Fandom: Supernatural.
Pairing/Personaggi: angel!Castiel/knight-vampire!Dean,
wizard!Sam, angel!Balthazar,
vampire!Crowley.
Rating: Pg13.
Beta: Koorime
(la martire ♥).
Genere: Angst, Dark,
Fantasy, Introspettivo, Romantico.
Warning: COW-T!AU,* Slash, Vampirismo.
Words:
3930 (fiumidiparole).
Summary: Dean è
un cavaliere e viene morso da un vampiro, Castiel è un angelo – ma non del
solito genere – e farà il possibile per salvarlo dalla trasformazione.
Note:
Scritta la Scalata della
Torre di clicheclash,
Piano A – Prompt #1: Damigella in Difficoltà.
*Per chi non avesse
partecipato alla COW-T: Clash Of the Writing Titans è un universo fantasy creato dagli
amministratori di fiumidiparole
e maridichallenge, per una delle loro iniziative. Si
tratta di un mondo abitato da quattro popoli in lotta tra loro – angeli,
cavalieri, maghi e vampiri – ognuno dei quali occupa una grande città, e
sorretto dalla misteriosa figura della Veggente.
DISCLAIMER: Non mi appartengono e non ci guadagno nulla ù_ù
Lazarus Rising
Se qualcuno
mandasse
un angelo a salvarti,
cosa gli diresti per mandarlo indietro,
che il tuo cuore non si spezza,
che le tue labbra non baciano,
che la tua vita è solo una bugia,
che il paradiso non esiste?
Chi ti salverà
quando le stelle cadono dal tuo cielo?
E chi ti farà
entrare,
quando la marea è troppo alta?
Chi ti terrà
stretta
quando chiudi le luci?
Non mentirò,
vorrei essere il tuo superuomo stanotte,
chi ti rimetterà in piedi
la prossima volta che crollerai. ¹
La stanza era in penombra, rischiarata solo da poche
candele, e l’aria era pesante, chiusa in quella camera da troppo tempo e
rarefatta da ansiti e gemiti afflitti.
Sam si lisciò nervosamente la veste da mago, asciugandosi i
palmi umidi sulle rune che ricamavano la stoffa lisa, mentre osservava il corpo
steso sul letto contorcersi, madido di sudore, in preda alla sofferenza. Non
poteva perderlo, non ora che si erano appena ritrovati!
Dopo aver lasciato l’accademia militare per raggiungere la Città dei Maghi, non
era stato facile riconciliarsi con la sua famiglia; la vita da cavaliere non
faceva per lui e John, suo padre, non aveva digerito bene la cosa. Suo fratello
Dean si era trovato tra due fuochi ed infine aveva fatto quello che faceva
sempre: seguire il volere del loro padre, perché a differenza sua, lui era nato
per essere un soldato.
In seguito John era scomparso e suo fratello gli aveva
chiesto aiuto per mettersi sulle sue tracce, così si erano ritrovati tutti a
seguire la medesima strada: quella del vampiro che aveva ucciso la loro madre.
Poi lo stesso mostro si era preso la vita del loro padre ed erano rimasti soli.
Sam aveva pensato che fosse la fine delle loro disgrazie, ma
si era sbagliato, perché il Paese era scosso da lotte continue e Dean era stato
mandato al fronte, che l’aveva risucchiato per un anno intero. Non aveva più
avuto sue notizie e, proprio quando iniziava a rassegnarsi e credere di aver
perso anche lui, un angelo lo aveva riportato indietro, ferito ma vivo.
Molte cose erano cambiate in un solo anno e suo fratello non
aveva affatto apprezzato il tipo di magia che lui aveva appreso durante la sua assenza, ma ora non c’era nemmeno più il tempo di discutere.
Dean stava morendo, anzi – peggio – stava cambiando. Una di quelle dannate
creature della notte l’aveva morso e la maledizione che si portavano nel sangue
stava lentamente corrompendo la natura di suo fratello.
Il suo corpo febbricitante tremava sul letto, preda degli
spasmi. La sua schiena si piegava in archi dolorosi, le sue membra si tendevano
fino a dolere, poi il suo fisico ricadeva esausto, solo per contorcersi ancora,
ancora ed ancora. Non c’era nulla da fare, nessuna pozione o incantesimo che
potessero aiutarlo; Dean poteva solo combattere la maledizione e morire, o
accettarla e cambiare.
Un delicato fruscio d’ali ruppe la litania di gemiti che
opprimeva la stanza e Sam si voltò a guardare la creatura appena apparsa in un
angolo della camera. «Era ora! Dove diavolo eri finito?!» apostrofò l’angelo, ma Castiel non si voltò nemmeno a
guardarlo. Ripiegò le ali candide e si accostò con circospezione al capezzale
di Dean.
«Da quanto tempo è così?» domandò, dopo averlo osservato
attentamente.
«È stato morso poco dopo il tramonto» rispose il mago. Ed
era oramai notte inoltrata.
«Cas…» rantolò il cavaliere ed uno
spicchio d’iride verde apparve dietro le palpebre serrate per il dolore.
L’angelo s’inginocchio accanto al
giaciglio ed intrecciò una mano alla sua, mentre con l’altra gli scostava gentilmente i capelli umidi dalla
fronte. «Sono qui, Dean» sussurrò, ed il suo tocco parve rasserenare il ragazzo,
riducendo a semplici brividi gli spasmi che lo squassavano.
«Cas… d-devi… devi portare tutti…
via» ansimò, soffiando le parole fra i denti stretti. «Non… posso r-resistere
ancora per molto… fa ev-evacuare l’edificio» lo
supplicò, come aveva supplicato anche il fratello fino a poco prima, ma questi
non gli aveva dato ascolto.
«Shhh…» mormorò l’angelo,
scendendo ad accarezzargli una tempia. «Hai visto il volto del vampiro che ti
ha fatto questo?»
«N-no… non fare… nulla di stupido»
ringhiò il cavaliere, e quelle poche parole parvero causargli un immenso
sforzo.
«Silenzio. Riposa»
ordinò Castiel nel medesimo sussurro morbido e Dean perse misericordiosamente
coscienza.
L’angelo si rialzò con cipiglio battagliero e marciò verso
la porta. Il mago lo seguì dappresso, ritrovandosi quasi a dovergli correre
dietro.
«Che hai intenzione di fare?» domandò, mentre l’amico si
dirigeva verso la sala principale.
«Evacuare l’edificio. Resta qui, se
credi, ma gli altri umani devono andarsene» spiegò Castiel, poi chiamò:
«Balthazar!» con voce che parve quasi uno schiocco di
frusta, ed un altro angelo apparve immediatamente accanto a loro, in barba a
tutte le difese della Città dei Cavalieri.
«Fratellino. Sam»
li salutò questi, seguendo senza fatica il loro passo. «Cosa posso fare per
voi?»
Castiel si bloccò e fissò intensamente i propri occhi blu in
quelli più chiari del suo Luogotenente. «Ho bisogno che tu vegli Dean, in mia
assenza» spiegò e stavolta sembrava più una preghiera che un ordine.
«Perché dovrei sorvegliare il tuo umano?» replicò l’altro
storcendo le labbra.
«È stato morso, non posso lasciare nessun mortale attorno a
lui, e sei l’unico di cui posso fidarmi» spiegò spiccio il Capitano, facendolo
ammutolire.
«Tu dove andrai?» lo interrogò intanto Sam. Non potevano
lasciare entrambi Dean, aveva bisogno di loro, dannazione!
«C’è una vecchia leggenda…» iniziò a spiegare Castiel.
«Oh no, non puoi crederci sul serio!» lo interruppe Balthazar.
«Questo idiota crede che se ucciderà il vampiro che ha morso tuo fratello,
prima che lui assaggi il primo sangue, allora riuscirà a spezzare la
maledizione» concluse per lui. «È una leggenda, Cassey,
una favola per bambini!» tentò di dissuaderlo.
«Se c’è anche solo una possibilità, devo tentare» ribatté
questi.
L’altro angelo sibilò qualcosa – probabilmente
un’imprecazione – in enochiano, prima di spingere il fratello contro la parete
e sussurrare: «Rifletti, fratellino! Rischi di
scatenare una nuova guerra».
«Non mi pare ci sia servita una scusa per combattere,
fin’ora» gli fece notare Castiel.
«Pensaci bene» lo esortò ancora il suo Luogotenente. «Se lasci che gli eventi seguano il loro corso, il tuo
cavaliere sarà finalmente immortale. Avrete l’eternità davanti!»
Lo sguardo dell’altro angelo si tinse di sofferenza ed
abbassò il capo, colpevole, prima di rialzarlo con determinazione. «Non lascerò
che Dean si trasformi in qualcosa che aborrisce per un mio egoistico capriccio»
dichiarò, sospingendo via il fratello. «Ed ora andate» comandò all’indirizzò del mago, che proseguì il suo cammino per
evacuare l’edificio, non prima, però, di avergli stretto una spalla in segno di
ringraziamento.
«Trova quel mostro, Cas» lo supplicò, e l’angelo assentì con
il capo.
*°*°*°*°*
La
Città dei Vampiri era situata ad ovest del Paese, là dove il
sole sorgeva e tramontava più tardi, ed era come sempre lugubre e buia. Il
Generatore di Nebbia gettava la città in una semi-oscurità perenne e rendeva la
notte ancora più nera.
Per evitare di essere notato subito, Castiel dovette cospargersi
le ali candide di cenere; in quella penombra forzata, la sua presenza era così
luminosa da risplendere di luce propria. Sorvolò il cimitero ed atterrò con
grazia sul parapetto del Tempio Maledetto.
L’Ambasciatore dei vampiri lo stava già aspettando. Aveva
l’aspetto di un uomo tarchiato di mezz’età, con furbi occhi scuri ed un
sorrisetto malizioso perennemente dipinto in faccia. Il suo nome era Crowley e sbuffò divertito quando notò le sue ali bianche
imbrattate di cenere.
«Un accorgimento inutile» osservò. «Abbiamo
percepito la tua presenza molto prima che ti avvicinassi alle barriere della
città. Ma dimmi: a cosa dobbiamo la tua augusta presenza, Capitano Castiel?» continuò beffardo.
«Uno di voi ha morso un cavaliere,
stasera, poco dopo il tramonto. Lo sto cercando»
spiegò l’angelo, senza perdersi in convenevoli. Detestava avere a che fare con
quelle creature.
«Buona fortuna» ironizzò l’Ambasciatore. «Quasi tutti cacciamo
subito dopo il tramonto».
«Non ha morso un cavaliere qualsiasi, ma
Dean Winchester» chiarì Castiel, invadendo lo spazio personale del vampiro con
sguardo granitico e minaccioso.
Questi sgranò gli occhi sorpreso. «Ma
certo. Niente meno che il delizioso
Condottiero dei cavalieri potrebbe portarti qui. Eppure non ho idea di chi
sarebbe tanto folle da tentare di trasformarlo»
replicò poi. «Tutti sanno che preferirebbe morire, piuttosto che unirsi a noi,
quindi deve trattarsi di una ripicca o di una crudeltà gratuita, e sono in
tanti a non averlo sulla lista degli auguri di Natale… non so se mi spiego».
«Allora farai bene ad indagare, ed a farlo in fretta, o
raderò al suolo la vostra città per andare sul sicuro» gli intimò l’angelo, con
voce bassa e controllata.
«In secoli di guerra il tuo intero popolo non è riuscito ad
abbatterci, e pensi di poterlo fare ora tutto da solo?» lo
derise il vampiro.
«Non erano sufficientemente motivati» asserì Castiel
glaciale.
«Sembra che qualcuno perda il controllano
quando maltrattano il suo animaletto, non è così?» sogghignò Crowley. «Cosa cerchi di ottenere,
angelo? Uccidere il vampiro che l’ha morso non cambierà la situazione, a meno
che…» si fermò, poi scoppiò a ridere. «Che io diventi
polvere ora, se sbaglio… tu credi
alla leggenda!» arguì, piegandosi in una risata convulsa.
Il Capitano della Guardia Angelica strinse i denti e sfoderò
la propria arma ancor prima di pensarci, puntandola alla gola
dell’Ambasciatore. «Non ho tempo da perdere, sanguisuga. Dimmi dov’è» ordinò.
«Non lo so» rispose questi, alzando le mani in segno di
resa. «E anche se sapessi chi è o dove si trova,
sarebbe inutile ucciderlo, perché quella leggenda è falsa. È, per l’appunto, solo quello: una leggenda» calcò per bene l’ultima parola,
tentando di far entrare il concetto nella mente avariata dal tempo di quel
gallinaceo divino.
«Non ti credo» obbiettò questi testardo, premendo più forte
la punta della lama contro la sua pelle pallida e facendo stillare qualche
goccia. Non era certo una debolezza che quel popolo maledetto avrebbe voluto
ammettere o rivelare.
Crowley sospirò. «Cerca di vedere il lato positivo, piumino d’oca. Sarà tuo per sempre, no? Non siamo tutti dei
bastardi senza cuore, c’è anche gente rispettabile tra noi. Il tuo cavaliere
imparerà a gestire la propria Fame, sotto una buona guida, e tornerà ad essere
l’insopportabile cazzone che è sempre stato in men
che non si dica, te lo assicuro» cercò di riportarlo
alla ragione. «Anzi, forse lui potrebbe essere la
soluzione a tutti i mali di questo paese; un cavaliere innamorato di un angelo,
fratello di un mago, trasformato in un vampiro… unirebbe tutti e quattro i
popoli, non trovi? La
Veggente approverebbe»
«Non mi importa cosa credi sia meglio» scandì Castiel «Dean
non vuole essere uno di voi».
«Non ha scelta!»
sbottò l’Ambasciatore, perdendo la sua aria compassata. «O
questo, o la morte. Se ci fosse un’altra soluzione, l’avremmo adottata tutti
molto tempo fa» continuò aspro, poi si costrinse a
prendere un respiro profondo e ritrovare la tipica freddezza della sua razza. «Torna da lui, angelo, e stagli accanto mentre muore. Se non
ritorna alla vita, saranno gli ultimi attimi che trascorrerai con lui» gli consigliò incolore, prima di scostarsi con rapidità
sovrannaturale e sparire all’interno del Tempio.
*°*°*°*°*
Il gelido vento del nord sferzò l’aria, abbattendosi con
inaudita violenza sulla guglia più alta della Torre dei Crociati, e Sam
rabbrividì, aggiustandosi meglio il mantello addosso. Era cresciuto lì e negli
ultimi anni si era abituato alle temperature glaciali della Città dei Maghi,
arroccata dalla parte opposta del Paese, a settentrione, sulle Montagne
Bianche, eppure quell’anno l’inverno stava arrivando in anticipo e si
preannunciava tra i più freddi da che avesse memoria.
Aveva fatto evacuare l’intera caserma, ma
Balthazar non gli aveva permesso di entrare di nuovo nella camera dove giaceva
suo fratello. L’angelo si trovava ancora là ed il mago aveva l’impressione di
poter sentire le grida di Dean sospinte dal vento.
In realtà, se Sam si fosse trovato in quella stanza, avrebbe
scoperto che era tutto un parto della sua mente angosciata, perché ormai il
Condottiero dei cavalieri giaceva inerme sulla propria brandina, col respiro
quasi impercettibile ed il corpo sempre più freddo, in fin di vita. Le labbra
erano divenute blu e nemmeno i tremori convulsi riuscivano più a scuoterlo. Continuava
a sudare copiosamente, ma le sue membra erano gelide, come se fosse in
ipotermia.
Balthazar gli deterse per
l’ennesima volta la fronte, bisbigliando imprecazioni tra i denti. «Avanti,
ragazzo, apri gli occhi!» lo incitò. «Non lasciarti
andare, o il mio fratellino ne morirà. Combatti, accettala,
dannazione! Non c’è altra via, accettala, maledetto idiota!»
«No…» riuscì ad esalare Dean, senza però avere la forza di
aprire gli occhi.
«Così, bravo, reagisci. Ti
preferisco quando sei insopportabile, sei più carino»
lo provocò.
«Fotti…ti» mormorò il cavaliere.
«Già fatto» sogghignò debolmente l’angelo. «Avanti, baby, accettala. Puoi farlo, non è una colpa» tentò di convincerlo. «Fallo per Castiel».
Dean cercò di scuotere il capo, eppure qualcosa in lui stava
già cambiando. L’angelo, con la mano posata sul suo petto, riuscì a percepire
il suo battito cardiaco farsi all’improvviso più veloce ed il respiro di nuovo convulso. Poi un ultimo spasmo lo scosse, il suo
corpo si arcuò rigido, il respiro gli si strozzò in gola ed, infine, ricadde
sul letto immobile, privo di vita.
«No…» soffiò Balthazar incredulo. «Non può averlo fatto
davvero» cercò quasi di convincere se stesso, sentendo una paura gelida, che
non aveva mai provato prima, avvincergli le viscere. «No-no-no-no…» cantilenò, incorniciandogli il viso per
cercare i suoi occhi morti.
Ma fece appena in tempo a sfiorarlo che la bocca di Dean si
aprì ed inspirò
un ansito secco, quasi fosse stato in apnea per minuti interi, ed il suo busto
si tirò su con energia soprannaturale, come una marionetta mossa da fili
invisibili e non da muscoli e tendini. Il suo sguardo vuoto si posò sull’angelo
e, un attimo dopo, la sua mano si mosse con velocità inumana e lo ghermì alla
gola, attirandolo a sé.
Balthazar gli afferrò il braccio, tentando di allentare la
presa ferrea, ma il cavaliere – se così ancora lo si poteva chiamare – aveva
sviluppato una forza spropositata. «Dean…» lo chiamò con voce strozzata «Dean Winchester,
torna in te» ordinò con più decisione, ma quando in risposta ricevette solo
l’ennesimo sguardo vacuo, iniziò a pensare che fosse troppo tardi e la follia
l’avesse vinto.
Il vampiro aveva ormai i canini posati contro la sua gola,
quando – rassegnato – l’angelo mormorò: «Perfetto, Cassey
mi ucciderà» ed il ragazzo si immobilizzò, come congelato.
Ta-dan, la parolina magica, pensò Balthazar,
quando il cavaliere lo spinse via con tutta la forza che aveva, mandandolo a
cozzare contro la parete opposta.
«Vattene» ringhiò Dean con voce metallica, irriconoscibile,
stringendo nei pugni le lenzuola e lacerandole senza volerlo.
«Non posso» sospirò il Luogotenente della Guardia Angelica,
rimettendosi dritto. Chi lo sentiva il suo fratellino, se no?
«Via!» ruggì il
vampiro ed un momento dopo le porte della camera si spalancarono e l’angelo
venne sbattuto fuori da una forza invisibile, vedendo il battente richiudersi
magicamente.
Impossibile, non poteva aver già sviluppato tanto potere,
era troppo presto! Considerò, riportandosi in piedi e precipitandosi contro il
pannello, picchiandovi sopra i pugni furiosamente. «Dean, lasciami entrare!»
ordinò, cercando di forzarla con la forza fisica e psichica, ma nulla
funzionava, il ragazzo lo stava contrastando dall’altro lato. «Stupido
cazzone!» sbottò furioso. Non poteva lasciarlo in quelle condizioni, era
mentalmente instabile, avrebbe finito per far del male a se stesso.
Nel frattempo, il cavaliere si rannicchiò in un angolo della
camera e si premette i palmi delle mani sulle orecchie. Ma era tutto inutile,
riusciva a sentire ogni suono ingigantito all’inverosimile: i pugni dell’angelo
contro la porta sembravano frane rocciose, il suo battito cardiaco un tamburo
assordante ed irresistibile, e più lontano ne sentiva un altro, in alto, sopra
di loro, familiare ed ipnotizzante. Udiva le voci dei cavalieri di guardia
negli edifici vicini, il respiri degli altri cittadini
ancora addormentati, i primi cinguettii degli uccelli mentre la pallida luce
dell’aurora rischiarava l’orizzonte ad oriente, in direzione della Città degli
Angeli.
L’alba! Presto il
sole sarebbe sorto ed avrebbe incenerito il suo corpo non appena l’avesse
bagnato. Sollevato, schiuse gli occhi per puntarli sulla finestra con
aspettativa. Fa’ in fretta, fa’ in fretta!, esortava il
tempo, cercando di soffocare il richiamo di tutti quei cuori che cantavano per
lui con la malia di una sirena.
Poi, con un fragore di vetri infranti, la finestra esplose
ed una figura flessuosa atterrò in ginocchio, in un turbinio di piume candide,
slanciandosi subito dopo su di lui.
«Cas…» ansimò Dean sopraffatto,
riconoscendolo immediatamente. No, no, no, non doveva vederlo così! Sì coprì
con le braccia, ma all’angelo bastò un solo sguardo per comprendere la
situazione ed entrare in azione.
Strappò le lenzuola dal letto e lo avvolse tra di esse,
prima di sollevarlo tra le braccia e correre alla finestra per spiccare il
volo. Un attimo dopo stavano volando verso occidente, in direzione della Città
dei Vampiri, il luogo più tenebroso del Paese, mentre il cielo si schiariva
nella direzione opposta.
Il cavaliere ebbe l’impressione di scorgere una familiare
figura vestita di grigio sulla guglia più alta della Torre, poi sentì la voce
del fratello chiamarlo con disperazione e si sporse per guardarlo un ultima
volta. Sam sembrava sollevato di vederlo volare via, o forse era solo una sua
impressione.
«Sta giù» ordinò Castiel, parlando per la prima volta da
quando era tornato e premendogli la testa contro il suo petto, per evitare che
la luce gli bruciasse gli occhi.
Il ragazzo stava impazzendo, sentiva il battito frenetico – spaventato – del cuore dell’angelo quasi
palpabile, come se gli pulsasse già sulla lingua, e tutta quella pelle lasciata
esposta dalla tunica romana ed il suo profumo celestiale, lo stavano stordendo.
«Cas…» ansimò contro il suo collo,
intrecciando le dita ai suoi capelli.
Gli angeli erano rapidissimi, non avevano pari nell’aria, in
pochi battiti d’ali potevano coprire distanze inimmaginabili, ed in quel
momento a Dean non importava nemmeno che lo stesse
trasportando come una fottuta damigella in pericolo. Di sicuro Castiel era più
originale di un principe s’un cavallo bianco – davvero alternativo come mezzo
di trasporto, non c’era che dire! – e lui non l’aveva mai amato tanto come in quel momento. Sentiva che stavano letteralmente
scappando dal sole, i cui primi raggi già iniziava a bruciargli i pochi lembi
di pelle scoperta, e si aggrappò al suo angelo con ferocia, non riuscendo
nemmeno a concepire di meritare tanto.
«Ci siamo quasi» cercò di rassicurarlo Castiel, stringendolo
più forte a sé, quasi volesse coprirlo di più con il proprio corpo.
La nebbia della Città dei Vampiri, che avevano sempre
detestato ed aborrito, finalmente li avvolse e loro la accolsero con immenso
sollievo. Il Capitano della Guardia Angelica atterrò in maniera decisamente
brusca per i propri standard, strisciando a terra con le ginocchia nude, ma non
parve curarsene, mentre scopriva il capo di Dean e lo osservava per la prima
volta con attenzione, studiando ogni segno di cambiamento ed accertandosi che
stesse bene.
La sua pelle era più pallida, aveva preso il tipico candore
sovrannaturale, e le lentiggini spiccavano sulle guance bianche quasi con
violenza. Gli occhi, per contrasto, sembravano ancora più verdi, o forse la
vista più acuta li rendeva davvero più brillanti, così come i
capelli biondo cenere sembravano ancora più lucidi. Profonde occhiaie –
dovute più probabilmente alla stanchezza ed alla debolezza, che alla
trasformazione – gli appesantivano le palpebre, e le labbra, che erano sempre
state di un’invitante color rubino, erano ora esangui.
Ma nel complesso sembrava sempre lo stesso, ed era vivo, il sole non l’aveva toccato.
«Dov’eri?» domandò il cavaliere, ma suonò quasi come
un’accusa, e l’angelo scosse il capo, non riuscendo a trovare la risposta
adeguata.
Cosa poteva dirgli? Che si era aggrappato ad una favola per
non accettare l’idea che stava per perderlo, e per questo non gli era accanto
mentre moriva?
Tutto il corpo di Dean sembrava pervaso da una tensione
animalesca e lui si fissava le mani come se non le riconoscesse, piegandole e
stendendole in prova. «Non sono umano» sussurrò con orrore, sfuggendo dalla sua
presa. Alzò il volto a cercare il sole, invisibile attraverso la nebbia scura
della città, e si rese conto che non l’avrebbe mai più visto in vita sua – se vita si poteva ancora chiamare.
D’improvviso provò l’impulso di correre incontro a quell’astro, vanificando il
salvataggio del suo angelo; non voleva andare avanti, non così. Però Castiel lo
riacciuffò subito, afferrandolo per i vestiti e tirandoselo di nuovo contro,
non permettendogli di scostarsi più di poche spanne.
«Non toccarmi!» si divincolò il ragazzo, quasi preda dell’isteria, o più propriamente del disgusto di sé,
ma lui non gli diede ascolto e sguainò la propria arma per portarsela al collo
e praticarvi un lungo taglio verticale, che subito iniziò a gocciolare sangue
scarlatto sulle clavicole e sul petto, imbrattandogli la toga candida.
«Bevi» ordinò inflessibile.
Dean scosse il capo, inorridito, ma in un attimo l’odore lo
travolse, la sua vista si focalizzò unicamente su quello e non riuscì più a
percepire nient’altro, se non il battito di quel cuore possente che lo
invitava.
«Bevi. Bevi o impazzirai» lo sollecitò più gentilmente Castiel, riuscendo già a
scorgere i primi segni della follia. Gli circondò la nuca con una mano e lo
guidò al proprio petto, ed il ragazzo non poté più vincere quell’istinto
primordiale, quando il sangue gli bagnò le labbra.
Iniziò a leccarne ogni goccia, raccogliendola con la lingua
con frenesia bestiale, prima di applicare la bocca al taglio e succhiarlo,
allargandolo con i canini e prendendo tutto ciò che riusciva in avide sorsate.
L’angelo lo cullò con dolcezza, lasciandosi sopraffare finché il vampiro non lo
sovrastò, premendolo sul terreno nudo; non era spaventato, per quanto Dean
potesse bere da lui, non sarebbe morto.
Questi ansimò rapito. Era incredibile, era come fare
l’amore, come penetrare ed essere presi; la vita di Castiel – tutti i suoi
ricordi, la sua esistenza millenaria – gli scorreva davanti, mentre la sua
essenza lo riempiva. Era luce, e potere, e fuoco, e amore. E lui non riusciva a
smettere, non poteva staccarsi, mentre quel cuore batteva sempre più forte, più
veloce, fino ad essere assordante, fino a far male.
Si staccò solo quando l’angelo gemette arrendevole sotto di
lui, dolorante e prosciugato, pallidissimo. La paura lo invase prima che la
ragione potesse ricordargli che Castiel era una creatura immortale, e lo raccolse
tra le braccia, tirandoselo in grembo e mormorando scuse convulse, mentre gli
accarezzava il viso e fissava quella tunica bianca orrendamente macchiata.
Una mano dell’angelo si alzò lenta a sfiorargli debolmente
il viso, mentre le ali tremavano appena, distendendosi in completo abbandono.
«Sei…» mugugnò, in maniera quasi inintelligibile «troppo
rumoroso» riuscì a concludere dopo un paio di secondi infiniti, lasciandolo
di stucco. «Inizio a capire cosa intendono gli umani con “emicrania”» soffiò
ancora, aggrappandosi a lui per cercare di raddrizzarsi e, di riflesso, Dean lo
strinse contro il proprio petto.
«Come?» mormorò incredulo, cercando i suoi occhi ancora
chiusi.
Castiel posò la testa sulla sua spalla. «Mi sento… ubriaco»
sussurrò. «E non ricordo quanti secoli sono passati dall’ultima volta…»
considerò poi, socchiudendo le palpebre per incontrare il suo sguardo
apprensivo. «Va tutto bene» lo rassicurò.
Il cavaliere quasi rise per il sollievo – quasi. Nascose il viso tra i suoi
capelli, incupendosi a quelle ultime parole. «Come può
andare bene? Sono un mostro» asserì disgustato da sé stesso, da quello che gli aveva
appena fatto.
«Non dire sciocchezze» lo rimproverò l’altro, riprendendo
lentamente le forze.
«Sono un vampiro. Abbiamo sempre
odiato queste creature» gli ricordò Dean piccato.
«Qualcuno mi ha suggerito che dovremmo guardare il lato
positivo» replicò l’angelo.
«E quale sarebbe?» lo interrogò scontroso il ragazzo.
«Sei vivo. Siamo insieme. Siamo
immortali» considerò Castiel, ma il cavaliere sbuffo;
non era neanche lontanamente abbastanza.
«Uccidere innocenti per l’eternità, davvero un prezzo equo
da pagare» ironizzò velenoso.
«Imparerai a controllarti. E non
hai bisogno di cacciare gli umani, hai me» gli ricordò
il suo angelo e lui scosse il capo, amareggiato, ma non era un vero rifiuto.
«Combatti, Dean» lo esortò quindi, portandosi in ginocchio
davanti a lui e fronteggiandolo. «Non arrenderti ora» Siamo soldati, possiamo affrontare anche questo, sembrava dire il
suo sguardo duro.
«Già, d’altronde è tutta la vita che lotto per sopravvivere,
perché cambiare routine?» domandò retorico, ogni parola intrisa di pesante
sarcasmo. Poi allungò le braccia ed attirò di nuovo Castiel a sé. «Sarai la mia
fiaschetta di whiskey personale?» ironizzò, ma c’era più tenerezza che scherno nel
suo tono e, quando l’angelo gli sorrise, si chinò a
baciarlo, perché davvero era tutto ciò che gli rimaneva e tutto ciò a cui non
poteva rinunciare.
FINE.
¹. Bon Jovi – Superman
Tonight.