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Autore: Sif    12/09/2011    3 recensioni
Se vi piacciono le commedie romantiche, se avete letto "Happy New Year!" e il personaggio di Daria vi ha strappato almeno un sorriso, vi consiglio di non perdervi assolutamente questo appuntamento!
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Ehilaus Saga'
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Capitolo dedicato alla neo sposina più zuccherofilatosa che ci sia. Con tanti auguri, tesora adorata. E che il potere del dispensatore sia con te.

 

GREY+Pink

- 11 -

The Autumnal Wedding (final part)

 

«Bella festa, eh?»

Dopo la rivelazione di Stella, era scoppiato il finimondo.

Tutti gli amici degli sposi e i parenti di Daniel – eccezion fatta per Camilla, troppo presa a far vento a Marlon con un tovagliolo, e per Fabrizio, troppo pensieroso per esultare – erano esplosi in urla di giubilo ed in applausi scroscianti iniziando a proporre un brindisi dietro l’altro; i parenti di Stella erano rimasti tutti a bocca aperta, sgolandosi a furia di urletti di gioia ed eccitazione.

La mamma di Stella, invece, era corsa a gettarsi tra le braccia della figlia.

«Perché non me lo hai detto? Stronza!», l’avevano sentita squittire mentre inzuppava di lacrime il vestito bianco. «Non hai un po’ di riguardo per la tua povera vecchia madre, figlia degenere?!»

E Marlon... Beh, Marlon era stato accompagnato – trascinato, per essere precisi – fuori dal locale da Carletto e Pietro per fargli prendere una boccata d’aria. Era talmente pallido da sembrare una medusa con la parrucca e, dal modo in cui era accasciato, inerme, addosso ai due compari, sembrava avesse anche perso i sensi, ma Daria era pronta a giurare di averlo sentito borbottare un “dopo facciamo i conti” all’indirizzo di Daniel, quando erano passati accanto al loro gruppetto.

Quando, poi, la fiera della follia era scemata, tutti gli invitati si erano buttati in pista a ritmo di musica, con gli sposi che ballavano appolipati al centro della mischia.

Daria se l’era squagliata non appena le prime tre note della prima canzone erano state suonate. Non aveva voglia di essere invitata da uno dei cugini minorenni di Stella, né tantomeno da uno degli zii ultrasessantenni di Daniel. Sperare di cavarsi dall’impiccio degli inviti ballando con un componente del Trio Delta, d’altronde, era fuori discussione; Pietro avrebbe rischiato un ictus cerebrale se gli fosse stato proposto di ballare con una ragazza, Carletto stava già ballando – pogando sarebbe il termine appropriato – in solitaria (manco si fosse trovato ad un concerto dei Sex Pistols) e Marlon giaceva su una sedia in stato d’abbandono, riavendosi solo a tratti per elargire sguardi assassini a Daniel e occhiate apprensive a Stella. Anche aggregarsi a Camilla era impossibile; la ragazza, infatti, fasciata in un delizioso vestitino di seta rosa pallido che le lasciava scoperte le braccia e buona parte delle belle gambe, era perennemente seguita a distanza da un manipolo di allupati con la bava alla bocca che facevano a turno per ballare con lei.

E poi Daria non sapeva ballare. In vita sua aveva avuto ben poche occasioni per provarci e, ogni volta, era stato un imbarazzante disastro. Si era quindi decisa a rifugiarsi ad un tavolino appartato, senza altra compagnia di un bel bicchiere di moscato fresco e la soddisfazione per come si era svolta la giornata.

Purtroppo, in questo idillio di tranquillità, non aveva fatto i conti con gli eventuali intrusi.

Fabrizio l’aveva raggiunta poco dopo, occupando una delle sedie vuote accanto a lei e voltandosi a guardare a propria volta gli invitati che facevano festa.

«Sì», aveva risposto Daria continuando a sorseggiare il liquido ambrato, «talmente bella da chiedermi il perché non sei lì a ballare insieme ad una delle cugine di Stella da bei boccoli bruni invece di stare qui» “a rompere le balle”, terminò mentalmente.

A quelle parole, Fabrizio posò lo sguardo su un gruppetto di graziose ragazze che ballavano tutte insieme su un lato della sala. Erano talmente ricciolute, carine e bassine da sembrare giovani ragazze Hobbit alla festa di compleanno di Bilbo Baggins.

«Che poetessa!», disse, poco dopo, girandosi a guardarla.

«Insomma, che vuoi?». Il tono di Daria non sembrava arrabbiato né spazientito, ma il leggero tremito della mano che stringeva il bicchiere tradiva un certo nervosismo.

«Perché non balli?», le chiese Fabrizio continuando a guardarla, al massimo della tranquillità.

«Perché non sono capace», rispose altrettanto tranquillamente Daria senza distogliere lo sguardo dalla mischia degli invitati.

«Davvero?», insistette lui sorridendo appena.

“Che infame! Mi sta prendendo in giro!”, considerò in silenzio, accorgendosi troppo tardi degli spostamenti di lui. Quando alzò lo sguardo, Fabrizio le si era già parato davanti con la mano tesa.

«Allora, vieni?»

«Venire dove?»

«A ballare, ovviamente».

«Stai scherzando?», gli chiese abbandonando il suo bicchiere sul tavolino ed abbozzando un sorrisetto.

«No», le rispose lui, serissimo.

«Non ci penso neanche», concluse Daria incrociando cocciutamente le braccia al petto.

Lui la guardò qualche istante, probabilmente pensando al da farsi. E, poi, evidentemente, dovette prendere una decisione.

«Dai, forza!», le disse afferrandole una mano e strattonandola leggermente, ma con decisione, per farla alzare.

«Ma come cavolo ti permetti!», protestò Daria cercando di puntare i piedi come fanno gli asini. «Ti ho detto che non so ballare! E poi, brutto presuntuoso, cosa ti fa pensare che, anche sapendolo fare, ballerei con te?»

Lui non diede neanche segno di averla sentita.

«Andiamo, poche storie», disse continuando a tirarsela dietro, approfittando bellamente della sua superiore forza fisica.

Daria non protestò oltre. Non aveva voglia di dare spettacolo davanti a tutta quella gente. Ma giurò al suo orgoglio che, presto o tardi, quel brillantino da strapazzo avrebbe pagato cara tutta la sua prepotenza.

E così, suo malgrado, si fece trascinare via dalla sua piccola oasi di silenzio e tranquillità per essere catapultata in mezzo al micidiale casino della musica ed ai fumi dell’alcol consumato.

Ma, proprio mentre pensava che Fabrizio l’avrebbe portata al centro della pista per esporla al pubblico imbarazzo, Daria si ritrovò a scendere le scale che portavano al giardino del locale.

L’aria fresca della sera ottobrina le investì piacevolmente il viso, dopo aver passato tutto il pomeriggio al chiuso. Il piccolo parco era completamente deserto e solo le luci delle finestre dell’agriturismo lo rischiaravano quel tanto da poter vedere dove mettere i piedi. La musica suonata all’interno arrivava dolce e ovattata alle sue orecchie.

«Hai freddo?», si sentì chiedere all’improvviso.

«No», rispose, titubante, «ma che ci facciamo qui?»

«Te l’ho detto. Balliamo», rispose ovvio.

Daria non sapeva che pensare. Possibile che lei gli piacesse? Ma perché quell’insistenza? Lui la prendeva in giro ad ogni occasione! Certo, anche lei non si lasciava mai sfuggire l’occasione di battibeccare con lui, eppure doveva ammettere che, pur detestandolo, in un certo senso l’affascinava. Però lei gli aveva detto che era fidanzata! Che cavolo di assurda e confusa situazione!

«Sì, ma... Perché?», si lasciò sfuggire non senza una sfumatura di confusione nella voce.

Lui non rispose, ma le afferrò entrambe le mani portandosele, con esasperante lentezza, sulle spalle e, poi, le poggiò le proprie – calde, calde, sempre dannatamente caldissime! – sulla vita.

Sapeva di buono, Fabrizio. Di sapone, di abiti puliti e di una leggera nota di profumo da uomo, dopobarba forse. Una mistura davvero troppo pericolosa per i sensi di Daria che, fra le altre cose, era particolarmente sensibile alla questione dell’igiene personale maschile.

«Io non so ballare», si ritrovò a ripetere con voce e sguardo che rasentavano la supplica. «Non farmi fare la figura della scema».

Lui fece un piccolo sorriso, un piccolo sorriso sghembo che lo fece assomigliare ancor più al cugino.

“Maledetto”, pensò rabbiosamente Daria, notando quanto gli brillassero gli occhi nonostante si trovassero nella penombra, “Sfacciato! Se pensi di affascinarmi in questo modo subdolo, ti sbagli di grosso!”

«Stai andando benissimo. E poi, non preoccuparti! Anche se dovessi ballare come una bertuccia ubriaca, io non ci farei caso perché sarei troppo concentrato a guardati dentro la scollatura del vestito», disse, pur non avendo mai staccato i propri occhi da quelli di lei.

«Che simpatica idiozia...».

E fu così che, fra un insulto verbale ed uno mentale, Daria ballò. O, meglio, si fece goffamente oscillare sperando di non inciampare nella stoffa del proprio abito o di pestare i piedi a Fabrizio.

Se la cavò piuttosto bene, ad essere sinceri. Il problema, tuttavia, sorse dopo che la concentrazione di fare i passi giusti al momento giusto si attenuò.

Più si rilassava, infatti, più le venivano in mente diverse scene del film “Dirty Dancing”, specialmente quelle dove Patrick Swayze – figo da far paura – dimena i fianchi contro Jennifer Grey facendola arrapare di brutto.

“Sono idiota anch’io”, pensò, non resistendo alla tentazione di sorridere.

«Perché ridi?», le chiese Fabrizio, insospettito.

«Stavo solo pensando ad una cosa», gli rispose sorridendo sempre di più.

«So già che farò la figura del pazzo con le manie di persecuzione, ma... Stavi pensando a qualcosa che mi riguarda?»

Adesso Daria rideva apertamente, non potendo resistere all’espressione curiosa ed un po’ insicura di Fabrizio.

«Donna crudele, tu mi stai prendendo in giro!», sbottò ad un tratto lui ostentando una faccia oltraggiata.

«Forse», sghignazzò Daria. «Comunque, non lo saprai mai!»

Poi lui riprese a sorridere di nuovo.

«Sai che non ti avevo mai vista ridere?»

E Daria smise di farlo.

Era vero. Non ci aveva pensato. Aveva abbassato la guardia e si era fatta vedere... vedere... in quelle condizioni!

«Che ti prende?», le chiese Fabrizio, sentendola irrigidirsi sotto le sue mani.

«Niente. Sarà meglio rientrare, adesso» gli rispose, cercando di staccarsi da lui.

Ma Fabrizio glielo impedì afferrandola saldamente per le spalle.

“Da film”, pensò cinicamente lei.

«Aspetta! Non puoi piantarmi così!», protestò, stupito. «Se ho detto qualcosa che non va...»

«Allora è vero che sei un pazzo con le manie di persecuzione!», lo interruppe cercando di sviare il discorso buttandola sul ridere, ben sapendo che la figura della pazza se la stava interamente beccando lei.

Lui, comunque, non ci cascò.

«Cos’ho detto di sbagliato?»

«Assolutamente nulla», rispose lei tentando di rimediare alla figura da psicopatica che aveva appena fatto. «Però, adesso, devo proprio rientrare. Scommetto che Carletto, a quest’ora, avrà già buttato giù come birilli almeno metà degli invitati».

Lui continuò a non cascarci e le scrutò il viso, le mani sempre sulle fragili spalle velate di seta.

Passò qualche attimo di studiato silenzio, dove Daria pensò seriamente che, se lui avesse continuato a guardarla e toccarla in quel modo – con quella stramaledettissima camicia nera addosso, poi! –, presto sarebbe vergognosamente arrossita come una quattordicenne al suo primo appuntamento. E arrossire in presenza di Fabrizio non era decisamente una cosa intelligente da fare. Soprattutto perché lui era stato capace di farle abbassare la guardia in quel modo indecente e nel giro di pochissimi minuti.

«Davvero sei già fidanzata?»

Questa volta, la domanda la agitò sul serio. E, suo malgrado, le sue gote arrossirono un po’.

«Sì», rispose, sincera, sentendosi le gambe infiacchire.

“Non fare la stupida, dannazione!”, si ammonì.

Ancora sguardi e ancora silenzi, al termine dei quali Fabrizio fece la mossa più stupida, avventata e suicida che avrebbe potuto attuare in un momento come quello: la baciò.

O, meglio, cercò di farlo.

Ebbene sì! Totalmente a tradimento, e assolutamente sprezzante del pericolo, lui fece una leggera pressione sulle spalle della ragazza tirandosela indecentemente vicino. Ma, purtroppo per lui, i suoi piani diabolici fecero miseramente cilecca dal momento che, a pochi centimetri dalla meta – ovvero le labbra di lei –, una lancinante fitta di dolore lo colse ad altezza inguine, proprio dove Daria gli aveva appena dato una leggerissima ginocchiata. E, badate bene, leggerissima giusto perché l’abito che indossava si rivelò troppo stretto per poter caricare un colpo appena più potente.

«Porca tr...», boccheggiò lo sventurato Fabrizio prima di cadere in ginocchio ai piedi di Daria con le mani in mezzo alle gambe.

«Sei un po’ pallido», disse lei, spietata, in tono glacialmente calmo e strascicato. «Fossi in te, mi riguarderei di più, in futuro».

E poi rientrò, piantandolo lì, sul prato, preda della sua stessa passione.

Già. Quel giorno era andato tutto decisamente per il meglio.

-.- -.- -.-

 

   
 
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