Cap. 12
I need someone to show
me the things in life that I can't find
I can't see the things
that make true happiness, I must be blind(6)
Non era stata per semplice cortesia che aveva accettato
l’invito di Francis. Non quella volta. E prima che il
semplice pensiero potesse concertarlo a dovere, si era ritrovato con un
panino davanti e delle patatine ricoperte di maionese come contorno. Un
menù degno di suo fratello.
Con una strana allegria addosso, addentò il suo panino,
sporcandosi senza la minima preoccupazione, le labbra di salsa.
-Non c’è alcuna fretta. Mangia pure con
calma…-
Matt gli sorrise, rallentando il ritmo con cui stava masticando. Per un
attimo, si ritrovò uguale a suo fratello Alfred –
e per una volta in vita sua non ne provò in alcun modo
vergogna o si sentì imbarazzato per la cosa.
Francis sospirò, allungando la propria mano verso il
mucchietto di patatine, annegandola nella maionese e poi portandosela
alla bocca, con lo sguardo perso nel vuoto.
Gli sorrise in risposta, sistemandosi meglio sulla propria sedia.
-La festa si avvicina sempre di più…-
Usando l’accortezza di mandare giù il proprio
boccone e non parlare a bocca piena, Matt lo investì con un
entusiasmo di cui non si credeva capace, allegro e spensierato tanto da
non ricordare, neanche per un istante, cosa mai fosse
l’imbarazzo.
-Ma noi siamo preparati! Abbiamo fatto un sacco di prove! Siamo
più che pronti!-
Francis, guardandolo così, pieno di vita, si convinse per
qualche attimo della bontà delle sue parole – e
gli sorrise con un sorriso diverso da prima, più dolce e
gentile.
Poi però Matt gli fece un’altra domanda, levandosi
alla fine un piccolo sassolino dalla scarpa.
-Francis, come hai conosciuto Antonio?-
L’uomo voltò il viso, appoggiando il mento sul
palmo aperto della propria mano. Si fece malinconico, lievemente.
-Io, Antonio e Gilbert abbiamo frequentato le stesse scuole,
è per quello che ci conosciamo da tanto tempo. Crescendo,
siamo sempre rimasti assieme, ed è per questo che
è nata la band. Prima suonavo anche io…-
Matt quasi si costrinse a domandare ancora – arrivati a quel
punto, tanto valeva giungere fino in fondo.
-Poi cosa è successo?-
Francis tornò a guardarlo in viso, e il ragazzo
trovò invariato il sorriso sulle sue labbra.
Constatava semplicemente la realtà dei fatti.
-Poi ho avuto un incidente al polso che mi ha impedito di terminare i
miei studi alla batteria. Per questo ora suona con noi
Ludwig…-
Matt guardò in basso, esattamente il mucchio di patatine
ormai tiepide davanti a lui. Si sentì male, per qualche
strano motivo.
-Mi dispiace…-
Ma la voce di Francis era una di quelle che, pur conoscendo benissimo
l’intensità di certi dolori, conosceva pure la
redenzione e la vita oltre lo strato di cenere.
Probabilmente, il suo vero sogno era stato quello di condividere attimi
in compagnia.
-Oh, sono i casi della vita. D’altra parte, non si
può piangere su certe cose, lo trovo inutile. Senza
considerare il fatto che senza quell’incidente non avrei mai
conosciuto Ivan…-
A quel nome, Matt ebbe un brivido – del tutto naturale e
spontaneo – lungo la schiena, che lo fece chiudere nelle sue
stesse spalle.
Francis notò subito la cosa.
-Lui… ti fa paura, vero?-
Matt asserì con un semplice gesto della testa,
arrischiandosi persino a guardare l’altro in faccia. Francis
mutò espressione, piegandola quasi in una smorfia sofferente.
-Anche a me fa paura, alle volte. Temo sia qualcosa di inscindibile
dalla sua personalità. Ivan è fatto
così e così resterà. Ma puoi fidarti
di me quando ti dico che se è riuscito a farsi ben volere da
tutti noi, in un modo o nell’altro, c’è
un motivo. Basta solamente convincersi che le sue mani, nonostante
tutta la forza che possiedono, non sarebbero davvero in grado di fare
del male a chicchessia senza una validissima ragione…-
Poi si voltò verso l’esterno, constatando una cosa
che fino a quel punto non aveva notato.
-Piove…-
Anche Matt si voltò, notando gli scrosci violenti di acqua
che battevano contro il vetro del piccolo fast food. Si chiese,
intimamente, per quale assurdo motivo non li avesse sentiti prima.
Ma in quel momento la questione era davvero un’altra.
-Tu hai portato l’ombrello?-
Semplicemente, si strinsero sotto il cappotto largo di Francis,
camminando veloci sotto la pioggia violenta.
Risero più volte quando Matt, in quella goffaggine che non
l’aveva mai abbandonato negli anni, quasi scivolò
a terra nel mettere entrambi i piedi in una pozzanghera, schizzando
acqua sporca in ogni dove, bagnando anche quel poco che ancora era
asciutto.
Risero quando Matt, senza pensare, si era aggrappato a Francis con
tutte le sue forze per non rotolare a terra, tirando la sua camicia
scura nel tentativo.
Stretti a quella maniera, però, avevano smesso di ridere e
di camminare, all’improvviso.
Matt aveva alzato la testa, lentamente, lasciando che rivoli di acqua
gli bagnassero i capelli e le guance, annebbiandogli quasi la vista e
rendendola davvero difficoltosa.
Fu forse per questo che non disse nulla quando Francis, gli prese il
volto tra le mani, adagiando con gentilezza la sua bocca contro la
propria. Labbra calde e dal sapore di pioggia.
Fu forse per questo che non disse nulla ma semplicemente si
lasciò abbracciare, in una confusione che lo lasciava
totalmente stordito.
Matt aveva sempre pensato a Gilbert come una persona non del tutto
posata, decisamente un po’ troppo tronfia e portata al
turpiloquio ma non per questo isterica.
Per questo restò davvero sorpreso quando, a qualche giorno
dalla festa, Gilbert si mise a urlare contro Ivan nel bel mezzo di una
prova.
-Ivan, così non va proprio! Ti stai addormentando o cosa?-
Sì, in effetti Ivan aveva l’aria di uno che non
dormiva da un sacco di tempo, con le borse sotto gli occhi e lo sguardo
perso altrove, ma probabilmente tutti avevano preferito tacere
conoscendo bene la sua situazione.
Aveva lasciato casa Jones già da qualche giorno, e Alfred lo
aveva visto accamparsi in un vicolo a due isolati di distanza, vicino a
dei cassetti della spazzatura. Per quel motivo il suo impermeabile
puzzava di marcio e per quel motivo i suoi capelli erano
così spettinati sopra la sua testa. Eppure, aveva rifiutato
cordialmente l’offerta dei due fratelli di farsi un altro
bagno da loro.
Ora, di fronte al nervosismo di Gilbert, aveva semplicemente smesso di
suonare e aveva sorriso, inquietante come sempre.
-Tu pensa piuttosto a non strillare come una gallina strozzata, che mi
sembri semplicemente una checca isterica…-
Gilbert si fece avanti verso di lui, cercando di essere minaccioso. Ma,
per quanto il suo sguardo mandasse saette, la differenza di altezza
sviliva tutti i suoi sforzi.
Eppure, la sua voce riuscì quasi nell'impresa.
-Cosa hai detto, sottospecie di ubriacone?-
Anche lo sguardo di Ivan si fece di fuoco – anche se il
sorriso sulle sue labbra non volle scemare in alcun modo.
-Ho detto che sembri una checca isterica. Sei diventato anche sordo?-
Mancò poco che i due non si mettessero le mani addosso.
Mancò davvero poco, ma ogni danno irreversibile fu sedato
dall’intervento pronto di Ludwig che, mettendosi
miracolosamente fra i loro due corpi, li separò con forza,
cercando di richiamarli all’ordine.
-Non mi pare il caso di litigare come due bambini! Avete scordato per
quale motivo siamo qui? Per preparare una festa! Una festa! Non per
metterci a litigare! Ora, per favore, tornate ai vostri posti e
riprendiamo da dove avevamo interrotto!-
Per qualche secondo, parve che le sue parole fossero state dirette al
vento: né Ivan né Gilbert si mossero di un solo
millimetro. Fu il tedesco il primo a cedere, forse proprio per merito
del fratello più che per una vera consapevolezza dei propri
errori.
Con un gesto non propriamente gentile della mano, radunò
l’attenzione di tutti.
-Forza! Si ricomincia!-
-Oh, Ludwig è così bravo! Bravissimo, direi! Il
più bravo di tutti!-
Matt sorrise quando Feliciano cominciò a dondolare le
proprie gambe, battendo allo stesso tempo le mani. Le prove erano
finite, il buio era calato sulla sera e ora i ragazzi stavano
semplicemente mettendo a posto gli strumenti per poi andare a casa.
Matt, avendo fatto tutto in poco tempo, si era semplicemente avvicinato
all’italiano per fargli compagnia, ancora troppo imbarazzato
per avvicinarsi a Francis. Dopo quel pomeriggio assieme non era
riuscito a trovare il giusto coraggio per rivolgergli ancora la parola,
sospettando anche di star agendo come il peggiore dei cafoni.
Il punto era che, dopo lo sconvolgimento iniziale, erano arrivati ad
assalirlo i dubbi tutti in una volta.
Per questo aveva trovato in Feliciano uno svago a dir poco perfetto
– per non pensare, occupando in qualche modo la mente.
Difatti, non riuscì proprio a dire nulla, neanche quando
Vargas si voltò verso di lui, investendolo con un altro
fiume in piena di parole.
-Sai, io l’ho conosciuto proprio così! Lui suonava
e io l’ascoltavo. Io suonavo e lui mi ascoltava. Io suonavo
da solo, perché uso l’arpa. Lui invece ha sempre
suonato in gruppo, dietro tutti, sui bonghi e altre percussioni. Ha
sempre fatto tutto lui, durante i concerti. Era così bello
in frac, nero ed elegante. Ma è stato ancora più
bello quando mi ha chiesto di uscire con lui, la prima volta!-
Fece un sorriso grandissimo, probabilmente pieno del ricordo di quel
lieto evento.
-Era tutto rosso in viso, come se si vergognasse! Trovo assurdo che ci
si possa vergognare di una cosa del genere, ma Ludwig è
sempre stato molto timido, per questo genere di cose!-
Matt represse un risolino non del tutto gentile, immaginando Ludwig
mentre compiva un atto simile. In effetti, era da ammirare solamente
per lo sforzo.
-Anche a te Francis ha chiesto di uscire, vero? Lui non prova mai
imbarazzo!-
Matt fu preso alla sprovvista, ma non ebbe neanche tempo di reagire che
Feliciano tornò a parlare, dondolando ancora le gambe e
conducendo il proprio sguardo proprio sul suo uomo.
-Neanche Gilbert ha mai provato imbarazzo, neanche quando Ludwig gli ha
detto che stava assieme a me!-
Il ragazzo ebbe un altro sobbalzo e questa volta riuscì a
fare il suo intervento, quasi sconvolto.
-Ludwig avrebbe detto a Gilbert una cosa simile?-
Feliciano parve pensarci qualche istante, poi ricordò meglio.
-No, in effetti non è stato propriamente così. Io
ero andato a trovare Ludwig, Gilbert non era a casa. Così ci
siamo chiusi in camera a farci le coccole. Solo che quando siamo usciti
a prendere qualcosa lui era in cucina ad aspettarci. Aveva un sorriso
allegro in faccia ed era più gentile del solito.
Però Ludwig era così serio in volto che quasi mi
aveva fatto paura. Infatti mi ha mandato via per stare da solo con
Gilbert. È stato a quel punto che gliel’ha
detto…-
Matt, sebbene con qualche difficoltà, riuscì ad
immaginarsi la scena appena descritta.
Un imprevisto che costringe Gilbert a tornare a casa prima del dovuto.
I suoni sospetti che arrivano dalla camera di Ludwig. La realizzazione
del tutto in maniera razionale. Il dialogo tra i due fratelli.
Matt immaginò, trovandosi a sorridere, suo malgrado.
Forse il tedesco era semplicemente abituato a considerare la
sessualità altrui in maniera molto elastica, ma era
innegabile l’evidente e profondissimo affetto che lo legava
al fratello minore.
Si scoprì felice, di fronte a questo lieto evento, anche se
poi altri dubbi lo assalirono, forse più prepotenti di prima.
Il punto era che non sapeva ancora cosa pensare.
Suo fratello non aveva cambiato atteggiamento da quando aveva
instaurato quella relazione clandestina con Ivan – o forse
era sempre stato così, fin dal principio, e lui non era
neanche riuscito ad accorgersi della cosa.
Accettare semplicemente tutto ciò che stava provando gli
pareva troppo difficile. A ricordare le parole di Bruce gli faceva
male, come un peso opprimente nell’animo.
Come poteva considerare quelle persone... strane, malate, anormali?
Era Alfred, suo fratello. L’uomo che, per tutta la vita, lo
aveva in qualche modo accompagnato.
Erano Ludwig e Feliciano, Ivan e Antonio. Persone con cui aveva
condiviso momenti bellissimi, senza problemi di alcun genere.
Era Francis. Il solo che era stato in grado, fino a quel punto, di
fargli provare simili emozioni.
Non che fosse qualcosa di vagamente simile all’amore
– non credeva e non condivideva l’idea [del]
di colpo di fulmine – ma era impossibile negare di
star provando qualcosa di effettivo, concreto, reale per quella persona.
Ed era stato così naturale e spontaneo che non se
n’era reso conto, dapprincipio, fino a che non si era trovato
in mezzo.
Tutto quello si poteva considerare anormale o sbagliato?
Ripensando alle labbra di Francis, Matthew si convinceva sempre
più della bontà del proprio irrinunciabile
sbaglio.
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