Fandom: Supernatural.
Pairing: god!Castiel/Dean.
Rating: Pg13.
Genere: Angst,
Introspettivo, Romanico.
Warning: Slash, Spoiler 6x22.
Words: 4274 (fiumidiparole).
Summary: Post 6x22 – Castiel
non è più lo stesso, porta via Dean nel cuore
della notte e ha una proposta per lui.
Note: Il titolo
della fic è un verso di “Go your own way” dei Fleetwood Mac, la cui prima
strofa fa anche da introduzione alla storia. ¹ Ringrazio faechan e 0marazza0 per avermi aiutata con
la traduzione. *inchino*
DISCLAIMER: Non mi appartengono e non ci guadagno nulla ù_ù
Isn't the right thing to do
Amarti non è la cosa
giusta da fare,
ma come posso cambiare quello che sento?
Se potessi, forse ti regalerei il mio mondo.
Ma come posso, se tu non lo accetti da me?
Puoi andare per la tua strada.
Vai per la tua strada.
Puoi chiamarlo un altro giorno solitario. ¹
La stanza era buia, quando Dean aprì gli occhi, a malapena
rischiarata dalla luce dei lampioni che filtrava dalle persiane. All’inizio non
capì cosa l’avesse svegliato, era una camera di motel anonima come tante altre
e ugualmente familiare, poi si rese conto che non si era addormentato lì; il
suo ultimo ricordo riguardava il divano di casa di Bobby.
D’istinto si voltò verso il lato opposto della camera,
cercando la sagoma del fratello distesa nell’altro letto, ma non c’era alcun “altro
letto”. Era una camera matrimoniale e, seduta sulla porzione libera del
materasso, riuscì a distinguere una ben nota figura in trench, che lo osservava
con insistenza.
«Ciao Dean» lo salutò con voce familiare.
«Cosa ci fai qui?» domandò lui ancora rauco per il sonno e,
all’improvviso, comprese anche cosa aveva disturbato il suo riposo: la presenza
stonata di Castiel. Era cambiato e la sua sola vicinanza gli causava la pelle
d’oca.
«Alcune abitudini sono… dure a morire, suppongo» mormorò
questi, poi si allungò ad accendere cortesemente l’abat-jour
e, una volta che la camera fu illuminata, Dean ebbe modo di riconfermare la sua
prima impressione.
«Perché mi hai portato qui?» chiese allora.
«Dobbiamo parlare. Da soli» spiegò l’angelo. Pardon, nuovo Dio.
Se possibile, lui si tese ancora di più. Questo Castiel lo
metteva a disagio, non gli piaceva affatto. Non aveva mai avuto paura del
vecchio Cas, mai, nemmeno quando
l’aveva quasi ammazzato di botte, ma questo…
questo nuovo Castiel poteva spaventarlo anche solo con un sorriso, totalmente
estraneo a quel volto regolare.
«Credevo che il nuovo Signore dei
Cieli fosse occupato. Cosa vuoi da me?»
Non aveva dimenticato che Cas aveva preteso che si prostrassero ai suoi piedi. Non era più
in sé, sembrava un’altra persona. Erano riusciti a sfuggirgli per miracolo, forse
proprio perché lui l’aveva permesso.
Castiel lo osservò a lungo, come se stesse cercando una
risposta adeguata alla sua domanda, infine rispose semplicemente: «Te».
«Come?» chiese il cacciatore perplesso, accigliandosi
appena.
«Ho intenzione di sistemare le cose, Dean» spiegò, ignorando
la sua domanda. «Riporterò l’opera di mio Padre al suo
originario splendore. Manderò gli angeli che mi sono fedeli a disinfestare
questo posto. Uccideranno ogni creatura estranea, esorcizzeranno i Demoni,
quieteranno gli spiriti perduti. Presto tu, Sam e Bobby potrete avere una vita
normale. Non ci sarà più bisogno dei cacciatori».
«E che ne è del tuo piano originale, quello di spiegare il
libero arbitrio ai tuoi fratelli?» chiese quindi, cercando di ricordargli
quello che il vecchio Castiel – più umile e più giusto – voleva.
«Non è più necessario. Prima il
Paradiso era allo sbando, perché Dio era assente e gli arcangeli facevano ciò
che preferivano. Ora c’è un nuovo Dio, e in quanto tale riporterò l’ordine. Gli
angeli saranno felici di avere delle missioni da compiere, in questo Raphael
non si sbagliava» spiegò la creatura che una volta
considerava parte della sua famiglia.
Cristo, quanta arroganza. Non se ne rendeva nemmeno conto,
vero? «E che ne sarà degli angeli come Gabriel e
Balthazar, che volevano solo godersi la vita? Te lo ricordi Balthzar,
quella specie di spaventapasseri con un sorriso da schiaffi che ti voleva bene?» lo interrogò Dean, perché erano passati alcuni giorni ed
avevano già tentato di evocare l’idiota succitato senza alcun successo. E, per
quanto l’ipotesi che Castiel potesse aver ucciso il suo migliore amico fosse
tremenda, non era da escludere.
«Balthazar mi ha tradito. Come te del
resto» rispose Castiel, serrando la mascella.
«L’ha fatto perché era preoccupato
per te e per la Terra. Proprio come noi. Ed io
non ti ho tradito, Cas. Ti ho dato
molte occasioni per spiegarmi cosa stessi facendo, ma tu mi hai mentito. E
quando era troppo tardi e ti ho chiesto di lasciar
perdere, mi hai voltato le spalle!» ringhiò Dean.
«Dovevi fidarti di me» replicò Castiel
in modo basso e controllato, ma in qualche modo la stanza parve riempirsi d’ombre.
«Me lo sono meritato» asserì con sguardo immobile e minaccioso.
«Io mi fidavo di te, figlio di
puttana. Mi fidavo così tanto da essere cieco. Mi fidavo così tanto da aver
continuato a difenderti, anche quando hanno cercato di aprirmi gli occhi. Mi
fidavo così tanto da averti creduto colpevole solo quando tu stesso ti sei
tradito» replicò con il fiele in bocca, la gola chiusa
da un nodo doloroso.
Le ombre si ritirano, e quella creatura estranea chinò
appena il capo ad osservare la trapunta insipida. «Non avevo altra scelta» sussurrò,
sfuggendo il suo sguardo.
«Non dire stronzate. Non ci credo
che non c’era alternativa. Doveva esserci, e potevamo cercarla insieme!»
sibilò Dean.
«Ma avevo ragione» replicò Castiel «Il
piano è andato esattamente come volevo. Ho risolto il problema» osservò.
«Ho risolto il problema»
ripeté lui con voce soffocata, incredulo. «Quindi perché sei qui?» domandò
ancora.
«Te l’ho già detto: per te» rispose quindi. «Ti voglio per me. Ti ho sempre voluto, fin da quando ti ho
tirato fuori dall’Inferno» confessò. Poi la sua
espressione si addolcì, mentre allungava appena una
braccio per sfiorare il profilo del suo viso con la punta delle dita. «La tua
bellezza esteriore è sono in minima parte lo specchio di quella della tua
anima» sussurrò affascinato.
Dean seguì quella mano guardingo,
terrorizzato, senza riuscire davvero a comprendere cosa quell’essere volesse.
«È un piccolo desiderio per una
creatura immensa come un angelo, o come un Dio che può ripristinare tutto. Non
trovi?» concluse Castiel.
«Quindi io dovrei fare cosa esattamente, darti la mia anima?
Quelle che hai già là dentro non ti bastano?» ribatté
duro.
«No, non la tua anima. Tutto» chiarì l’altro. «Voglio che tu venga via con me».
«In Paradiso?» chiese quindi perplesso «Vuoi uccidermi?»
«Ovunque io vada» rispose semplicemente Castiel.
«E pensi sul serio che lascerei Sam – specialmente ora che
ricorda l’Inferno – e Bobby?» replicò Dean inarcando un sopraciglio. «Pensavo mi
conoscessi meglio di così».
«Posso far sì che Sam dimentichi di
nuovo quel periodo. In fondo glielo avevo promesso» considerò
Castiel.
«Non accetterà. Credevo che
conoscessi anche lui meglio di così» ribatté Dean
«Le cose sono diverse, ora. Potrà
finalmente avere la vita che ha sempre desiderato. Non ci saranno più mostri
qui, né ragioni per combattere. Potrei perfino restituirgli Jessica, che gli è
stata strappata troppo presto. E lo stesso vale per Bobby. Può rifarsi una
vita. Posso ridargli sua moglie, se è quello che vuole. Se è quello che tu vuoi».
«Stai…» boccheggiò il ragazzo allibito «..
stai cercando di comprarmi?»
Castiel aggrottò la fronte,
inclinando la testa in un modo che somigliava troppo al vecchio se stesso per
non essere doloroso. «No, sto cercando di rassicurarti»
precisò. «Loro staranno bene, saranno felici. Basta
che tu mi dica cosa vuoi, Dean».
«Cosa voglio?» lui rise senza gioia. «Vorrei
che mio fratello non avesse passato un anno intero senza anima, mentre questa
soffriva all’Inferno. Vorrei non aver rovinato la vita di Lisa e Ben. Vorrei di
nuovo il mio maledetto angelo sfigato» sbottò «Ecco cosa voglio!»
Lui sospirò. «Aiuterò Sam e ti restituirò Lisa e Ben, se è
ciò che desideri» gli assicurò.
«E in cambio io dovrei essere cosa, il tuo animaletto?» domandò sarcastico.
«Esatto» rispose Castiel, lasciandolo sotto shock. «O perlomeno
è così che gli angeli la vedranno» spiegò. «Ma per me
saresti di più. Molto di più» concluse, addolcendosi
nuovamente.
Il ragazzo rimase immobile, troppo allibito per rispondere,
ma quando l’altro cercò ancora di toccarlo si ritrasse, seguendo l’istinto.
«Ti spavento» osservò il nuovo Dio dopo un momento di
silenzio e le sue labbra si tesero in un lieve sorriso, mentre ancora osservava
la mano che lui aveva sottratto alla sua vicinanza.
«E la cosa ti rende felice» notò Dean.
«Mi compiace, sì» ammise, facendolo rabbrividire. «Non mi hai mai portato il dovuto rispetto, nemmeno
all’inizio, quando ti avevo appena salvato dalla perdizione. Mi hai sempre
considerato un moccioso, senza
renderti conto con chi avessi a che fare. Ora sei cosciente di quanto sono
potente».
«Ti ho sempre considerato un
soldato straordinario. E facevo qualcosa di meglio. Ti portavo il rispetto
dovuto ad un amico, ad un fratello» ribatté Dean.
«Non è vero» lo contraddisse Castiel, portando
all’improvviso gli occhi nei suoi, repentini come un fendente. «Hai perdonato
Sam per averti mentito, tradito e rinnegato nel peggiore dei modi, ma non
riesci ancora a perdonare me di averti nascosto qualcosa» concluse e lui
distolse lo sguardo.
«Mi hai ferito, è vero. Forse più
di quanto abbia mai fatto lui. Mi fidavo ciecamente di te, Cas, più di quanto
abbia mai fatto con chiunque altro. Mi sarei gettato nel fuoco, per te. Perché
tu mi hai insegnato ad avere fede, ed io avevo fede in te» asserì quindi.
«Avevo paura di deluderti» ammise Castiel di rimando, chinando
il capo «Di perderti» soggiunse, occhieggiandolo attraverso un pizzo di ciglia
nere.
«Perché sapevi che era sbagliato!» ruggì Dean «L’hai sempre saputo, ma hai preferito escludermi ed andare
avanti da solo. Sei stato orgoglioso ed egoista» lo
rimproverò, togliendosi quella spina che gli pungeva il culo da un bel pezzo,
ormai. «Complimenti, Cas, hai imparato le emozioni
umane. Anche le peggiori».
Questi scosse il capo ed il ragazzo ebbe l’impressione che
ora vi fossero lacrime trattenute impigliate a quelle ciglia, ma fu solo un
attimo. «L’ho fatto per te, perché tu potessi avere la vita serena che meriti,
perché non venissi coinvolto in un’altra Apocalisse e messo di nuovo con le
spalle al muro da Michael… questo non conta nulla per te?» tentò di spiegare e
la sua voce quasi s’incrinò in una supplica.
«Hai tirato fuori dalla Gabbia il corpo di Sam e l’hai
lasciato senz’anima…» cominciò.
«Non mi ero accorto di quell’errore…» tentò Castiel, ma Dean continuò imperterrito, alzando il tono per
sovrastarlo.
«… mi hai costretto a lasciare Lisa
e Ben, ti sei alleato con il Re dell’Inferno, hai risvegliato la Madre di tutte le cose, ci
hai nascosto la verità per mesi – anni!
–, hai ucciso una donna che Bobby amava… ecco dove ti hanno portato le tue
buone intenzioni. E tu dici che l’hai fatto per me?» gracchiò infine.
«È finita, Dean» replicò quindi Castiel «Nessuno
cercherà più di scatenare l’Apocalisse. Raphael è morto, Crowley
non è abbastanza potente da combattermi e presto sarà sistemato. Dean…» mormorò poi, allungando di nuovo cautamente un braccio,
fino a posare un palmo sulla sua spalla, dove campeggiava ancora l’impronta che
vi aveva impresso quattro anni prima. «Noi siamo legati» sussurrò, generando un
intenso calore al solo tocco di quella porzione di pelle attraverso i vestiti
«Abbiamo qualcosa di speciale ed è ancora qui» gli assicurò. «Tu
vuoi tenermi d’occhio, non è forse così? E quale modo migliore che essere al
mio fianco?»
Lui deglutì a fatica, rigido, ma stavolta non si ritrasse. «Ho bisogno di un po’ di tempo per pensarci. Sistemare
alcune cose» decise infine.
Castiel parve preso alla sprovvista, forse perfino
contrariato, ma domandò: «Quanto tempo vuoi?» atono, ritraendo la mano.
«Almeno ventiquattrore» considerò il ragazzo.
«D’accordo. A domani, allora» concluse l’altro e fece per portare due dita alla sua
fronte e teletrasportarlo, ma Dean lo fermò.
«Aspetta!» esclamò, afferrando il suo polso. «È ancora
presto, vero?»
«Sono le quattro del mattino».
«Lasciami qui, allora. Ho bisogno
di riflettere» spiegò, scivolando fuori dalle
lenzuola. Aveva bisogno di pensare da solo, lontano da Sam e Bobby, lontano da
chiunque.
Solo allora si accorse che Castiel l’aveva portato lì così
come si era coricato, vestito solo di una maglietta ed un paio di boxer. Non
poté fare a meno di sentirsi a disagio e desiderare di essersi lasciato
qualcosa di più addosso, ma era estate, la casa di Bobby non aveva certo il
condizionatore ed erano presenti solo uomini, quindi…
Uno schiocco di dita risuonò nella stanza e lui si ritrovò
completamente vestito; camicia, jeans, calze e scarpe, con tanto di giacca
poggiata sul letto.
«Grazie» mormorò osservando Castiel con un filo d’imbarazzo.
«Tutto quello che desideri» replicò lui semplicemente.
Una birra sarebbe
fantastica, pensò Dean tra sé e un momento dopo l’altro venne verso di lui
con due bottiglie in mano, come se le avesse tirare fuori dal suo stesso trench,
e gliene porse una. Addirittura già stappata, notò lui.
«Qualcos’altro?» chiese poi monocorde.
Il ragazzo rifletté, ma non gli veniva in mente niente, così
scosse il capo, prendendo un sorso di birra. Fredda al punto giusto, scoprì, deglutendo con piacere.
Prese a passeggiare per lo spazio libero ai piedi del letto,
ingollando un nuovo sorso dopo l’altro, poi – dopo l’ennesimo andirivieni – si
accostò alla finestra, poggiando una spalla contro lo stipite ed osservando
l’esterno. Era un parcheggio del tutto anonimo, uguale a mille altri;
impossibile comprendere dove fosse.
Pensò a Sam e Bobby. Si erano già accorti della sua assenza?
Erano preoccupati?
Ricordò Jessica, la bellissima ragazza che aveva incontrato
solo di sfuggita quand’era andato a prendere suo fratello a Stanford. L’anima
gemella di Sammy, non c’era dubbio. Lui non aveva più
amato nessun’altra, come lei, e l’amava ancora, Dean lo sapeva. Alcune volte
gli aveva perfino invidiato quel legame unico.
Rammentò anche la moglie di Bobby, risorta come uno zombi
per portare loro un messaggio di Morte, il Cavaliere dell’Apocalisse. Ricordò
il discorso che lei gli aveva fatto: essere accanto ad una persona per
portargli serenità, non dolore. Non aveva mai visto Bobby così felice come in
quei giorni, anche se aveva cercato di scacciare lui e Sam.
E pensò anche a Lisa e Ben, in quel letto d’ospedale, di
nuovo soli e sereni.
«Restituirai davvero loro le persone che amano?» sussurrò
incerto.
«Sì» mormorò una voce accanto a lui, facendolo sussultare.
Solo allora si rese conto che Castiel era alle sue spalle, quasi di fianco,
intento a guardare l’esterno, come aveva fatto anche lui fino a poco prima.
Poi quella nuova creatura si voltò a cercare il suo sguardo,
insopportabilmente vicino. «Stai per sacrificarti di nuovo, vero?» indovinò. «È una bellissima qualità, sacrificarsi per amore. Dio l’ha
sempre apprezzata. Ma tu non desideri niente per te? Nemmeno Lisa e Ben?»
«No. Lisa merita di meglio,
qualcuno che la renda davvero felice» rispose
voltandosi e cercando di allontanarsi, ma Castiel non glielo permise.
«Lisa merita di meglio, Sam merita di meglio, Bobby merita
di meglio…» cantilenò come se fosse una filastrocca, una solfa che era stanco
di sentire. «Tu cosa meriti, Dean?» concluse serio,
guardandolo negli occhi, dritto dentro la sua anima.
Nulla. Uno come me non merita niente, questo avrebbe voluto
rispondere.
«Tutto» lo contraddisse Castiel, come se avesse intercettato
i suoi pensieri. «Ed io posso dartelo. Permettimi di
dimostrarti che lo meriti» mormorò.
«Puoi farlo come te stesso, con le batterie scariche»
replicò «Cas, non ti rendi conto di dove ti sta
portando tutto questo potere? Non ne hai più bisogno. Tutti i tuoi progetti,
tutto ciò che hai detto di voler fare, puoi farlo con le tue ali! Puoi
riportare in vita le persone anche come angelo ed i tuoi fratelli ti
seguirebbero lo stesso, perché ti rispettano» tentò di
fargli capire.
Castiel si scostò da lui, arrabbiato, forse persino ferito. «Perché non puoi accettarmi così come sono ora? Posso fare
del bene in questo modo, Dean! Perché dovrei lasciare che il prossimo arrivista
tenti di nuovo di schiacciarci?!»
«Perché tu sei meglio di così!» sbottò il ragazzo. «Pretendi
che io ti accetti, ma tu vuoi cambiarmi, Cas!» aggiunse poi.
«Non è vero, non ho mai voluto cambiarti» obbiettò lui.
«Cristo, ma ti senti quando parli?!
Stai cercando di manipolarmi! Questo
non sei tu!» asserì.
Di nuovo Castiel si accigliò, inclinando la testa di lato in
quel modo così suo che per Dean fu un
pugno nello stomaco. Allo stesso tempo, però, gli diede un filo di speranza;
forse c’era ancora un po’ del suo vecchio angelo sotto le fondamenta di
Chernobyl.
Si sfregò la bocca con nervosismo. Così non andava, non
poteva semplicemente dirgli cosa fare, erano passati i bei tempi in cui Cas eseguiva semplicemente gli ordini senza fiatare o metterli
in dubbio, ora doveva far sì che ci arrivasse da solo.
Prese un respiro profondo, cercando un modo semplice per
spiegargli la situazione, come avrebbe fatto con un ragazzino, con Ben magari.
«Ascoltami…» tentò infine «se io venissi trasformato in un vampiro, o in un
lupo mannaro, o in qualunque altra schifezza soprannaturale… cosa faresti?»
«Non lo permetterei» rispose semplicemente lui con sguardo
duro e determinato.
«Sì, be’, anche io ho cercato di non permetterlo, ma tu non mi hai dato molto ascolto» osservò il
cacciatore piccato. Poi prese di nuovo fiato, mettendo da parte il risentimento.
«Non cercheresti di sistemare la situazione?» tornò al punto della discussione.
«Io… suppongo di sì. Cercherei un
rimedio. Tornerei perfino nel passato, se necessario»
ammise l’altro, cercando di seguire il filo.
«Appunto, vedi? È esattamente ciò
che sto cercando di fare!» esclamò allargando le
braccia in un gesto impotente.
«C’è solo una falla nel tuo ragionamento, Dean» replicò
Castiel, avvicinandosi di nuovo a lui e rivolgendogli ancora quel sorriso
strano, inquietante. «Io non sono un mostro, sono una divinità».
«Dal mio punto di vista non c’è una gran differenza»
ironizzò il ragazzo e l’altro emise uno sbuffo seccato dal naso, come se fosse lui quello che continuava a scontrarsi
con un muro.
«Sei sempre così…» iniziò esasperato.
«…testardo. Sì, anche tu» concluse il cacciatore per lui.
«Mi hai insegnato bene» osservò Castiel.
«Sono un ottimo maestro, me lo dicono spesso» ribatté lui
con un accenno di malizia.
E all’improvviso qualcosa in Castiel si ruppe, le sue spalle
si abbassarono, sul suo viso calò un’ombra sofferente, i suoi occhi tremarono,
e un attimo dopo le sue mani furono tra i capelli di Dean e le sue labbra sulla
sua bocca. Il ragazzo esalò un gemito sorpreso e cercò di ritrarsi, ma lui
inghiottì anche quello e lo tenne fermo contro di sé con presa ferrea.
Il cacciatore si aggrappò al bavero del vecchio trench,
cercando di respingere il suo proprietario, mentre perfino l’aria gli veniva
portata via. Le labbra di Castiel erano morbide contro le sue, e gentili, a
differenza di tutto il resto, delle dita che afferravano manciate dei suoi
capelli, del corpo rigido come una statua, della lingua imperiosa che
s’intrufolava nella sua bocca. Il suo sapore gli esplose sul palato come il
ripieno denso di un cioccolatino al liquore, bruciante ed intossicante, e
percepì le proprie ginocchia cedere sotto l’assalto. Castiel lo sostenne
passando un braccio attorno alla sua vita e tirandolo contro di sé, poi posò la
fronte sulla sua, inspirando il suo stesso fiato e permettendogli di riprendere
il respiro. Dean non si era mai sentito come in quel momento, sottile e leggero
come un foglio di carta; non era esattamente piacevole.
«Cos’era quello?» ansò frastornato.
«Mi risulta si chiami bacio»
replicò l’altro incolore e, no, non era un battuta.
«E chi te l’ha insegnato, uhm? Se
mi dici che è stato Crowley, prendo a calci il tuo
nuovo culo divino» ringhiò.
«No. Ho osservato te» rispose semplicemente Castiel ed il cacciatore quasi si
strozzò con la propria saliva.
«Stalker» tossicchiò. «Questa cosa
deve finire, davvero. Ci sono un sacco di modi migliori per passare il tempo,
sai?» aggiunse inarcando un sopracciglio.
L’altro sorrise appena. «Potresti
insegnarmene qualcuno» propose.
Dean parve preso alla sprovvista. Castiel era serio e non
sembrava essersi reso conto di quanto fosse ambiguo ciò che aveva appena detto,
ma c’era una luce furba sul fondo di quello sguardo, che gli rammentò la volta
in cui gli aveva suggerito che minacciare un Profeta significava provocare un
arcangelo. Sorrise al ricordo e al riconoscere quella particolare sfumatura.
«Be’…» mormorò poi, chinandosi fin quasi a sfiorare di nuovo la sua bocca con
la propria e saggiando la morbidezza del labbro inferiore con un pollice
«…questo non era male» concluse, prima di mordere piano quello superiore.
Non era corretto, no, non era affatto corretto che un uomo
avesse labbra del genere, l’aveva sempre pensato. Meritavano di essere mangiate
lentamente, succhiandole fino a far arrossare il loro consueto pallore.
Castiel gemette piano, spedendogli
un brivido giù per la colonna vertebrale, fino ai lombi, e Dean morse un po’
più forte, con un pizzico di cattiveria, fino a fargli dischiudere la bocca per
infilarvi la lingua dentro. Qualcosa nella sua testa continuava a gridargli che
tutto quello era sbagliato, sbagliato,
sbagliato – oh, così sbagliato! –
eppure nulla gli era mai sembrato più giusto.
Castiel strattonò un lembo della sua camicia e riuscì ad
intrufolare una mano sotto la manica corta, sino a far combaciare perfettamente
il palmo con l’impronta che gli aveva lasciato sulla spalla, pelle contro
pelle, e all’improvviso qualcosa dentro Dean, al centro del suo petto, prese fuoco.
«Cos… cos’è?» ansò sulla sua bocca. Era doloroso, bollente, bellissimo.
«Niente» soffiò lui di rimando, senza scostarsi,
accarezzando le sue labbra ad ogni parola.
«Cosa mi hai fatto?» biascicò il ragazzo, serrando le
palpebre; era come se stesse per incendiarsi, come se Castiel lo stesse riempiendo di luce.
«Nulla. È solo un
carezza» mormorò questi «Un momento di distrazione all’Inferno. Quello che
sento per te».
Dean scosse il capo, la fronte poggiata contro la sua. Era
troppo, troppo. «Basta» supplicò,
sopraffatto. Gli occhi di Castiel s’intristirono e, quando ritirò la mano, fu
come se gli avesse portato via un pezzo d’anima appena risvegliato.
Lui si ritrovò ad ansimare come se avesse corso per ore,
come se avesse appena rischiato di annegare. Cercò di nuovo quello sguardo blu
ed affogò ancora; Castiel sembrava così stanco, così frustrato, esausto dallo
sforzo di cercare di spiegargli qualcosa che lui non riusciva a capire.
«Puoi sentirmi?» chiese quindi il ragazzo, deglutendo con la
bocca secca. «Puoi sentire quello che provo io?» L’altro scosse il capo,
amareggiato, e Dean si passò le dita tra i capelli in un gesto impotente. «C’è
un modo?» domandò allora, ma lo sguardo di Castiel fu più che esplicativo.
«È una via a senso unico» spiegò, sfiorando di nuovo
l’impronta con la punta delle dita, causandogli il più lieve dei formicolii.
Dean ci pensò bene, ma riusciva a vedere un solo modo. Prese
una delle sue mani e se la poggiò al centro del petto, premendola contro di sé.
«Toccami» ordinò, e si rese conto di quanto fosse fraintendibile
quell’imperativo solo quando l’altro inclinò la testa con perplessità. «L’anima, intendo» specificò allora.
Gli occhi di Castile divennero
enormi per la sorpresa. «Molto romantico. E molto
stupido» commentò poi.
«In questo modo dovresti sentirmi, no?» replicò il cacciatore,
senza dargli ascolto.
«Non sarà piacevole» gli ricordò lui e Dean sogghignò.
«Per usare un eufemismo» ironizzò e si fissarono per qualche
secondo con intensità, riscoprendosi, forse rassicurandosi.
Cristo, era davvero pronto a lasciarsi fare una cosa simile
da un creatura che non conosceva più? Si fidava ancora
così tanto di lui, nonostante tutto? Sì,
maledizione.
«Non farmi esplodere mentre mi palpi, eh» aggiunse teso.
«Starò attento» promise Castiel, inespressivo come sempre,
ma in qualche modo così era rassicurante, non come quel sorrisetto compiaciuto
che ultimamente si portava dietro; questo era il vecchio Cas, il suo Cas.
«Non voglio soffermarmi sull’ambiguità di questa cosa»
ribatté quindi, giusto per smorzare l’atmosfera.
«Dean?» lo richiamò l’altro serio.
«Sì?» chiese lui nervoso.
«Sta zitto. E stringi i denti»
comandò lapidaria quella divinità, poi immerse la mano nel suo torace,
trapassando pelle, muscoli, ossa e tendini come se non gli
stesse affondando dentro le sue dita, ma facendo altrettanto fottutamente male.
Il ragazzo si accasciò su se stesso per il dolore. Era
orribile, straziante, non aveva più provato una sofferenza simile da quando era
all’Inferno, tra le gentili cure di Alastair. Castiel lo sostenne, cercando di nuovo l’impronta
sulla sua spalla con il proprio palmo e in qualche modo le sensazioni si
smorzarono, mentre quella luce tornava a scaldarlo fino a fargli lacrimare gli
occhi.
Dean serrò le palpebre e – BOOM! – i loro corpi andarono in frantumi, non restò più nulla a
dividerli, rimase solo ciò che la materia conteneva. E l’essenza di Castiel era
accecante, immensa, poteva coprire il
mondo intero, mentre lui si sentì minuscolo, una scintilla.
Ebbe paura, una paura annichilente quale non ricordava di
aver mai provata prima, la paura che si può sentire solo al cospetto di un dio
che conosce tutti i tuoi peccati e sta per giudicarti. Ma Castiel non era lì
per punire le sue colpe, era lì per lui. Lo avvolse nella sua luce sino a
circondarlo, come braccia luminose e calde, e più Castiel lo stringeva a sé, più
lui splendeva, e più lui splendeva, più lo stesso Castiel diventava luminoso;
era reciproco e costante. La sola vicinanza li rendeva più forti, migliori.
Quando Dean riaprì gli occhi, riprendendo i sensi che non si
era nemmeno reso conto di aver perso, era davvero tra le braccia di Castiel,
sul suo grembo, poggiato al suo petto, mentre giacevano entrambi a terra, quasi
che la moquette lisa del motel fosse la cosa più comoda del mondo.
Non aveva idea di cosa diamine fosse successo, una merdata tipo incontro ravvicinato del terzo tipo tra anime
o era tutto nella sua testa? Certo che
sta succedendo nella tua testa, ma perché diavolo dovrebbe voler dire che non è
reale? E, okay, magari doveva dire a Sammy di cominciare a leggere libri
per adulti e smettere di menarglielo con quelle cazzate. ²
Sfinito, cercò pigramente lo sguardo di Castiel, trovandolo
subito su di sé, carico di apprensione e lacrime non versate. Stava chiaramente
cercando qualcosa da dire, ma lui lo precedette.
«Sei ingrassato, dall’ultima volta
che ci siamo incontrati. Anime
ipercaloriche, suppongo» fu la prima cosa che disse,
lasciandolo spiazzato. «Sei bellissimo» aggiunse poi con tono esausto,
accennando un sorriso.
E Castiel lo strinse a sé, piegando il capo e soffocando una
risata fra i suoi capelli. Dean non ne era molto sicuro, ma gli sembrò che
stesse anche piangendo.
«Non posso farcela senza di te, Dean» replicò lui con voce
incrinata.
«Lo so, moccioso» rispose il ragazzo, lasciando che facesse
un po’ quel che gli pareva con il suo corpo spossato, anche se significava
essere usato come orsacchiotto. «Sono qui, io sono
sempre qui. Tu sei con me?» domandò poi, sollevando
una mano pesante alla ricerca del suo viso, che immaginava perduto in qualche
punto imprecisato sopra il proprio orecchio.
Castiel afferrò quella mano ed annuì contro il suo palmo,
posandovi un bacio devoto. E, sì, le sue guance erano bagnate di lacrime.
Per il momento poteva bastare.
FINE.
². “Harry Potter e i
Doni della Morte” di J.K. Rowling.