Acqua
viva
Autore: ellephedre
Disclaimer: i
personaggi di
Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di
proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.
Aprile
Ami era
impegnata in un cruciverba. Se ne stava seduta sulla panchina
di fronte alle vetrate dell'American Bookstore, accarezzandosi a il
labbro con
la piccola gomma rossa della matita a punta morbida mentre meditava
sulla
soluzione.
Alexander conosceva molte persone che riflettendo
guardavano il cielo, per evitare distrazioni.
Ami non distoglieva lo sguardo dal problema se la soluzione le
sfuggiva: teneva gli occhi fissi sul foglio, sul libro, sulla persona e
non abbassava le palpebre fino a che non aveva iniziato un primo
ragionamento. A volte lui la prendeva in giro facendole notare che
così
si ostruiva i dotti lacrimali.
Lei sorrideva e non gli credeva. I suoi dotti erano puliti e i
suoi bulbi oculari resistenti.
Intorno a lei aleggiava sempre un profumo
d'acqua. Standole accanto a lui spesso veniva sete.
Era troppo
lontano per produrre rumori che potessero disturbarla, ma Ami
sussultò come se le avessero solleticato il collo.
Alzò lo
sguardo e lo individuò. Si lasciò sfuggire un
sospiro di rassegnazione.
Lui coprì i dieci metri che li separavano,
divertendosi a
camminare piano. «Sono senza speranza?» le
domandò sedendosi al suo fianco.
Lei scrisse un'ultima parola in una fila vuota di caselle.
«Già.» Posò la
matita e chiuse la rivista di enigmistica, rimettendola dentro la
borsetta in cuoio bianco e azzurro. La chiusura metallica rappresentava
una margherita. Lui accarezzò il fiore mentre le dita di lei
premevano sulla clip.
Al contatto Ami si lasciò sfuggire una risata
leggera, di
quelle che
gli facevano venire voglia di toglierle la giacca, sollevarle la
camicia e accarezzarle lentamente la schiena nuda.
«Scusa» le
disse, accontentandosi di strofinarle un polso. «Ti costringo
a soffrire le mie vergognose
abitudini. Però ti
sei detta d'accordo.»
«Quando?»
«All'inizio della nostra relazione. Era una clausola
non
scritta sul retro di quei 'I love you'.»
Lei lasciò che fosse il suo silenzio a divertirlo.
Il sole
brillò
sui suoi capelli blu scuro mentre appoggiava la testa contro la sua
spalla. «Non mi dà fastidio, sai?
È
solo che non capisco cosa possa
esserci di tanto interessante in me.» Esitò, la
pausa di quando cercava di esprimere a parole un sentimento.
«In effetti anche io
ti guardo spesso, quando non te ne accorgi. Non mi stanco mai,
perciò forse so cosa provi.»
«Certo che me n'ero accorto.»
«Non ti sei mai
girato.»
Lui sollevò un sopracciglio, generandole un dubbio.
«Lo
facevo apposta. Immaginavo che mi stessi ammirando. So che non puoi
farne a meno dato che sono absolutely
handsome.»
Ridendo in silenzio, lei abbassò le palpebre,
riposando contro di lui. «Per fortuna la modestia non
è la
ragione per cui mi piaci. Ma ti sbagli, sai? Non è per
l'aspetto. Ti osservo anche
così.»
«A occhi
chiusi?»
Lei
annuì. «Mi piace il tuo viso, ma lo
amo perché lo associo a
quello che fai. Per esempio...» Sollevò un dito e
trovò a memoria
il suo mento. «Quando guardo questo punto mi ricordo di
quando ti
sei
sporcato col gelato. Ti sei vergognato come un bambino.»
Salì col
polpastrello e gli tastò la bocca. Alexander
resistette all'impulso di imprigionare il suo dito tra le
labbra.
«Quando
guardo questa penso a... lo sai» mormorò Ami.
«Ma
anche alla
sciocchezza che mi hai detto la prima volta che ci siamo
visti.»
Lui a stento riusciva a ragionare e lei lo prese come un
invito a spiegare.
«Il caso che secondo te voleva farci incontrare. Al
massimo
può essere stato il destino, il caso-»
«- non ha un ordine. Stavo cercando di non essere
teatrale e
melenso.»
Col viso rivolto al sole, lei sembrava il soggetto di un
antico quadro
europeo. Forse nessuno dipingeva una donna dagli
occhi chiusi, ma la vista per Ami stava nella mente. Per
vedere
realmente lei non aveva bisogno d'altro.
«Stai dicendo che non ha importanza che faccia
abbia» asserì lui. «È il
miglior complimento
che abbia mai ricevuto sul mio aspetto.» Solo altre due
persone nella sua vita - Nanny Shoko e
Yamato - gli avevano fatto capire che non badavano al suo aspetto, ma
non lo avevano mai espresso ad alta voce.
Ami riaprì le palpebre. «Ha importanza
solo
perché
ormai questa faccia la conosco. Ma mi saresti piaciuto anche se fossi
stato come...» Cercò un esempio nella folla.
«Come quel ragazzo
là.»
Gli aveva indicato col mento un tipo di media altezza,
dall'aspetto
decente e con un'aria impegnata. Ignaro, il ragazzo stava percorrendo
la
via immerso nella lettura di un giornale.
«Vorrà dire che starò attento
a quelli
come lui.»
Lei ridacchiò. Tornando dritta,
stiracchiò le braccia.
Gli
sembrò di sentire il suo collo che scricchiolava e
provò male per
lei. «Ti ho fatta aspettare. Scusa se non ho saputo dirti a
che ora sarei
arrivato.»
«Non importa. Che cosa dovevi fare?»
Qualcosa
per cui valeva la pena di alzarsi alle sei di mattina e sacrificare una
giornata di lezioni. «Ho comprato dei biglietti.»
Tirò fuori dalla
giacca il suo tesoro cartaceo.
Lei piegò la testa per
leggere. «GP di Suzuka?»
«Moto» spiegò fiero lui e la
sola parola gli provocò un brivido di
piacere. «Sono i
biglietti per la tappa giapponese del campionato mondiale. Mi sono
svegliato presto e mi sono assicurato due posti d'oro.»
Ami gli
sfilò dalle dita i biglietti, con lui che opponeva
un'istintiva e
minuscola
resistenza. Volle quasi chiederle di
stare molto attenta a non romperli, ma si zittì in tempo.
Ami li stava osservando con attenzione. «Forse
riesco a
venire.»
Lui
inorridì. «L'altro biglietto è per
Yamato, non per... Volevi venire
anche tu?» Sarebbe riuscito a prendere un altro ingresso? A
quell'ora
ormai sarebbero rimasti solo posti defilati e lui avrebbe dovuto
comprarne
due in quella zona se veniva anche lei. Sarebbero finiti in
fondo, in un
posto lontano dalle curve migliori.
Ami interruppe il suo sospiro a
metà. «No-no, scusa.»
Arrossì. «Pensavo che mi stessi invitando. Non ho
mai pensato di andare a una di queste corse,
anche se...» Scrollò le spalle e nei suoi occhi
brillò una luce
d'interesse.
La certezza di non dover rinunciare al posto
faticosamente conquistato lo rilassò.
«Non dirmi che ti
interessi anche di motori?»
La sua risata non la divertì. «Be',
sì. Una
volta ho lavorato in un'officina.»
Lui rimase senza parole.
«La proprietaria teneva molto a riparare un auto
d'epoca.
L'ho aiutata a rimetterla in strada.»
Alexander boccheggiò.
Ami
lo prese come un invito a raccontare. «All'inizio
sembrava che fossimo riuscite a far partire la macchina, ma sono
bastati pochi
metri a far
scoppiare tutto. Il cofano era una camera a gas. Aprendolo
abbiamo scoperto che erano partiti sia
la trasmissione che lo spinterogeno, ma una volta sostituiti con pezzi
nuovi l'auto ha
funzionato a dovere. Certo, era un veicolo delicato. Per la
proprietaria
dell'officina era un ricordo del marito, perciò credo che
l'abbia
voluto conservare in salute tenendolo a riposo nel garage
dell'officina.» Sorrise al ricordo, smettendo solo
nell'incontrare lo sguardo attonito di lui.
«Cosa c'è?»
Alexander emise un soffio di genuina passione.
«Sposami.»
«Eh?» Lei scoppiò a ridere e
cercò di nascondere il viso dentro la propria
giacca.
«Sei perfetta, Ami love.
Sai che cos'è uno spinterogeno e ti sei messa a fare il
meccanico. I'm yours
forever.»
Lei smise di arrossire. «Non sapevo che ti
piacessero
così tanto i motori.»
«Non hai visto la mia moto?» Quel gioiello
di
tecnica italiana?
«Non era un regalo?»
«È
l'unica cosa per cui io abbia mai fatto un capriccio.» Gli
era bastato
lasciar intendere a suo padre di volerla per riceverla poi in
regalo
per il suo compleanno. Dato che non aveva chiesto
più niente a
Michael Foster da quando aveva compiuto undici anni, si era sentito
particolarmente stupido. La bellezza della moto però aveva
vinto sul suo
orgoglio.
Ami si stava ancora facendo un paio di sane risate.
Lui
le mise un braccio attorno alla vita. «Vieni anche tu a
Suzuka, vado a
prendere un altro biglietto.» E a cambiare il suo. Nella vita
bisognava
darsi delle priorità.
Lei ci rifletté su per qualche momento.
«Quello è un fine settimana libero per mia madre,
me ne sono
ricordata
solo adesso. Ne ha solo uno al mese e lo passiamo sempre insieme.
Inoltre per arrivare in tempo per l'inizio della gara non bisogna
pernottare
fuori?»
Pernottare? Crap.
Lei si rannicchiò nelle spalle. «Prima mi
era
sfuggito.»
A lui non era neppure venuto in mente. Idiot.
Avrebbe dovuto prendere un biglietto anche per Ami e pregarla in
ginocchio di
andare con lui. Le sarebbe sembrata una gita e sarebbe stata una scusa
perfetta, un'occasione
perfetta per fare in una sola notte i passi che erano mancati in
quattro mesi.
Ami lo stava studiando, ignara. «Volevi che
venissi?»
Cento
volte sì, ma non per la gara. Guardò le sue
labbra
rosa semiaperte, la
linea del collo che spariva dentro la camicia e gli occhi, quelli che
si erano fatti duri come acciaio quando lei lo aveva
lasciato. Quelle stesse iridi erano diventate pozze di
disperazione quando lei gli aveva raccontato la bugia a cui l'aveva
sottoposto.
Ami non gli aveva mai detto la vera ragione per cui quattro
mesi addietro
aveva deciso di porre fine alla loro storia, ma era stato lui a farle
capire che poteva vivere senza saperlo, se era una cosa di cui lei non
voleva parlare.
A volte si pentiva della posizione che aveva preso in
quel momento fondamentale, ma non erano che pochi momenti di
incertezza. Tornavano alla luce quando una parte inconscia di lui si
convinceva che Ami avrebbe potuto trovare un'altra ragione per far
finire la loro relazione - una ragione che poteva saltare
fuori dal nulla non appena lui avesse fatto qualcosa
di sbagliato.
Non funzionava così, vero? Lui non era sbagliato
per lei e non poteva
compiere
errori di una simile portata senza accorgersene. Ami non era un essere
irrazionale e aveva sofferto almeno quanto lui quando si erano separati.
Lei
si sporse in avanti. Riuscì ad attirare la sua
attenzione
quando gli sfiorò la manica della
camicia. «Se per te è molto
importante, verrò.»
Per entrambi non era
forse più importante la fiducia? Lui non voleva ingannarla.
«Non ti preoccupare. Se ti
andasse di venire con me mi piacerebbe, ma... possiamo fare una
prossima
volta, giusto?»
Lei si rasserenò.
«Sì.»
Già, grandi inganni non
andavano bene. Ma inganni piccoli? «Sono
stanco» le disse. Non era
neanche una bugia, aveva fatto la fila in piedi per ore. «Ti
va di venire a casa mia?»
Ami si alzò dalla panchina. «Se riusciamo
a
comprare delle arance, ti faccio una
spremuta.»
Oh,
le spremute di lei gli piacevano anche più di quelle di
Nanny Shoko.
Forse perché ad Ami poteva pulire le mani con la bocca.
Giusto un dito prima che lei iniziasse a ridacchiare e a arrossire, ma
era sufficiente.
Il resto, tutto quello che avevano loro due, era
già
soddisfacente di suo.
Gli
piacevano le risate, le conversazioni, le esperienze, le giornate con
lei. Persino il modo in cui era cambiato per stare al suo fianco, come
se, invece di
diventare una persona nuova, avesse semplicemente trovato un equilibrio
nascosto dentro di lui.
Era diventato più calmo, meno
scontroso,
maggiormente paziente, più a proprio agio con tutto quello
che gli
passava per la mente, che fossero romanticherie da sap senza speranza
o semplici pensieri folli, tanto assurdi da essere quasi
inconfessabili.
Con
Ami ne parlava, li lasciava uscire dalla mente e dalla bocca senza
riflettere.
Un giorno
le aveva detto "Pensi che sia possibile che i buchi neri siano
aspirapolveri?"
Lei si era voltata a guardarlo, incuriosita. "E le galassie
stanze in cui fare
pulizia?"
Neppure il pensiero più cinico o stupido la
spingeva a
considerare anche lui come tale.
Ami pensava senza limiti e lui era felice di poterlo fare con
lei.
Traduzione di alcuni termini:
- absolutely handsome: assolutamente affascinante (oppure bellissimo)
- crap: 'cavolo' ma in versione più volgare :D
- sap: slang per 'sdolcinato', 'melenso'
NdA.
Avevo pensato di
inserire l'entrata di Mamoru in questo episodio di Aprile, ma... evviva
l'ispirazione :)
Penso che farò 'Aprile 2' per introdurre
Mamoru o forse
posticiperò la cosa a Maggio.
Oh, avevo lasciato intendere in uno spoiler che
avevo lasciato in giro
che questo episodio sarebbe stato incentrato sulla parola 'Motegi' e
invece alla fine è stato 'Suzuka'. Avevo scelto Motegi
perché si svolgeva in Aprile (a meno che non stia
commettendo clamorosi errori), anche se c'è da considerare
che nel 1996, anno in cui si svolge questa scena, mancava ancora un
anno all'inaugurazione di questo circuito. Suzuka era il luogo dove si
correva la tappa giapponese del motomondiale in quegli anni. Alla fine
sono passata definitivamente a questa scelta perché il
circuito di Suzuka è abbastanza lontano da Tokyo da
giustificare la storiella del pernottamento di cui ho parlato ;) Unico
neo: il GP di Suzuka, sempre se non erro, si svolge in Ottobre.
Permettetemi la licenza e perdonatemi anche se ho detto castronerie con
riguardo ai motori delle auto. Ami ne sa qualcosa, io no :D Se
c'è qualcosa da correggere in merito a questo fatemi pure
sapere.
Oh e naturalmente commenti su questo nuovo piccolo
episodio sono sempre
ultra-graditi *_* Non punite Ami e Alexander per le attese di 'Verso
l'alba' ç_ç Ho dovuto fare un pochino di pausa
dalla
stesura della seconda parte dell'ultimo capitolo, altrimenti non mi
viene fuori bene.
Alla
prossima!
ellephedre