Note
dell’autrice: Okay, non so come mi sia venuta in
mente ‘sta boiata, però l’ho scritta per
far sorridere almeno un po’ la mia adorabile Sis :D Spero che
ti torni il buonumore! ^^ Bè, vi lascio a questa roba,
sperando che non faccia tanto schifo xD Alla prossima, gente!
Mokochan
Statua
Era una calda mattina d’agosto quando Pierre Vieira
uscì fuori dalla palestra per fare una passeggiata nei vasti
giardini della Deava.
Non c’era un filo di vento, il cielo era azzurro, le nuvole
erano poche e a malapena riuscivano a fermare i raggi d’un
sole che non voleva risparmiare nessuno.
Alla radio avevano detto che ci sarebbero stati 40°: solo
sentirne parlare causava brividi di paura, frustrazione e rabbia,
sentimenti che a quanto pare non provava soltanto lui –
sarebbe stato impossibile.
D’altronde, l’afa aveva fatto già le sue
prime vittime.
– Sei un maiale!
– Senti, tu,
fessa dei miei stivali, vorrei farti notare che
è stato il vento a sollevarti la gonna, non il sottoscritto
– bofonchiò Apollo, visibilmente
irritato. – E poi cosa vuoi che me ne importi di quello che
hai là sotto? Non c’è
granché…
- ANIMALE!
Pierre ridacchiò quando la principessa – che poi
tanto principessa non era visto come si comportava
– sferrò un pugno sulla mandibola di Apollo; e non
si era neppure risparmiata: l’urlo lanciato dal malcapitato
sarebbe stato in grado di infrangere la barriera del suono.
Deglutendo, il brasiliano diede loro le spalle, rischiando di andare a
sbattere contro Sirius De Alisia. – Ehi!
– Ah, Pierre. A quanto pare non sono
l’unico ad averli notati – l’uomo
lanciò un’occhiata esasperata in direzione di sua
sorella e dell’animale.
– Impossibile non notarli. Quando fanno
così, poi…
– Disgustoso. Quell’animale è
disgustoso, molto semplicemente.
Pierre fece spallucce. – Smettila di fissarlo se ti
dà così tanto fastidio.
– Urla – borbottò allora il De
Alisia, contraendo la mascella per la rabbia.
Ecco
un’ovvietà. Pierre
sospirò, poi tornò a pensare a quei 40°
che gli stavano friggendo lentamente il
cervello – cosa tutt’altro che
gradita – e che con ogni probabilità
lavoravano per uccidere la sanità mentale di certi Element.
Con questo non voleva dire che Apollo e Silvia stessero dando un
po’ troppo di matto, né rilevare il fatto che
Sirius fosse stranamente incazzato.
Apollo avrebbe detto che il principe era perennemente incazzato,
ma questo non c’entrava nulla.
– Beh, alle loro urla ci si abitua – si
lasciò sfuggire poi, sovrappensiero, ricordandosi della
risposta di Sirius.
Il principe De Alisia sospirò tetramente e incrociando le
braccia al petto disse: – Ci sono tre motivi per cui
non potrò mai abituarmi alla presenza di quel coso.
– Veramente il ‘coso’ avrebbe un
nome…
– Primo – lo interruppe Sirius,
noncurante – questa si chiama
“inquinazione acustica”.
Nel medesimo istante Apollo urlò un ‘fessa del
cavolo’ che non migliorò certo l’umore
del principe, anzi, contribuì sostanzialmente a peggiorarlo.
– Ripeto: ci si abitua.
Niente, Sirius non voleva sentire. – Secondo: Apollo insulta
sempre mia sorella. Sempre, con una maleducazione e una
volgarità senza pari.
– Apollo, sei un animale! La prossima volta ti
mollerò un calcio nel…
– Ehm… - Pierre si grattò il
capo, incerto. – Non è che Silvia sia
proprio gentile – mormorò – Non
è certo la più adatta a insegnare l'educazione...
– Terzo – continuò Sirius,
imperterrito – Apollo mi copre la visuale.
Il calciatore si voltò titubante verso Apollo e Silvia,
impegnati a darsele di santa ragione davanti a una imperturbabile
quanto divertita Rena; alle spalle della reincarnazione di Ali del
Sole, scorse Reika.
Seduta su una panchina, immersa nella lettura di un libro, la signora
della sfortuna sembrava troppo concentrata per poter anche solo notare
– e chi non l’avrebbe fatto? – il baccano
prodotto dalle urla, dai calci, dalle imprecazioni, e dai tanti versi
emessi dai giovani ‘fidanzatini’.
Naturalmente Pierre non si sarebbe azzardato a dirlo a voce
alta correndo poi il rischio di ritrovarsi accerchiato da quelle due
belve.
Maniaco sì,
scemo no!
– Adesso capisco perché sei
così arrabbiato! Non riesci a vedere la tua Reika, vero?
– disse maliziosamente.
Sirius lo fissò, confuso. – Di che stai parlando?
– Eh?
– Io non parlavo di Reika, ma di quello.
E con un dito il De Alisia gli indicò qualcosa alle spalle
della ragazza.
Pierre aprì la bocca, poi la richiuse, poi la
riaprì ancora, in cerca delle parole per commentare la
statua che aveva davanti agli occhi; non l’aveva mai notata,
anzi, era sicurissimo di non averla mai vista in quel punto!
Cos’era, Adamo
nudo?
– Beh…
– Che te ne sembra? – domandò
il principe, stranamente emozionato. – L’ho fatta
io ieri mattina.
Ah, ecco
perché fa così schif… –
Carina. Non c’è male. Insomma…
però… bella, sì.
Sirius annuì soddisfatto da quel miscuglio di parole senza
senso, balbettate più che altro per illuderlo, ma questi non
erano che dettagli: a Pierre importava rimanere vivo, a Sirius credere
che la statua fosse bella davvero.
– Stronza!
– Come ti permetti?! Maiale!
– Fessacchiotta!
– Toporagno!
– Verginella!
– APOLLO!
Un lampo, poi uno scoppio e un urlo. – Oh, no,
dev’essere la mia sfort…
– No, Reika, non dirlo! Abbiamo capito benissimo
– strillò Silvia, tossendo. – Ma che ci
faceva quella statua lì?!
– E che ne so! Bah! Meglio così, faceva
proprio schifo.
Apollo non sapeva tacere.
Sirius, che aveva assistito alla scena pietrificato, sollevò
lentamente un sopracciglio e poi – parola di Pierre
– in lui parve cambiare qualcosa; fatto sta che, dopo
aver sibilato un ‘Reika
non c’entra. Reika non c’entra
assolutamente’, il principe De Alisia
sguainò la spalla e si mise a rincorrere assatanato il
povero Apollo.
– Bastardo! Hai distrutto la mia statua!
– Ehi, ma io che cazzo c’entro!?
– Fratello, per favore!
Pierre si mise una mano sulla faccia, rassegnato.
Non erano certo quei dannati 40° a renderli matti; il problema
stava nel fatto che lo erano già di loro.
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