Titolo:
Fuck Them And Fuck You Too
Beta: dylan_mx
Fandom: Originale
Rating: 16+
Avvertimenti: Language, criminalità,
accenni temi forti (prostituzione, droghe, abuso di alcol)
Note: Nata a causa di troppa musica hip-hop alle tre
del mattino :look: Il titolo della storia è un verso
(leggermente modificato) della canzone The Real Slim Shady - Eminem,
mentre il titolo del capitolo è preso da Bottle And A Gun -
Hollywood Undead.
Questa
fanfiction ha partecipato alla terza edizione del Big
Bang Italia.
Gifter:
m_bfly
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<3
1. The way you look at me, I can
tell that you're a freak
Jay
era convinto di non aver bevuto troppo – oh andiamo, nessuno
sarebbe
già spolpo dopo un paio di whiskey e tre coca e rum
– eppure era più che certo
di non aver mai avuto l’intenzione di ficcarsi in quel casino.
Ma
c’era dentro e, whiskey o no, doveva farci i conti.
<
Senti un po’, fottuto stronzetto!>
“No,
vecchio, non ho proprio voglia di sentirti!” pensò
prima di mollare
un gancio di destro dritto dritto sulla mandibola dell’idiota
che aveva di
fronte, un vecchio ubriacone irrecuperabile, un’ormai
ex-stella della mafia, un
pezzo grosso finito in miseria che passava le sue ultime ore a
tracannare
qualsiasi cosa avesse a tiro.
Il
rumore delle ossa che si rompevano nell’impatto aveva un
suono
nostalgico e il ragazzo si trovò a ricordare i pop-corn che
suo zio preparava
la domenica, pronti da mangiare seduti sul divano, davanti allo schermo
con la
partita.
Il
corpo del vecchiardo cadde al suolo con un tonfo sordo, sfracellando
nel percorso un paio di tavolini.
<
Allora, qualcuno ha qualcos’altro da dire?>
domandò ad alta voce
alla folla che lo osservava ammutolita.
Non
udendo alcuna risposta tornò al banco e si lasciò
cadere pesantemente
sullo sgabello.
<
Uno Screwdriver.> ordinò accendendosi una sigaretta
con qualche
difficoltà – ok, forse in fondo in fondo aveva
alzato un po’ troppo il gomito.
Fred
lo squadrò da dietro il banco con aria seccata, ma gli
allungò il
cocktail lo stesso.
Dopo
un attimo di esitazione però si sporse verso di lui,
approfittandone
per pulire un poco la superficie in legno.
<
Vedi di non causarmi troppi casini, ragazzo. Non tira
buon’aria e gli
sbirri sono ovunque: se attiri l’attenzione su di me e il mio
locale avrai di
che pentirtene.>
Jay
lo guardò scettico prima di bere un lungo sorso del drink.
<
Cos’è, mi lasci a secco, Fred?>
borbottò reprimendo a forza un
sorrisetto che, lo sapeva, gli sarebbe costato caro.
<
Sei in debito con me per almeno trenta dollari, Jay. Soldi che
attualmente non hai, quindi vedi di comportarti bene.>
replicò a bassa voce
il barista, le sopracciglia aggrottato e la bocca come
un’unica, dura linea.
Il
ragazzo non si azzardò a fiatare, ma attese che il barman
recuperasse
le distanze e gli desse le spalle per sbuffare seccato e alzargli il
dito
medio.
Non
c’era bisogno di ricordargli che era in debito, pareva che
ogni
dannatissimo abitante di quello stramaledetto quartiere avanzasse soldi
da
parte sua… e comunque non aveva certo intenzione di
danneggiare il locale,
aveva appena sedato una rissa!
Quel
vecchio era in cerca di guai, era evidente, e se l’avesse
lasciato
fare, come aveva pensato di fare inizialmente, probabilmente avrebbe
attaccato
briga con qualche tipaccio intento a giocare a poker, uno di quelli dal
coltello rapido: meglio svenuto sul pavimento che stecchito, no?
Fred avrebbe dovuto ringraziarlo in ginocchio per aver evitato una tale
catastrofe.
Sospirò
e si riconcentrò sul suo amato Screwdriver: in
realtà aveva una
gran voglia di menare le mani, ma tutti gli accaniti bevitori del posto
erano
dei babbioni con la dentiera, buoni solo a barare a carte e farsela
addosso.
Jay
si passò una mano sul volto: aveva bisogno di trovarsi un
lavoro e
ripagare i debiti, davvero.
Aspettava
solo che il lavoro gli saltasse addosso.
Se
credevano di batterlo nella cosiddetta “corsa
urbana” si sbagliavano
di grosso, essere di corporatura minuta aveva i suoi vantaggi e lui era
il
maestro delle fughe, con anni di esperienza alle spalle.
Così
quando il più vicino dei gorilla si lanciò contro
di lui per
acciuffarlo bastò una minima rotazione per schivarlo e poi
via, a schizzare più
veloce della luce fuori dal capannone, in mezzo alla strada.
Cercare
di seminarli per i vicoli era inutile, Cristo, poteva sentire il
loro fiato sul collo; la scelta fu rapida, la folla della via
principale era
l’opzione migliore.
Via,
un salto per superare un paio di borsoni abbandonati sul
marciapiede, nelle orecchie il rumore sordo dei propri passi
sull’asfalto.
<
Fermati subito, brutto figlio di puttana!>
“Se
hanno fiato da sprecare a parole correranno meno” fu
l’unico pensiero
che passò per la mente di Deuce mentre si faceva largo tra
la calca a suon di
spintoni; la gente lo guardava scandalizzata, lo insultava, ma appena
vedevano
quei bestioni che lo inseguivano, armi in pugno, si facevano subito da
parte o
urlavano.
Se qualcuno avesse chiamato la polizia non sarebbe stato un brutto
affare,
rifletté il ragazzo,
Uno
sparo risuonò nell’aria rintronandogli le orecchie.
“Merda.”
Pregò
che fosse solo per spaventare la folla e intimarle di spostarsi,
non perché in realtà volevano mirare a lui
– Dio, valeva cento volte di più da
vivo, chi diamine poteva essere così scemo da cercare di
ammazzarlo?
L’insegna
della metropolitana catturò la sua attenzione e un attimo
dopo
scendeva di corsa le scale, rischiando seriamente di inciampare e
rovinare a
terra; dalle grida alle sue spalle sapeva di avere ancora alle calcagna
quel
branco di bastardi.
Superò
i tornelli in
volata come quando giocava alla cavallina nel cortile di casa;
guadagnò qualche
metro in quel modo e ne approfittò per riprendere fiato.
Sbucò
sulla banchina
della metro, il segnale che il mezzo stava arrivando suonava assordante
nelle
sue orecchie; sentì ancora spari e decise di tentare il
tutto per tutto
buttandosi sulle rotaie; poteva sentirle tremare man mano che
quell’aggeggio
infernale si avvicinava.
Riuscì
a salire
sull’altro lato una manciata di secondi prima che la metro
gli passasse
accanto; le urla di rabbia dei suoi inseguitori lo confortarono e
tornò a
correre fino a girare l’angolo, poi rallentò il
passo mischiandosi tra la
folla.
Non
era certo di
essersene liberato, la cosa migliore era nascondersi per un
po’; si fiondò nei
bagni e si chiuse a chiave dentro un cesso, pregando che non venissero
a
controllarli uno per uno.
Udì
ancora un paio di
spari, qualche imprecazione troppo vicina al suo nascondiglio per i
suoi gusti
e poi più nulla; restò in attesa per qualche
minuto, poi azzardò a cacciare la
testa sopra la porta per dare un’occhiata.
Via
libera.
Sgattaiolò
fuori da
quel fetido rifugio e ficcandosi in mezzo ad un gruppo di turisti
tedeschi uscì
in strada; appena fu fuori tirò su il cappuccio e
puntò verso la strada meno
trafficata che trovò. Senza quei bestioni armati attorno si
sentiva molto più
tranquillo, ma girato l’angolo si bloccò di colpo:
erano lì, tutti e quattro, e
si guardavano attorno scrutando la folla.
Trattenne
il fiato,
non si erano accorti di lui, non ancora almeno: non se la sentiva di
rimettersi
a correre, era sfinito e quei tipi sembravano fatti di marmo, non una
goccia di
sudore, non un minimo di irregolarità nei loro respiri.
L’occhio
gli cadde
sull’insegna di un pub dall’aria sudicia, alla sua
destra e prima che gli altri
si voltassero verso di lui infilò la porta; lo accolse una
nuvola di fumo, un
gruppo di vecchi sdentati fumava sigari cubani giocando a poker al
tavolo
accanto all’ingresso.
Tossì,
gli occhi che
bruciavano, ma camminò in fretta verso il banco e prese
posto sul primo
sgabello che gli capitò a tiro.
<
Un Baileys.>
ordinò senza calarsi il cappuccio.
Un
attimo dopo un
tonfo sordo lo informò che i suoi inseguitori erano entrati
nel locale.
I
guai non finivano
mai quel giorno, a quanto pareva. Jay, tutto intento a scrutare il
volto del
nuovo arrivato da sotto il cappuccio, sollevò lo sguardo sui
quattro bestioni
apparsi sulla soglia.
Gli
ci volle un
secondo per accorgersi che avevano tutti le pistole alla mano: nulla di
buono,
questo era poco, ma sicuro. Probabilmente fu lo stesso pensiero di
Fred, perché
si irrigidì da dietro il banco mentre serviva
l’ordine al ragazzino appena
entrato e li guardò male.
<
Niente armi,
signori. Siamo gente pacifica, qui.> ordinò a voce
alta, scuro in volto come
non mai.
Jay
infilò una mano
in tasca, stringendo con fermezza il manico del suo coltellino
svizzero: a mali
estremi non si sarebbe certo fatto da parte. I quattro si guardarono
con aria
perplessa e ben poco intelligente, poi quello che doveva essere il capo
fece un
passo avanti.
<
Non abbiamo
cattive intenzioni, barista. Stiamo solo cercando una puttanella
dispersa.>
e a quel commento i suoi tre compagni scoppiarono a ridere.
Jay
poteva giurare di
aver visto il ragazzino vicino a lui tremare.
Sobbalzò
quando vide
il gorilla avvicinarsi al banco e spingere sulla superficie una foto un
po’
sbiadita.
<
L’avete visto
per caso?>
Non
era difficile
vedere in quel ragazzino dai lunghi capelli neri e gli occhi blu il
giovane che
stava bevendo il suo Baileys nel tentativo di sembrare più
naturale possibile;
Jay intercettò il suo sguardo e si morse il labbro.
Aveva
paura, era
evidente, ma c’era qualcosa nei suoi occhi che non credeva di
poter vedere:
sfida.
Era
come se, in fin
dei conti, fosse certo che se la sarebbe cavata in un modo o
nell’altro e
questo aveva dello straordinario.
Jay
si lasciò andare
ad un mezzo sorrisetto e si sporse verso la foto.
<
Mai visto.>
Fred
annuì a sua
volta.
<
Non è mai
entrato nel mio locale, ve lo posso assicurare.>
I
gorilla non
sembrarono molto felici, ma il capo scrollò le spalle e ad
un suo cenno
uscirono dalla porta, com’erano entrati, le armi ancora in
pugno.
<
Mi devi un
favore, vecchio. E già che ci sei abbassa pure quel
cappuccio, non serve più a
nulla.>
Deuce
si guardò
attorno, ancora preoccupato di essere colto in fallo e di dover
lasciare il suo
amato Baileys a metà: il pub era tranquillo e la clientela
sembrava essersi già
dimenticata dell’irruzione di quegli omaccioni.
Si
sfilò il cappuccio
e senza rivolgere neanche un ringraziamento a Jay riprese a bere il suo
drink.
<
Bella
gratitudine, eh?> borbottò quello sporgendosi verso
il ragazzo, ma lui si
scostò un poco, desideroso di mantenere le giuste distanze.
<
Non ti ho mai
chiesto di aiutarmi.>
<
Bé, ma l’ho
fatto. Una così buona azione andrebbe ricompensata, non
credi?>
Lo
guardò sospettoso, come se non fosse poi così
sicuro delle sue buone
intenzioni.
<
Che vuoi da
me?>
<
Bé, potresti
ripianare i miei debiti con questo gentile signore, per
cominciare.>
ridacchiò Jay indicando con una mano il barista.
<
Poi sparirai una
buona volta dalla mia vista?> domandò dubbioso Deuce,
indeciso se ricambiare
il favore o mandare al diavolo quello strano tipo – che non
aveva l’aria di
essere molto sobrio da come le parole scivolavano fuori dalla sua bocca
– e
sparire dalla circolazione fino a che le acque non si fossero calmate.
<
Ma ceeerto! Poi
non mi vedrai mai più, piccolo, promesso.>
Dovette
sforzarsi di non picchiarlo per quello stupido appellativo.
<
Il mio nome è
Deuce.>
<
Jay, molto
piacere.>
<
A quanto ammonta
questo debito, comunque?>
<
Trenta
dollari.>
<
Quaranta – si
intromise Fred – dopo tutto quello che ti sei scolato
oggi.>
<
Ok,
quaranta.>
Il
ricercato lo fissò
ad occhi spalancati.
<
Non li ho quei
soldi.>
<
Oh, andiamo! Con
tutti quegli uomini alle calcagna sono certo che non sei a
secco.>
<
Che stai
insinuando?>
Jay
si sporse in
avanti appoggiando i gomiti al banco e cominciò a spiegare
con aria
professionale.
<
In questa città
un tizio viene inseguito solo in due casi: o è rimasto a
secco e deve dei soldi
a qualcuno e quindi devono torturarlo un po’ per fargli tirar
fuori il gruzzolo
oppure ha fottuto il denaro a qualche pezzo grosso e quindi va punito.
Sinceramente credo che tu rientri nel secondo caso, o non avresti
ordinato un
costoso Baileys come copertura, ma qualcosa di decisamente
più economico se
avessi saputo di non avere soldi a disposizione. Allora, ho fatto
centro?>
Da
come Deuce
assottigliò le labbra Jay ebbe la certezza di aver colpito
nel segno.
<
Non ho i soldi
qua… ma posso farteli avere.>
<
E bravo il mio
ragazzo!>
Il
giovane ingollò
quel che restava del suo drink e fece un cenno mentre lasciava una
banconota
stropicciata sul bancone.
<
Devo fare una
telefonata, seguimi.>
L’altro
guardò con
sospetto il ragazzo che si stava allontanando lentamente.
<
Niente scherzi,
vero?>
<
Se non dovessero
più vederti qui al pub il barista saprà chi
cercare. Ormai mi ha visto e sa chi
sono, non posso sgarrare più di tanto, no? Signor
Ragionamenti Brillanti?>
Jay
non sembrava del
tutto convinto, ma Fred annuì leggermente facendogli capire
che ci avrebbe
pensato lui a trovargli una cassa al cimitero se fosse stato ingannato.
Sperando di non aver fatto l’errore più clamoroso
della sua vita diede le
spalle al banco e seguì docilmente Deuce.
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