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#17
Title:
The Private Memoirs and Obsession of a Justified Sinner
Autrice: Melanyholland
Summary: Chuck si voltò e
quando vide chi si era seduta accanto a lui, capì che la serata era del tutto
rovinata.
Rating: arancione
Timeline: dopo la 1x15 (Desperately
Seeking Serena)
Main
Characters: un po’ tutti.
The Private Memoirs and Obsession
of a Justified Sinner
Quella era la parte della serata
che preferiva, il momento della scelta. Se ne stava seduto su uno dei divanetti
nella penombra del locale, la mano intorno a un bicchiere di scotch, mentre i
suoi occhi vagavano pigramente tra la folla chiassosa e multicolore. Adorava
quel momento – c’erano così tante possibilità. Una sala piena di donne
attraenti, e lui non doveva fare altro che sceglierne una, o più di una, se
proprio era in vena, e non c’era pericolo che le cose non andassero come
desiderava, perché naturalmente chiunque avrebbe accettato di passare la notte
con lui, era Chuck Bass. Il sesso era divertente, ovvio, ma il momento della
scelta era sublime. Lo faceva sentire libero, potente, con in mano il
mondo.
Così, guardava ad una ad una le
avventrici del locale, e non si limitava a decidere soltanto se avere una
bionda, una bruna o una rossa. Chuck valutava i seni che s’intravedevano
attraverso le scollature, abbassando un poco le palpebre e chiedendosi se erano
doni di Madre Natura o di un padre che cercava di comprare l’affetto della
figlia; faceva scorrere l’occhio esperto sulle gambe nude o velate di nylon e
seta, sui sederi fasciati da gonne aderenti e pantaloni attillati, soppesando i
pro e i contro di andare a letto con una venere giunonica dalle cosce imponenti
oppure con una bambolina dalla vita sottile. Anche il viso aveva la sua
importanza: poteva scegliere fra i lineamenti delicati di una ragazza acqua e
sapone e quelli pesantemente marcati dal trucco di una seduttrice, fra la
bellezza fresca di un’adolescente e quella più matura di una donna.
Possibilità. Giovinezza o esperienza, sveltina o lungo accoppiamento, due o
più giocatori. Chuck era assolutamente inebriato dal potere che aveva sul futuro
in quel momento, lo mandava su di giri più di tutto l’alcol che consumava.
Per questo il fatto che il suo
pensiero continuasse ad andare incontrollabile a Blair Waldorf lo stava
veramente innervosendo.
Non si parlavano da settimane,
ed era giusto che fosse così, dopo il modo in cui lei lo aveva trattato,
credendo di poterlo usare come un giocattolo sessuale e buttarlo via dopo
essersi stufata, credendo di poterla fare franca, di essere superiore a lui. La
principessina forse si era dimenticata chi aveva davanti mentre lo respingeva
con altezzosa sufficienza, ma Chuck aveva fatto in modo che lo ricordasse,
per sempre; le aveva mostrato che non stare più al suo gioco non significava
non esserne coinvolta. Difficile guardare dall’alto in basso qualcuno quando
perfino una ragazzina di Brooklyn ha più successo di te, aveva pensato di dirle
beffardo (insieme a molte altre cose), solo che non si parlavano, e dunque non
aveva potuto. Non parlava nemmeno più con Nate, e anche quello era colpa di
Blair. Considerato tutto ciò, era veramente seccante che il pensiero di lei gli
stesse rovinando il suo momento preferito. Chuck era lì, che occhieggiava
compiaciuto le cosce di una donna che sorseggiava un cocktail alla pesca, e
all’improvviso gli tornò in mente il rosso acceso delle calze di Blair il giorno
delle prove per il Cotillon, e il modo in cui la seta liscia gli
scivolava sotto la mano mentre si baciavano sul letto. Non aveva più messo
quelle calze, Chuck aveva notato, ma in compenso ne aveva indossato un paio
arancione niente male (arancione come il cappotto che portava lui lo stesso
giorno, non che Chuck badasse a simili sciocchezze). Infastidito
dall’intromissione di quei pensieri, spostò lo sguardo su una bella ventenne dai
lunghi capelli lisci, trattenuti dietro la testa da un fermaglio a forma di
fiore, e corrugò la fronte perché la vista in qualche modo era disturbante, come
se fosse sbagliata. Poi ricordò la rosa nera sul cerchietto di Blair qualche
giorno prima, il modo in cui si incastonava perfettamente fra i boccoli
flessuosi, che le ondeggiavano morbidi sulle spalle mentre saliva con passo
fiero gli scalini del Met sui tacchi degli stivaletti Prada, per nulla
intimorita dagli sguardi contrariati delle sue vecchie ‘amiche’ (perché Blair
era fatta così, non si lasciava spaventare da nessuno) e sbuffò, distogliendo di
nuovo lo sguardo e bevendo un lungo sorso di scotch che gli fece ardere la gola
e si riversò caldo nello stomaco. Con la sua mente che continuava a vorticare
ossessiva intorno ad un’unica ragazza non c’era più alcun potere, perché ogni
alternativa era inevitabilmente manchevole. E questo era abbastanza per mandarlo
su tutte le furie. Sarebbe finito con qualcuna, certo, ma non sarebbe stato
altrettanto soddisfacente e, ancora una volta, era tutta colpa di Blair.
Giocherellava col bicchiere e
osservava cupo i cerchi che increspavano il liquido ambrato espandendosi e
scomparendo, quando una zaffata di profumo da donna costoso e un sobbalzo del
divanetto di pelle gli comunicarono che qualcuna aveva deciso di fare una scelta
al posto suo, particolare di cui di solito non era molto contento, a meno che
non si trattasse di attraenti gemelle disponibili a cimentarsi in giochi di
vario tipo. Si voltò, domandandosi se era stato fortunato e si trattava davvero
di una coppia di gemelle e quando vide chi era l’indesiderata ospite, si rabbuiò
ancora di più: lunghi capelli castani, sorriso falsamente dolce, occhi brillanti
di spietata intelligenza.
Ora sì che la serata era del
tutto rovinata.
“Che vuoi?” sbottò scontroso,
tornando a fissare il suo scotch.
“Ma come, non sei felice di
vedermi?” cinguettò lei, e quando tese la mano per toccargli i capelli, Chuck
ebbe il forte istinto di schiaffeggiargliela via. Ma non lo fece, ovviamente.
Chi si lascia sopraffare dalle emozioni è un debole, come Bart gli ricordava
sempre (mettendolo tacitamente nella categoria con un unico sguardo di algida
disapprovazione, ovvio). Le dita di lei gli accarezzavano i ciuffi sulla fronte
con stomachevole tenerezza.
“Ormai dovresti saperlo: nessuno
lo è.”
“Non sei carino, Chuckie.”
protestò lei con una voce da bambina, e le dita tirarono con crudeltà i capelli
un momento prima di lasciarli andare, facendogli sbattere le palpebre per
l’inatteso pungolo di dolore. Chuck rimase impassibile, si portò di nuovo il
bicchiere alle labbra, poi ci ripensò e lo abbassò, lentamente, perché era
meglio essere il più possibile lucidi quando si aveva a che fare con quella
stronza psicotica (ma lei sapeva cosa lui stava pensando, poteva vederla
ghignare con la coda dell’occhio). Con la stessa indolenza, Chuck si voltò verso
di lei, incontrando adagio ma senza esitazione il suo sguardo canzonatorio.
“Che c’è, Serena ti ha mollato?”
la provocò, con acume.
“Serena è diventata una noia.
Non c’è più gusto a uscire con lei.” scrollò le spalle con sprezzante
noncuranza, facendo ciondolare i grandi orecchini color zaffiro, e stavolta fu
Chuck a stirare le labbra in un ghigno di trionfo, perché sapeva che lei stava
fingendo, e neanche tanto bene. Georgina Sparks era ossessionata da
Serena, fin dalla prima volta che si erano ubriacate insieme ed erano finite a
fare sesso con una coppia di perdenti nel guardaroba di un club dell’Upper West
Side. Doveva bruciarle da morire, che lei non volesse più essere la sua compagna
di festini indecenti.
“È quasi come uscire con Blair”,
aggiunse Georgina, stizzita dalla sua espressione compiaciuta, e poi sorrise con
dolcezza: “Oh, dimenticavo: a te piace Blair, non è così, Chuckie?”
“Non so di che parli. Non ci
vediamo neanche più.” rispose, freddo, ignorando per la seconda volta quel
nomignolo irritante, perché protestando avrebbe fatto il gioco di Georgina, e
Chuck Bass non era la marionetta di nessuno, soprattutto non di una sgualdrina
con evidenti turbe psichiche.
“Sì, ho saputo”, annuì lei con
un sorriso sornione, accavallando in modo provocante le gambe coperte dai
leggins neri di pelle. Il vestito blu le arrivava a stento alle cosce, e i
piedi erano calzati in sandali dorati dal tacco a spillo. “Sono così fiera di
te, tesoro. Finalmente sei riuscito a portarti a letto la reginetta, e non solo,
dopo l’hai anche umiliata di fronte a tutti. Wow, e io che pensavo che in fondo
fossi un rammollito”. Chuck serrò in una morsa il pesante bicchiere di vetro
pieno per un quarto e lei proseguì: “Perché non mi racconti tutti i dettagli
mentre ci facciamo un paio di drink? Sono proprio curiosa”. La voce era allegra
e squillante, la mano era di nuovo su di lui, stavolta ad accarezzargli il
braccio con strisciante confidenza.
“Preferirei di no.” rispose
Chuck distaccato e poi aggiunse, in un sussurro tagliente foderato di velluto:
“Non riuscirò a farmi nessuna, se tutte vedono che sono già con una puttana”.
Il guizzo di rabbia negli occhi
azzurri di Georgina fu davvero godibile, ma non sarebbe stato così facile
liberarsi di lei e Chuck non fu sorpreso di notare che il sorriso sulle sue
labbra scintillanti di lip-gloss non era vacillato nemmeno per un
secondo. Doveva ammetterlo: nell’arte della dissimulazione, Georgina era brava
quasi quanto lui.
“Dai, non farti pregare. Come
sei riuscito a farle togliere le mutandine per te? L’hai fatta bere e hai
approfittato di lei? Oppure le hai fatto credere di essere speciale,
riempiendola di paroline sdolcinate da film?”. Annuì, deliziata dalla sua stessa
ipotesi. “Sì, Biancaneve cadrebbe decisamente in un trucco del genere. È sempre
così affamata di attenzioni, povera piccola. Qualche tenerezza e diventa
subito il tuo cagnolino. O, in questo caso, la tua cagnetta in calore”.
Ascoltare Georgina era come
avere un ferro appuntito che premeva contro il timpano. Chuck non era mai stato
un tipo aggressivo (la violenza era roba da bassifondi, e lui non si sarebbe mai
abbassato a fare a pugni come un qualsiasi squattrinato Daniel Humphrey) ma in
quel momento sentiva un bisogno quasi incontrollabile di colpirla per farla
tacere, magari proprio su quella bocca tanto velenosa. Anche i ragazzi al St.
Jude erano andati da lui bramosi di conoscere i particolari, dopo che la sua
liason con Blair era divenuta di dominio pubblico, e di certo non erano
stati più diplomatici, dato che Chuck si era sempre vantato delle sue conquiste
senza rispetto per il pudore o la galanteria (gli avevano chiesto com’era stato,
in che posizioni se l’era fatta, uno, con sguardo lustro di eccitazione e la
lingua che gli umettava il labbro inferiore, aveva domandato perfino se lei si
era lasciata “cavalcare a pelo”), ma Chuck non aveva avuto problemi a metterli a
tacere con una solo occhiata tagliente e le parole: “Non sono affari che vi
riguardano”. Probabilmente la sua reazione tanto inconsueta aveva dato adito a
chiacchiere che avrebbero potuto danneggiare la sua reputazione, ma non una era
arrivata alle sue orecchie (perché nessuno dei suoi compagni di scuola era tanto
sciocco da sfidarlo, facendosi beccare a sparlare di lui) e per Chuck andava
bene così. Aveva altro a cui pensare che l’opinione di quei viziati figli di
papà, sempre pronti ad adularlo spudoratamente quando il Lost Week-End era
imminente, disperati per un invito.
Con Georgina non sarebbe stato
così semplice. Era libero di alzarsi e andare via, ovviamente, ma la fuga era
fuori discussione, soprattutto contro di lei. Così, le rivolse un sorriso di
scherno:
“Sembri saperne molto di queste
cose, Georgie. È così che tu hai perso la verginità?” insinuò, mellifluo.
“Ah, ma certo che no. Con te, sarà bastato prometterti una striscia di coca per
averti in ginocchio, nuda e pronta a tutto”. Il sorriso si ampliò crudele quando
vide che stavolta la rabbia nel suo sguardo fu molto più che un semplice guizzo.
“Non mi piace che mi parli così,
Chuckie. E lo sai come divento se mi fai arrabbiare”.
Chuck scrollò le spalle,
ostentando indifferenza, reazione che la irritò ancora di più.
“Mi chiedo perché te la prendi
tanto se parlo male di Blair.” riprese lei in tono falsamente pensoso, e Chuck
si irrigidì, sentendosi colpito sul vivo. Georgina, che poteva sentire i suoi
muscoli tesi sotto i polpastrelli delle dita laccate di nero, sorrise, tenera, e
la mano salì a sfiorargli il viso in un tintinnio di braccialetti. Si avvicinò
ancora di più, tanto che il profumo gli arrivò con prepotenza alle narici,
pungente. Era la stessa fragranza di cinque anni fa, quella che lo aveva avvolto
mentre per la prima volta era venuto fra le braccia di una donna, e che ogni
volta gli faceva pizzicare ruvidamente la gola.
Georgina gli bisbigliò
all’orecchio: “Conosco il tuo segreto, Chuckie. Credi che non mi sia mai accorta
di come la guardi? Credi che non sappia di tutte le volte che ti sei toccato
pensando a lei, nella solitudine della tua bella suite? Dimmi la verità: non sei
stato tu ad usare lei, vero?”.
Chuck si scansò con rabbia prima
che il suo autocontrollo glielo impedisse e Georgina scoppiò in una risata che
era come il suono di tanti campanellini d’argento, ma la luce nei suoi occhi era
maligna e trionfante.
“Beh, allora come è stato? Come
te lo immaginavi nei tuoi sogni bagnati? È stata brava? Ho sempre creduto che
avesse grandi potenzialità, con quelle labbra tumide e quel feticcio per
gancetti e trine.”
“Ora mi hai stancato”. Le
afferrò il polso, stringendo forte, brutale. “Vattene, Georgina. E intendo da
New York, non dal locale. Lascia in pace Serena.”
“E te e la tua preziosissima
Blair, giusto?”
“Di lei non m’interessa.”
affermò gelido, e Georgina scosse la testa, incredula, ma lui non aveva mentito.
Blair poteva tenere testa a quella psicopatica da sola, non aveva bisogno della
sua protezione come Serena, ingenua e assolutamente incapace di vedere un
complotto finché non ci sbatteva contro il suo nasino da diva del cinema,
facendosi male.
“Sta’ tranquillo, l’ho detto
anche a Serena: sono in partenza. Potete smettere tutti di sudare freddo”.
Chuck sbuffò e le lasciò
bruscamente il polso, notando compiaciuto il rossore che cominciava a sbocciare
sulla pelle diafana di lei.
“Ero solo passata a farti un
salutino prima di andare.” continuò Georgina innocente, e non fece alcun
tentativo di massaggiarsi la parte lesa. Lodevole.
“Mi hai salutato, perciò…” fece
un gesto eloquente con la mano, scacciandola come una prostituta i cui servigi
non erano più richiesti.
“Non vuoi che ti saluti in modo
carino?” ammiccò lei seducente, sporgendosi di nuovo verso di lui in modo che la
scollatura gli offrisse una vista perfetta della parte superiore dei seni
pallidi. “Quell’unica volta con me sei stato… pietoso”, commentò
impudente. Chuck sentì un fiotto puro e incontrollabile di odio invadergli il
petto, poi la mano di lei lo afferrò rudemente in mezzo alle gambe e, suo
malgrado, avvertì anche una scarica inaspettata di piacere. “Ma se è vero che la
pratica rende perfetti, dovresti essere molto più bravo adesso… sarei lieta di
vedere i tuoi progressi, e magari insegnarti qualcosa. Che ne dici?”.
Chuck prese la mano di lei e la
allontanò di nuovo da sé con uno strattone, fissandola con rabbia. Georgina
sorrise e abbassò la voce in un sussurro confidenziale: “Se ti va, puoi
chiamarmi Blair”, e all’improvviso premette le labbra sulle sue e in un
palpito, prima che lui potesse reagire, non ci furono più, mentre con una risata
divertita Georgina si alzava e si allontanava dal separè, un turbinio di
capelli castani e gioielli tintinnati e abito blu frusciante.
“Bye bye, Chuckie”.
Chuck fece una smorfia
disgustata e finì lo scotch tutto d’un fiato per togliersi dalla bocca il sapore
dolciastro del lucidalabbra di lei. Sarebbe stato meglio che Whoregina
mantenesse la sua promessa, o l’avrebbe distrutta. La odiava per essersi
intromessa nei suoi affari, per essere riuscita a prendersi gioco di lui –di
nuovo, gli ricordò la sua mente, traditrice, mentre l’immagine di Georgina
che lo fissava con derisione mentre s’infilava gli slip affiorò con prepotenza
dalle sue memorie. Erano rosa. Si annodavano ai fianchi con due fiocchi
di seta. Chuck le aveva quasi strappate nella foga di toglierle e lei aveva riso
della sua goffaggine prima di aiutarlo e tappargli di nuovo la bocca con la sua.
Il fiato di Georgina aveva avuto un vago sapore di crème brûlée, uno dei
dolci che era stato servito durante il party e senza motivo alcuno, mentre lei
gli slacciava i pantaloni con le dita agili e gli esplorava la bocca con la
lingua umida, Chuck si era ricordato del bacio che si erano scambiati Nate e
Blair a tavola, e aveva pensato che quel bacio aveva avuto invece il
sapore della torta ai lamponi, di quella fetta ancora per metà nel piattino da
dessert di Blair.
Una volta finito, Georgina gli
aveva dato un pizzicotto sulla guancia e aveva riso: “E questo sarebbe il tuo
meglio, Chuckie? Avrei voluto farti le congratulazioni per essere diventato un
uomo, ma alitarmi in faccia e sbattermi freneticamente addosso per un minuto o
due non è fare sesso, caro. Torna a giocare con i bambolotti”. Dopodichè si era
allontanata, sempre con quel suo sorrisetto compiaciuto sulle labbra, e non
appena si era chiusa la porta dello stanzino alle spalle, Chuck era corso in
bagno e aveva vomitato. Per aver bevuto troppo champagne, si sarebbe detto fra
gli ansiti acquosi e rochi.
Uscito di lì, aveva notato
Georgina che bisbigliava qualcosa all’orecchio di Carter Baizen e poi entrambi
che ridacchiavano, scoccandogli occhiate di scherno. Carter aveva alzato
lievemente il bicchiere di champagne che aveva tra le dita in una parodia di un
brindisi.
“Che ti prende, Chuck?” aveva
domandato subito Blair, fissandolo da capo a piedi mentre lui si sedeva di nuovo
al loro tavolo.
“Niente”, aveva ribattuto
brusco, e quando il cipiglio sospettoso di lei si era approfondito, Chuck aveva
fatto un sorrisetto e le aveva rubato lesto un pezzetto di dolce, infilandosi la
forchetta in bocca prima che lei potesse protestare. Non che questo l’avesse
fermata dal farlo dopo.
“Ma come ti permetti? Era mio!”
Per tutta risposta, Chuck aveva
leccato ostentatamente i rimasugli di marmellata e crema sulla posata d’argento
e Blair aveva sbuffato, per poi tirargli un calcio vigoroso da sotto il tavolo.
“Ahi!”
“Oh, scusa tesoro!” aveva
esclamato Blair con voce caramellata, rivolta a Nate che si era appena beccato
il suo calcio. Serena aveva trillato la sua risata vivace e Chuck aveva
pontificato, soave:
“La guerra fa sempre vittime fra
i civili, purtroppo.”
“Sta’ zitto, Chuck! Come al
solito è tutta colpa tua!” aveva esclamato Blair, risentita.
“Cosa? Non è l’impronta delle
mie Gucci che Nate ha sul polpaccio.”
“Mi verrà un livido.”
“Un livido firmato!” aveva
ribattuto Serena sorridente, gettandosi dietro la spalla la lunga chioma dorata.
“È tutta colpa di Chuck.” aveva
ribadito Blair imbronciata, tanto per mettere in chiaro le cose, incrociando le
braccia sui seni ancora in sboccio.
“Non sono io che ho dato in
escandescenze, Waldorf.”
“Smettila di insistere!”
E Chuck l’aveva accontentata,
perché aveva intorno i suoi amici d’infanzia e in bocca un sapore di lampone.
Per il momento, andava tutto bene.
In seguito, aveva raccontato
spavaldo a tutti la sua prima volta, ammirato dai coetanei perché era stato il
primo a perdere la verginità, e con una ragazza decisamente carina. Era così che
era iniziata la sua fama di seduttore, di cui era sempre stato orgoglioso. Ciò
che mai avrebbe rivelato era che il ricordo non gli aveva mai procurato
particolare piacere, perché Georgina era bella, ma era anche la ragazza più
disturbante che avesse mai incontrato. Lui non era certo una brava persona,
anzi, aveva compiuto azioni nella sua vita che avrebbero fatto impallidire un
imprudente ascoltatore, ma c’era qualcosa in Georgina Sparks, qualcosa di
sbagliato. Per quanto fosse ossessionata da Serena, non si sarebbe fatta
scrupoli a farle del male pur di riaverla sul palmo della mano, a danzare
secondo la sua musica. Non c’era affetto nella loro amicizia, non da parte di
Georgina. Serena se n’era accorta troppo tardi, spensierata e fiduciosa com’era,
ma Chuck l’aveva visto subito, e anche Blair.
Blair.
Credi che non mi sia mai
accorta di come la guardi?
Georgina delirava. O mentiva,
cosa molto probabile. Prima della fatidica notte in limousine, Chuck non aveva
mai avuto particolari attenzioni per Blair. Certo, era divertente complottare
con lei, e a volte si era divertito a provocarla con battutine maliziose, ma
solo per il gusto di vederla imbarazzata. Forse qualche volta se l’era
immaginata nuda e c’erano stati dei sogni un po’ spinti, ma era normale, Chuck
aveva sedici anni e Blair era bellissima. Georgina voleva solo indispettirlo.
Gli tornò in mente una notte di
un paio di anni prima: Blair e Serena avevano litigato perché quest’ultima aveva
invitato un gruppo di ragazzi al tavolo da Butter, flirtando con loro
tutta la sera invece di fare compagnia alla sua migliore amica mentre Nate era
fuori in barca con il Capitano per il fine settimana. Dopo un’ora a fare da
spettatrice mentre Serena ammaliava frizzante tutti e tre i ragazzi e si faceva
ammirare da Kati e Iz per la sua disinvoltura, Blair l’aveva piantata lì e aveva
chiamato lui, perché, aveva detto irritata, “si rifiutava di passare il venerdì
sera da sola”. Chuck era stato tentato di non raggiungerla (aveva di meglio da
fare che assecondare i capricci di Blair Waldorf), ma aveva già trascorso un
paio d’ore interessanti con una ragazza piuttosto disinibita e si era fumato un
intero spinello di hashish fra una performance e l’altra, perciò si sentiva
particolarmente rilassato e accondiscendente. Era passato a prenderla ed erano
finiti al bar del Palace, dove la solitamente controllata Blair aveva
ingoiato uno dopo l’altro svariati bicchieri di Martini, con uno sguardo
risoluto, pian piano sempre più sfocato.
“La adorano, Chuck.”
aveva sospirato infine, stringendo le labbra.
“Chi?”
“Serena”, rispose, poi corrugò
la fronte in uno sforzo di concentrazione. “Tutti”, aggiunse, evidentemente non
molto sicura di quale fosse stata la domanda. Gli lanciò un’occhiata di
rimprovero:
“Anche tu.”
“Io preferisco le brune”, aveva
ribattuto Chuck con un sorriso seducente, e lei aveva sbuffato scettica,
ordinando un altro drink.
Più tardi, mentre la
riaccompagnava a casa in limousine (“Non ce n’è alcun bisogno, Bass”, aveva
protestato lei, e aveva ragione naturalmente, Arthur era un autista fidato e
l’avrebbe portata a casa sana e salva, ma a Chuck era sembrato più...
opportuno così), Blair si era addormentata, cullata dai lievi sobbalzi
dell’automobile e probabilmente dall’alcol in circolo nel suo corpo, e Chuck si
era ritrovato a fissarla: le lunghe ciglia nere posate sugli zigomi, le guance
arrossate, le labbra dischiuse, la curva aggraziata del collo fino alla spalla,
nuda, perché la spallina del vestito era scivolata giù, i piccoli seni nascosti
dal corpetto rigido del Waldorf nero... Chuck era in grado di rievocare
senza difficoltà ogni dettaglio del suo aspetto quella sera, e avrebbe potuto
fare lo stesso per molte altre sere. La considerazione gli fece venir voglia di
un altro bicchiere di scotch, così gesticolò eloquente verso il cameriere.
Intorno al polso, Blair aveva avuto un braccialetto di corallo; i capelli erano
tirati su in uno stretto chignon a conchiglia, e non una ciocca era
andata fuori posto in tutta la sera. Mentre lui la guardava, Blair aveva
sollevato un poco le palpebre, dimostrando che o aveva il sonno leggero o non
stava veramente dormendo fin dall’inizio, e aveva sibilato, nel suo tono più
minaccioso: “Smettila di fissarmi, Bass. Qualsiasi oscenità ti sia venuta in
mente, prova a toccarmi e te ne pentirai” e il ricordo lo fece suo malgrado
sorridere, perché solo Blair era così sfacciata da non avere problemi a
comportarsi da stronza anche mentre lui le stava facendo un favore.
Dimenticavo, a te piace
Blair, non è così?
Il sorriso si spense. Lo scotch
arrivò e Chuck bevve un primo, lungo sorso. No, Blair non gli piaceva, il suo
rapporto con lei era acqua passata. Era stato divertente farsela per un po’,
Blair si era rivelata un trastullo niente male, ma era tutto lì. Doveva
essere tutto lì.
Oppure le hai fatto credere
di essere speciale, riempiendola di paroline sdolcinate da film?
Le aveva detto che era speciale,
questo sì. Lo aveva sussurrato adorante nell’orecchio di Blair mentre la
stringeva a sé dopo la loro prima volta insieme e respirava l’odore acre della
sua pelle sudata combinato alla fragranza dolce del suo profumo, un mix
afrodisiaco che gli stava dando alla testa.
Blair si era scostata un po’ per
sorridergli e per baciarlo, piano, perché era esausta e un pochino insonnolita.
Il suo corpo nudo schiacciato contro quello di Chuck era così caldo, e
lui aveva sperato che quel momento non finisse mai.
“Grazie.” aveva bisbigliato lei,
con le palpebre socchiuse sugli occhi scintillanti, soffiandogli calore sulla
bocca. “È stato bello.”
E normalmente a quel punto Chuck
avrebbe fatto una battuta, qualcosa di arrogante come “Lo so, Waldorf” oppure
vagamente offensivo, come “Ero certo che alla fine saresti caduta anche tu ai
miei piedi”, ma no, tutto ciò che aveva detto era stato un onesto: “Sono
contento”, e poi l’aveva baciata ancora, assaporandola, per non perderne il
ricordo.
Non le avrebbe rivelato nemmeno
sotto tortura che, malgrado la sua maggiore esperienza, era stato in ansia quasi
quanto lei. La conosceva abbastanza da intuire che non averlo fatto con Nate,
come dettava il copione sulla sua vita che tanto scrupolosamente aveva redatto,
l’avrebbe presto scombussolata. Per questo donarle una prima volta che avrebbe
ricordato per sempre col sorriso sulle labbra e la luce negli occhi era stato
essenziale per Chuck. Non perfetta, perché solo con Nate per lei sarebbe stata
perfetta, lo sapeva purtroppo, ma bella... sì, quello poteva farlo.
E a quanto pare, lo aveva fatto.
“A te è... piaciuto?” aveva
chiesto lei disinvolta dopo un po’, tuttavia il viso nascosto nell’incavo della
sua spalla e la voce flebile gli avevano fatto capire che era insicura su
quell’argomento, come lo era sempre irragionevolmente stata sul proprio aspetto.
Allora Chuck le aveva preso il mento fra le dita, costringendola gentilmente ma
con fermezza a guardarlo, e le aveva sorriso.
“È stato incredibile”.
Il lampo di orgoglio negli occhi
castani di lei aveva inspiegabilmente aumentato il suo benessere.
Chuck sbuffò, deciso a scacciare
quei pensieri che, dopo Addio errore ed è così lontano che nemmeno me lo
ricordo e Non puoi toccarmi, erano diventanti inaccettabili.
Un po’ per distrarsi dalle
memorie su Blair, un po’ perché sentiva di doverlo fare, sfilò il telefono dalla
tasca e schiacciò uno dei tasti di chiamata rapida, sorseggiando il drink mentre
aspettava. Dopo un po’, la voce di Serena gli riempì l’orecchio:
“Spero tu non abbia chiamato per
dirmi qualche porcheria, Chuck. Non ho tempo da perdere, devo riuscire a parlare
con Dan e ho bisogno del telefono.”
“Anche per me è bello sentirti,
sorellina.” ribatté lui, serafico. “E, lasciatelo dire, ultimamente sei troppo
tesa. Io saprei bene come farti sciogliere: un bel letto comodo, una bottiglia
di champagne, le mie mani sul tuo corpo...”
“Forse dovrei andare da lui.
Parlargli di persona.” disse lei come se non lo avesse udito, a quel che pareva
riflettendo ad alta voce. Normalmente Chuck non amava essere ignorato, ma gli
piaceva l’atteggiamento noncurante di Serena di fronte alle sue provocazioni.
Era uno dei motivi per cui con lei si era sempre trovato a suo agio: ci voleva
un bel po’ per scandalizzarla, giocavano alla pari.
“Beh, potrai farlo senza doverti
più preoccupare di Georgina. Mi ha detto che è in partenza.”
“Sì, l’ha detto anche a me.”
dichiarò Serena e, dopo una manciata di secondi, realizzò: “Le hai parlato?
Quando?”
“Poco fa.”
“Oddio!” esclamò, la voce
ricolma di preoccupazione. Chuck corrugò la fronte a quella reazione,
sinceramente confuso: tanto affetto nei suoi confronti non era proprio da
Serena. La faccenda di Georgina doveva averla davvero messa sottosopra,
emotivamente.
“Non è successo niente. So
badare a me stesso.” ribatté, con arroganza.
“Chi se ne importa di te,
Chuck!” sbottò lei, e Chuck si chiese divertito se dovesse sentirsi offeso.
“Credi che Georgina abbia intenzione di parlare anche con Blair? O peggio, con
Dan?”
“Manderò Mike a sorvegliare il
loft di Humphrey tutta la notte. Se Georgina si fa viva, mi avvertirà subito”,
la tranquillizzò, in tono pratico. “Quanto a Blair...”
...la tua preziosissima
Blair, giusto?
Posò il bicchiere sul tavolino e
si sfregò gli occhi con le dita, cercando di restare concentrato. Non era
facile, con la voce irritante di Georgina che gli risuonava nella mente. “...vai
a dormire da lei. Domattina, mi accerterò che Georgina abbia fatto il check-out
in albergo.”
“Sì, giusto. Magari domani Dan
si sarà anche calmato un po’ e mi ascolterà.” approvò Serena, con slancio. Poi,
dopo qualche attimo di pausa: “Grazie, Chuck.”
“Qualche volta potresti venire a
dormire anche da me, sai”, suggerì, lascivo. “Sarei più che lieto di
mettere a tacere quella voce di Gossip Girl sul fatto che non sei una bionda
naturale. Dopo essermene accertato personalmente, ovvio.”
“Ritorna a fare qualunque cosa
perversa tu stessi facendo, Chuck. Ci sentiamo domani.” lo salutò Serena in tono
esasperato, e lui capì che stava sorridendo. Soddisfatto, sorrise a sua volta.
“A domani, sorellina”.
Si mise di nuovo il telefono in
tasca e contraccambiò l’occhiata seducente che gli stava lanciando una donna dai
capelli scuri seduta al bancone.
Io preferisco le brune
E quello, doveva ammetterlo, era
vero.
Fine#17
Note
dell’Autrice:
[1] “The
Private Memoirs and Confessions of a Justified Sinner” è un romanzo del 1824 di
James Hogg.
[2] La qualità delle stagioni è
in caduta libera, quindi io torno ai fasti della prima. ;)
[3] Grazie, grazie, grazie a
tutti per le stupende recensioni. Le risposte individuali... beh, immagino
sappiate già il seguito della frase.
Alla prossima storia,
Melany
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