Un piano rovinato dalla Morte
Tic. Tic. Tic.
Come se no fosse già abbastanza fastidioso stare
lì, pure quei suoni ripetitivi si impegnavano per
disturbarla.
Quando Violin era svenuto avevano chiamato lei, proprio lei.
Era un'ironia davvero inaccettabile.
La preside del Monteverdi era lì, nella stanza
dell'ospedale. Davanti a quello che nel tempo era diventato suo nemico:
Mark respirava lentamente ed emettendo ogni tanto un rantolo
proveniente da una cassa toracica ammalata e triste.
Guy's Hospital... sarebbe bastata una sola lettera per
cambiare il nome in qualcosa di contrario alle pari
opportunità.
La preside si alzò dalla sedia dov'era seduta e
si avvicinò lentamente al letto, facendo risuonare nella
stanza vuota il rumore dei tacchi, squadrando dall'alto il musicista.
“Hai rovinato ogni cosa...”
Non aveva mai sopportato il talento e la ricchezza di
Stradivari e quando aveva presentato Mark alla classe era stata
contenta di lui. Sarebbe stato la stella che avrebbe oscurato la
popolarità di Victor. Era perfetto: il nuovo arrivato che
scalza quello bravo.
Ma poi avevano cominciato a girare quelle voci, voci che
parlavano di una relazione sbagliata e a dir poco scandalosa. Una cosa
del genere nella sua scuola, non poteva permetterlo! Già ce
n'erano degli altri come loro, se qualcuno l'avesse saputo? Cosa
avrebbero detto le persone?
La consideravano sicuramente una donna omofobica e di
mentalità ristretta. Ma se lei doveva accettarli
perché erano nati così, non potevano loro fare lo
stesso? Anche lei era nata così.
Ed era stata lei a dire “Vorrei che aiutasse il
signor Violin ad ambientarsi”...ottimo, più
ambientato di così.
Aveva saputo prima di Victor che qualcosa tra i due
sarebbe...sbocciato. E allora per impedirlo aveva fatto una cosa
orribile: pagare qualcuno che picchiasse Mark, che lo spaventasse e gli
mettesse paura. Doveva andarsene. Aveva pagato un barbone, un
ripugnante essere della strada! All'inizio era inquieta all'idea della
sua stessa decisione e poi si era infuriata perché non aveva
funzionato!
Li aveva visti al parco quel giorno, e allora non c'era
stato più nessun dubbio.
Allora aveva pensato ad un altro modo per gettare fango su
di loro, non li sopportava più.
Ma poi...poi si era messa in mezzo un'altra forza. Una forza
oscura invincibile: la malattia.
Mark distava un metro da lei addormentato, mentre lottava
immobilmente tra la Vita e la Morte.
Dopo tutto quello che aveva fatto per farli lasciare non
poteva frapporsi qualcosa che avrebbe reso vano ogni suo tentativo.
Mark era un avversario, un nemico senza il quale la sua lotta era
inutile. Non poteva morire, non doveva morire. Aveva desiderato
rovinare la sua vita, ma questo era sbagliato, era esagerato. Adesso le
dispiaceva che stesse male, certo poteva guarire, ma con un cuore non
si scherza.
“Non voglio che tu muoia, idiota!”
Ormai aveva quasi bisogno di lui e di Victor, non le serviva
che la morte interferisse!
Non se ne accorse subito, ma una lacrima scivolò
sulla sua guancia.
Mark mugugnò qualcosa nel sonno: stava per
svegliarsi.
Non poteva permettere che lui la vedesse vulnerabile, anche
se non avrebbe capito.
“Avresti dovuto darti allo studio del flauto, per
te era più appropriato!” esclamò
uscendo dalla stanza senza nemmeno girarsi a guardarlo.
Questo è uno spin-off di un racconto scritto da Herit: Anche
gli Dei muoiono. E' ambientato nella metà
dell'undicesimo capitolo.
I personaggi non mi
appartengono, ma sono di proprietà dell'autrice, che mi ha
dato la sua autrizzazione per utilizzarli.
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