La luce dell'Inferno
5. Le stelle cadenti
Ariana non capiva come fosse
possibile sopravvivere ad un sentimento così forte.
Non
riusciva a rassegnarsi all'idea di essere stata messa da parte.
Non
credeva che alla fine sarebbe stato suo fratello il primo a tradirla.
Lui,
che le aveva sempre dato tutto quello che voleva, lui... le aveva tolto
l'unica cosa che le interessava veramente.
"Sei
grande, ormai, non è conveniente che tu e Gellert stiate
nella stessa stanza da soli se non avete un ottimo motivo per farlo."
"Ma
voi lo fate sempre, tutti i giorni, senza dare giustificazioni a
nessuno."
"Noi
siamo due uomini."
"Noi
siamo amici."
"Lo
credo, ne sono certo. Mi fido di voi. Tuttavia, non è
conveniente."
Le
aveva strappato Gellert, l'infido traditore.
Come
se lei non sapesse cosa facessero quei due durante i loro pomeriggi in
cucina.
Andava
avanti da cinque anni, ormai, e lei non era più l'ingenua
bambina che esitava a spiare dal buco della serratura.
Aveva
assistito a spettacoli impressionanti, ma decisamente interessanti, a
suo parere.
Non
capiva perché, ma a volte sentiva un fuoco crescerle dentro.
Altre,
le veniva da vomitare.
Altre
ancora, si sentiva semplicemente frustrata.
Perché
Albus sì e lei no?
Perché
due uomini a fingere di progettare qualcosa di indefinito sì
e un ragazzo con una ragazza, amici da anni, no?
-
Non capisco, Gellert. Spiegamelo tu, io proprio non capisco. -
La
sua voce era un sussurro vibrante di rabbia ed indignazione.
Le
sue parole un intreccio terribile di passione repressa.
-
Dobbiamo fingere, piccola, quello che facciamo è un gioco.
Albus mi ama, ma io non amo lui. Non lo voglio più, ma
è l'unico modo per stare con te. Capisci cosa voglio dire? -
Quella
voce profonda le faceva sciogliere sempre ogni riserva.
Anche
se l'avesse insultata per la sua stupidità, lei avrebbe
annuito con convinzione.
Anche
se le avesse urlato contro, non avrebbe replicato.
-
Sì, capisco. -
-
Litigare con Albus, fargli sospettare che esista qualcosa tra di noi,
equivarrebbe a non poterci parlare né vedere più.
Sarebbe terribile, non credi? -
Il
tarlo della disperazione iniziò a rodere il suo stomaco.
Non
poteva permetterlo.
-
Sì, ma io... io non sto bene quando vi vedo insieme, quando
sono esclusa dai vostri discorsi, quando... io non sto bene, no... -
-
Troverò una soluzione. -
Era
rassicurante, sì, sentire quelle parole uscire dalle labbra
del suo angelo custode.
Lo
era un po' meno sentirsi addosso lo sguardo penetrante di Albus, che
seguiva la loro passeggiata da lontano.
Ariana
tremava da capo a piedi e si sorreggeva stringendo il braccio di
Gellert.
Era
notte, la notte di San Lorenzo, e si conoscevano da cinque anni esatti.
Festeggiare
il loro primo incontro sarebbe stato da sciocchi.
In
quella situazione non era importante celebrare il passato, quando
cercare una soluzione per il futuro incombente.
-
Spero che non mi prometta a qualcuno dei suoi odiosi amici di Hogwarts,
non voglio sposarmi. -
-
Perché mai, piccola? -
La
domanda era retorica, lui lo sapeva.
Lei
ripeteva quella frase di augurio tutte le volte che si vedevano in
solitudine e lui le rivolgeva sempre la stessa domanda.
Naturalmente
la risposta era unica.
-
L'amore è sempre fonte di tristezza, solo la passione porta
la felicità. -
Gellert
le donava sempre uno dei suoi sorrisi migliori, quando lei scandiva con
sicurezza quelle parole.
Ariana
non sapeva da dove derivassero, ma la sua mente le sentiva come proprie.
-
Non ti sposerai, io so sempre come blandire tuo fratello. -
La
malizia scaturita da quel corpo, luminoso di Sole anche alla
lattiginosa luce della Luna, la fece arrossire.
Come
se il contatto tra le loro mani bastasse per trasmettere quel
sentimento, la Fiamma divampò violenta nella calma della
sera.
Le
sue labbra bruciavano, le sue mani bramavano, il suo corpo desiderava.
-
Vorrei... -
Si
interruppe, frenata da un femminile pudore.
Gellert
capì e non nascose la sua ottima comprensione. Sorrise,
prima di indicarle il cielo con un gesto teatrale.
-
Se desideri così tanto, allora basta solo chiedere. -
Desiderare
cosa? Chiedere a chi?
Ariana
sapeva cosa intendeva il suo angelo custode, ma non poteva cedere a
quella malizia sconveniente.
Voleva
conquistare il cuore e l'attenzione di Gellert, ma non poteva.
Sapeva
di non potere, non in quel modo.
-
Guarderò il cielo, in attesa di una stella cadente. -
-
Io guarderò te, in modo da poter capire il desiderio che
esprimerai... e poterlo esaudire, in caso. -
Spudorato
come non mai, la notte sembrava renderlo selvaggio.
Era
forse la brezza che scompigliava i riccioli d'oro, o la semplice
scomparsa della sua aura solare?
-
Sì, credo che potrai esaudirlo, se solo vorrai. -
Lei
restava candida, integra, sincera.
Lei
rispondeva con il cuore, non con la mente. Con l'ingenuità
che la accompagnava da sedici anni, con il battito del suo incerto ma
immenso amore.
Gli
occhi del cielo scorsero una stella scivolare lenta nel buio
dell'infinito.
La
Fiamma tremò d'eccitazione, strinse a sé il
legame con il Raggio di Sole, pensò intensamente al suo
più grande desiderio.
Una
cosa semplice, da niente.
"Vorrei
che Gellert mi amasse tanto quanto io amo lui."
Sembrava
così facile, un desiderio puro e casto, senza pensare alle
conseguenze che tutto quello avrebbe potuto portare.
Ariana
si voltò infine verso il suo angelo, quasi sfidandolo a
capire cosa avesse pensato.
-
Pensi di potercela fare? -
Lo
schernì con dolcezza, senza cattiveria, certa che lui non
avesse inteso la sua richiesta.
-
Penso che sia impossibile. -
La
Fiamma rise divertita, ammirata dallo spirito di prontezza del suo
angelo.
Senza
sapere che il Raggio di Sole aveva capito benissimo il desiderio
rivolto alle sue sorelle stelle.
E
che la sua risposta era la pura e semplice verità.
Note dell'autrice
Come per la maggioranza delle mie fanfiction a puntate, l'aggiornamento
arriva con uno spaventoso ritardo.
Spero che possiate comunque tornare a leggermi, seppur sporadicamente.
Vi ringrazio per le recensioni, per la presenza, per la fiducia.
Lady Lynx
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