Chapter
04:
Ladri di bambini
Il suono
cristallino di un flauto traverso percorreva l’infinito della distesa d’acqua.
Un bellissimo strumento d’argento. Proveniva dalla Coleridge. L’aria vibrava della sua intensa melodia, tutto il mondo vivente pareva
in ascolto. Poi, la Balia cessò di produrre la sua melodia, e si rimise la
maschera. Il meriggio intorno a loro era tranquillo e ora, grazie al flauto, il
vento era propizio e le vele gonfie. Il loro compito anche per quel giorno era
giunto al termine. Ed era proprio questo il peggio.
La ricca
maschera adorna di piume che nascondeva completamente il viso della Balia aveva una sola espressione: perciò non era possibile
definire con quale sguardo il Capitano della Coleridge stesse fissando il mare
da lunghissimi, interminabili minuti. Ma a nessuno della ciurma interessava
particolarmente sapere che cosa passasse per la testa
al loro Capitano. Si erano sempre limitati ad eseguirne gli ordini e l’avevano
fatto con la riluttanza più estrema. La Balia sapeva
benissimo che erano vicinissimi all’idea di ammutinarsi, ma non lo avrebbero
mai fatto, avevano troppa paura del suo patto ultraterreno. In ogni caso, era
ben consapevole che la sua stabilità al comando dipendeva da quella maschera, e
quindi non se la sarebbe mai tolta.
Nel
frattempo, mentre la ciurma di affaccendava con le
cime per tenere a posto le vele, la Balia stringeva il suo flauto nel pugno destro
e osservava l’inconsueto spettacolo di un albatro che volteggiava sopra le loro
teste, attirato, come sempre, dal suono dello strumento d’argento che lei aveva
appena cessato di suonare.
Rowena
scrutava con occhio di lince ogni possibile movimento alle sue spalle, e
intanto trovava il tempo di ammirare la magnificenza della sua nave. L’angelo
bambino con le grosse ali spiegate a prua, il teschio capovolto sul loro enorme
vessillo, il tappeto rosso che veniva steso ovunque
lei avesse intenzione di camminare… Decisamente la Coleridge era molto
migliorata dall’ultimo capitano.
- Con i
bambini abbiamo finito, Capitano, - annunciò una voce alle sue spalle. Rowena sapeva
che si trattava di Gabrièl, suo “fedele” sovrintendente,
ma riuscì comunque a sobbalzare. Il suo corpo era
costantemente teso, nonostante ostentasse quella tranquillità e quella
risolutezza che tutti i Capitani devono avere.
- Quante
botti? - domandò Rowena.
- Cinque.
-
Il Capitano annuì lentamente, molto lentamente. Erano davvero pochi, allora.
- Non
sarebbe meglio depositarle a terra? Siamo troppo pesanti con tutto questo
liquido a bordo. -
- No, non
ancora, - ringhiò la Balia, continuando con lo sguardo a percorrere il tragitto
della spuma marina. - Qualcuno potrebbe trovarle e scambiarle per bevande, o
gettarne via il liquido. Tu sai che io ne ho bisogno. -
Gabriel
annuì: dietro il suo rispetto fasullo si celavano
l’odio più puro e la consapevolezza che, alcuni anni prima, quando ancora
quella tipa non era niente, non
avrebbe mai osato darsi tutte quelle arie da imperatrice. Ma
non c’era niente da fare: ormai era lei il Capitano.
-
Nascondi quelle manacce, Gabriel, - intimò il Capitano, e il francese si
affrettò a intrecciare la mani dietro la propria
schiena, spargendosi sulle vesti il sangue di cui erano macchiate. - Appena puoi ti suggerisco di lavartele. -
- Sarà
fatto, Capitano, - sibilò Gabriel con una delle sue intonazioni più melliflue. Indovinava
perfettamente la tensione di Rowena nel toccare quell’argomento, pur non avendo
mai compreso il motivo di quell’agitazione. Era soltanto sangue.
- Dimmi,
Gabriel… - fece Rowena cambiando bruscamente argomento. Per quanto era possibile capire dalla maschera veneziana, sembrava che
stesse guardando intensamente l’alta costa rocciosa di fronte a sé. - … quante
persone possono esserci a bordo, laggiù? -
Gabriel
aguzzò gli occhi, ma dovette arrendersi: Rowena aveva vissuto per anni nel
terrore più completo al buio di una stiva, e i suoi sensi si erano estremamente acutizzati. Le poche volte che saliva sul ponte
riusciva ad avvistare una nave in lontananza molto prima degli altri,
spaventata com’era all’idea di un arrembaggio, e così fu anche quella volta: la
Balia aveva visto la Perla Nera molto, molto prima che anche Gabriel riuscisse
a rendersene conto.
- Non più
di cinque, - constatò Gabriel, osservando attentamente
la nave e notando che le scialuppe non c’erano, - Senz’altro meno. Il fondale è
basso dalla loro parte: avranno ormeggiato la nave al coperto per raggiungere
il porto con le scialuppe. -
Rowena si
voltò lentamente verso Gabriel, che ancora osservava la Perla Nera schermandosi
gli occhi con la mano per proteggerli dal riverbero, ed il Capitano non poté
fare a meno di notare lo sguardo avido che si celava dietro agli occhi acquosi
del francese.
Rowena
non ci fece caso. Sospirando intensamente ed inclinandosi all’indietro, come un
uccello che sta per prendere il volo, alzò lo sguardo verso il cielo,
ipnotizzata dal lento volo del gigantesco albatro. Dondolava le gambe come una
bambina annoiata, del tutto rapita da quello spettacolo. La lunghissima chioma
bionda che sgorgava come una cascata da dietro il volto inespressivo e un po’
grottesco della maschera si agitava nel vento come un
gonfalone. Era straordinariamente liscia, lucida e ben pettinata per
appartenere a una pirata, e questo Rowena lo sapeva
bene: non era una di loro, e non ci teneva ad esserlo.
Gabriel
osservò disgustato il suo Capitano in quell’atteggiamento così infantile e
contemplativo, poi gridò al suo equipaggio che quel giorno avrebbero fatto un
ottimo bottino. Mentre i pirati accorrevano verso il
tribordo, per controllare quale nave sarebbe stata finalmente la loro vittima,
Gabriel si voltò verso il Capitano per rendersi conto se era riuscito ad
irritarla dando un ordine senza il suo permesso: ma dovette farsi vincere dalla
rabbia, perché Rowena non si era nemmeno accorta che aveva parlato.
-
Assaliremo quella nave, - sentenziò Gabriel facendosi all’orecchio del
Capitano, il quale finalmente si volse verso di lui con quella lentezza di
gesti che aveva imparato a terrorizzare il francese. - La Perla Nera. -
-
Assalitela, - approvò Rowena. La ciurma rimase sbigottita da quel consenso che
non si sarebbe mai aspettata, e Gabriel, che aveva sperato di irritare Rowena,
si stava torcendo le mani, rabbioso. L’equipaggio non aveva ancora iniziato a
gioire, che Rowena parlò di nuovo. - Ma non con la Coleridge. -
I sorrisi
diabolici si congelarono sui volti rovinati dal mare dei pirati, per poi tramutarsi
in smorfie deluse, o forse cariche d’odio.
- Non
mettiamo le mani su un bottino accettabile da quasi un anno! - protestò
qualcuno.
- E’
vero! E’ vero! - gridarono altre voci dalla calca.
- Li
sentite, Capitano? - commentò acidamente un Gabriel decisamente
soddisfatto di sé stesso, - Reclamano l’azione! Il sangue! L’assalto! Forse voi
non amate l’ideologia, ma noi siamo pirati, lo eravamo prima del vostro arrivo
e tali resteremo anche quando ve ne andrete! -
Dalla
ciurma si levò un unico grido. Tutti erano con Gabriel, ma non potevano
ribellarsi al loro Capitano, e dovettero tacere quando questa alzò la mano, in
un gesto ironico che reclamava la parola.
- Vi
offro una città al giorno. Due, forse. Vi offro tutto
il sangue che desiderate. Sangue innocente… candidi bambini. Ve ne nutrite… come gli orchi delle fiabe. - disse Rowena. Le
sue parole erano talmente lente e magnetiche da far rabbrividire tutta la
ciurma, ma fu solo un breve istante. - Ed è qualcosa
di più che un semplice tesoro, non la pensate anche voi così? O forse, vi apporta notevole soddisfazione sottrarre un
bottino da quelle due o tre persone di guardia che vi opporranno relativa
resistenza? Io credo di no. -
Nessuno
osò parlare. Tra una frase e l’altra di Rowena c’erano sempre grandissime
pause, e per lunghi istanti tutti tacevano, nel terrore di interromperla. Anche
se non era propriamente di lei che avevano paura.
Appurato
che Rowena aveva cessato di parlare, Gabriel la fronteggiò ancora con un
coraggio che faceva senz’altro invidia e generava
rispetto agli occhi degli altri pirati della Coleridge.
- Ci
accolliamo ogni compito ingrato al posto vostro, e lo facciamo di buon grado,
se è per adempiere ai vostri ordini, - mentì Gabriel, -
Ma anche noi vogliamo qualcosa in cambio. Ed in questo
momento, vogliamo la Perla Nera. -
Rowena lo
fissò, o almeno così si poteva desumere dalla posizione verso cui era orientata
la sua maschera, ma in realtà i suoi occhi erano ancora puntati verso il volo
del candido albatro.
Gabriel
impiegò lungo tempo per rendersene conto. Dopodiché, Rowena
scoppiò a ridere, una risata fredda che gli torse le viscere come la morsa
d’una tagliola. La sua risata durò a lungo, ancora molto a lungo. Quando
si calmò, ormai era chiaro che la Perla Nera era
spacciata.
*
Una
grossa sporgenza di roccia nerastra ostruiva la visuale dalle scialuppe; oltre
quel torrione di pietra a picco sul mare era ormeggiata
la Perla Nera, e la ciurma si aspettava come sempre di trovarla lì, tranquilla,
un po’ oscillante sui flutti. Ma l’incontro indiretto
con la ciurma della Coleridge aveva gettato addosso a loro un alone di tensione
tanto spesso che si sarebbero aspettati l’arrivo anche di uno di quei
leggendari serpenti marini, pronto a sbranarli tutti e distruggere la Perla.
Non si sbagliavano poi tanto.
La
Coleridge era scivolata veloce come un lampo fino all’insenatura che custodiva
la Perla Nera, ed era apparsa di colpo, col vento perfettamente favorevole
grazie al flauto d’argento. Veloci e silenziosi come un serpente
di mare.
Quando però la ciurma della Perla, vedendo dalle scialuppe una colonna
di fumo levarsi verso il cielo, si distrassero dai loro pensieri e fu allora
che udirono delle urla. Jack scattò in piedi, proteso verso il
cielo come una statua. Impossibile quantificare la sua indignazione. La Perla
Nera era completamente indifesa, e appunto per questo motivo stava subendo
facilmente un arrembaggio.
Bastò un
suo sguardo, e le incitazioni furono totalmente inutili, affinchè la ciurma prendesse a remare con un vigore mai visto.
E la
Perla Nera era là, di fianco alla Coleridge. Quest’ultima era decisamente più grande della Perla, anche se la sua forma
non era delle più slanciate e adatte alla velocità. La colonna di fumo, come la
ciurma aveva previsto, si levava dall’albero maestro della Perla Nera, al quale
era stato appiccato il fuoco.
Raggiungere
la Perla e salirvi a bordo fu un tutt’uno della ciurma. In un attimo stavano
già dando furiosamente battaglia ai sanguinari pirati della Coleridge, non
particolarmente allenati a quel genere di cose. I due uomini lasciati a guardia
della nave di Jack giacevano a terra. Strangolati.
Jack
intravide una figura spettrale avvolta in trine e pizzi scrutare l’assalto da
dietro le fessure di una maschera. Rowena la Balia. Quasi a volerle lanciare un
messaggio, cacciò un grido selvaggio e infilzò un pirata avversario che stava
portandosi via una dose ingente di tesoro, e poi con la pistola ne uccise altri
due che avevano già raggiunto il loro capitano. Rowena non fece una piega.
L’albatro fluttuava ancora sopra di lei, e lei sapeva che questo poteva
significare soltanto fortuna. Si tolse il grande
mantello nero e vi avvolse i due cadaveri, ordinando ad un mozzo di buttarli
immediatamente il mare.
Così
Rowena faceva con qualsiasi cadavere che potesse
portare macchie di sangue.
Jack
rimase quasi deluso dalla mancanza di sensazioni che la statua Rowena sembrava
dimostrare, ma volle credere che si trattasse solo di un’apparenza dettata
dall’abitudine. Non era la prima volta che si trovava di fronte a un caso simile, in fondo. Lanciò una rapida occhiata alla
sua ciurma, e li individuò immediatamente: stavano avendo la meglio. Era fin
troppo evidente che i pirati della Coleridge non davano
l’arrembaggio ad una nave da molto tempo, e la Perla Nera non era un nemico
così scarso da meritarsi l’esclusiva dopo tanti mesi di tranquillità.
L’albatro
fischiò, stridette, e questo fu come un segnale. Rowena aveva già impugnato il
suo flauto, e la ciurma riconobbe che era quello il
momento di andarsene. Saltarono sulla Coleridge nello stesso istante in cui la
melodia del flauto traverso iniziava, tersa e magica come un tramonto. Sembrò
che il vento cambiasse di colpo, ma a modo tutto suo: una forte ventata fece
sollevare un gigantesco e improvviso cavallone che, se spinse violentemente
verso la roccia la Perla Nera, rischiando di
sfracellarla, sortì l’effetto contrario sulla Coleridge: sulle ali del vento,
la Balia si allontanò gettando in mare chiunque sanguinasse, candidamente
incurante di tutti gli uomini che aveva perduto a causa dell’esperto equipaggio
della Perla Nera. In fin dei conti, se qualcuno ci aveva rimesso, era soltanto
Gabriel.
-
Signori, - annunciò Jack Sparrow sollevando il braccio destro, la cui mano
impugnava la spada dalla lama insanguinata, - Alle botti! La Coleridge è in
fuga! -
Altissime
grida risuonarono nell’eco dell’insenatura fin quando non si fusero in un unico
boato. Sotto la perla, squali e piccoli pesci divoravano i resti dei morti,
immersi in un’intensa colorazione rosso sangue, mentre la ciurma della Perla
Nera stappava le botti di rum per festeggiare la facile vittoria. Si
domandavano tutti quale fosse il segreto della Coleridge, come avesse fatto a
raggiungere così velocemente la loro nave, sfidando il vento contrario… ma
erano troppo presi dai festeggiamenti per dedicare attenzione a uno di quei tanti, innumerevoli misteri di mare.