Il compleanno di Angelica
"Buon compleanno, Angy!"
L'abbracciarono con una tale enfasi da toglierle il fiato.
Annaspò, cercando di levarsele di dosso prima di svenire per
mancanza d'ossigeno.
"Lasciatemi! Mi state uccidendo!" Gracchiò. Finalmente le
mollarono il collo e l'aria tornò a circolare nei polmoni.
"Buon compleanno, Angelica!" Ripeterono, con lo stesso tono allegro di
prima. Angelica sorrise.
"Grazie, ragazze" Si era completamente dimenticata che oggi, il 31
Ottobre, fosse il suo compleanno. Come aveva fatto a scordarlo?
La mia testa
pensò è
altrove
Molte cose le avevano occupato la mente, da una parte c'era
ciò che stava accadendo fuori da Hogwarts. Lord Voldemort
stava lasciando una scia di morte e distruzione dietro di
sè, i suoi Mangiamorte, così le aveva raccontato
suo padre in una lettera, avevano ucciso i MacKenzie, loro parenti e
amici di vecchia data. Non era rimasto più nessuno, non
avevano risparmiato nemmeno i bambini...Non voleva pensarci, ma era
inevitabile. Era cresciuta con loro, proprio come era cresciuta con i
Black e lo zio Orion. La famiglia MacKenzie era solita passare le feste
con loro, venivano sempre a trovarli, i grandi parlavano delle loro
cose nel salone, e loro, i piccoli, giocavano in giardino tutto il
giorno. Non poteva credere che non avrebbe più rivisto Alana
ed i suoi bellissimi boccoli dorati, o Silyen, suo fratello, per il
quale si era presa una cotta da piccola e a cui aveva dato il suo primo
bacio. Il tempo dei giochi era finito. Se ne era resa realmente conto
solo quando le era arrivata quella dannata lettera...
Li hanno uccisi, tutti.
Non hanno avuto pietà nemmeno per i bambini...Solo
perchè Fergus si era rifiutato di stare dalla loro
parte...Quello stupido non voleva il mio aiuto
Era riuscita a percepire tutta la sofferenza e la rabbia di suo padre,
come se l'avesse impressa in quel foglio di carta, nella calligrafia,
sempre elegante e precisa, ora un pò incerta e tremante.
Sono morti
Quando il suo cervello riuscì a razionalizzare questa
informazione, si era chiusa in un lugubre silenzio, per poi scivolare
in un angolino solitario, lontana da tutti e da tutto, e scoppiare in
un pianto disperato. Non aveva cercato consolazione da nessuno, non era
da lei mettersi a frignare nelle braccia di altri. Era l'orgoglio degli
Hawk, che impediva loro di mostrarsi deboli e vulnerabili davanti agli
altri. Ma nel caso di Angelica era un pò diversa la cosa:
Voleva semplicemente stare da sola. E poi c'era la paura per la sua
famiglia, conosceva suo padre, sapeva come la pensava su Voldemort, ed
aveva paura...Paura che i Mangiamorte le portassero via la sua
famiglia, e lei non aveva nessuno a parte loro...Scacciò con
prepotenza le lacrime e puntò lo sguardo verso il piatto
della colazione, sentendo che le era passata la fame. Compleanno...Come
poteva festeggiare il suo stupido compleanno quando fuori c'era gente
che moriva per la follia di una persona? Come poteva festeggiarlo
quando i MacKenzie non avrebbero più festeggiato nulla? Come
poteva pensare di festeggiarlo quando non era nemmeno sicura che domani
avrebbe ancora avuto dei genitori? Non era proprio in vena di
festeggiamenti.
La conosceva da una vita, sua cugina, quindi riusciva a capire al volo
ogni minimo cambiamento dell'umore di Angelica. Guardò verso
l'alto, dove uno stormo di pipistrelli passava sopra le loro teste. Era
Halloween, ed era anche il compleanno di Angelica. Allo zio Phil
piaceva dire che Angelica fosse nata nella notte di Samhain, e non ad
Halloween. Ed in effetti era vero, e comunque la prima versione rendeva
la nascita di Angelica più mistica e significativa. Ma
adesso, Angelica non era felice, e non ci voleva uno psicologo per
capirlo. Le posò con delicatezza una mano sul ginocchio. Il
volto di Cendre era quasi sempre illuminato da quel suo sorriso
rassicurante e caldo, quasi materno. Cendre poteva avere buoni motivi
per essere triste, ma ne aveva altrettanti per essere felice. Preferiva
sorridere in faccia al mondo che aveva tentato di strapparglielo,
preferiva sorridere per non essere triste, preferiva sorridere e non
pensare, non ricordare...Altrimenti sarebbe diventata pazza.
"Susu, Angy, arrivano i primi regali" Disse allegramente, ed Angelica
alzò lo sguardo, più luminoso del solito. Aveva
cercato di non piangere. Gli occhi di Angelica erano due zaffiri
incredibilmenti lucidi e luminosi, simili a due pezzi di cristallo, e
quando piangeva, o stava per farlo, diventavano ancora più
lucidi. Cendre fece finta di nulla e diresse la sua attenzione verso i
gufi che stavano planando davanti a loro. Certe volte, era meglio non
fare domande.
Stava tentando di guardare oltre le teste dei suoi compagni il tavolo
di Serpeverde, dove era appena scoppiato un coro di "Tanti auguri a
te". Sapeva che era il compleanno di Angelica. Tamburellò
nervosamente le lunghe dita da aristocratico sul tavolo, mentre
iniziavano ad arrivare i primi regali. Chissà se...
"Anche le Serpi festeggiano il compleanno? Domanò sarcastico
James.
"Così pare" Rispose Sirius con aria indifferente.
"Ed è nata ad Halloween...Speriamo di non ritrovarcela a
volare sulla scopa e ridere sadica..." Ribattè ironico
Potter, e Sirius sorrise.
"L'ha già fatto, Ramoso"
James sbarrò gli occhi, poi scoppiò a ridere.
Rise anche Sirius, ma in maniera contenuta. Il ricordo di quel giorno
lo fece divertire, ma allo stesso tempo sentiva un senso di amarezza.
Sapeva che quei tempi erano finiti, e per quanto lui cercasse di
avvicinarsi, lei si allontanava sempre di più.
Buon compleanno,
Piccolina mia
Emise un sospiro rassegnato. Continuava ancora a chiamarla
così, tipico di un padre che vedeva la propria figlia come
un'eterna bambina. Andava bene quando era ancora una bambina, una
bambina che si attaccava alla gonna della mamma per timidezza o per
paura si nascondeva dietro il padre, che quando faceva un brutto sogno,
si infilava nel lettone insieme a loro. Nulla, del suo affetto, era
cambiato, ma non era più quella bambina. Non si nascondeva
più, ma affrontava i problemi e le proprie paure a muso duro
e testa alta. Ma non era tanto quel piccolina mia ad infastidirla, ma
il modo in cui lo diceva, ai suoi occhi continuava ad essere una
bimbetta di tre anni, che non sapeva fare niente e che aveva
continuamente bisogno di essere sorvegliata. Arrivate ad una "certa
età", per così dire, tali attenzioni diventavano
irritanti e soffocanti. Aveva cercato di fargli arrivare il messaggio
con delicatezza e tatto, e lui l'aveva afferrato al volo, ma fece finta
di niente. Il che, le fece comprendere, che suo padre non voleva
capire. Non aveva il coraggio di essere più brusca con lui e
di ribellarsi in una maniera così palese, si vergognava
ammetterlo, ma temeva di deluderlo.
"E' bellissima, ha lo stesso colore dei tuoi occhi" Commentò
Alènoir mentre le metteva attorno al collo il regalo dei
suoi genitori: Una morbida sciarpa di seta, color blu mare, e se avesse
o meno il colore dei suoi occhi non lo sapeva, e nemmeno le importava
molto. Se la sistemò meglio, e poi osservò il
risultato finale sulla caraffa del latte, specchio improvvisato.
"Sì, ha davvero il colore dei tuoi occhi"
Concordò Regulus, che le aveva regalato un libro sugli
incantesimi trasfigurativi, ben sapendo che era un pò
deboluccia in quella materia.
"Ha il colore dei tuoi occhi...Mi fate venire la nausea" Marcus Clint
rabbrividì, rivolgendo un sorriso divertito ad Angelica.
Marcus era il commentatore ufficiale delle partite di Quidditch, ed era
un ragazzo solitamente giocoso e socievole. Era di altezza media, dai
arruffati corti capelli castani ed occhi scuri sempre illuminati da una
luce maliziosa; era abilissimo nello insultare i Grifoni o chiunque non
gli andasse a genio.
"E tu? Non mi regali nulla?" Gli domandò Angelica, che aveva
riempito il tavolo di regali di compleanno. Marcus fece un'alzata di
spalle.
"Stasera ti dico" Rispose laconico. Lei lo guardò curiosa, e
stava per chiedergli cosa volesse dire, quando un grosso gufo reale
dalle piume scure come il carbone planò davanti a lei. Aveva
lo sguardo torvo, e con fare di sufficienza allungò la
zampetta artigliata alla quale era attaccato un pacchettino dalla carta
verde smeraldo. Angelica quasi smise di respirare; riconosceva quel
gufo, ma non riusciva a crederci...Le sembrava impossibile che lui
sapesse...
"Bè, non lo prendi?" Domandò Cendre, fissando
Angelica in una maniera che la fece sentire a disagio. In
realtà non voleva aprirlo, voleva solo mandare via quello
stupido gufo e che lui la lasciasse in pace.
Fu Cendre a prendere l'iniziativa; si allungò verso il gufo
e slegò il laccio di stoffa al quale era assicurato il
pacco. Il gufo scosse le piume con aria imperiosa, per poi volare via.
Cendre glielo passò, ed Angelica lo prese, seppur con
riluttanza e con uno strano senso di nausea nello stomaco.
"Era meglio che non lo prendevi" Fece gelida la ragazza. Poi, con un
gesto indelicato e secco, strappò la carta da regalo,
mostrandole il suo contenuto: era una raffinata collana d'argento,
dall'aria antica e costosa. Era intagliata a ghirigori austeri che le
ricordarono delle fauci, e tra quelle fauci era imprigionata una pietra
di smeraldo a goccia.
"Un regalo di Rabastan Lestrange...Carino, no?" La canzonò
Alènoir, sventolando davanti al naso di Angelica il pezzetto
di pergamena che recava la firma di Lestrange. Angelica glielo
strappò di mano e con rabbia lo fece a pezzi. Il fatto che
le avesse fatto un regalo proprio quando compiva gli anni la
spaventava, e molto. Provava disgusto e timore nei confronti di
Lestrange, con quel suo odio verso quasi tutto e tutti e
quell'inquietante scintillio sadico negli occhi...Non era normale
quello. Sapeva cosa voleva da lei, ed il solo pensiero la faceva
sprofondare nel terrore.
"Devi risolvere il problema, Angelica, dì a tuo padre cosa
provi a riguardo ed al resto ci penserà lui" Disse Regulus,
cercando di infonderle un pò di conforto, senza riuscirci.
Angelica temeva un'eventuale reazione di Lestrange, e quella maledetta
famiglia non accettava un 'no' come risposta; erano abituati ad
ottenere ciò che volevano, e Rabastan Lestrange voleva lei
come sua sposa. Angelica pensò che avrebbe preferito morire
piuttosto che condividere con lui la sua vita.
"Se riesco, lo risolverò io, una volte per tutte" Lo disse
con un tono talmente categorico e duro da far paura. Gettò
la collana sul tavolo con indifferenza, cambiando argomento; non voleva
più parlare di quella storia, era un suo problema e
l'avrebbe risolto lei.
Cendre prese con delicatezza la collana che Lestrange aveva regalato ad
Angelica, e l'osservò con aria interessata.
"Verde argento, il colore di Serpeverde; non molto fantasioso" Disse
sottovoce e rivolta a sè stessa. Poi, all'improvviso, la sua
espressione cambiò: divenne dura ed immobile, come scolpita
nel ghiaccio, i suoi occhi si fecero vacui e senza vita, la sua testa
si inclinò leggermente in avanti, come se stesse pensando.
Nessuno si accorse di nulla inizialmente, troppo immersi nelle loro
chiacchiere. Ma quello stato di incoscienza durò solo
qualche secondo, troppo poco perchè qualcuno se ne
accorgesse. Quando si riprese, prese una generosa boccata d'aria, come
se fosse rimasta senza ossigeno per minuti interminabili. Si
guardò intorno, leggermente intontita, poi posò
nuovamente lo sguardo sulla collana che teneva in mano, poggiandola sul
tavolo e allontanandola da sè. Sentiva il cuore martellare
furioso nel petto, anche se la sua espressione restò neutra.
Spostò lo sguardo fugace sul tavolo di Grifondoro, e non
potè fare a meno di provare un moto di inquietudine.
Era talmente buio che non avrebbero visto nulla se non ci fosse stata
la luna piena ad illuminare quella notte lugubre e tetra. Non aveva mai
visto Hogsmeade al calare delle tenebre, ma di certo non se l'era mai
immaginata così; di giorno era sempre affollata e
accogliente, una graziosa cittadina da cartolina. Adesso,
però, metteva paura.
"Perchè non torniamo indietro?" Buttò
lì con disinvoltura Alènoir, come se non fosse
affatto spaventata. Angelica condivideva il suo stesso pensiero;
insegnanti e genitori avevano raccomandato loro di stare attenti e non
di fare gli stupidi: uscire di notte era un rischio che non potevano
permettersi, considerando il pericolo Mangiamorte. Angelica non era una
codarda, ma il coraggio non doveva essere sinonimo di
stupidità ed incoscienza.
"Non volevate vedere la Stamberga Strillante di notte?"
Domandò pungente Marcus Clint, davanti loro a fare da
cicerone.
"Veramente, noi non volevamo vedere niente" Puntualizzò
gentile Cendre, senza essere minimamente impaurita. Cendre non si
lasciava spaventare da nulla.
"Già, sarebbe questo il mio regalo di compleanno?"
Domandò con tono aspro Angelica, ostentando una calma
invidiabile. Ora come ora, avrebbe solo voluto ritornarsene al sicuro
al castello.
A parte loro tre e Marcus Clint, c'erano anche Regulus (trascinato a
forza) e Jason Sullivan, un loro compagno di squadra; era un ragazzo
alto e dal fisico allenato, i capelli biondo cenere erano raccolti in
un basso codino. Aveva l'aria annoiata e vagamente addormentata.
"E non lamentarti! Non dovrebbe bastare il pensiero?"
Ribattè Clint in tono divertito.
"Questo lo dicono solo gli ipocriti" Rispose pronta Angelica.
Marcus sbuffò e scosse la testa, spazientito.
"E' irritante, il fatto che tu abbia sempre la risposta pronta" Le
Serpi erano solite dirsi le cose in faccia senza tanti preamboli; era
uno dei motivi per i quali Angelica adorava quella Casata.
Angelica ghignò furba, nello stesso momento Clint fece una
smorfia.
"Se ci scoprono ci espellono" Mormorò Regulus affianco alla
longilinea figura di Cendre. Averla accanto di notte gli faceva uno
strano effetto: il candore della sua pelle, i capelli rosso scuro e
quella sua camminata danzante, la rendevano simile ad un fantasma
fluttuante ed incorporeo.
"Non ci scopriranno, quindi non crucciarti troppo" Gli
sussurrò dolcemente la rossa. Regulus sentì un
leggero brivido sulla schiena; avrebbe preferito che non sussurrasse e
che non fosse così strana; alle volte era inquietante.
Camminarono avvolti nella notte silenziosa. Alènoir si
teneva vicina ai suoi compagni, cercando di combattere il terrore che
aveva iniziato a tormentarla da quando si erano allontanati dal
castello; non si sentiva affatto al sicuro lì, era stata una
pessima idea uscire di notte...
La figura fatiscente della Stamberga Strillante si intravedeva in
lontananza, ancora più tetra e triste di quanto non lo fosse
di giorno. Alènoir andò nel panico più
totale, e si fermò di botto, per nulla intenzionata a
proseguire.
"Che ti prende?" Le aveva chiesto Sullivan, voltandosi verso di lei e
fissandola sorpreso.
"Non mi pare una buona idea entrare in quella stupida casa a vedere
degli stupidi fantasmi! Torniamo al castello e facciamola finita con
questa pagliacciata" Ritrose in tono duro Alènoir, con il
respiro leggermente affanato. I compagni si fermarono a guardarla,
sorpresi da quella reazione.
"Dài, Aly, entriamo ed usciamo, faremo in fretta" Fece in
tono gentile Clint, evitando accuratamente di schernirla; sembrava
visibilmente spaventata da quella situazione e non voleva farla
innervosire. Ma ciò non l'aiutò.
"Ho detto che mi rifiuto" Scandì la ragazza, con un tono
più risoluto ed imperioso.
Clint la guardò per qualche istante, indeciso sul da farsi.
"Ma abbiamo fatto tutta questa strada..." Tentò, senza poter
finire la frase.
Fu un improvviso e ben udibile crac ad attirare l'attenzione dei sei e
mandarli in allarme. Alènoir sussultò, ed
instintivamente si portò al fianco di Regulus. Il ragazzo
strinse gli occhi, cercando di individuare la fonte del suono, ma senza
riuscirci.
Dopo qualche istante di silenzio, Marcus parlò, seppur a
bassa voce.
"Forse era un gatto..."
"Sicuramente" Aggiunse Jason, seppur con poca convinzione.
"Io voglio comunque tornare al castello" Borbottò
Alènoir.
I tre che erano rimasti in silenzio (Regulus, Angelica e Cendre) si
lanciarono degli sguardi eloquenti, e per sicurezza portarono le mani
alle bacchette. Nessuno prestava più attenzione alla
Stamberga, a parte Cendre, che la fissava in maniera intensa. Non
vedeva molto, dato che era buio, ma le parve di scorgere una sorta di
figura, qualcosa di lungo si muoveva attraverso i vetri della casa...
Fu un orribile ringhio che spaventò i sei, costringendoli a
girarsi. Una grossa e scura figura era incurvata in una posa minacciosa
non molto lontana da loro, emettendo ringhi aggressivi, i denti bianchi
ed affillati ben in mostra.
Alènoir emise uno strillo ed indietreggiò.
"Lupo mannaro!" Gridò Sullivan in preda al panico. Cendre lo
guardò storto, continuando a mostrare una calma snervante.
"Correte! Correte!" Urlò Regulus, captando un improvviso e
rapido movimento della creatura, come se stesse per balzare su di loro.
Il gruppo iniziò a correre, nel panico più
totale, e la paura fece loro dimenticare le bacchette. Corsero a
perdifiato e con tutta la forza che avevano; la mostruosa creatura era
alle lore calcagna e non sembrava intenzionata a lasciarli andare. Si
infilarono in una stradina stretta e, se possibile, ancora
più buia e tetra. Tutto quel chiasso fece svegliare gli
abitanti di Hogsmeade, ma prima che potessero affacciarsi alle
finestre, il gruppo era già sparito insieme alla creatura,
inghiottiti nel fitto fogliame della Foresta Proibita.
Questo fece loro ancora più paura, dato che quella foresta
non era propriamente accogliente: era abitata da creature spaventose e
pericolose, ed i Centauri non erano di certo amici dei maghi.
Corsero per chissà ancora quanto, prima di accorgersi che
quella creatura non c'era più.
"Dov'è...Finita?" Domandò Sullivan col fiato
corto e la maglietta bagnata dal sudore.
"Non lo so e nemmeno mi interessa saperlo; basta che ce ne siamo
liberati" Fu la risposta di Regulus, che si appoggiò al
tronco di un albero, sfinito.
"E comunque, non era affatto un licantropo" Osservò Cendre
leggermente stizzita. Incredibilmente, sembrava la meno stanca e
spaventata di tutti, anzi, sembrava molto rilassata e si ergeva con
fierezza in tutto il suo metro e settantacinque.
"Come fai a saperlo?" Si intromise Clint, rosso come un pomodoro in
viso. Cendre lo guardò fredda.
"Lo so e basta"
Angelica ed Alènoir si lanciarono una breve occhiata.
Alènoir scosse la folta chioma scura con aria infastidita e
schifata. Stava sudando...Che orrore.
"Io ve l'avevo detto che non era una buona idea" Rimarcò con
fare pedante, ma nessuno aveva voglia di ascoltarla.
"Accidenti, ma perchè non l'abbiamo schiantato?" Fece notare
Angelica; si era piegata sulle ginocchia e cercava di respirare
normalmente.
"Voi avete iniziato ad urlare come degli scemi!" Disse Clint.
"Senti chi parla! Ma se urlavi più tutti e con una voce da
ragazzina!" Lo schernì Black con un ghigno.
"Vero! Io pensavo che fosse una delle ragazze, ed invece era lui!"
Diede manforte Sullivan. Angelica e Cendre scoppiarono a ridere;
Alènoir restò seria e per nulla divertita. Non
era quello il momento di scherzare ma di tornare al castello. Il
buonsenso sembrava aver abbondonato i cinque, ed Alènoir
voleva farglielo notare, ma Clint rispose offeso e da lì
iniziò un botta e risposta tra i ragazzi, mentre le due
ragazze ridevano.
"Oh, ragazzi, basta!" Sbottò spazientita Alènoir.
Ma non fece nemmeno in tempo a rimproverarli, che quella scura figura
tornò all'attacco, sbucando fuori veloce come un fulmine. Ci
furono altri strilli di panico, ed il gruppo si disperse. Regulus
urlò agli altri di muoversi, e quella creatura si
fiondò proprio su di lui. Il ragazzo riuscì a
spostarsi ed evitare quel mostro per un pelo; Sullivan travolse
Angelica facendola cadere dolorosamente a terra e si diede alla fuga,
Clint scivolò e corse via pure lui, ma in una direzione
diversa. Vedendo che quei due se ne erano andati per strade diverse, la
creatura rivolse la sua attenzione ai quattro rimasti. Ma anche loro
presero la stessa saggia decisione degli altri due: nel tumulto
generale, ognuno scappò in direzioni diverse, dimenticandosi
dei compagni, e soprattutto dimenticandosi di Angelica.
La Serpeverde si rialzò a fatica, quando Sullivan l'aveva
stesa a terra si era fatta un male indicibile e credeva di avere
qualcosa di rotto. Ma nonostante il dolore, cercò di correre
in una direzione, zoppicando ed imprecando contro Clint, meditando
vendetta atroce. Il mostro era sparito, forse inseguiva gli altri.
Ben gli stà
Pensò stizzita ed offesa. Il dolore al piede sinistro si
intensificò ed Angelica fu costretta a fermarsi e poggiarsi
contro un albero. Si piegò e si massaggiò la
caviglia, sentendola gonfia e sensibile. Doveva andare da Madama Chips
per farsela curare, ma prima doveva trovare la strada per tornare al
castello. Prese a guardarsi intorno, spaesata; le sembrava tutto uguale
lì.
"Beh, un sentiero lo troverò..." Mormorò a
sè stessa senza convinzione. Odiava stare da sola,
soprattutto in quel momento, sperduta in quella macabra foresta senza
aiuto. Per sicurezza tirò fuori la bacchetta, ed
iniziò ad incamminarsi, ma fu un suono sommeso, animalesco e
brutale a terrorizzare la ragazza. Sentì il cuore caderle
nello stomaco, restando lì immobile come una stupida; non
aveva il coraggio di voltarsi, e sinceramente non le pareva una buona
idea. Sentì la creatura muoversi di lei, e dopo qualche
secondo si mosse anche Angelica. In maniera scordinata e goffa prese la
rincorsa, ma inciampò nella radice di un albero e fece un
ruzzolone degno di nota. Angelica non poteva vederlo, ma sul muso della
bestia era apparso una specie di ghigno divertito.
La bacchetta della ragazza era finita chissà dove, e la
creatura avanzò con un grande balzo. Angelica si
rannicchiò contro un albero, nascondendo il viso con le
braccia, tremando come una foglia e sperando che quel mostro la
uccidesse in fretta. Ma l'unica cosa che sentì fu uno sbuffo
di aria calda e qualcosa di umido e grande toccarle il braccio. Lei non
si mosse, e quella cosa umidiccia glielo toccò nuovamente,
questa volta alzandoglielo leggermente. Angelica sentì il
cuore sprofondare, ma non sentiva più ringhiare, solo un
respiro ritmato e tranquillo. Angelica si fece forza e
sbirciò attraverso il braccio. Sbattè un paio di
volte le palpebre, pensando di avere un'allucinazione. Sembrava...Era
solo...Un cane! Angelica lo guardò sorpresa, mentre lui
teneva in bocca la sua bacchetta come se fosse un bastoncino da
riporto. Era un grosso cagnolone simile ad un orso dal pelo nero ed
arruffato. Il cane le stava porgendo la bacchetta, e la ragazza la
prese esitante. La ripulì dalla saliva canina con l'orlo
della gonna.
"Sei solo un cane" Osservò poi Angelica, continuando a
guardarlo come se non ci credesse. Alla faccia del licantropo! Era solo
un cane, si erano lasciati spaventare da un cane!
"Non sei poi così bruttino" Disse Angelica, in un moto di
sicurezza. Si rialzò in piedi, senza notare lo sguardo
offeso del cane; mentre si rialzava, quasi non cadeva di nuovo
giù. Si appoggiò all'albero, e si sorprese,
quando vide il cane accanto a lei, come se volesse sorreggerla.
Angelica pensò d'averlo immaginato.
"Beh, cagnolino, grazie per lo spavento, ma io adesso devo andare prima
che qualcuno mi falci" Angelica mosse un passo ed a stento trattenne
una smorfia di dolore, ma continuò a camminare per tornare
al castello, ma il cane le si mise davanti iniziando ad abbaiare.
"Zitto, o sveglierai anche gli alberi! Che vuoi da me?" Disse allarmata
Angelica. Il cane andò dalla parte opposta e prese ad
agitarsi senza motivo.
"Sì, va bene, ciao" Sbuffò la ragazza,
ignorandolo e continuando per la sua strada. Ma quello non demordeva.
Intralciò nuovamente il suo cammino, adesso visibilmente
arrabbiato. Angelica perse la pazienza.
"Lasciami in pace!" Stava per passargli accanto, quando
l'afferrò con forza per la gonna iniziando a tirare.
Angelica lo sgridò, ordinandogli di lasciare la sua gonna.
"Che accidenti vuoi da me, cagnaccio!"
Il cane la lasciò, indicandole con il capo l'altro sentiero.
Lei lo guardò per qualche secondo.
"Da quella parte? Perchè?" Forse voleva che andasse da
quella parte piuttosto che prendere quell'altra strada...Ma
perchè?
Il cane si spazientì, e mettendosi dietro di lei
iniziò a picchiarle il fondoschiena con il muso. Quasi non
la fece cadere per l'ennesima volta.
"Và bene, và bene! Ho capito, facciamo come vuoi
tu...Antipatico"
Così Angelica si ritrovò a seguire il cagnolone
che scondinzolando allegro le faceva da cicerone attraverso un
sentiero, per quanto possibile, ancora più tetro.
Stai seguendo un cane...Pensò E' assurdo
"Non hai un padrone?"
E ci parli pure Sbuffò, maledendo il dolore alla caviglia.
Una volta tornata a scuola avrebbe dovuto andare in infermeria, non
subito, ma il giorno dopo doveva andarci.
Il cane in risposta abbaiò, poi si voltò verso di
lei e le si mise accanto. Angelica gli accarezzò la testa, e
lui parve felice.
In breve, il cane la riportò al castello. Erano poco lontani
dalla casetta di Hagrid e proprio davanti a loro si ergeva l'imponente
struttura del castello di Hogwarts. Angelica era fuori di sè
dalla gioia.
"Sono tornata a casa! Grazie, cagnolone!"
Afferrò il suo muso e gli baciò il naso; il cane
starnutì.
"Sicuro di non avere un padrone?" Gli chiese, come se si aspettasse
realmente una risposta. Quando lo guardò, il quadrupede le
rivolgeva uno sguardo talmente strano ed intenso da sembrare quasi...
Umano
Si piegò sulle ginocchia e gli grattò le orecchie.
"No, non sei poi così bruttino"
Il cane avvicinò il muso al suo viso, soffiandole col naso
simile ad un tartufo sui capelli.
"Potrei chiamarti Tartufo" Stava dicendo lei. Nello stesso momento, una
voce familiare la chiamò.
"Angelica, accidenti a te! Che diavolo fai lì?!"
Ringhiò Alènoir tutta scapigliata. Angelica si
alzò e si voltò a guardarla.
"Niente! Parlavo col cane" Disse semplicemente. Alènoir la
guardò come se fosse stupida.
"Quale cane?" Le domandò infastidita.
"Questo cane...Ma...Se ne è andato Tartufo!" Voltandosi,
Angelica vide che del cane non c'era nemmeno l'ombra.
"Angy, muoviti prima che qualcuno ci scopra" La esortò
Regulus. A quanto pare, lui, Alènoir e Cendre non erano
tornati al castello senza di lei.
"Ma era qui!" Continuò lei.
"Va bene, andiamo" Alènoir alzò i tacchi e si
diresse verso gli altri due. Angelica sembrava esserci rimasta male, ma
alla fine seguì i suoi amici.
Regulus le riportò al castello dato che conosceva il
passaggio segreto per entrarci, e durante il tragitto Angelica
raccontò loro del cane.
"Un cane così grosso?" Domandò Regulus a bassa
voce, mentre scivolavano silenziosi verso il dormitorio di Serpeverde.
"Sì, dico, era un cane! Mi ha pure riportato la bacchetta"
"Ma che carino" Commentò antipatica Alènoir.
Erano finalmente arrivati alla sala comune di Serpeverde, deserta e con
il fuoco spento ore fà.
"Bè, buonanotte ragazze, questa è stata una notte
decisamente assurda" Commentò Regulus prima di congedarsi
dalle ragazze. Anche le tre Serpi rientrarono al loro dormitorio,
aprendo senza far rumore la porta della loro stanza ed aspettare ognuna
il suo turno per andare in bagno.
Dopo essersi lavate, aver indossato il pigiama ed essersi infilate nel
letto, le tre si scambiarono qualche parola sulla disavventura di
quella notte prima di addormentarsi.
Angelica tirò la tenda di velluto verde smeraldo prima di
addormentarsi.
"Angelica?" La chiamò la voce di Cendre in un sussurro.
"Che c'è?"
"Sai cosa ho visto oggi?"
"Ovvio che non lo so"
"La costellazione del Cane Maggiore"
"E allora"
"Nulla, penso solo che sia destino. Notte" Cinguettò
serafica, per poi tacere, lasciando sconcertata Angelica, che si
addormentò chiedendosi cosa avesse voluto dire con quelle
parole.
|