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Capitolo dedicato alla neo
sposina più zuccherofilatosa che ci sia. Con tanti auguri, tesora adorata. E che
il potere del dispensatore sia con te.
GREY+Pink
- 11 -
The Autumnal
Wedding (final part)
«Bella festa, eh?»
Dopo la rivelazione di
Stella, era scoppiato il finimondo.
Tutti gli amici degli
sposi e i parenti di Daniel – eccezion fatta per Camilla, troppo presa a far
vento a Marlon con un tovagliolo, e per Fabrizio, troppo pensieroso per esultare
– erano esplosi in urla di giubilo ed in applausi scroscianti iniziando a
proporre un brindisi dietro l’altro; i parenti di Stella erano rimasti tutti a
bocca aperta, sgolandosi a furia di urletti di gioia ed eccitazione.
La mamma di Stella,
invece, era corsa a gettarsi tra le braccia della figlia.
«Perché non me lo hai
detto? Stronza!», l’avevano sentita squittire mentre inzuppava di lacrime il
vestito bianco. «Non hai un po’ di riguardo per la tua povera vecchia madre,
figlia degenere?!»
E Marlon... Beh, Marlon
era stato accompagnato – trascinato, per essere precisi – fuori dal
locale da Carletto e Pietro per fargli prendere una boccata d’aria. Era talmente
pallido da sembrare una medusa con la parrucca e, dal modo in cui era
accasciato, inerme, addosso ai due compari, sembrava avesse anche perso i sensi,
ma Daria era pronta a giurare di averlo sentito borbottare un “dopo facciamo i
conti” all’indirizzo di Daniel, quando erano passati accanto al loro gruppetto.
Quando, poi, la fiera
della follia era scemata, tutti gli invitati si erano buttati in pista a ritmo
di musica, con gli sposi che ballavano appolipati al centro della mischia.
Daria se l’era squagliata
non appena le prime tre note della prima canzone erano state suonate. Non aveva
voglia di essere invitata da uno dei cugini minorenni di Stella, né tantomeno da
uno degli zii ultrasessantenni di Daniel. Sperare di cavarsi dall’impiccio degli
inviti ballando con un componente del Trio Delta, d’altronde, era fuori
discussione; Pietro avrebbe rischiato un ictus cerebrale se gli fosse stato
proposto di ballare con una ragazza, Carletto stava già ballando – pogando
sarebbe il termine appropriato – in solitaria (manco si fosse trovato ad un
concerto dei Sex Pistols) e Marlon giaceva su una sedia in stato d’abbandono,
riavendosi solo a tratti per elargire sguardi assassini a Daniel e occhiate
apprensive a Stella. Anche aggregarsi a Camilla era impossibile; la ragazza,
infatti, fasciata in un delizioso vestitino di seta rosa pallido che le lasciava
scoperte le braccia e buona parte delle belle gambe, era perennemente seguita a
distanza da un manipolo di allupati con la bava alla bocca che facevano a turno
per ballare con lei.
E poi Daria non sapeva
ballare. In vita sua aveva avuto ben poche occasioni per provarci e, ogni volta,
era stato un imbarazzante disastro. Si era quindi decisa a rifugiarsi ad un
tavolino appartato, senza altra compagnia di un bel bicchiere di moscato fresco
e la soddisfazione per come si era svolta la giornata.
Purtroppo, in questo
idillio di tranquillità, non aveva fatto i conti con gli eventuali intrusi.
Fabrizio l’aveva raggiunta
poco dopo, occupando una delle sedie vuote accanto a lei e voltandosi a guardare
a propria volta gli invitati che facevano festa.
«Sì», aveva risposto Daria
continuando a sorseggiare il liquido ambrato, «talmente bella da chiedermi il
perché non sei lì a ballare insieme ad una delle cugine di Stella da bei boccoli
bruni invece di stare qui» “a rompere le balle”, terminò mentalmente.
A quelle parole, Fabrizio
posò lo sguardo su un gruppetto di graziose ragazze che ballavano tutte insieme
su un lato della sala. Erano talmente ricciolute, carine e bassine da sembrare
giovani ragazze Hobbit alla festa di compleanno di Bilbo Baggins.
«Che poetessa!», disse,
poco dopo, girandosi a guardarla.
«Insomma, che vuoi?». Il
tono di Daria non sembrava arrabbiato né spazientito, ma il leggero tremito
della mano che stringeva il bicchiere tradiva un certo nervosismo.
«Perché non balli?», le
chiese Fabrizio continuando a guardarla, al massimo della tranquillità.
«Perché non sono capace»,
rispose altrettanto tranquillamente Daria senza distogliere lo sguardo dalla
mischia degli invitati.
«Davvero?», insistette lui
sorridendo appena.
“Che infame! Mi sta
prendendo in giro!”, considerò in silenzio, accorgendosi troppo tardi degli
spostamenti di lui. Quando alzò lo sguardo, Fabrizio le si era già parato
davanti con la mano tesa.
«Allora, vieni?»
«Venire dove?»
«A ballare, ovviamente».
«Stai scherzando?», gli
chiese abbandonando il suo bicchiere sul tavolino ed abbozzando un sorrisetto.
«No», le rispose lui,
serissimo.
«Non ci penso neanche»,
concluse Daria incrociando cocciutamente le braccia al petto.
Lui la guardò qualche
istante, probabilmente pensando al da farsi. E, poi, evidentemente, dovette
prendere una decisione.
«Dai, forza!», le disse
afferrandole una mano e strattonandola leggermente, ma con decisione, per farla
alzare.
«Ma come cavolo ti
permetti!», protestò Daria cercando di puntare i piedi come fanno gli asini. «Ti
ho detto che non so ballare! E poi, brutto presuntuoso, cosa ti fa pensare che,
anche sapendolo fare, ballerei con te?»
Lui non diede neanche
segno di averla sentita.
«Andiamo, poche storie»,
disse continuando a tirarsela dietro, approfittando bellamente della sua
superiore forza fisica.
Daria non protestò oltre.
Non aveva voglia di dare spettacolo davanti a tutta quella gente. Ma giurò al
suo orgoglio che, presto o tardi, quel brillantino da strapazzo avrebbe pagato
cara tutta la sua prepotenza.
E così, suo malgrado, si
fece trascinare via dalla sua piccola oasi di silenzio e tranquillità per essere
catapultata in mezzo al micidiale casino della musica ed ai fumi dell’alcol
consumato.
Ma, proprio mentre pensava
che Fabrizio l’avrebbe portata al centro della pista per esporla al pubblico
imbarazzo, Daria si ritrovò a scendere le scale che portavano al giardino del
locale.
L’aria fresca della sera
ottobrina le investì piacevolmente il viso, dopo aver passato tutto il
pomeriggio al chiuso. Il piccolo parco era completamente deserto e solo le luci
delle finestre dell’agriturismo lo rischiaravano quel tanto da poter vedere dove
mettere i piedi. La musica suonata all’interno arrivava dolce e ovattata alle
sue orecchie.
«Hai freddo?», si sentì
chiedere all’improvviso.
«No», rispose, titubante,
«ma che ci facciamo qui?»
«Te l’ho detto. Balliamo»,
rispose ovvio.
Daria non sapeva che
pensare. Possibile che lei gli piacesse? Ma perché quell’insistenza? Lui la
prendeva in giro ad ogni occasione! Certo, anche lei non si lasciava mai
sfuggire l’occasione di battibeccare con lui, eppure doveva ammettere che, pur
detestandolo, in un certo senso l’affascinava. Però lei gli aveva detto
che era fidanzata! Che cavolo di assurda e confusa situazione!
«Sì, ma... Perché?», si
lasciò sfuggire non senza una sfumatura di confusione nella voce.
Lui non rispose, ma le
afferrò entrambe le mani portandosele, con esasperante lentezza, sulle spalle e,
poi, le poggiò le proprie – calde, calde, sempre dannatamente caldissime! –
sulla vita.
Sapeva di buono, Fabrizio.
Di sapone, di abiti puliti e di una leggera nota di profumo da uomo, dopobarba
forse. Una mistura davvero troppo pericolosa per i sensi di Daria che, fra le
altre cose, era particolarmente sensibile alla questione dell’igiene personale
maschile.
«Io non so ballare», si
ritrovò a ripetere con voce e sguardo che rasentavano la supplica. «Non farmi
fare la figura della scema».
Lui fece un piccolo
sorriso, un piccolo sorriso sghembo che lo fece assomigliare ancor più al
cugino.
“Maledetto”, pensò
rabbiosamente Daria, notando quanto gli brillassero gli occhi nonostante si
trovassero nella penombra, “Sfacciato! Se pensi di affascinarmi in questo modo
subdolo, ti sbagli di grosso!”
«Stai andando benissimo. E
poi, non preoccuparti! Anche se dovessi ballare come una bertuccia ubriaca, io
non ci farei caso perché sarei troppo concentrato a guardati dentro la
scollatura del vestito», disse, pur non avendo mai staccato i propri occhi da
quelli di lei.
«Che simpatica
idiozia...».
E fu così che, fra un
insulto verbale ed uno mentale, Daria ballò. O, meglio, si fece goffamente
oscillare sperando di non inciampare nella stoffa del proprio abito o di pestare
i piedi a Fabrizio.
Se la cavò piuttosto bene,
ad essere sinceri. Il problema, tuttavia, sorse dopo che la concentrazione di
fare i passi giusti al momento giusto si attenuò.
Più si rilassava, infatti,
più le venivano in mente diverse scene del film “Dirty Dancing”, specialmente
quelle dove Patrick Swayze – figo da far paura – dimena i fianchi contro
Jennifer Grey facendola arrapare di brutto.
“Sono idiota anch’io”,
pensò, non resistendo alla tentazione di sorridere.
«Perché ridi?», le chiese
Fabrizio, insospettito.
«Stavo solo pensando ad
una cosa», gli rispose sorridendo sempre di più.
«So già che farò la figura
del pazzo con le manie di persecuzione, ma... Stavi pensando a qualcosa che mi
riguarda?»
Adesso Daria rideva
apertamente, non potendo resistere all’espressione curiosa ed un po’ insicura di
Fabrizio.
«Donna crudele, tu mi stai
prendendo in giro!», sbottò ad un tratto lui ostentando una faccia oltraggiata.
«Forse», sghignazzò Daria.
«Comunque, non lo saprai mai!»
Poi lui riprese a
sorridere di nuovo.
«Sai che non ti avevo mai
vista ridere?»
E Daria smise di farlo.
Era vero. Non ci aveva
pensato. Aveva abbassato la guardia e si era fatta vedere... vedere... in
quelle condizioni!
«Che ti prende?», le
chiese Fabrizio, sentendola irrigidirsi sotto le sue mani.
«Niente. Sarà meglio
rientrare, adesso» gli rispose, cercando di staccarsi da lui.
Ma Fabrizio glielo impedì
afferrandola saldamente per le spalle.
“Da film”, pensò
cinicamente lei.
«Aspetta! Non puoi
piantarmi così!», protestò, stupito. «Se ho detto qualcosa che non va...»
«Allora è vero che sei un
pazzo con le manie di persecuzione!», lo interruppe cercando di sviare il
discorso buttandola sul ridere, ben sapendo che la figura della pazza se la
stava interamente beccando lei.
Lui, comunque, non ci
cascò.
«Cos’ho detto di
sbagliato?»
«Assolutamente nulla»,
rispose lei tentando di rimediare alla figura da psicopatica che aveva appena
fatto. «Però, adesso, devo proprio rientrare. Scommetto che Carletto, a quest’ora,
avrà già buttato giù come birilli almeno metà degli invitati».
Lui continuò a non
cascarci e le scrutò il viso, le mani sempre sulle fragili spalle velate di
seta.
Passò qualche attimo di
studiato silenzio, dove Daria pensò seriamente che, se lui avesse continuato a
guardarla e toccarla in quel modo – con quella stramaledettissima camicia nera
addosso, poi! –, presto sarebbe vergognosamente arrossita come una
quattordicenne al suo primo appuntamento. E arrossire in presenza di Fabrizio
non era decisamente una cosa intelligente da fare. Soprattutto perché lui era
stato capace di farle abbassare la guardia in quel modo indecente e nel giro di
pochissimi minuti.
«Davvero sei già
fidanzata?»
Questa volta, la domanda
la agitò sul serio. E, suo malgrado, le sue gote arrossirono un po’.
«Sì», rispose, sincera,
sentendosi le gambe infiacchire.
“Non fare la stupida,
dannazione!”, si ammonì.
Ancora sguardi e ancora
silenzi, al termine dei quali Fabrizio fece la mossa più stupida, avventata e
suicida che avrebbe potuto attuare in un momento come quello: la baciò.
O, meglio, cercò di
farlo.
Ebbene sì! Totalmente a
tradimento, e assolutamente sprezzante del pericolo, lui fece una leggera
pressione sulle spalle della ragazza tirandosela indecentemente vicino. Ma,
purtroppo per lui, i suoi piani diabolici fecero miseramente cilecca dal momento
che, a pochi centimetri dalla meta – ovvero le labbra di lei –, una lancinante
fitta di dolore lo colse ad altezza inguine, proprio dove Daria gli aveva appena
dato una leggerissima ginocchiata. E, badate bene, leggerissima giusto
perché l’abito che indossava si rivelò troppo stretto per poter caricare un
colpo appena più potente.
«Porca tr...», boccheggiò
lo sventurato Fabrizio prima di cadere in ginocchio ai piedi di Daria con le
mani in mezzo alle gambe.
«Sei un po’ pallido»,
disse lei, spietata, in tono glacialmente calmo e strascicato. «Fossi in te, mi
riguarderei di più, in futuro».
E poi rientrò, piantandolo
lì, sul prato, preda della sua stessa passione.
Già. Quel giorno era
andato tutto decisamente per il meglio.
-.- -.- -.-
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