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Autore: Rota    09/08/2011    2 recensioni
-Matt! Ehi, Matt! Svegliati! Matt, svegliati!-
Fu la voce di Alfred a rubarlo, con forza e prepotenza, al mondo dei sogni. Dovette stroppicciarsi più volte gli occhi, colpa anche del notevole male al cranio che gli intontiva completamente i sensi e la posizione innaturale che aveva assunto e mai più cambiato nel cadere come un masso sul proprio letto.
Il fratello lo aiutò nel processo, cominciando a scuoterlo come uno straccio sporco. Matt non ebbe neanche la forza di insultarlo o pregarlo, semplicemente, di smetterla.
Alfred aveva la pessima abitudine di trattarlo come gli pareva, senza avere molta cura di qualcosa che fosse al di là della sua persona. Matt aveva sempre pensato a lui come un bambino troppo cresciuto – e per questo impossibile da colpevolizzare – ma c’erano certe volte che avrebbe tanto voluto prendere la propria mazza da hockey e spaccargliela in testa, conservando sempre tutta la ragione possibile.
Quello era uno di quei momenti.
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Canada/Matthew Williams, Francia/Francis Bonnefoy, Russia/Ivan Braginski, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 12





I need someone to show me the things in life that I can't find
I can't see the things that make true happiness, I must be blind(6)



Non era stata per semplice cortesia che aveva accettato l’invito di Francis. Non quella volta. E prima che il semplice pensiero potesse concertarlo a dovere, si era ritrovato con un panino davanti e delle patatine ricoperte di maionese come contorno. Un menù degno di suo fratello.
Con una strana allegria addosso, addentò il suo panino, sporcandosi senza la minima preoccupazione, le labbra di salsa.
-Non c’è alcuna fretta. Mangia pure con calma…-
Matt gli sorrise, rallentando il ritmo con cui stava masticando. Per un attimo, si ritrovò uguale a suo fratello Alfred – e per una volta in vita sua non ne provò in alcun modo vergogna o si sentì imbarazzato per la cosa.
Francis sospirò, allungando la propria mano verso il mucchietto di patatine, annegandola nella maionese e poi portandosela alla bocca, con lo sguardo perso nel vuoto.
Gli sorrise in risposta, sistemandosi meglio sulla propria sedia.
-La festa si avvicina sempre di più…-
Usando l’accortezza di mandare giù il proprio boccone e non parlare a bocca piena, Matt lo investì con un entusiasmo di cui non si credeva capace, allegro e spensierato tanto da non ricordare, neanche per un istante, cosa mai fosse l’imbarazzo.
-Ma noi siamo preparati! Abbiamo fatto un sacco di prove! Siamo più che pronti!-
Francis, guardandolo così, pieno di vita, si convinse per qualche attimo della bontà delle sue parole – e gli sorrise con un sorriso diverso da prima, più dolce e gentile.
Poi però Matt gli fece un’altra domanda, levandosi alla fine un piccolo sassolino dalla scarpa.
-Francis, come hai conosciuto Antonio?-
L’uomo voltò il viso, appoggiando il mento sul palmo aperto della propria mano. Si fece malinconico, lievemente.
-Io, Antonio e Gilbert abbiamo frequentato le stesse scuole, è per quello che ci conosciamo da tanto tempo. Crescendo, siamo sempre rimasti assieme, ed è per questo che è nata la band. Prima suonavo anche io…-
Matt quasi si costrinse a domandare ancora – arrivati a quel punto, tanto valeva giungere fino in fondo.
-Poi cosa è successo?-
Francis tornò a guardarlo in viso, e il ragazzo trovò invariato il sorriso sulle sue labbra.
Constatava semplicemente la realtà dei fatti.
-Poi ho avuto un incidente al polso che mi ha impedito di terminare i miei studi alla batteria. Per questo ora suona con noi Ludwig…-
Matt guardò in basso, esattamente il mucchio di patatine ormai tiepide davanti a lui. Si sentì male, per qualche strano motivo.
-Mi dispiace…-
Ma la voce di Francis era una di quelle che, pur conoscendo benissimo l’intensità di certi dolori, conosceva pure la redenzione e la vita oltre lo strato di cenere.
Probabilmente, il suo vero sogno era stato quello di condividere attimi in compagnia.
-Oh, sono i casi della vita. D’altra parte, non si può piangere su certe cose, lo trovo inutile. Senza considerare il fatto che senza quell’incidente non avrei mai conosciuto Ivan…-
A quel nome, Matt ebbe un brivido – del tutto naturale e spontaneo – lungo la schiena, che lo fece chiudere nelle sue stesse spalle.
Francis notò subito la cosa.
-Lui… ti fa paura, vero?-
Matt asserì con un semplice gesto della testa, arrischiandosi persino a guardare l’altro in faccia. Francis mutò espressione, piegandola quasi in una smorfia sofferente.
-Anche a me fa paura, alle volte. Temo sia qualcosa di inscindibile dalla sua personalità. Ivan è fatto così e così resterà. Ma puoi fidarti di me quando ti dico che se è riuscito a farsi ben volere da tutti noi, in un modo o nell’altro, c’è un motivo. Basta solamente convincersi che le sue mani, nonostante tutta la forza che possiedono, non sarebbero davvero in grado di fare del male a chicchessia senza una validissima ragione…-
Poi si voltò verso l’esterno, constatando una cosa che fino a quel punto non aveva notato.
-Piove…-
Anche Matt si voltò, notando gli scrosci violenti di acqua che battevano contro il vetro del piccolo fast food. Si chiese, intimamente, per quale assurdo motivo non li avesse sentiti prima.
Ma in quel momento la questione era davvero un’altra.
-Tu hai portato l’ombrello?-

Semplicemente, si strinsero sotto il cappotto largo di Francis, camminando veloci sotto la pioggia violenta.
Risero più volte quando Matt, in quella goffaggine che non l’aveva mai abbandonato negli anni, quasi scivolò a terra nel mettere entrambi i piedi in una pozzanghera, schizzando acqua sporca in ogni dove, bagnando anche quel poco che ancora era asciutto.
Risero quando Matt, senza pensare, si era aggrappato a Francis con tutte le sue forze per non rotolare a terra, tirando la sua camicia scura nel tentativo.
Stretti a quella maniera, però, avevano smesso di ridere e di camminare, all’improvviso.
Matt aveva alzato la testa, lentamente, lasciando che rivoli di acqua gli bagnassero i capelli e le guance, annebbiandogli quasi la vista e rendendola davvero difficoltosa.
Fu forse per questo che non disse nulla quando Francis, gli prese il volto tra le mani, adagiando con gentilezza la sua bocca contro la propria. Labbra calde e dal sapore di pioggia.
Fu forse per questo che non disse nulla ma semplicemente si lasciò abbracciare, in una confusione che lo lasciava totalmente stordito.

Matt aveva sempre pensato a Gilbert come una persona non del tutto posata, decisamente un po’ troppo tronfia e portata al turpiloquio ma non per questo isterica.
Per questo restò davvero sorpreso quando, a qualche giorno dalla festa, Gilbert si mise a urlare contro Ivan nel bel mezzo di una prova.
-Ivan, così non va proprio! Ti stai addormentando o cosa?-
Sì, in effetti Ivan aveva l’aria di uno che non dormiva da un sacco di tempo, con le borse sotto gli occhi e lo sguardo perso altrove, ma probabilmente tutti avevano preferito tacere conoscendo bene la sua situazione.
Aveva lasciato casa Jones già da qualche giorno, e Alfred lo aveva visto accamparsi in un vicolo a due isolati di distanza, vicino a dei cassetti della spazzatura. Per quel motivo il suo impermeabile puzzava di marcio e per quel motivo i suoi capelli erano così spettinati sopra la sua testa. Eppure, aveva rifiutato cordialmente l’offerta dei due fratelli di farsi un altro bagno da loro.
Ora, di fronte al nervosismo di Gilbert, aveva semplicemente smesso di suonare e aveva sorriso, inquietante come sempre.
-Tu pensa piuttosto a non strillare come una gallina strozzata, che mi sembri semplicemente una checca isterica…-
Gilbert si fece avanti verso di lui, cercando di essere minaccioso. Ma, per quanto il suo sguardo mandasse saette, la differenza di altezza sviliva tutti i suoi sforzi.
Eppure, la sua voce riuscì quasi nell'impresa.
-Cosa hai detto, sottospecie di ubriacone?-
Anche lo sguardo di Ivan si fece di fuoco – anche se il sorriso sulle sue labbra non volle scemare in alcun modo.
-Ho detto che sembri una checca isterica. Sei diventato anche sordo?-
Mancò poco che i due non si mettessero le mani addosso. Mancò davvero poco, ma ogni danno irreversibile fu sedato dall’intervento pronto di Ludwig che, mettendosi miracolosamente fra i loro due corpi, li separò con forza, cercando di richiamarli all’ordine.
-Non mi pare il caso di litigare come due bambini! Avete scordato per quale motivo siamo qui? Per preparare una festa! Una festa! Non per metterci a litigare! Ora, per favore, tornate ai vostri posti e riprendiamo da dove avevamo interrotto!-
Per qualche secondo, parve che le sue parole fossero state dirette al vento: né Ivan né Gilbert si mossero di un solo millimetro. Fu il tedesco il primo a cedere, forse proprio per merito del fratello più che per una vera consapevolezza dei propri errori.
Con un gesto non propriamente gentile della mano, radunò l’attenzione di tutti.
-Forza! Si ricomincia!-

-Oh, Ludwig è così bravo! Bravissimo, direi! Il più bravo di tutti!-
Matt sorrise quando Feliciano cominciò a dondolare le proprie gambe, battendo allo stesso tempo le mani. Le prove erano finite, il buio era calato sulla sera e ora i ragazzi stavano semplicemente mettendo a posto gli strumenti per poi andare a casa.
Matt, avendo fatto tutto in poco tempo, si era semplicemente avvicinato all’italiano per fargli compagnia, ancora troppo imbarazzato per avvicinarsi a Francis. Dopo quel pomeriggio assieme non era riuscito a trovare il giusto coraggio per rivolgergli ancora la parola, sospettando anche di star agendo come il peggiore dei cafoni.
Il punto era che, dopo lo sconvolgimento iniziale, erano arrivati ad assalirlo i dubbi tutti in una volta.
Per questo aveva trovato in Feliciano uno svago a dir poco perfetto – per non pensare, occupando in qualche modo la mente.
Difatti, non riuscì proprio a dire nulla, neanche quando Vargas si voltò verso di lui, investendolo con un altro fiume in piena di parole.
-Sai, io l’ho conosciuto proprio così! Lui suonava e io l’ascoltavo. Io suonavo e lui mi ascoltava. Io suonavo da solo, perché uso l’arpa. Lui invece ha sempre suonato in gruppo, dietro tutti, sui bonghi e altre percussioni. Ha sempre fatto tutto lui, durante i concerti. Era così bello in frac, nero ed elegante. Ma è stato ancora più bello quando mi ha chiesto di uscire con lui, la prima volta!-
Fece un sorriso grandissimo, probabilmente pieno del ricordo di quel lieto evento.
-Era tutto rosso in viso, come se si vergognasse! Trovo assurdo che ci si possa vergognare di una cosa del genere, ma Ludwig è sempre stato molto timido, per questo genere di cose!-
Matt represse un risolino non del tutto gentile, immaginando Ludwig mentre compiva un atto simile. In effetti, era da ammirare solamente per lo sforzo.
-Anche a te Francis ha chiesto di uscire, vero? Lui non prova mai imbarazzo!-
Matt fu preso alla sprovvista, ma non ebbe neanche tempo di reagire che Feliciano tornò a parlare, dondolando ancora le gambe e conducendo il proprio sguardo proprio sul suo uomo.
-Neanche Gilbert ha mai provato imbarazzo, neanche quando Ludwig gli ha detto che stava assieme a me!-
Il ragazzo ebbe un altro sobbalzo e questa volta riuscì a fare il suo intervento, quasi sconvolto.
-Ludwig avrebbe detto a Gilbert una cosa simile?-
Feliciano parve pensarci qualche istante, poi ricordò meglio.
-No, in effetti non è stato propriamente così. Io ero andato a trovare Ludwig, Gilbert non era a casa. Così ci siamo chiusi in camera a farci le coccole. Solo che quando siamo usciti a prendere qualcosa lui era in cucina ad aspettarci. Aveva un sorriso allegro in faccia ed era più gentile del solito. Però Ludwig era così serio in volto che quasi mi aveva fatto paura. Infatti mi ha mandato via per stare da solo con Gilbert. È stato a quel punto che gliel’ha detto…-
Matt, sebbene con qualche difficoltà, riuscì ad immaginarsi la scena appena descritta.
Un imprevisto che costringe Gilbert a tornare a casa prima del dovuto. I suoni sospetti che arrivano dalla camera di Ludwig. La realizzazione del tutto in maniera razionale. Il dialogo tra i due fratelli.
Matt immaginò, trovandosi a sorridere, suo malgrado.
Forse il tedesco era semplicemente abituato a considerare la sessualità altrui in maniera molto elastica, ma era innegabile l’evidente e profondissimo affetto che lo legava al fratello minore.
Si scoprì felice, di fronte a questo lieto evento, anche se poi altri dubbi lo assalirono, forse più prepotenti di prima.

Il punto era che non sapeva ancora cosa pensare.
Suo fratello non aveva cambiato atteggiamento da quando aveva instaurato quella relazione clandestina con Ivan – o forse era sempre stato così, fin dal principio, e lui non era neanche riuscito ad accorgersi della cosa.
Accettare semplicemente tutto ciò che stava provando gli pareva troppo difficile. A ricordare le parole di Bruce gli faceva male, come un peso opprimente nell’animo.
Come poteva considerare quelle persone... strane, malate, anormali?
Era Alfred, suo fratello. L’uomo che, per tutta la vita, lo aveva in qualche modo accompagnato.
Erano Ludwig e Feliciano, Ivan e Antonio. Persone con cui aveva condiviso momenti bellissimi, senza problemi di alcun genere.
Era Francis. Il solo che era stato in grado, fino a quel punto, di fargli provare simili emozioni.
Non che fosse qualcosa di vagamente simile all’amore – non credeva e non condivideva l’idea [del] di  colpo di fulmine – ma era impossibile negare di star provando qualcosa di effettivo, concreto, reale per quella persona.
Ed era stato così naturale e spontaneo che non se n’era reso conto, dapprincipio, fino a che non si era trovato in mezzo.
Tutto quello si poteva considerare anormale o sbagliato?
Ripensando alle labbra di Francis, Matthew si convinceva sempre più della bontà del proprio irrinunciabile sbaglio.
   
 
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