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Autore: Angelica HB    29/10/2011    0 recensioni
"E' davvero andato via?" Chissà perchè, poi, le riusciva difficile crederlo. Lui l'aveva sempre detto, in fondo, che si era stufato di tutto e tutti, della sua famiglia che non l'accettava per ciò che era, e che voleva andarsene via, scappare il più lontano possibile da tutti loro, in un posto dove, magari, non l'avrebbero più accusato per essere semplicemente sè stesso.
"Sì, e dubito che tornerà" Fu troppo freddo Regulus nel darle quella risposta. La colpì in pieno, e adesso ci credeva, adesso era vero. Sirius era realmente scappato via. Eppure non si sentiva scossa, no, non era affatto stupita o triste. Il suo volto rimase impassibile, ma dentro di sè, la sè stessa che tendeva a rimanere nascosta, fece un gran sorriso e rise sarcastica. Quella sè stessa si sentiva euforica, eccitata. Era scappato via...Lui l'aveva fatto veramente, a differenza di lei, che si limitava a sognare ad occhi aperti. Ode a Sirius Black, avrebbe brindato col champagne alla sua fuga.
Genere: Guerra, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: I Malandrini, Nuovo personaggio, Regulus Black, Sirius Black, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Il compleanno di Angelica
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"Buon compleanno, Angy!"
L'abbracciarono con una tale enfasi da toglierle il fiato. Annaspò, cercando di levarsele di dosso prima di svenire per mancanza d'ossigeno.
"Lasciatemi! Mi state uccidendo!" Gracchiò. Finalmente le mollarono il collo e l'aria tornò a circolare nei polmoni.
"Buon compleanno, Angelica!" Ripeterono, con lo stesso tono allegro di prima. Angelica sorrise.
"Grazie, ragazze" Si era completamente dimenticata che oggi, il 31 Ottobre, fosse il suo compleanno. Come aveva fatto a scordarlo?
La mia testa pensò è altrove
Molte cose le avevano occupato la mente, da una parte c'era ciò che stava accadendo fuori da Hogwarts. Lord Voldemort stava lasciando una scia di morte e distruzione dietro di sè, i suoi Mangiamorte, così le aveva raccontato suo padre in una lettera, avevano ucciso i MacKenzie, loro parenti e amici di vecchia data. Non era rimasto più nessuno, non avevano risparmiato nemmeno i bambini...Non voleva pensarci, ma era inevitabile. Era cresciuta con loro, proprio come era cresciuta con i Black e lo zio Orion. La famiglia MacKenzie era solita passare le feste con loro, venivano sempre a trovarli, i grandi parlavano delle loro cose nel salone, e loro, i piccoli, giocavano in giardino tutto il giorno. Non poteva credere che non avrebbe più rivisto Alana ed i suoi bellissimi boccoli dorati, o Silyen, suo fratello, per il quale si era presa una cotta da piccola e a cui aveva dato il suo primo bacio. Il tempo dei giochi era finito. Se ne era resa realmente conto solo quando le era arrivata quella dannata lettera...
Li hanno uccisi, tutti. Non hanno avuto pietà nemmeno per i bambini...Solo perchè Fergus si era rifiutato di stare dalla loro parte...Quello stupido non voleva il mio aiuto
Era riuscita a percepire tutta la sofferenza e la rabbia di suo padre, come se l'avesse impressa in quel foglio di carta, nella calligrafia, sempre elegante e precisa, ora un pò incerta e tremante.
Sono morti
Quando il suo cervello riuscì a razionalizzare questa informazione, si era chiusa in un lugubre silenzio, per poi scivolare in un angolino solitario, lontana da tutti e da tutto, e scoppiare in un pianto disperato. Non aveva cercato consolazione da nessuno, non era da lei mettersi a frignare nelle braccia di altri. Era l'orgoglio degli Hawk, che impediva loro di mostrarsi deboli e vulnerabili davanti agli altri. Ma nel caso di Angelica era un pò diversa la cosa: Voleva semplicemente stare da sola. E poi c'era la paura per la sua famiglia, conosceva suo padre, sapeva come la pensava su Voldemort, ed aveva paura...Paura che i Mangiamorte le portassero via la sua famiglia, e lei non aveva nessuno a parte loro...Scacciò con prepotenza le lacrime e puntò lo sguardo verso il piatto della colazione, sentendo che le era passata la fame. Compleanno...Come poteva festeggiare il suo stupido compleanno quando fuori c'era gente che moriva per la follia di una persona? Come poteva festeggiarlo quando i MacKenzie non avrebbero più festeggiato nulla? Come poteva pensare di festeggiarlo quando non era nemmeno sicura che domani avrebbe ancora avuto dei genitori? Non era proprio in vena di festeggiamenti.

La conosceva da una vita, sua cugina, quindi riusciva a capire al volo ogni minimo cambiamento dell'umore di Angelica. Guardò verso l'alto, dove uno stormo di pipistrelli passava sopra le loro teste. Era Halloween, ed era anche il compleanno di Angelica. Allo zio Phil piaceva dire che Angelica fosse nata nella notte di Samhain, e non ad Halloween. Ed in effetti era vero, e comunque la prima versione rendeva la nascita di Angelica più mistica e significativa. Ma adesso, Angelica non era felice, e non ci voleva uno psicologo per capirlo. Le posò con delicatezza una mano sul ginocchio. Il volto di Cendre era quasi sempre illuminato da quel suo sorriso rassicurante e caldo, quasi materno. Cendre poteva avere buoni motivi per essere triste, ma ne aveva altrettanti per essere felice. Preferiva sorridere in faccia al mondo che aveva tentato di strapparglielo, preferiva sorridere per non essere triste, preferiva sorridere e non pensare, non ricordare...Altrimenti sarebbe diventata pazza.
"Susu, Angy, arrivano i primi regali" Disse allegramente, ed Angelica alzò lo sguardo, più luminoso del solito. Aveva cercato di non piangere. Gli occhi di Angelica erano due zaffiri incredibilmenti lucidi e luminosi, simili a due pezzi di cristallo, e quando piangeva, o stava per farlo, diventavano ancora più lucidi. Cendre fece finta di nulla e diresse la sua attenzione verso i gufi che stavano planando davanti a loro. Certe volte, era meglio non fare domande.



Stava tentando di guardare oltre le teste dei suoi compagni il tavolo di Serpeverde, dove era appena scoppiato un coro di "Tanti auguri a te". Sapeva che era il compleanno di Angelica. Tamburellò nervosamente le lunghe dita da aristocratico sul tavolo, mentre iniziavano ad arrivare i primi regali. Chissà se...
"Anche le Serpi festeggiano il compleanno? Domanò sarcastico James.
"Così pare" Rispose Sirius con aria indifferente.
"Ed è nata ad Halloween...Speriamo di non ritrovarcela a volare sulla scopa e ridere sadica..." Ribattè ironico Potter, e Sirius sorrise.
"L'ha già fatto, Ramoso"
James sbarrò gli occhi, poi scoppiò a ridere. Rise anche Sirius, ma in maniera contenuta. Il ricordo di quel giorno lo fece divertire, ma allo stesso tempo sentiva un senso di amarezza. Sapeva che quei tempi erano finiti, e per quanto lui cercasse di avvicinarsi, lei si allontanava sempre di più.

Buon compleanno, Piccolina mia
Emise un sospiro rassegnato. Continuava ancora a chiamarla così, tipico di un padre che vedeva la propria figlia come un'eterna bambina. Andava bene quando era ancora una bambina, una bambina che si attaccava alla gonna della mamma per timidezza o per paura si nascondeva dietro il padre, che quando faceva un brutto sogno, si infilava nel lettone insieme a loro. Nulla, del suo affetto, era cambiato, ma non era più quella bambina. Non si nascondeva più, ma affrontava i problemi e le proprie paure a muso duro e testa alta. Ma non era tanto quel piccolina mia ad infastidirla, ma il modo in cui lo diceva, ai suoi occhi continuava ad essere una bimbetta di tre anni, che non sapeva fare niente e che aveva continuamente bisogno di essere sorvegliata. Arrivate ad una "certa età", per così dire, tali attenzioni diventavano irritanti e soffocanti. Aveva cercato di fargli arrivare il messaggio con delicatezza e tatto, e lui l'aveva afferrato al volo, ma fece finta di niente. Il che, le fece comprendere, che suo padre non voleva capire. Non aveva il coraggio di essere più brusca con lui e di ribellarsi in una maniera così palese, si vergognava ammetterlo, ma temeva di deluderlo.
"E' bellissima, ha lo stesso colore dei tuoi occhi" Commentò Alènoir mentre le metteva attorno al collo il regalo dei suoi genitori: Una morbida sciarpa di seta, color blu mare, e se avesse o meno il colore dei suoi occhi non lo sapeva, e nemmeno le importava molto. Se la sistemò meglio, e poi osservò il risultato finale sulla caraffa del latte, specchio improvvisato.
"Sì, ha davvero il colore dei tuoi occhi" Concordò Regulus, che le aveva regalato un libro sugli incantesimi trasfigurativi, ben sapendo che era un pò deboluccia in quella materia.
"Ha il colore dei tuoi occhi...Mi fate venire la nausea" Marcus Clint rabbrividì, rivolgendo un sorriso divertito ad Angelica. Marcus era il commentatore ufficiale delle partite di Quidditch, ed era un ragazzo solitamente giocoso e socievole. Era di altezza media, dai arruffati corti capelli castani ed occhi scuri sempre illuminati da una luce maliziosa; era abilissimo nello insultare i Grifoni o chiunque non gli andasse a genio.
"E tu? Non mi regali nulla?" Gli domandò Angelica, che aveva riempito il tavolo di regali di compleanno. Marcus fece un'alzata di spalle.
"Stasera ti dico" Rispose laconico. Lei lo guardò curiosa, e stava per chiedergli cosa volesse dire, quando un grosso gufo reale dalle piume scure come il carbone planò davanti a lei. Aveva lo sguardo torvo, e con fare di sufficienza allungò la zampetta artigliata alla quale era attaccato un pacchettino dalla carta verde smeraldo. Angelica quasi smise di respirare; riconosceva quel gufo, ma non riusciva a crederci...Le sembrava impossibile che lui sapesse...
"Bè, non lo prendi?" Domandò Cendre, fissando Angelica in una maniera che la fece sentire a disagio. In realtà non voleva aprirlo, voleva solo mandare via quello stupido gufo e che lui la lasciasse in pace.
Fu Cendre a prendere l'iniziativa; si allungò verso il gufo e slegò il laccio di stoffa al quale era assicurato il pacco. Il gufo scosse le piume con aria imperiosa, per poi volare via. Cendre glielo passò, ed Angelica lo prese, seppur con riluttanza e con uno strano senso di nausea nello stomaco.
"Era meglio che non lo prendevi" Fece gelida la ragazza. Poi, con un gesto indelicato e secco, strappò la carta da regalo, mostrandole il suo contenuto: era una raffinata collana d'argento, dall'aria antica e costosa. Era intagliata a ghirigori austeri che le ricordarono delle fauci, e tra quelle fauci era imprigionata una pietra di smeraldo a goccia.
"Un regalo di Rabastan Lestrange...Carino, no?" La canzonò Alènoir, sventolando davanti al naso di Angelica il pezzetto di pergamena che recava la firma di Lestrange. Angelica glielo strappò di mano e con rabbia lo fece a pezzi. Il fatto che le avesse fatto un regalo proprio quando compiva gli anni la spaventava, e molto. Provava disgusto e timore nei confronti di Lestrange, con quel suo odio verso quasi tutto e tutti e quell'inquietante scintillio sadico negli occhi...Non era normale quello. Sapeva cosa voleva da lei, ed il solo pensiero la faceva sprofondare nel terrore.
"Devi risolvere il problema, Angelica, dì a tuo padre cosa provi a riguardo ed al resto ci penserà lui" Disse Regulus, cercando di infonderle un pò di conforto, senza riuscirci. Angelica temeva un'eventuale reazione di Lestrange, e quella maledetta famiglia non accettava un 'no' come risposta; erano abituati ad ottenere ciò che volevano, e Rabastan Lestrange voleva lei come sua sposa. Angelica pensò che avrebbe preferito morire piuttosto che condividere con lui la sua vita.
"Se riesco, lo risolverò io, una volte per tutte" Lo disse con un tono talmente categorico e duro da far paura. Gettò la collana sul tavolo con indifferenza, cambiando argomento; non voleva più parlare di quella storia, era un suo problema e l'avrebbe risolto lei.

Cendre prese con delicatezza la collana che Lestrange aveva regalato ad Angelica, e l'osservò con aria interessata.
"Verde argento, il colore di Serpeverde; non molto fantasioso" Disse sottovoce e rivolta a sè stessa. Poi, all'improvviso, la sua espressione cambiò: divenne dura ed immobile, come scolpita nel ghiaccio, i suoi occhi si fecero vacui e senza vita, la sua testa si inclinò leggermente in avanti, come se stesse pensando. Nessuno si accorse di nulla inizialmente, troppo immersi nelle loro chiacchiere. Ma quello stato di incoscienza durò solo qualche secondo, troppo poco perchè qualcuno se ne accorgesse. Quando si riprese, prese una generosa boccata d'aria, come se fosse rimasta senza ossigeno per minuti interminabili. Si guardò intorno, leggermente intontita, poi posò nuovamente lo sguardo sulla collana che teneva in mano, poggiandola sul tavolo e allontanandola da sè. Sentiva il cuore martellare furioso nel petto, anche se la sua espressione restò neutra. Spostò lo sguardo fugace sul tavolo di Grifondoro, e non potè fare a meno di provare un moto di inquietudine.





Era talmente buio che non avrebbero visto nulla se non ci fosse stata la luna piena ad illuminare quella notte lugubre e tetra. Non aveva mai visto Hogsmeade al calare delle tenebre, ma di certo non se l'era mai immaginata così; di giorno era sempre affollata e accogliente, una graziosa cittadina da cartolina. Adesso, però, metteva paura.
"Perchè non torniamo indietro?" Buttò lì con disinvoltura Alènoir, come se non fosse affatto spaventata. Angelica condivideva il suo stesso pensiero; insegnanti e genitori avevano raccomandato loro di stare attenti e non di fare gli stupidi: uscire di notte era un rischio che non potevano permettersi, considerando il pericolo Mangiamorte. Angelica non era una codarda, ma il coraggio non doveva essere sinonimo di stupidità ed incoscienza.
"Non volevate vedere la Stamberga Strillante di notte?" Domandò pungente Marcus Clint, davanti loro a fare da cicerone.
"Veramente, noi non volevamo vedere niente" Puntualizzò gentile Cendre, senza essere minimamente impaurita. Cendre non si lasciava spaventare da nulla.
"Già, sarebbe questo il mio regalo di compleanno?" Domandò con tono aspro Angelica, ostentando una calma invidiabile. Ora come ora, avrebbe solo voluto ritornarsene al sicuro al castello.
A parte loro tre e Marcus Clint, c'erano anche Regulus (trascinato a forza) e Jason Sullivan, un loro compagno di squadra; era un ragazzo alto e dal fisico allenato, i capelli biondo cenere erano raccolti in un basso codino. Aveva l'aria annoiata e vagamente addormentata.
"E non lamentarti! Non dovrebbe bastare il pensiero?" Ribattè Clint in tono divertito.
"Questo lo dicono solo gli ipocriti" Rispose pronta Angelica.
Marcus sbuffò e scosse la testa, spazientito.
"E' irritante, il fatto che tu abbia sempre la risposta pronta" Le Serpi erano solite dirsi le cose in faccia senza tanti preamboli; era uno dei motivi per i quali Angelica adorava quella Casata.
Angelica ghignò furba, nello stesso momento Clint fece una smorfia.
"Se ci scoprono ci espellono" Mormorò Regulus affianco alla longilinea figura di Cendre. Averla accanto di notte gli faceva uno strano effetto: il candore della sua pelle, i capelli rosso scuro e quella sua camminata danzante, la rendevano simile ad un fantasma fluttuante ed incorporeo.
"Non ci scopriranno, quindi non crucciarti troppo" Gli sussurrò dolcemente la rossa. Regulus sentì un leggero brivido sulla schiena; avrebbe preferito che non sussurrasse e che non fosse così strana; alle volte era inquietante.
Camminarono avvolti nella notte silenziosa. Alènoir si teneva vicina ai suoi compagni, cercando di combattere il terrore che aveva iniziato a tormentarla da quando si erano allontanati dal castello; non si sentiva affatto al sicuro lì, era stata una pessima idea uscire di notte...
La figura fatiscente della Stamberga Strillante si intravedeva in lontananza, ancora più tetra e triste di quanto non lo fosse di giorno. Alènoir andò nel panico più totale, e si fermò di botto, per nulla intenzionata a proseguire.
"Che ti prende?" Le aveva chiesto Sullivan, voltandosi verso di lei e fissandola sorpreso.
"Non mi pare una buona idea entrare in quella stupida casa a vedere degli stupidi fantasmi! Torniamo al castello e facciamola finita con questa pagliacciata" Ritrose in tono duro Alènoir, con il respiro leggermente affanato. I compagni si fermarono a guardarla, sorpresi da quella reazione.
"Dài, Aly, entriamo ed usciamo, faremo in fretta" Fece in tono gentile Clint, evitando accuratamente di schernirla; sembrava visibilmente spaventata da quella situazione e non voleva farla innervosire. Ma ciò non l'aiutò.
"Ho detto che mi rifiuto" Scandì la ragazza, con un tono più risoluto ed imperioso.
Clint la guardò per qualche istante, indeciso sul da farsi.
"Ma abbiamo fatto tutta questa strada..." Tentò, senza poter finire la frase.
Fu un improvviso e ben udibile crac ad attirare l'attenzione dei sei e mandarli in allarme. Alènoir sussultò, ed instintivamente si portò al fianco di Regulus. Il ragazzo strinse gli occhi, cercando di individuare la fonte del suono, ma senza riuscirci.
Dopo qualche istante di silenzio, Marcus parlò, seppur a bassa voce.
"Forse era un gatto..."
"Sicuramente" Aggiunse Jason, seppur con poca convinzione.
"Io voglio comunque tornare al castello" Borbottò Alènoir.
I tre che erano rimasti in silenzio (Regulus, Angelica e Cendre) si lanciarono degli sguardi eloquenti, e per sicurezza portarono le mani alle bacchette. Nessuno prestava più attenzione alla Stamberga, a parte Cendre, che la fissava in maniera intensa. Non vedeva molto, dato che era buio, ma le parve di scorgere una sorta di figura, qualcosa di lungo si muoveva attraverso i vetri della casa...
Fu un orribile ringhio che spaventò i sei, costringendoli a girarsi. Una grossa e scura figura era incurvata in una posa minacciosa non molto lontana da loro, emettendo ringhi aggressivi, i denti bianchi ed affillati ben in mostra.
Alènoir emise uno strillo ed indietreggiò.
"Lupo mannaro!" Gridò Sullivan in preda al panico. Cendre lo guardò storto, continuando a mostrare una calma snervante.
"Correte! Correte!" Urlò Regulus, captando un improvviso e rapido movimento della creatura, come se stesse per balzare su di loro.
Il gruppo iniziò a correre, nel panico più totale, e la paura fece loro dimenticare le bacchette. Corsero a perdifiato e con tutta la forza che avevano; la mostruosa creatura era alle lore calcagna e non sembrava intenzionata a lasciarli andare. Si infilarono in una stradina stretta e, se possibile, ancora più buia e tetra. Tutto quel chiasso fece svegliare gli abitanti di Hogsmeade, ma prima che potessero affacciarsi alle finestre, il gruppo era già sparito insieme alla creatura, inghiottiti nel fitto fogliame della Foresta Proibita.
Questo fece loro ancora più paura, dato che quella foresta non era propriamente accogliente: era abitata da creature spaventose e pericolose, ed i Centauri non erano di certo amici dei maghi.
Corsero per chissà ancora quanto, prima di accorgersi che quella creatura non c'era più.
"Dov'è...Finita?" Domandò Sullivan col fiato corto e la maglietta bagnata dal sudore.
"Non lo so e nemmeno mi interessa saperlo; basta che ce ne siamo liberati" Fu la risposta di Regulus, che si appoggiò al tronco di un albero, sfinito.
"E comunque, non era affatto un licantropo" Osservò Cendre leggermente stizzita. Incredibilmente, sembrava la meno stanca e spaventata di tutti, anzi, sembrava molto rilassata e si ergeva con fierezza in tutto il suo metro e settantacinque.
"Come fai a saperlo?" Si intromise Clint, rosso come un pomodoro in viso. Cendre lo guardò fredda.
"Lo so e basta"
Angelica ed Alènoir si lanciarono una breve occhiata. Alènoir scosse la folta chioma scura con aria infastidita e schifata. Stava sudando...Che orrore.
"Io ve l'avevo detto che non era una buona idea" Rimarcò con fare pedante, ma nessuno aveva voglia di ascoltarla.
"Accidenti, ma perchè non l'abbiamo schiantato?" Fece notare Angelica; si era piegata sulle ginocchia e cercava di respirare normalmente.
"Voi avete iniziato ad urlare come degli scemi!" Disse Clint.
"Senti chi parla! Ma se urlavi più tutti e con una voce da ragazzina!" Lo schernì Black con un ghigno.
"Vero! Io pensavo che fosse una delle ragazze, ed invece era lui!" Diede manforte Sullivan. Angelica e Cendre scoppiarono a ridere; Alènoir restò seria e per nulla divertita. Non era quello il momento di scherzare ma di tornare al castello. Il buonsenso sembrava aver abbondonato i cinque, ed Alènoir voleva farglielo notare, ma Clint rispose offeso e da lì iniziò un botta e risposta tra i ragazzi, mentre le due ragazze ridevano.
"Oh, ragazzi, basta!" Sbottò spazientita Alènoir. Ma non fece nemmeno in tempo a rimproverarli, che quella scura figura tornò all'attacco, sbucando fuori veloce come un fulmine. Ci furono altri strilli di panico, ed il gruppo si disperse. Regulus urlò agli altri di muoversi, e quella creatura si fiondò proprio su di lui. Il ragazzo riuscì a spostarsi ed evitare quel mostro per un pelo; Sullivan travolse Angelica facendola cadere dolorosamente a terra e si diede alla fuga, Clint scivolò e corse via pure lui, ma in una direzione diversa. Vedendo che quei due se ne erano andati per strade diverse, la creatura rivolse la sua attenzione ai quattro rimasti. Ma anche loro presero la stessa saggia decisione degli altri due: nel tumulto generale, ognuno scappò in direzioni diverse, dimenticandosi dei compagni, e soprattutto dimenticandosi di Angelica.
La Serpeverde si rialzò a fatica, quando Sullivan l'aveva stesa a terra si era fatta un male indicibile e credeva di avere qualcosa di rotto. Ma nonostante il dolore, cercò di correre in una direzione, zoppicando ed imprecando contro Clint, meditando vendetta atroce. Il mostro era sparito, forse inseguiva gli altri.
Ben gli stà Pensò stizzita ed offesa. Il dolore al piede sinistro si intensificò ed Angelica fu costretta a fermarsi e poggiarsi contro un albero. Si piegò e si massaggiò la caviglia, sentendola gonfia e sensibile. Doveva andare da Madama Chips per farsela curare, ma prima doveva trovare la strada per tornare al castello. Prese a guardarsi intorno, spaesata; le sembrava tutto uguale lì.
"Beh, un sentiero lo troverò..." Mormorò a sè stessa senza convinzione. Odiava stare da sola, soprattutto in quel momento, sperduta in quella macabra foresta senza aiuto. Per sicurezza tirò fuori la bacchetta, ed iniziò ad incamminarsi, ma fu un suono sommeso, animalesco e brutale a terrorizzare la ragazza. Sentì il cuore caderle nello stomaco, restando lì immobile come una stupida; non aveva il coraggio di voltarsi, e sinceramente non le pareva una buona idea. Sentì la creatura muoversi di lei, e dopo qualche secondo si mosse anche Angelica. In maniera scordinata e goffa prese la rincorsa, ma inciampò nella radice di un albero e fece un ruzzolone degno di nota. Angelica non poteva vederlo, ma sul muso della bestia era apparso una specie di ghigno divertito.
La bacchetta della ragazza era finita chissà dove, e la creatura avanzò con un grande balzo. Angelica si rannicchiò contro un albero, nascondendo il viso con le braccia, tremando come una foglia e sperando che quel mostro la uccidesse in fretta. Ma l'unica cosa che sentì fu uno sbuffo di aria calda e qualcosa di umido e grande toccarle il braccio. Lei non si mosse, e quella cosa umidiccia glielo toccò nuovamente, questa volta alzandoglielo leggermente. Angelica sentì il cuore sprofondare, ma non sentiva più ringhiare, solo un respiro ritmato e tranquillo. Angelica si fece forza e sbirciò attraverso il braccio. Sbattè un paio di volte le palpebre, pensando di avere un'allucinazione. Sembrava...Era solo...Un cane! Angelica lo guardò sorpresa, mentre lui teneva in bocca la sua bacchetta come se fosse un bastoncino da riporto. Era un grosso cagnolone simile ad un orso dal pelo nero ed arruffato. Il cane le stava porgendo la bacchetta, e la ragazza la prese esitante. La ripulì dalla saliva canina con l'orlo della gonna.
"Sei solo un cane" Osservò poi Angelica, continuando a guardarlo come se non ci credesse. Alla faccia del licantropo! Era solo un cane, si erano lasciati spaventare da un cane!
"Non sei poi così bruttino" Disse Angelica, in un moto di sicurezza. Si rialzò in piedi, senza notare lo sguardo offeso del cane; mentre si rialzava, quasi non cadeva di nuovo giù. Si appoggiò all'albero, e si sorprese, quando vide il cane accanto a lei, come se volesse sorreggerla. Angelica pensò d'averlo immaginato.
"Beh, cagnolino, grazie per lo spavento, ma io adesso devo andare prima che qualcuno mi falci" Angelica mosse un passo ed a stento trattenne una smorfia di dolore, ma continuò a camminare per tornare al castello, ma il cane le si mise davanti iniziando ad abbaiare.
"Zitto, o sveglierai anche gli alberi! Che vuoi da me?" Disse allarmata Angelica. Il cane andò dalla parte opposta e prese ad agitarsi senza motivo.
"Sì, va bene, ciao" Sbuffò la ragazza, ignorandolo e continuando per la sua strada. Ma quello non demordeva. Intralciò nuovamente il suo cammino, adesso visibilmente arrabbiato. Angelica perse la pazienza.
"Lasciami in pace!" Stava per passargli accanto, quando l'afferrò con forza per la gonna iniziando a tirare. Angelica lo sgridò, ordinandogli di lasciare la sua gonna.
"Che accidenti vuoi da me, cagnaccio!"
Il cane la lasciò, indicandole con il capo l'altro sentiero. Lei lo guardò per qualche secondo.
"Da quella parte? Perchè?" Forse voleva che andasse da quella parte piuttosto che prendere quell'altra strada...Ma perchè?
Il cane si spazientì, e mettendosi dietro di lei iniziò a picchiarle il fondoschiena con il muso. Quasi non la fece cadere per l'ennesima volta.
"Và bene, và bene! Ho capito, facciamo come vuoi tu...Antipatico"
Così Angelica si ritrovò a seguire il cagnolone che scondinzolando allegro le faceva da cicerone attraverso un sentiero, per quanto possibile, ancora più tetro.
Stai seguendo un cane...Pensò E' assurdo
"Non hai un padrone?"
E ci parli pure Sbuffò, maledendo il dolore alla caviglia. Una volta tornata a scuola avrebbe dovuto andare in infermeria, non subito, ma il giorno dopo doveva andarci.
Il cane in risposta abbaiò, poi si voltò verso di lei e le si mise accanto. Angelica gli accarezzò la testa, e lui parve felice.
In breve, il cane la riportò al castello. Erano poco lontani dalla casetta di Hagrid e proprio davanti a loro si ergeva l'imponente struttura del castello di Hogwarts. Angelica era fuori di sè dalla gioia.
"Sono tornata a casa! Grazie, cagnolone!"
Afferrò il suo muso e gli baciò il naso; il cane starnutì.
"Sicuro di non avere un padrone?" Gli chiese, come se si aspettasse realmente una risposta. Quando lo guardò, il quadrupede le rivolgeva uno sguardo talmente strano ed intenso da sembrare quasi...
Umano
Si piegò sulle ginocchia e gli grattò le orecchie.
"No, non sei poi così bruttino"
Il cane avvicinò il muso al suo viso, soffiandole col naso simile ad un tartufo sui capelli.
"Potrei chiamarti Tartufo" Stava dicendo lei. Nello stesso momento, una voce familiare la chiamò.
"Angelica, accidenti a te! Che diavolo fai lì?!" Ringhiò Alènoir tutta scapigliata. Angelica si alzò e si voltò a guardarla.
"Niente! Parlavo col cane" Disse semplicemente. Alènoir la guardò come se fosse stupida.
"Quale cane?" Le domandò infastidita.
"Questo cane...Ma...Se ne è andato Tartufo!" Voltandosi, Angelica vide che del cane non c'era nemmeno l'ombra.
"Angy, muoviti prima che qualcuno ci scopra" La esortò Regulus. A quanto pare, lui, Alènoir e Cendre non erano tornati al castello senza di lei.
"Ma era qui!" Continuò lei.
"Va bene, andiamo" Alènoir alzò i tacchi e si diresse verso gli altri due. Angelica sembrava esserci rimasta male, ma alla fine seguì i suoi amici.
Regulus le riportò al castello dato che conosceva il passaggio segreto per entrarci, e durante il tragitto Angelica raccontò loro del cane.
"Un cane così grosso?" Domandò Regulus a bassa voce, mentre scivolavano silenziosi verso il dormitorio di Serpeverde.
"Sì, dico, era un cane! Mi ha pure riportato la bacchetta"
"Ma che carino" Commentò antipatica Alènoir. Erano finalmente arrivati alla sala comune di Serpeverde, deserta e con il fuoco spento ore fà.
"Bè, buonanotte ragazze, questa è stata una notte decisamente assurda" Commentò Regulus prima di congedarsi dalle ragazze. Anche le tre Serpi rientrarono al loro dormitorio, aprendo senza far rumore la porta della loro stanza ed aspettare ognuna il suo turno per andare in bagno.
Dopo essersi lavate, aver indossato il pigiama ed essersi infilate nel letto, le tre si scambiarono qualche parola sulla disavventura di quella notte prima di addormentarsi.
Angelica tirò la tenda di velluto verde smeraldo prima di addormentarsi.
"Angelica?" La chiamò la voce di Cendre in un sussurro.
"Che c'è?"
"Sai cosa ho visto oggi?"
"Ovvio che non lo so"
"La costellazione del Cane Maggiore"
"E allora"
"Nulla, penso solo che sia destino. Notte" Cinguettò serafica, per poi tacere, lasciando sconcertata Angelica, che si addormentò chiedendosi cosa avesse voluto dire con quelle parole.
  
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