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Autore: Melanyholland    24/05/2011    12 recensioni
Una raccolta di storie dedicate a Chuck e Blair.
#1 Chuck aveva molti motivi per frequentare Blair Waldorf, nessuno dei quali poteva essere rivelato al suo migliore amico Nate.
#2 Quando Blair voleva qualcosa, era disposta a tutto per ottenerla. Anche a fare i conti con il diavolo dell’Upper East Side.
#3 Blair sapeva che avrebbe dovuto evitare di giocare ad un prezzo così alto, soprattutto contro Chuck Bass.
#4 Chuck guardò la figura addormentata di Blair e capì che le cose gli erano davvero sfuggite di mano.
#5 “Non avrei mai dovuto lasciarti. Ho capito di aver sbagliato non appena il tuo aereo è decollato”. Chuck Bass, 2x01
#6 Blair davvero non capiva perché Chuck si ostinasse a restare lì con lei, né perché la sua presenza non la disturbasse poi così tanto.
#7 “Né regina, né futura duchessa.” sospirò Chuck teatrale, con falsa solidarietà. “Povera la mia Blair. Le cose sembrano andare davvero male”.
#8 Chuck aveva provato con tutte le sue forze a dimenticare Blair, ma ritrovandosi da solo con lei, scoprì che le farfalle erano più vive che mai.
#9 Blair sorrise, perché finalmente Chuck era suo. Ed era tutto ciò che contava.
#10 “Da quel che ricordo, stare da sola con me qui non ti è mai dispiaciuto. Vuoi che ti rinfreschi la memoria?”.
#11 Chuck ricordava bene la prima volta che Blair gli aveva chiesto aiuto.
#12 “Ho appena avuto una visione perfetta di quello che sarebbe stato il nostro inevitabile divorzio”.
#13 C’erano momenti in cui Blair davvero non riusciva a credere a quello che le stava accadendo.
#14 Erano amici. Quel breve momento di trasgressione in cui erano quasi scivolati in qualcosa di più sarebbe rimasto segreto come i loro incontri.
#15 Chuck stava bene: gli piaceva la sensazione del lieve peso sulla sua spalla e della presenza di Blair proprio accanto a lui.
#16 Da settimane passava di nascosto informazioni a Chuck, e Blair non se n’era mai accorta. Di certo non era così astuta come la sua fama pretendeva.
#17 Chuck si voltò e quando vide chi si era seduta accanto a lui, capì che la serata era del tutto rovinata.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blair Waldorf, Chuck Bass
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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#17

Title: The Private Memoirs and Obsession of a Justified Sinner

Autrice: Melanyholland

Summary: Chuck si voltò e quando vide chi si era seduta accanto a lui, capì che la serata era del tutto rovinata.  

Rating: arancione

Timeline: dopo la 1x15 (Desperately Seeking Serena)

Main Characters: un po’ tutti.

 

 

 

The Private Memoirs and Obsession of a Justified Sinner

 

 

Quella era la parte della serata che preferiva, il momento della scelta. Se ne stava seduto su uno dei divanetti nella penombra del locale, la mano intorno a un bicchiere di scotch, mentre i suoi occhi vagavano pigramente tra la folla chiassosa e multicolore. Adorava quel momento – c’erano così tante possibilità. Una sala piena di donne attraenti, e lui non doveva fare altro che sceglierne una, o più di una, se proprio era in vena, e non c’era pericolo che le cose non andassero come desiderava, perché naturalmente chiunque avrebbe accettato di passare la notte con lui, era Chuck Bass. Il sesso era divertente, ovvio, ma il momento della scelta era sublime. Lo faceva sentire libero, potente, con in mano il mondo.

Così, guardava ad una ad una le avventrici del locale, e non si limitava a decidere soltanto se avere una bionda, una bruna o una rossa. Chuck valutava i seni che s’intravedevano attraverso le scollature, abbassando un poco le palpebre e chiedendosi se erano doni di Madre Natura o di un padre che cercava di comprare l’affetto della figlia; faceva scorrere l’occhio esperto sulle gambe nude o velate di nylon e seta, sui sederi fasciati da gonne aderenti e pantaloni attillati, soppesando i pro e i contro di andare a letto con una venere giunonica dalle cosce imponenti oppure con una bambolina dalla vita sottile. Anche il viso aveva la sua importanza: poteva scegliere fra i lineamenti delicati di una ragazza acqua e sapone e quelli pesantemente marcati dal trucco di una seduttrice, fra la bellezza fresca di un’adolescente e quella più matura di una donna. Possibilità. Giovinezza o esperienza, sveltina o lungo accoppiamento, due o più giocatori. Chuck era assolutamente inebriato dal potere che aveva sul futuro in quel momento, lo mandava su di giri più di tutto l’alcol che consumava.

Per questo il fatto che il suo pensiero continuasse ad andare incontrollabile a Blair Waldorf lo stava veramente innervosendo.

Non si parlavano da settimane, ed era giusto che fosse così, dopo il modo in cui lei lo aveva trattato, credendo di poterlo usare come un giocattolo sessuale e buttarlo via dopo essersi stufata, credendo di poterla fare franca, di essere superiore a lui. La principessina forse si era dimenticata chi aveva davanti mentre lo respingeva con altezzosa sufficienza, ma Chuck aveva fatto in modo che lo ricordasse, per sempre; le aveva mostrato che non stare più al suo gioco non significava non esserne coinvolta. Difficile guardare dall’alto in basso qualcuno quando perfino una ragazzina di Brooklyn ha più successo di te, aveva pensato di dirle beffardo (insieme a molte altre cose), solo che non si parlavano, e dunque non aveva potuto. Non parlava nemmeno più con Nate, e anche quello era colpa di Blair. Considerato tutto ciò, era veramente seccante che il pensiero di lei gli stesse rovinando il suo momento preferito. Chuck era lì, che occhieggiava compiaciuto le cosce di una donna che sorseggiava un cocktail alla pesca, e all’improvviso gli tornò in mente il rosso acceso delle calze di Blair il giorno delle prove per il Cotillon, e il modo in cui la seta liscia gli scivolava sotto la mano mentre si baciavano sul letto. Non aveva più messo quelle calze, Chuck aveva notato, ma in compenso ne aveva indossato un paio arancione niente male (arancione come il cappotto che portava lui lo stesso giorno, non che Chuck badasse a simili sciocchezze). Infastidito dall’intromissione di quei pensieri, spostò lo sguardo su una bella ventenne dai lunghi capelli lisci, trattenuti dietro la testa da un fermaglio a forma di fiore, e corrugò la fronte perché la vista in qualche modo era disturbante, come se fosse sbagliata. Poi ricordò la rosa nera sul cerchietto di Blair qualche giorno prima, il modo in cui si incastonava perfettamente fra i boccoli flessuosi, che le ondeggiavano morbidi sulle spalle mentre saliva con passo fiero gli scalini del Met sui tacchi degli stivaletti Prada, per nulla intimorita dagli sguardi contrariati delle sue vecchie ‘amiche’ (perché Blair era fatta così, non si lasciava spaventare da nessuno) e sbuffò, distogliendo di nuovo lo sguardo e bevendo un lungo sorso di scotch che gli fece ardere la gola e si riversò caldo nello stomaco. Con la sua mente che continuava a vorticare ossessiva intorno ad un’unica ragazza non c’era più alcun potere, perché ogni alternativa era inevitabilmente manchevole. E questo era abbastanza per mandarlo su tutte le furie. Sarebbe finito con qualcuna, certo, ma non sarebbe stato altrettanto soddisfacente e, ancora una volta, era tutta colpa di Blair.

Giocherellava col bicchiere e osservava cupo i cerchi che increspavano il liquido ambrato espandendosi e scomparendo, quando una zaffata di profumo da donna costoso e un sobbalzo del divanetto di pelle gli comunicarono che qualcuna aveva deciso di fare una scelta al posto suo, particolare di cui di solito non era molto contento, a meno che non si trattasse di attraenti gemelle disponibili a cimentarsi in giochi di vario tipo. Si voltò, domandandosi se era stato fortunato e si trattava davvero di una coppia di gemelle e quando vide chi era l’indesiderata ospite, si rabbuiò ancora di più: lunghi capelli castani, sorriso falsamente dolce, occhi brillanti di spietata intelligenza.

Ora sì che la serata era del tutto rovinata.

“Che vuoi?” sbottò scontroso, tornando a fissare il suo scotch.

“Ma come, non sei felice di vedermi?” cinguettò lei, e quando tese la mano per toccargli i capelli, Chuck ebbe il forte istinto di schiaffeggiargliela via. Ma non lo fece, ovviamente. Chi si lascia sopraffare dalle emozioni è un debole, come Bart gli ricordava sempre (mettendolo tacitamente nella categoria con un unico sguardo di algida disapprovazione, ovvio). Le dita di lei gli accarezzavano i ciuffi sulla fronte con stomachevole tenerezza.

“Ormai dovresti saperlo: nessuno lo è.”

“Non sei carino, Chuckie.” protestò lei con una voce da bambina, e le dita tirarono con crudeltà i capelli un momento prima di lasciarli andare, facendogli sbattere le palpebre per l’inatteso pungolo di dolore. Chuck rimase impassibile, si portò di nuovo il bicchiere alle labbra, poi ci ripensò e lo abbassò, lentamente, perché era meglio essere il più possibile lucidi quando si aveva a che fare con quella stronza psicotica (ma lei sapeva cosa lui stava pensando, poteva vederla ghignare con la coda dell’occhio). Con la stessa indolenza, Chuck si voltò verso di lei, incontrando adagio ma senza esitazione il suo sguardo canzonatorio. 

“Che c’è, Serena ti ha mollato?” la provocò, con acume.

“Serena è diventata una noia. Non c’è più gusto a uscire con lei.” scrollò le spalle con sprezzante noncuranza, facendo ciondolare i grandi orecchini color zaffiro, e stavolta fu Chuck a stirare le labbra in un ghigno di trionfo, perché sapeva che lei stava fingendo, e neanche tanto bene. Georgina Sparks era ossessionata da Serena, fin dalla prima volta che si erano ubriacate insieme ed erano finite a fare sesso con una coppia di perdenti nel guardaroba di un club dell’Upper West Side. Doveva bruciarle da morire, che lei non volesse più essere la sua compagna di festini indecenti.

“È quasi come uscire con Blair”, aggiunse Georgina, stizzita dalla sua espressione compiaciuta, e poi sorrise con dolcezza: “Oh, dimenticavo: a te piace Blair, non è così, Chuckie?”

“Non so di che parli. Non ci vediamo neanche più.” rispose, freddo, ignorando per la seconda volta quel nomignolo irritante, perché protestando avrebbe fatto il gioco di Georgina, e Chuck Bass non era la marionetta di nessuno, soprattutto non di una sgualdrina con evidenti turbe psichiche.

“Sì, ho saputo”, annuì lei con un sorriso sornione, accavallando in modo provocante le gambe coperte dai leggins neri di pelle. Il vestito blu le arrivava a stento alle cosce, e i piedi erano calzati in sandali dorati dal tacco a spillo. “Sono così fiera di te, tesoro. Finalmente sei riuscito a portarti a letto la reginetta, e non solo, dopo l’hai anche umiliata di fronte a tutti. Wow, e io che pensavo che in fondo fossi un rammollito”. Chuck serrò in una morsa il pesante bicchiere di vetro pieno per un quarto e lei proseguì: “Perché non mi racconti tutti i dettagli mentre ci facciamo un paio di drink? Sono proprio curiosa”. La voce era allegra e squillante, la mano era di nuovo su di lui, stavolta ad accarezzargli il braccio con strisciante confidenza.

“Preferirei di no.” rispose Chuck distaccato e poi aggiunse, in un sussurro tagliente foderato di velluto: “Non riuscirò a farmi nessuna, se tutte vedono che sono già con una puttana”.

Il guizzo di rabbia negli occhi azzurri di Georgina fu davvero godibile, ma non sarebbe stato così facile liberarsi di lei e Chuck non fu sorpreso di notare che il sorriso sulle sue labbra scintillanti di lip-gloss non era vacillato nemmeno per un secondo. Doveva ammetterlo: nell’arte della dissimulazione, Georgina era brava quasi quanto lui.

“Dai, non farti pregare. Come sei riuscito a farle togliere le mutandine per te? L’hai fatta bere e hai approfittato di lei? Oppure le hai fatto credere di essere speciale, riempiendola di paroline sdolcinate da film?”. Annuì, deliziata dalla sua stessa ipotesi. “Sì, Biancaneve cadrebbe decisamente in un trucco del genere. È sempre così affamata di attenzioni, povera piccola. Qualche tenerezza e diventa subito il tuo cagnolino. O, in questo caso, la tua cagnetta in calore”.

Ascoltare Georgina era come avere un ferro appuntito che premeva contro il timpano. Chuck non era mai stato un tipo aggressivo (la violenza era roba da bassifondi, e lui non si sarebbe mai abbassato a fare a pugni come un qualsiasi squattrinato Daniel Humphrey) ma in quel momento sentiva un bisogno quasi incontrollabile di colpirla per farla tacere, magari proprio su quella bocca tanto velenosa. Anche i ragazzi al St. Jude erano andati da lui bramosi di conoscere i particolari, dopo che la sua liason con Blair era divenuta di dominio pubblico, e di certo non erano stati più diplomatici, dato che Chuck si era sempre vantato delle sue conquiste senza rispetto per il pudore o la galanteria (gli avevano chiesto com’era stato, in che posizioni se l’era fatta, uno, con sguardo lustro di eccitazione e la lingua che gli umettava il labbro inferiore, aveva domandato perfino se lei si era lasciata “cavalcare a pelo”), ma Chuck non aveva avuto problemi a metterli a tacere con una solo occhiata tagliente e le parole: “Non sono affari che vi riguardano”. Probabilmente la sua reazione tanto inconsueta aveva dato adito a chiacchiere che avrebbero potuto danneggiare la sua reputazione, ma non una era arrivata alle sue orecchie (perché nessuno dei suoi compagni di scuola era tanto sciocco da sfidarlo, facendosi beccare a sparlare di lui) e per Chuck andava bene così. Aveva altro a cui pensare che l’opinione di quei viziati figli di papà, sempre pronti ad adularlo spudoratamente quando il Lost Week-End era imminente, disperati per un invito.  

Con Georgina non sarebbe stato così semplice. Era libero di alzarsi e andare via, ovviamente, ma la fuga era fuori discussione, soprattutto contro di lei. Così, le rivolse un sorriso di scherno:

“Sembri saperne molto di queste cose, Georgie. È così che tu hai perso la verginità?” insinuò, mellifluo. “Ah, ma certo che no. Con te, sarà bastato prometterti una striscia di coca per averti in ginocchio, nuda e pronta a tutto”. Il sorriso si ampliò crudele quando vide che stavolta la rabbia nel suo sguardo fu molto più che un semplice guizzo.    

“Non mi piace che mi parli così, Chuckie. E lo sai come divento se mi fai arrabbiare”.

Chuck scrollò le spalle, ostentando indifferenza, reazione che la irritò ancora di più.

“Mi chiedo perché te la prendi tanto se parlo male di Blair.” riprese lei in tono falsamente pensoso, e Chuck si irrigidì, sentendosi colpito sul vivo. Georgina, che poteva sentire i suoi muscoli tesi sotto i polpastrelli delle dita laccate di nero, sorrise, tenera, e la mano salì a sfiorargli il viso in un tintinnio di braccialetti. Si avvicinò ancora di più, tanto che il profumo gli arrivò con prepotenza alle narici, pungente. Era la stessa fragranza di cinque anni fa, quella che lo aveva avvolto mentre per la prima volta era venuto fra le braccia di una donna, e che ogni volta gli faceva pizzicare ruvidamente la gola.

Georgina gli bisbigliò all’orecchio: “Conosco il tuo segreto, Chuckie. Credi che non mi sia mai accorta di come la guardi? Credi che non sappia di tutte le volte che ti sei toccato pensando a lei, nella solitudine della tua bella suite? Dimmi la verità: non sei stato tu ad usare lei, vero?”.

Chuck si scansò con rabbia prima che il suo autocontrollo glielo impedisse e Georgina scoppiò in una risata che era come il suono di tanti campanellini d’argento, ma la luce nei suoi occhi era maligna e trionfante.

“Beh, allora come è stato? Come te lo immaginavi nei tuoi sogni bagnati? È stata brava? Ho sempre creduto che avesse grandi potenzialità, con quelle labbra tumide e quel feticcio per gancetti e trine.”

“Ora mi hai stancato”. Le afferrò il polso, stringendo forte, brutale. “Vattene, Georgina. E intendo da New York, non dal locale. Lascia in pace Serena.”

“E te e la tua preziosissima Blair, giusto?”

“Di lei non m’interessa.” affermò gelido, e Georgina scosse la testa, incredula, ma lui non aveva mentito. Blair poteva tenere testa a quella psicopatica da sola, non aveva bisogno della sua protezione come Serena, ingenua e assolutamente incapace di vedere un complotto finché non ci sbatteva contro il suo nasino da diva del cinema, facendosi male.     

“Sta’ tranquillo, l’ho detto anche a Serena: sono in partenza. Potete smettere tutti di sudare freddo”.

Chuck sbuffò e le lasciò bruscamente il polso, notando compiaciuto il rossore che cominciava a sbocciare sulla pelle diafana di lei.

“Ero solo passata a farti un salutino prima di andare.” continuò Georgina innocente, e non fece alcun tentativo di massaggiarsi la parte lesa. Lodevole.

“Mi hai salutato, perciò…” fece un gesto eloquente con la mano, scacciandola come una prostituta i cui servigi non erano più richiesti.

“Non vuoi che ti saluti in modo carino?” ammiccò lei seducente, sporgendosi di nuovo verso di lui in modo che la scollatura gli offrisse una vista perfetta della parte superiore dei seni pallidi. “Quell’unica volta con me sei stato… pietoso”, commentò impudente. Chuck sentì un fiotto puro e incontrollabile di odio invadergli il petto, poi la mano di lei lo afferrò rudemente in mezzo alle gambe e, suo malgrado, avvertì anche una scarica inaspettata di piacere. “Ma se è vero che la pratica rende perfetti, dovresti essere molto più bravo adesso… sarei lieta di vedere i tuoi progressi, e magari insegnarti qualcosa. Che ne dici?”.

Chuck prese la mano di lei e la allontanò di nuovo da sé con uno strattone, fissandola con rabbia. Georgina sorrise e abbassò la voce in un sussurro confidenziale: “Se ti va, puoi chiamarmi Blair”, e  all’improvviso premette le labbra sulle sue e in un palpito, prima che lui potesse reagire, non ci furono più, mentre con una risata divertita Georgina si alzava e si allontanava dal separè, un turbinio di capelli castani e gioielli tintinnati e abito blu frusciante.

“Bye bye, Chuckie”.

Chuck fece una smorfia disgustata e finì lo scotch tutto d’un fiato per togliersi dalla bocca il sapore dolciastro del lucidalabbra di lei. Sarebbe stato meglio che Whoregina mantenesse la sua promessa, o l’avrebbe distrutta. La odiava per essersi intromessa nei suoi affari, per essere riuscita a prendersi gioco di lui –di nuovo, gli ricordò la sua mente, traditrice, mentre l’immagine di Georgina che lo fissava con derisione mentre s’infilava gli slip affiorò con prepotenza dalle sue memorie. Erano rosa. Si annodavano ai fianchi con due fiocchi di seta. Chuck le aveva quasi strappate nella foga di toglierle e lei aveva riso della sua goffaggine prima di aiutarlo e tappargli di nuovo la bocca con la sua. Il fiato di Georgina aveva avuto un vago sapore di crème brûlée, uno dei dolci che era stato servito durante il party e senza motivo alcuno, mentre lei gli slacciava i pantaloni con le dita agili e gli esplorava la bocca con la lingua umida, Chuck si era ricordato del bacio che si erano scambiati Nate e Blair a tavola, e aveva pensato che quel bacio aveva avuto invece il sapore della torta ai lamponi, di quella fetta ancora per metà nel piattino da dessert di Blair.

Una volta finito, Georgina gli aveva dato un pizzicotto sulla guancia e aveva riso: “E questo sarebbe il tuo meglio, Chuckie? Avrei voluto farti le congratulazioni per essere diventato un  uomo, ma alitarmi in faccia e sbattermi freneticamente  addosso  per un minuto o due non è fare sesso, caro. Torna a giocare con i bambolotti”. Dopodichè si era allontanata, sempre con quel suo sorrisetto compiaciuto sulle labbra, e non appena si era chiusa la porta dello stanzino alle spalle, Chuck era corso in bagno e aveva vomitato. Per aver bevuto troppo champagne, si sarebbe detto fra gli ansiti acquosi e rochi.   

Uscito di lì, aveva notato Georgina che bisbigliava qualcosa all’orecchio di Carter Baizen e poi entrambi che ridacchiavano, scoccandogli occhiate di scherno. Carter aveva alzato lievemente il bicchiere di champagne che aveva tra le dita in una parodia di un brindisi.

“Che ti prende, Chuck?” aveva domandato subito Blair, fissandolo da capo a piedi mentre lui si sedeva di nuovo al loro tavolo.

“Niente”, aveva ribattuto brusco, e quando il cipiglio sospettoso di lei si era approfondito, Chuck aveva fatto un sorrisetto e le aveva rubato lesto un pezzetto di dolce, infilandosi la forchetta in bocca prima che lei potesse protestare. Non che questo l’avesse fermata dal farlo dopo.

“Ma come ti permetti? Era mio!”

Per tutta risposta, Chuck aveva leccato ostentatamente i rimasugli di marmellata e crema sulla posata d’argento e Blair aveva sbuffato, per poi tirargli un calcio vigoroso da sotto il tavolo.

“Ahi!”

“Oh, scusa tesoro!” aveva esclamato Blair con voce caramellata, rivolta a Nate che si era appena beccato il suo calcio. Serena aveva trillato la sua risata vivace e Chuck aveva pontificato, soave:

“La guerra fa sempre vittime fra i civili, purtroppo.”

“Sta’ zitto, Chuck! Come al solito è tutta colpa tua!” aveva esclamato Blair, risentita.

“Cosa? Non è l’impronta delle mie Gucci che Nate ha sul polpaccio.”

“Mi verrà un livido.”

“Un livido firmato!” aveva ribattuto Serena sorridente, gettandosi dietro la spalla la lunga chioma dorata.

“È tutta colpa di Chuck.” aveva ribadito Blair imbronciata, tanto per mettere in chiaro le cose, incrociando le braccia sui seni ancora in sboccio.

“Non sono io che ho dato in escandescenze, Waldorf.”

“Smettila di insistere!”

E Chuck l’aveva accontentata, perché aveva intorno i suoi amici d’infanzia e in bocca un sapore di lampone. Per il momento, andava tutto bene.   

In seguito, aveva raccontato spavaldo a tutti la sua prima volta, ammirato dai coetanei perché era stato il primo a perdere la verginità, e con una ragazza decisamente carina. Era così che era iniziata la sua fama di seduttore, di cui era sempre stato orgoglioso. Ciò che mai avrebbe rivelato era che il ricordo non gli aveva mai procurato particolare piacere, perché Georgina era bella, ma era anche la ragazza più disturbante che avesse mai incontrato. Lui non era certo una brava persona, anzi, aveva compiuto azioni nella sua vita che avrebbero fatto impallidire un imprudente ascoltatore, ma c’era qualcosa in Georgina Sparks, qualcosa di sbagliato. Per quanto fosse ossessionata da Serena, non si sarebbe fatta scrupoli a farle del male pur di riaverla sul palmo della mano, a danzare secondo la sua musica. Non c’era affetto nella loro amicizia, non da parte di Georgina. Serena se n’era accorta troppo tardi, spensierata e fiduciosa com’era, ma Chuck l’aveva visto subito, e anche Blair.

Blair.

Credi che non mi sia mai accorta di come la guardi?

Georgina delirava. O mentiva, cosa molto probabile. Prima della fatidica notte in limousine, Chuck non aveva mai avuto particolari attenzioni per Blair. Certo, era divertente complottare con lei, e a volte si era divertito a provocarla con battutine maliziose, ma solo per il gusto di vederla imbarazzata. Forse qualche volta se l’era immaginata nuda e c’erano stati dei sogni un po’ spinti, ma era normale, Chuck aveva sedici anni e Blair era bellissima. Georgina voleva solo indispettirlo.  

Gli tornò in mente una notte di un paio di anni prima: Blair e Serena avevano litigato perché quest’ultima aveva invitato un gruppo di ragazzi al tavolo da Butter, flirtando con loro tutta la sera invece di fare compagnia alla sua migliore amica mentre Nate era fuori in barca con il Capitano per il fine settimana. Dopo un’ora a fare da spettatrice mentre Serena ammaliava frizzante tutti e tre i ragazzi e si faceva ammirare da Kati e Iz per la sua disinvoltura, Blair l’aveva piantata lì e aveva chiamato lui, perché, aveva detto irritata, “si rifiutava di passare il venerdì sera da sola”. Chuck era stato tentato di non raggiungerla (aveva di meglio da fare che assecondare i capricci di Blair Waldorf), ma aveva già trascorso un paio d’ore interessanti con una ragazza piuttosto disinibita e si era fumato un intero spinello di hashish fra una performance e l’altra, perciò si sentiva particolarmente rilassato e accondiscendente. Era passato a prenderla ed erano finiti al bar del Palace, dove la solitamente controllata Blair aveva ingoiato uno dopo l’altro svariati bicchieri di Martini, con uno sguardo risoluto, pian piano sempre più sfocato.

“La adorano, Chuck.” aveva sospirato infine, stringendo le labbra.

“Chi?”

“Serena”, rispose, poi corrugò la fronte in uno sforzo di concentrazione. “Tutti”, aggiunse, evidentemente non molto sicura di quale fosse stata la domanda. Gli lanciò un’occhiata di rimprovero:

“Anche tu.”

“Io preferisco le brune”, aveva ribattuto Chuck con un sorriso seducente, e lei aveva sbuffato scettica, ordinando un altro drink.

Più tardi, mentre la riaccompagnava a casa in limousine (“Non ce n’è alcun bisogno, Bass”, aveva protestato lei, e aveva ragione naturalmente, Arthur era un autista fidato e l’avrebbe portata a casa sana e salva, ma a Chuck era sembrato più... opportuno così), Blair si era addormentata, cullata dai lievi sobbalzi dell’automobile e probabilmente dall’alcol in circolo nel suo corpo, e Chuck si era ritrovato a fissarla: le lunghe ciglia nere posate sugli zigomi, le guance arrossate, le labbra dischiuse, la curva aggraziata del collo fino alla spalla, nuda, perché la spallina del vestito era scivolata giù, i piccoli seni nascosti dal corpetto rigido del Waldorf nero... Chuck era in grado di rievocare senza difficoltà ogni dettaglio del suo aspetto quella sera, e avrebbe potuto fare lo stesso per molte altre sere. La considerazione gli fece venir voglia di un altro bicchiere di scotch, così gesticolò eloquente verso il cameriere. Intorno al polso, Blair aveva avuto un braccialetto di corallo; i capelli erano tirati su in uno stretto chignon a conchiglia, e non una ciocca era andata fuori posto in tutta la sera. Mentre lui la guardava, Blair aveva sollevato un poco le palpebre, dimostrando che o aveva il sonno leggero o non stava veramente dormendo fin dall’inizio, e aveva sibilato, nel suo tono più minaccioso: “Smettila di fissarmi, Bass. Qualsiasi oscenità ti sia venuta in mente, prova a toccarmi e te ne pentirai” e il ricordo lo fece suo malgrado sorridere, perché solo Blair era così sfacciata da non avere problemi a comportarsi da stronza anche mentre lui le stava facendo un favore.

Dimenticavo, a te piace Blair, non è così?

Il sorriso si spense. Lo scotch arrivò e Chuck bevve un primo, lungo sorso. No, Blair non gli piaceva, il suo rapporto con lei era acqua passata. Era stato divertente farsela per un po’, Blair si era rivelata un trastullo niente male, ma era tutto lì. Doveva essere tutto lì.

Oppure le hai fatto credere di essere speciale, riempiendola di paroline sdolcinate da film?

Le aveva detto che era speciale, questo sì. Lo aveva sussurrato adorante nell’orecchio di Blair mentre la stringeva a sé dopo la loro prima volta insieme e respirava l’odore acre della sua pelle sudata combinato alla fragranza dolce del suo profumo, un mix afrodisiaco che gli stava dando alla testa.

Blair si era scostata un po’ per sorridergli e per baciarlo, piano, perché era esausta e un pochino insonnolita. Il suo corpo nudo schiacciato contro quello di Chuck era così caldo, e lui aveva sperato che quel momento non finisse mai.

“Grazie.” aveva bisbigliato lei, con le palpebre socchiuse sugli occhi scintillanti, soffiandogli calore sulla bocca. “È  stato bello.”

E normalmente a quel punto Chuck avrebbe fatto una battuta, qualcosa di arrogante come “Lo so, Waldorf” oppure vagamente offensivo, come “Ero certo che alla fine saresti caduta anche tu ai miei piedi”, ma no, tutto ciò che aveva detto era stato un onesto: “Sono contento”, e poi l’aveva baciata ancora, assaporandola, per non perderne il ricordo.

Non le avrebbe rivelato nemmeno sotto tortura che, malgrado la sua maggiore esperienza, era stato in ansia quasi quanto lei. La conosceva abbastanza da intuire che non averlo fatto con Nate, come dettava il copione sulla sua vita che tanto scrupolosamente aveva redatto, l’avrebbe presto scombussolata. Per questo donarle una prima volta che avrebbe ricordato per sempre col sorriso sulle labbra e la luce negli occhi era stato essenziale per Chuck. Non perfetta, perché solo con Nate per lei sarebbe stata perfetta, lo sapeva purtroppo, ma bella... sì, quello poteva farlo.

E a quanto pare, lo aveva fatto.  

“A te è... piaciuto?” aveva chiesto lei disinvolta dopo un po’, tuttavia il viso nascosto nell’incavo della sua spalla e la voce flebile gli avevano fatto capire che era insicura su quell’argomento, come lo era sempre irragionevolmente stata sul proprio aspetto. Allora Chuck le aveva preso il mento fra le dita, costringendola gentilmente ma con fermezza a guardarlo, e le aveva sorriso.

“È stato incredibile”.

Il lampo di orgoglio negli occhi castani di lei aveva inspiegabilmente aumentato il suo benessere.

Chuck sbuffò, deciso a scacciare quei pensieri che, dopo Addio errore ed è così lontano che nemmeno me lo ricordo e Non puoi toccarmi, erano diventanti inaccettabili.

Un po’ per distrarsi dalle memorie su Blair, un po’ perché sentiva di doverlo fare, sfilò il telefono dalla tasca e schiacciò uno dei tasti di chiamata rapida, sorseggiando il drink mentre aspettava. Dopo un po’, la voce di Serena gli riempì l’orecchio:

“Spero tu non abbia chiamato per dirmi qualche porcheria, Chuck. Non ho tempo da perdere, devo riuscire a parlare con Dan e ho bisogno del telefono.”

“Anche per me è bello sentirti, sorellina.” ribatté lui, serafico. “E, lasciatelo dire, ultimamente sei troppo tesa. Io saprei bene come farti sciogliere: un bel letto comodo, una bottiglia di champagne, le mie mani sul tuo corpo...”

“Forse dovrei andare da lui. Parlargli di persona.” disse lei come se non lo avesse udito, a quel che pareva riflettendo ad alta voce. Normalmente Chuck non amava essere ignorato, ma gli piaceva l’atteggiamento noncurante di Serena di fronte alle sue provocazioni. Era uno dei motivi per cui con lei si era sempre trovato a suo agio: ci voleva un bel po’ per scandalizzarla, giocavano alla pari.

“Beh, potrai farlo senza doverti più preoccupare di Georgina. Mi ha detto che è in partenza.”

“Sì, l’ha detto anche a me.” dichiarò Serena e, dopo una manciata di secondi, realizzò: “Le hai parlato? Quando?”

“Poco fa.”

“Oddio!” esclamò, la voce ricolma di preoccupazione. Chuck corrugò la fronte a quella reazione, sinceramente confuso: tanto affetto nei suoi confronti non era proprio da Serena. La faccenda di Georgina doveva averla davvero messa sottosopra, emotivamente.

“Non è successo niente. So badare a me stesso.” ribatté, con arroganza.

“Chi se ne importa di te, Chuck!” sbottò lei, e Chuck si chiese divertito se dovesse sentirsi offeso. “Credi che Georgina abbia intenzione di parlare anche con Blair? O peggio, con Dan?”

“Manderò Mike a sorvegliare il loft di Humphrey tutta la notte. Se Georgina si fa viva, mi avvertirà subito”, la tranquillizzò, in tono pratico. “Quanto a Blair...”

...la tua preziosissima Blair, giusto?

Posò il bicchiere sul tavolino e si sfregò gli occhi con le dita, cercando di restare concentrato. Non era facile, con la voce irritante di Georgina che gli risuonava nella mente. “...vai a dormire da lei. Domattina, mi accerterò che Georgina abbia fatto il check-out in albergo.”

“Sì, giusto. Magari domani Dan si sarà anche calmato un po’ e mi ascolterà.” approvò Serena, con slancio. Poi, dopo qualche attimo di pausa: “Grazie, Chuck.”

“Qualche volta potresti venire a dormire anche da me, sai”, suggerì, lascivo. “Sarei più che lieto di mettere a tacere quella voce di Gossip Girl sul fatto che non sei una bionda naturale. Dopo essermene accertato personalmente, ovvio.”

“Ritorna a fare qualunque cosa perversa tu stessi facendo, Chuck. Ci sentiamo domani.” lo salutò Serena in tono esasperato, e lui capì che stava sorridendo. Soddisfatto, sorrise a sua volta.

“A domani, sorellina”.

Si mise di nuovo il telefono in tasca e contraccambiò l’occhiata seducente che gli stava lanciando una donna dai capelli scuri seduta al bancone.

Io preferisco le brune

E quello, doveva ammetterlo, era vero.

 

 

Fine#17

 

Note dell’Autrice:

 

[1] “The Private Memoirs and Confessions of a Justified Sinner” è un romanzo del 1824 di James Hogg.

[2] La qualità delle stagioni è in caduta libera, quindi io torno ai fasti della prima. ;)

[3] Grazie, grazie, grazie a tutti per le stupende recensioni. Le risposte individuali... beh, immagino sappiate già il seguito della frase.

Alla prossima storia,

Melany

  
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