
Peter smontò
da cavallo, attirando l'attenzione generale ed avvicinandosi ad un palo
ricoperto d'edera. Gli
altri lo imitarono, mentre osservavano l'oggetto
pensierosi.
-Come
in un sogno- affermò Susan, come ipnotizzata.
-O dal sogno di
un sogno- la corresse Lucy, mentre rispolverava i ricordi in cerca di
qualcosa d'utile. -Armadio
guardaroba- esalò poi, iniziando
a correre verso una meta poco precisa dove la guidava l'istinto.
Gli
altri la richiamarono, ma non ci fece caso, continuando ad avanzare.
Eve
seguiva gli altri, curiosa e pensierosa, mentre vedeva sua sorella
addentrarsi in un varco in cui i pini coprivano la visuale.
Man
mano
che avanzavo i suoi fratelli protestavano tra loro, mentre lei era
persa in fondo a cercare di ricordare qualcosa che le potesse essere
d'aiuto. Aveva
una strana sensazione, i muscoli che si muovevano
perchè dovevano ma l'istinto dentro di lei che le diceva di
correre indietro e lasciar perdere, che stava incappando in un grosso
errore.
-Sono
cappotti- la frase proferita da Susan le fece scattare
qualcosa nella mente e nel corpo, mentre sgranava gli occhi,
ricordando.
E sarebbe
stato un errore, tornare dall'altra parte.
-No,
fermi!- tentò di richiamarli, allungando il passo e cercando
di raggiungerli, facendosi strada tra i cappotti che divenivano via via
più fitti. L'ansia
le stava mandando in panne la mente, e il
cuore batteva furioso per la paura di ciò che sarebbe potuto
accadere se non li avesse fermati in tempo.
Faceva
caldo li in mezzo, e
non vedeva dove stava andando. Aveva
un bruttissimo presentimento,
mentre una forza dentro di lei si dibatteva per bloccarla e farla
tornare indietro, lasciando perdere i suoi
fratelli.
Esultò
internamente quando finalmente riuscì ad afferrare un lembo
del vestito di Susan, ma l'abito di sua sorella era già
tornato
ad essere un semplice maglione.
E il ricordo
della promessa
andò in frantumi, mentre il cuore di Eve subiva una crepa
anche dove non se lo sarebbe mai aspettata. Si ruppe tutto
il suo
mondo, come un vetro in mille pezzi.
Il
suo sorriso scomparve,
e i suoi occhi si oscurarono di un velo di tristezza ed apatia.
Lo
sapeva. Lo intuiva, come una
lama ghiacciata conficcata direttamente
nel cuore. Sapeva
che… Era
ormai troppo tardi, per poter tornare
indietro.
***
Oila
gente! In
questo periodo
sto invadendo la sezione delle cronache mica da ridere o.O Allora,
questa shot.
E'
la più lunga che abbia scritto,
insieme a Fragola
E Limone
- che vi consiglio di leggere, se volete -. Allora,
precisazioni
importanti su questa shot
che sarà collegata,
come Necklace
of Feeling,
alla storia principale e la
tratterò anche li - insieme ad altre decine di cose che
riguardano la prima avventura a Narnia e i Pevensie durante
l'età D'oro, come i momenti clou -.
-
Come è stato con Eve, anche se come potete
vedere non ci sono grandi cambiamenti.
-
Perchè do degli
indizi su Evelyn, come si potrebbe capire da alcune frasi in corsivo,
da alcune sue sensazioni provate.
-
Perchè mi serve in
qualche modo per introdurre il suo personaggio, e alcuni comportamenti
che terrà nella storia principale, ad esempio il non farsi
coinvolgere troppo, per paura che questo le venga strappato via.
Credo
basta o.O Non ho messo l'avviso incesto
perchè il suo amore per Edmund viene solo sfiorato, lui
addirittura non viene nominato molto, e insomma, chi segue la long sa
che comunque incest è sempre sottinteso in qualche modo
nelle storie che riguardano questa serie.
Per
il resto non posso fare altro che ringraziarvi tutti voi che mi
seguite, spero che anche questa shot vi sia piaciuta ^^
Un
abbraccio
Cla
<3***
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