ovviamenteimpossibile6
Note:
Questo episodio si svolge nella prima parte della seconda serie, pochi
giorni prima dell'episodio 54, quello in cui Rei canta al festival
scolastico.
Ecco la versione
originale della canzone (video su Youtube), che è
quella che tratto in questa storia.
Per tradurla ho usato i lyrics e la traduzione in inglese presenti a
questo link.
"Ovviamente...
impossibile?"
Autore: ellephedre
Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. Essi sono
esclusiva proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation
Co.
Ltd
Episodio
5 - Eterna melodia
Amore.
Rei strinse con forza la maniglia del frigorifero. Ma ci si doveva per
forza innamorare di uomini?!
A lei piacevano i ragazzi. Le piaceva la loro faccia quando erano molto
belli, le piaceva quando erano gentili e galanti perché la
facevano sentire ammirata e le piacevano perché... le
piacevano
e basta. Molto, dannazione a loro.
Da quando però aveva cominciato a convivere con un ragazzo -
non
per scelta sua! - stava iniziando a comprendere perché
l'universo femminile si lamentasse degli uomini.
Yuichiro Kumada era un ragazzo, viveva in casa sua e si stava rivelando
un danno.
Certo, cucinava, puliva, non le aveva mai fatto trovare la
tavoletta del water alzata - che schifo, aveva sentito da Usagi che
succedeva - e aiutava suo nonno al tempio, ma erano tutte cose che
avrebbe potuto fare anche una donna. Una moglie, ad esempio, se suo
nonno si fosse mai deciso a risposarsi. Invece lui aveva avuto la bella
idea di prendere Yuichiro come tuttofare e Yuichiro faceva anche quel
che non doveva. Ad esempio, far fuori il contenuto del frigo in due
giorni, manco fosse
una donna incinta.
'E' in fase di crescita!' le aveva detto con una risata suo nonno e Rei
aveva ridacchiato malvagiamente assieme a lui: di quel passo a Yuichiro
sarebbe cresciuta solo la pancia e a spese loro.
Era un danno, un danno! Non c'era quando serviva - adesso! Per urlargli
in faccia che le aveva tolto il cibo di bocca! - e c'era quando lei non
lo voleva intorno, come durante quel giorno, quando aveva dovuto
sbatterlo fuori di casa perché non stesse ad ascoltarla
mentre componeva.
Provò a riconcentrarsi.
Amore, doveva scrivere una canzone sull'amore. Allora, l'amore era
bello, romantico, rivoluzionario, divertente, appetitoso...
Fissare gli occhi sulla mensola superiore del frigo, vuota, le
causò un brontolio alla pancia.
«Yuichirooo!!!» Lo voleva lì adesso!
Doveva torcergli il collo e poi mandarlo a calci a comprare ogni tipo
di snack e dolcetto mai inventato!
«Yuichirooooooo!!!»
Il corridoio si riempì del rumore di una corsa.
«Che c'è, chi ci attacca?!» Sfondando la
soglia Yuichiro brandì una scopa rovesciata tra le mani. Con
una rapida occhiata ai tre metri per quattro della cucina
capì che c'era solo lei nella stanza.
«Rei-san?»
«Non ti avevo detto di sparire di casa?»
Lui nascose a stento una smorfia. «Sono appena rientrato.
Però... prima ero fuori che pulivo il
cortile, andava bene lo stesso?» Tentò di
sorriderle, ma ne venne fuori solo un'espressione arrendevole e
impaurita.
Rei si chiese per l'ennesima volta che cosa mai avesse visto in lui:
quale cortocircuito si era scatenato nel suo cervello per spingerla a
ritenerlo degno del benché minimo pensiero amoroso?
«Hai svuotato il frigo!» lo accusò. Il
giorno che si fosse trovata un fidanzato, lui non avrebbe mai dovuto
toccare il suo cibo!
«Eh?»
Lei puntò il frigorifero aperto con una mano tesa.
«Qui, qui! C'erano degli yogurt e quegli snack dolci al
cioccolato che mangio solo io! Il nonno non li tocca mai, è
solo da quando sei arrivato tu che manca tutto!»
Tirò fuori un cespo malridotto di lattuga. «Non
posso nemmeno prepararmi un'insalata!»
«Ma ho il rimedio!» dichiarò con un gran
sorriso lui. «Un attimo!» Sparì nel
corridoio e Rei fece appena in tempo ad affacciarsi fuori dalla cucina:
Yuichiro stava già tornando indietro con due grossi
sacchetti pieni.
«La spesa!» le offrì trionfante.
Rei sentì il suo stomaco che intonava un inno di gioia.
«Cos'hai comprato?» Cercò di guardare
dentro i sacchetti ma Yuichiro li prese entrambi, portandoli con
sé mentre la sorpassava in direzione del frigo.
«Ho preso tutto quello che ho mangiato io.»
Appoggiò le buste per terra, cominciando a svuotarle.
«Lo so che mangio tanto Rei-san, per questo non devi
più preoccuparti. D'ora in poi andrò sempre a
fare la spesa prima che le cose finiscano.»
Dalla busta tirò fuori una confezione di yogurt alla
fragola. «Per te ho preso questi, come quelli che ho visto
stamattina, ma...» Sembrò non voler continuare.
«Ma cosa?» Rei gli strappò la confezione
di mano e separò una vaschetta dalle altre. Andò
a prendere un cucchiaino.
«Non li ho mangiati io» lo sentì dire
mentre gli dava le spalle.
Si immobilizzò. Yuichiro stava
forse insinuando che li aveva finiti lei?
«Non li ho proprio mangiati, Rei-san. Forse eri
così concentrata nella musica che ti sei dimenticata
che-»
«Io mi ricordo sempre di quello che metto in
bocca.» A differenza di qualcun altro.
Lui sembrò trattenere un sospiro e sotto la frangia
abbassò gli occhi a terra. Nemmeno guardare in basso gli
riusciva facile quando il ciuffo più folto gli
cadeva davanti, fino a finire quasi sul naso. Lui cercò di
scostarlo e Rei scosse mentalmente la testa: Yuichiro era arrendevole
in molte cose, ma era ostinato nel mantenere la sua improbabile
pettinatura così com'era. Quando lei aveva ripetutamente
suggerito di tagliarla un po', almeno per permettergli di vedere
meglio, lui si era sempre rifiutato con un sorriso che non lasciava
spazio a insistenze. "No, i capelli mi piacciono così."
oppure "Mi trovo bene in
questo modo". Frasi tipiche, che l'avevano portata a dedurre che lui si
sentiva bene
nascondendosi, come se si vergognasse di farsi vedere con troppa
chiarezza.
Lei era stata persino tentata di dirgli che sotto tutti quei
capelli non era male, ma si era fermata in tempo:
solo il cielo sapeva le mille speranze che Yuichiro avrebbe costruito
su un'osservazione tanto semplice.
Vederlo trafficare con le dita sulla fronte con fastidio
crescente la
spinse a tornare sull'argomento. «Tagliali. Ci stavo pensando
anche adesso: cosa pensi di dover nascondere? La tua faccia?»
Lui appoggiò lentamente una confezione di carne dentro il
cassetto basso
del congelatore. Guardò pensieroso le uova
fresche tra le sue mani. «La tua musica era molto bella,
Rei-san. Perché pensavi di doverla nascondere?»
Lei si irrigidì. «Cosa c'entra la mia musica? Ti
avevo detto di non stare in casa ad ascoltare.»
Lui annuì. «Perché ti dà
fastidio. Mi dispiace. Per me è la stessa cosa... con la mia
faccia.» Si grattò la fronte. «Non
nascondo niente di importante sotto i capelli, è solo che...
non mi sento a mio agio. E'... una cosa lunga da spiegare.»
Una cosa personale, udì tra le righe Rei. Forse, si disse,
si era intromessa troppo.
Rilasciò uno sbuffo.
«Non ascoltare più la mia musica. Il nonno mi
rispetta e non l'ascolta.»
Yuichiro tornò a riempire il frigo di buona lena.
«Il maestro mi ha detto che stai scrivendo una canzone per il
festival scolastico della tua scuola. Non dovrai farla sentire a tanta
gente?»
Sì e non le importava di sembrare incoerente. «La
farò sentire a tutti quando sarà pronta. Adesso
è solamente una lagna priva di parole.»
I sacchetti della spesa si erano svuotati. Yuichiro chiuse il
frigorifero. «A me era piaciuta molto, anche quando ti
interrompevi. Non sminuirti, Rei-san. Pochi hanno il talento necessario
per comporre musica dal nulla.»
Rei si sentì suo malgrado lusingata. «Ho studiato
pianoforte alle elementari. La musica ti
sembrerà una lagna tra qualche ora se continui ad
ascoltarmi: dovrò suonarla e risuonarla per trovare le
parole da metterci.» Aveva creato un'introduzione e la base
di tutta la canzone, ritornello compreso, anche se quello poteva essere
modificato per adattarsi. Aveva una mezza idea del tono da dare alla
fine - un crescendo nato da un coro
e dalla voce della cantante - ma le parole! Le
maledette parole le
sfuggivano.
Amore, amore.
Corrugò la fronte.
«C'è qualcosa che non va?»
Lei aprì il vasetto di yogurt e infilò in bocca
una prima cucchiaiata. Fu divino sentire lo zucchero che rientrava nel
suo corpo e dentro il suo cervello. «No. Devo solo
concentrarmi per il testo. Chiamatemi quando sarà pronta la
cena.» Per allora poteva aver finito. Doveva aver finito,
erano giorni che passava il suo tempo dietro alla canzone e non ce la
faceva più: era in ritardo. Sarebbe stata in ritardissimo
con le prove se non si fosse data una mossa: aveva ancora tutti i
movimenti di scena da preparare, le luci, il costume...
«E' una canzone d'amore?»
Rei si voltò sulla soglia della cucina, il cucchiaino
stretto tra le labbra. Fu solo quello a impedirle una risposta
immediata.
Yuichiro sollevò in alto le mani, sempre tremendamente sulla
difensiva. Aveva forse paura che lo avrebbe picchiato? Esagerato, solo
per un paio di scope brandite in aria.
«A me sembra una melodia calma» le disse.
«Non credo che dovresti metterci un testo che parla di
tradimenti, di sofferenza o di...» Guardò la sua
espressione accigliata e si sgonfiò. «Certo, ci
avrai già pensato. Scusami, volevo provare ad
aiutarti.»
Rei sospirò. «Grazie per aver fatto la
spesa.»
Si diresse in camera sua.
Come cominciavano le grandi canzoni d'amore?
Con un paesaggio, fu l'illuminazione che la colpì
all'improvviso, mentre si scervellava nella sua stanza. Non seppe
decidersi tra tramonti, albe, grandi distese di prati, spiagge o mari,
perciò, per cercare di trovare maggiore ispirazione,
uscì in giardino.
Attraversò la staccionata bassa che divideva il cortile dal
bosco e, mentre si dirigeva in mezzo agli alberi, pensò di
aver trovato la risposta che cercava. Poteva parlare di un bosco!
Con la mano appoggiata su una corteccia ruvida capì che
l'idea era sciocca: che razza di scena poteva ambientare in un bosco?
Tanta gente nemmeno ci era mai stata in prima persona, se non per
qualche scarpinata faticosissima. L'amore era più grande,
più libero... Si lasciò scivolare sul terreno, la
schiena contro l'albero. Come il cielo, si disse, sollevando lo sguardo
verso l'azzurro che si perdeva tra le foglie, continuando eterno fino a
toccare il tetto del tempio e l'intera Tokyo.
Sospirò. Parlare del cielo era così banale.
Allungò le gambe in avanti, l'hakama rosso che si strusciava
sui radi fili d'erba. La calza bianca che le copriva il piede
uscì dall'ombra e finì sotto il sole.
Rei lasciò scivolare il taccuino e la matita sul grembo.
Caddero entrambi a terra quando piegò l'altro ginocchio, per
poterci mettere sopra il mento.
Il suo secondo sospiro di rassegnazione si mischiò al soffio
di un venticello senza stagioni, che sapeva d'inverno e di primavera
assieme.
La grande scrittrice di canzoni se ne stava sotto un albero, all'ombra,
cercando di farsi venire idee.
Avrebbe dovuto adottare un metodo
estremo e mettere su carta proprio quelle parole. O addirittura
già nella canzone. Tentò di intonare l'inizio
della frase senza successo: musicalità zero.
Tentò di cambiare l'ordine alla frase.
'Sotto un albero, all'ombra, stava...'
Le mancò il respiro.
'Ombreggiata sotto un albero...' No. Ombra, albero, sole. Ombra e sole
da soli, meglio.
'Ombreggiata daaal sole io'.
Aggiunse il pronome per istinto e saltò in piedi.
Sì, sì! Il primo verso!
E ora amore, amore, sentimenti d'amore.
Sentendosi pervasa dall'ispirazione balzò in piedi. C'era un
solo oggetto che la faceva pensare all'amore in una
maniera superba! Doveva violarne la sacralità ancora una
volta.
Si fiondò verso il tempio.
Pulire il cortile senza poter sentire la canzone di Rei-san in
sottofondo era quasi noioso.
Yuichiro cercò di radunare più sassolini
possibile sotto la scopa. I cortili non erano fatti per essere puliti -
erano fatti di terra - ma potevano essere ordinati. A lui non
dispiaceva guardare il cortile davanti alla sua stanza quando per tutta
l'area non c'erano che ciuffi d'erba e l'occasionale fiore. Era
rilassante.
Anche il maestro gli aveva fatto i complimenti per quella sua idea e
così, quel pomeriggio, lui si era deciso a mettere a posto
anche il cortile di fronte alla stanza di Rei-san.
Sospirò.
No, stava spazzando via sassi da lì solo per provare a
rivederla.
Lei non era in camera sua e lui voleva avere l'occasione per
dirle... che gli dispiaceva? Non era originale, ne era cosciente. A
Rei-san non diceva sin troppo
spesso 'Mi dispiace'? Come se non avesse altro da dirle.
Però era dispiaciuto per quel giorno, era la
verità. Per quanto fosse bella la canzone stava stressando
molto Rei-san e sapere che lui l'aveva ascoltata per tutto il tempo non
aveva migliorato l'umore di lei. Perché? si chiese mogio,
l'avrebbe migliorato per caso
ricevere delle scuse da lui?
Era senza speranza.
Smise di dare le spalle alla stanza di lei e colse con l'occhio un
particolare inquietante: una figura bassa e china, completamente
ricoperta di bianco, si era infilata dentro la stanza di Rei-san. La
porta terminò di chiudersi in maniera sibillina, furtiva.
Lui strinse il manico della scopa e salì sul ripiano
rialzato di legno già all'inizio del corridoio. Se avesse
tentato di scalarlo davanti alla stanza di Rei-san gli scricchiolii lo
avrebbero fatto scoprire immediatamente: in quel punto il legno era
troppo debole. Sfilò i geta dai piedi e avanzò
con cautela,
piano.
Una figura bianca. Un ladro? A quell'ora? Qualcuno che voleva fare del
male a Rei-san?
Accelerò il ritmo e si trovò davanti alla porta
scorrevole della camera di lei. La fece scivolare di lato, lentamente.
Sentì un urlo rapido e acuto; il cuore gli balzò
in gola. Sbatté la porta di lato.
«Rei-san!!»
«Che diavolo fai?!» Fu la voce di lei a
rimproverarlo, uscendo da una nuvola spessa di stoffa bianca. La faccia
di Rei-san era l'unica nota di colore tra gli strati di tessuto spesso
che andavano a formare un cappuccio sopra la testa di lei, una tunica
sul suo corpo e una specie di gobba sulla sua schiena.
Gli entrò nel cervello il nome e il significato dell'abito.
I suoi neuroni si sciolsero dal primo all'ultimo.
Le mani di lei uscirono da sotto le maniche troppo grandi e trovarono
il suo petto. Lo spinsero via. «Fuori!!!»
Yuichiro indietreggiò malamente. Andò a sbattere
contro un palo del corridoio. «Io...»
Lei gli aveva chiuso la porta in faccia. «Non è
quello che pensi!» gridò da dentro la stanza.
«Viene dal tempio, è il vestito che diamo in
affitto! Io... io lo stavo provando per vedere se era sporco! Il nonno
ha detto di mandarlo a lavare e allora... L'ho messo, capito?! Non ha
alcun significato!»
Lui non riuscì a darle ragione.
«Rei-san...»
«Va' via.»
Era una richiesta piena di vergogna. Un vestito come quello non poteva
farla sentire così, non quando...
Fece un passo verso la
porta. «Sei...» Il termine banalissimo, assoluto,
gli sgorgò dalla gola. «Bellissima. Lo
sei, Rei-san.» Era commosso. E stolto. Il giorno in cui Rei
Hino avrebbe indossato di
nuovo un abito come quello avrebbe sorriso fino ad illuminare una sala
intera. Allora, solo allora sarebbe stata più bella che mai.
Grande, felice, innamoraa.
Del giorno in cui aveva provato un abito bianco tradizionale, chiusa
dentro la sua stanza, forse non si sarebbe nemmeno ricordata. Di lui
neppure, quasi certo.
Meglio così, si disse Yuichiro. Se si fosse
ricordata magari
ci sarebbe stato anche lui al matrimonio. Come invitato.
Il peso delle sue ridicole illusioni presenti mandò
in avanti la sua testa. Giù, fino a fargli vedere solo il
pavimento. «Vado via...»
mormorò.
Non seppe dire se l'aveva detto abbastanza forte da farsi sentire, ma
dalla stanza non udì provenire suono, perciò se
ne andò.
Trascinò con sé la scopa giù per il
corridoio, fino a girare l'angolo.
Davanti allo specchio Rei accarezzò la stoffa bianca che le
incorniciava il viso.
Bellissima?
Lo avrebbe detto anche l'uomo che lei avrebbe amato? Sarebbe parsa
bella anche a lui, priva di difetti irritanti e degna di essere presa
tra le braccia, consolata, sopportata, amata?
Con le mani allargò i lembi candidi dell'abito. La
tunica ricadde delicata attorno alle sue gambe.
Un vestito non creava l'amore, ne era diventata consapevole
indossandolo. Lo aveva tenuto spesso tra le mani in passato,
accarezzando la morbidezza del tessuto e immaginando che fosse...
magico.
Quell'abito era stato coinvolto in due cerimonie. Alla prima lei aveva
assistito quando aveva otto anni; per la seconda ne aveva ormai
compiuti undici.
Si era trattato in entrambi i casi di coppie con pochi mezzi,
impossibilitate a comprare un vestito per la sposa. La scenografia del
matrimonio le era parsa misera, quasi desolante, ma i volti dei
presenti avevano fatto luce per conto proprio. La sposa e lo sposo,
composti e dignitosi, si erano scambiati le coppe della promessa e
avevano trattenuto risatine di gioia che si erano distese in miti
sorrisi man mano che suo nonno arrivava alla conclusione della
cerimonia che li avrebbe consacrati come marito e moglie.
Rei aveva invidiato tantissimo lei, la donna che un uomo aveva scelto
di amare per tutta la vita.
Guardandosi nello specchio della sua camera, vestita come una sposa, si
era sentita un inganno vivente. Aveva un brutto carattere, chi
l'avrebbe voluta?
Certo, sperava di innamorarsi come tutti - era certa che si sarebbe
innamorata, prima o poi. Sarebbe anche stata ricambiata, ne era sicura,
ma... il matrimonio? Era una promessa eterna di devozione.
Lei per prima non si sarebbe sentita di farla. Forse perché
non si era ancora innamorata?
L'amore avrebbe davvero potuto cambiarla, rendendola più
paziente, più pronta a pensare a qualcuno di diverso da se
stessa?
Con l'unico ragazzo che aveva mai frequentato - Mamoru Chiba - aveva
sbagliato tutto. Lui era stato il fidanzato che lei si era costruita
nella sua
testa. Lo aveva trascinato a vedere mostre di bambole, in pasticcerie
appena aperte, in giro per negozi. Non le era importanto di
condividere con lui alcun interesse, si era convinta sin da principio
che Mamoru dovesse essere interessato a quello che faceva piacere a
lei sola.
Non sapeva quali fossero di solito gli hobby di un ragazzo, ma se
doveva prendere ad esempio l'unico che conosceva bene....
beh, gli hobby di Yuichiro erano noiosi. Lui passava
il suo tempo a guardare il cielo, a correre, a volte a leggere. Non
guardava molto la televisione, gradiva solo i fumetti ridicoli e pareva
che si divertisse persino mentre faceva le pulizie del tempio e della
casa. Non ascoltava molta musica, non aveva un lettore minidisc.
Possedeva
una radio e ogni tanto dalla sua stanza lei sentiva provenire le voci
di
qualche programma radiofonico. Ma musica? Yuichiro ne ascoltava poca.
La tua musica era molto
bella, Rei-san.
Rei lasciò scendere il cappuccio dell'abito, scoprendo i
capelli.
Sei bellissima. Lo sei,
Rei-san.
I pensieri amorosi per lei nascevano da semplici complimenti sentiti.
Era molto ingenua e semplice, anche se nessuno - nessuno - doveva mai
venire a saperlo.
Desiderava affetto genuino, completo. Bramava di poterne offrire, ma
per quello aveva le
sue amiche. Usagi. Loro la amavano, ma lei...
Lei voleva qualcuno con cui non avrebbe avuto paura di potersi
abbandonare. Sorrise: un uomo che si comportasse con lei come suo
nonno, ma più giovane naturalmente, e a cui lei non volesse
bene tanto da temere disperatamente di perderlo. Voleva una persona che
non dovesse sostenere, perché se fosse stato così
non avrebbe potuto mostrarsi debole e stupida con lui e a volte... lo
era, come tutti.
Si sfilò lentamente l'abito.
Lei voleva un insieme di bisogni tutti suoi, se ne rendeva conto. Non
stava cercando una persona vera.
Sei bellissima, Rei-san.
Era davvero un crimine? Non poteva immaginare un amore così,
dove ci fosse una persona che pensava solo a renderla felice, senza che
gli importasse di nient'altro?
Non poteva sentirsi importante fino a quel punto, almeno nella sua
fantasia?
La vita vera, i suoi ostacoli e le sue delusioni, sarebbero venuti
col tempo, no? Lo dicevano un mucchio di adulti, da tutte le parti, in
mille libri, giornali, canzoni.
Per ora lei... Si chinò a terra e riprese in mano taccuino e
matita.
"Nel mio cuore, sei qui."
'Cuore' era banale, una parola abusata. Ma era solo una canzone, una
fantasia.
Non scrisse il verso successivo, lo intonò piano, le note
che cantavano nella sua testa.
"Anche senza dirmi che mi ami
Nel mio cuore, sei qui."
Lei non aveva bisogno della parola amore. Non voleva sentire 'ti amo';
voleva essere compresa quando era irritata e stretta forte quando non
voleva nessun abbraccio, fino a farsi calmare e cullare piano.
Voleva... voleva sapere che sarebbe stata amata sempre, comunque, anche
a
dispetto di se stessa. Era un amore impossibile. Per questa ragione
esisteva solo nel suo cuore.
E si sarebbe meritato un bel... Sorrise e riprese a scrivere.
"Sai, grazie per il tuo coraggio." Ce ne voleva per sopportarla. E se
qualcuno avesse avuto quel coraggio avrebbe potuto scoprire che lei...
Sotto sotto, molto in fondo, lei era una... gemma.
Si amò da sola nel dirselo. Sì, lei era gentile e
capace di amore indomito. Un piccolo fuoco,
come il suo potere di Marte, capace di splendere e dare luce invece che
prenderne solamente.
"Guarda questo mio nuovo potere."
La possibilità di emergere che l'amore le avrebbe dato.
Lasciò scorrere la matita sul foglio.
"Avvolge tutto, brilla splendente."
Per il ritornello non fu necessario pensare, seppe esattamente cosa
dire.
"Anche più del cielo immenso e del mare,
i miei sogni non hanno limiti
l'ho compreso ora; perché sono innamorata."
Picchiettò la carta con la matita grigia e ripeté
le parole nella sua testa, di nuovo e ancora una volta. Suonarono bene,
giuste.
Gli altri versi erano da sistemare un pochino, ma il ritornello era perfetto. Parole e
musica erano una cosa sola, la sua voce le rendeva tali.
C'era sentimento; era mancato quello prima, nei suoi tentativi di
scrivere d'amore.
Afferrò il lembo dell'abito. Doveva ringraziare il vestito.
E, ammise con se stessa, non solo.
"Sei bellissima. Lo sei, Rei-san."
Era un sussurro che le sembrava ancora di sentire dietro la porta,
sincero e dimentico di ciò che lei era veramente.
Antipatica, irritante, pronta ad accusarlo di tutti i suoi problemi.
Bellissima ugualmente, per lui.
Lasciò andare l'abito. Provò a farlo almeno, ma
non ci riuscì.
Per Yuichiro... lei avrebbe dovuto essere diversa. E per essere giusto
per
lei, lui avrebbe dovuto essere qualcun altro, cambiare in tantissime
cose. Smettere di essere se stesso, no?
Ma era questo il bello dell'amore, comprese. Poteva manifestarsi in
gocce,
tra persone destinate a vite diverse. Poteva essere un complimento che
faceva imbarazzare di felicità una ragazza, per sentimenti
strani e incomprensibili. Poteva essere un sorriso inatteso che non
doveva significare
nulla, se donato a un ragazzo infatuato.
Poteva essere... solo un bel sorriso. Di gratitudine e un
pochino anche d'amore.
Per un istante poteva amare chi l'aveva resa felice per un piccolo
momento. Per tanti piccoli momenti, ricordò. Importanti
nella sua vita, tutti quanti.
Per quegli attimi era stata e poteva essere Rei Hino, innamorata. Di...
Accarezzò la guancia sulla stoffa dell'abito.
L'amore era fatto di gocce.
Ma quella era una frase per un'altra canzone.
«Tieni» gli disse Rei-san due giorni dopo.
Quando Yuichiro abbassò lo sguardo sulla musicassetta che
lei teneva tra le dita, ebbe un'intuizione folle: quello era un nastro
di addio, una specie di lettera vocale in cui Rei-san e il maestro lo
ringraziavano per i suoi servigi presso il tempio e lo invitavano a
levare le tende.
Se ne sarebbe andato triste e solo con la sua sacca sulle spalle.
Rei-san rese gli occhi sottili come due fessure. «Mi sei
stato indirettamente d'aiuto. Il giorno in cui canterò la
canzone al festival scolastico tu dovrai rimanere qui a sorvegliare il
tempio visto che il nonno verrà a vedermi,
perciò... puoi sentire la canzone in anteprima. Una volta
sola.»
Eh?
La canzone?
... la canzone
di Rei-san?!
Lei allontanò la musicassetta prima che lui potesse
afferrarla tra le dita e stringerla come un preziosissimo tesoro.
«Non metterti in testa strane idee, non è una
dedica! L'ho scritta pensando a... al futuro. All'amore in generale,
sia chiaro.»
«Certo!» Lui era felice solo di poterla ascoltare!
E che lei gliela stesse facendo sentire per primo! Per primo!!!
Quando riuscì a prendere l'estremità sinistra
della cassetta offerta, Rei-san non mollò la presa sul lato
opposto. «Non è una dedica.»
«Sì.»
«Non metterti a cercare significati che non ci
sono.»
Ma certo, non era necessario ripeterlo. «La
ascolterò
come se fosse una canzone alla radio. Sarà bella come
quelle.»
Lei allentò la sua stretta. «Mi stai
sopravvalutando.»
«No, ho già sentito la base musicale. Si chiama
così? Mi è piaciuta molto.» In camera
aveva una musicassetta vuota; se Rei-san non avesse insistito per
rimanere ad ascoltare la sua canzone - ma non sembrava - lui
ne avrebbe approfittato per fare una copia già durante il
primo ascolto. L'avrebbe risentita a bassissimo volume quando lei non
era in casa, tutte le volte che avesse voluto.
Rei-san spinse la cassetta nelle sue mani. «Va
bene.» Non si fermò quando incontrò le
sue dita: mosse l'indice sul suo, quasi impercettibilmente, in un modo
che gli sembrò - forse, magari, veramente? - una... carezza?
Lui restò folgorato e lei ritrasse di fretta la mano.
«Restituiscimela quando hai finito.» Si
girò e se ne tornò nella sua stanza.
Rei scacciò il rossore con un lungo sbuffo.
Amore in gocce?
Si metteva da sola a credere alle sue stesse fandonie.
Bah.
Fine episodio 5
NdA: questo
forse, insieme al precedente, è uno dei capitoli
più originali di questa raccolta. L'ho legato all'episodio
54 della seconda serie, ma non racconto i missing moments di un
episodio, bensì proprio una serie di vicende accadute
precedentemente.
Per favore, sarei davvero curiosa di sapere cosa ne pensate.
Il mio scopo, con questo e il prossimo episodio che
scriverò, è quello di arrivare a far capire
perché Rei, nella seconda serie e in concomitanza con l'arc
delle Sorelle Persecutrici, sembra tornare a pensare a Yuichiro in una
maniera un pochino più sentimentale. Lo si capisce da
diverse piccole cose, come ad esempio nel discorso che nell'episodio 70
intercorre tra Rei, Usagi e Koan (Kermesite in Italia), quando
quest'ultima va a vendere i cosmetici alle ragazze.
Koan chiede a Usagi e Rei se hanno un ragazzo. Nella versione
originale, Rei dice: 'Non so se lo chiamerei un fidanzato,
ma...' Era la puntata in cui Rei si faceva accompagnare da Yuichiro a
fare compere (facendogli portare tutti i suoi acquisti) e lo sgridava
quando guardava troppo a lungo Koan che andava via.
Ecco, il mio scopo è lasciar comprendere cos'ha fatto cambiare piano
piano idea a Rei, partendo dal momento in cui, in uno degli episodi
precedenti della mia storia, si diceva sicura di non voler assolutamente portare la sua
relazione con Yuichiro in una certa direzione.
Con questa storia mi divertirò a livello psicologico, me lo
sento :D Rei è una trottola sentimentale coi suoi
ragionamenti, spero di averlo reso un po' anche qui, ma questo spetta a
voi dirlo.
Alla prossima!
ellephedre
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