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Autore: Nezu    09/12/2011    1 recensioni
Jay è un giovane costantemente attaccato alla bottiglia e alla ricerca di un impiego qualsiasi per tirar su soldi, Deuce è in fuga da tipi poco raccomandabili e ha bisogno di una mano per mettere a segno un buon colpo, Toad è un campagnolo giunto in città per fare soldi con facilità. I tre si troveranno a organizzare e portare a termine una rapina alla banca sotto il controllo della mafia locale, ma dovranno fare i conti con alcune complicazioni.
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Titolo: Fuck Them And Fuck You Too
Beta: [info]dylan_mx
Fandom: Originale
Rating: 16+
Avvertimenti: Language, criminalità, accenni temi forti (prostituzione, droghe, abuso di alcol)
Note: Nata a causa di troppa musica hip-hop alle tre del mattino :look: Il titolo della storia è un verso (leggermente modificato) della canzone The Real Slim Shady - Eminem, mentre il titolo del capitolo è preso da Bottle And A Gun - Hollywood Undead.

Questa fanfiction ha partecipato alla terza edizione del Big Bang Italia.

Gifter: [info]m_bfly
Link al gift: Gift <3

1. The way you look at me, I can tell that you're a freak

Jay era convinto di non aver bevuto troppo – oh andiamo, nessuno sarebbe già spolpo dopo un paio di whiskey e tre coca e rum – eppure era più che certo di non aver mai avuto l’intenzione di ficcarsi in quel casino.

Ma c’era dentro e, whiskey o no, doveva farci i conti.

< Senti un po’, fottuto stronzetto!>

“No, vecchio, non ho proprio voglia di sentirti!” pensò prima di mollare un gancio di destro dritto dritto sulla mandibola dell’idiota che aveva di fronte, un vecchio ubriacone irrecuperabile, un’ormai ex-stella della mafia, un pezzo grosso finito in miseria che passava le sue ultime ore a tracannare qualsiasi cosa avesse a tiro.

Il rumore delle ossa che si rompevano nell’impatto aveva un suono nostalgico e il ragazzo si trovò a ricordare i pop-corn che suo zio preparava la domenica, pronti da mangiare seduti sul divano, davanti allo schermo con la partita.

Il corpo del vecchiardo cadde al suolo con un tonfo sordo, sfracellando nel percorso un paio di tavolini.

< Allora, qualcuno ha qualcos’altro da dire?> domandò ad alta voce alla folla che lo osservava ammutolita.

Non udendo alcuna risposta tornò al banco e si lasciò cadere pesantemente sullo sgabello.

< Uno Screwdriver.> ordinò accendendosi una sigaretta con qualche difficoltà – ok, forse in fondo in fondo aveva alzato un po’ troppo il gomito.

Fred lo squadrò da dietro il banco con aria seccata, ma gli allungò il cocktail lo stesso.

Dopo un attimo di esitazione però si sporse verso di lui, approfittandone per pulire un poco la superficie in legno.

< Vedi di non causarmi troppi casini, ragazzo. Non tira buon’aria e gli sbirri sono ovunque: se attiri l’attenzione su di me e il mio locale avrai di che pentirtene.>

Jay lo guardò scettico prima di bere un lungo sorso del drink.

< Cos’è, mi lasci a secco, Fred?> borbottò reprimendo a forza un sorrisetto che, lo sapeva, gli sarebbe costato caro.

< Sei in debito con me per almeno trenta dollari, Jay. Soldi che attualmente non hai, quindi vedi di comportarti bene.> replicò a bassa voce il barista, le sopracciglia aggrottato e la bocca come un’unica, dura linea.

Il ragazzo non si azzardò a fiatare, ma attese che il barman recuperasse le distanze e gli desse le spalle per sbuffare seccato e alzargli il dito medio.

Non c’era bisogno di ricordargli che era in debito, pareva che ogni dannatissimo abitante di quello stramaledetto quartiere avanzasse soldi da parte sua… e comunque non aveva certo intenzione di danneggiare il locale, aveva appena sedato una rissa!

Quel vecchio era in cerca di guai, era evidente, e se l’avesse lasciato fare, come aveva pensato di fare inizialmente, probabilmente avrebbe attaccato briga con qualche tipaccio intento a giocare a poker, uno di quelli dal coltello rapido: meglio svenuto sul pavimento che stecchito, no?
Fred avrebbe dovuto ringraziarlo in ginocchio per aver evitato una tale catastrofe.

Sospirò e si riconcentrò sul suo amato Screwdriver: in realtà aveva una gran voglia di menare le mani, ma tutti gli accaniti bevitori del posto erano dei babbioni con la dentiera, buoni solo a barare a carte e farsela addosso.

Jay si passò una mano sul volto: aveva bisogno di trovarsi un lavoro e ripagare i debiti, davvero.

Aspettava solo che il lavoro gli saltasse addosso.

 

Se credevano di batterlo nella cosiddetta “corsa urbana” si sbagliavano di grosso, essere di corporatura minuta aveva i suoi vantaggi e lui era il maestro delle fughe, con anni di esperienza alle spalle.

Così quando il più vicino dei gorilla si lanciò contro di lui per acciuffarlo bastò una minima rotazione per schivarlo e poi via, a schizzare più veloce della luce fuori dal capannone, in mezzo alla strada.

Cercare di seminarli per i vicoli era inutile, Cristo, poteva sentire il loro fiato sul collo; la scelta fu rapida, la folla della via principale era l’opzione migliore.

Via, un salto per superare un paio di borsoni abbandonati sul marciapiede, nelle orecchie il rumore sordo dei propri passi sull’asfalto.

< Fermati subito, brutto figlio di puttana!>

“Se hanno fiato da sprecare a parole correranno meno” fu l’unico pensiero che passò per la mente di Deuce mentre si faceva largo tra la calca a suon di spintoni; la gente lo guardava scandalizzata, lo insultava, ma appena vedevano quei bestioni che lo inseguivano, armi in pugno, si facevano subito da parte o urlavano.
Se qualcuno avesse chiamato la polizia non sarebbe stato un brutto affare, rifletté il ragazzo,

Uno sparo risuonò nell’aria rintronandogli le orecchie.

“Merda.”

Pregò che fosse solo per spaventare la folla e intimarle di spostarsi, non perché in realtà volevano mirare a lui – Dio, valeva cento volte di più da vivo, chi diamine poteva essere così scemo da cercare di ammazzarlo?

L’insegna della metropolitana catturò la sua attenzione e un attimo dopo scendeva di corsa le scale, rischiando seriamente di inciampare e rovinare a terra; dalle grida alle sue spalle sapeva di avere ancora alle calcagna quel branco di bastardi.

Superò i tornelli in volata come quando giocava alla cavallina nel cortile di casa; guadagnò qualche metro in quel modo e ne approfittò per riprendere fiato.

Sbucò sulla banchina della metro, il segnale che il mezzo stava arrivando suonava assordante nelle sue orecchie; sentì ancora spari e decise di tentare il tutto per tutto buttandosi sulle rotaie; poteva sentirle tremare man mano che quell’aggeggio infernale si avvicinava.

Riuscì a salire sull’altro lato una manciata di secondi prima che la metro gli passasse accanto; le urla di rabbia dei suoi inseguitori lo confortarono e tornò a correre fino a girare l’angolo, poi rallentò il passo mischiandosi tra la folla.

Non era certo di essersene liberato, la cosa migliore era nascondersi per un po’; si fiondò nei bagni e si chiuse a chiave dentro un cesso, pregando che non venissero a controllarli uno per uno.

Udì ancora un paio di spari, qualche imprecazione troppo vicina al suo nascondiglio per i suoi gusti e poi più nulla; restò in attesa per qualche minuto, poi azzardò a cacciare la testa sopra la porta per dare un’occhiata.

Via libera.

Sgattaiolò fuori da quel fetido rifugio e ficcandosi in mezzo ad un gruppo di turisti tedeschi uscì in strada; appena fu fuori tirò su il cappuccio e puntò verso la strada meno trafficata che trovò. Senza quei bestioni armati attorno si sentiva molto più tranquillo, ma girato l’angolo si bloccò di colpo: erano lì, tutti e quattro, e si guardavano attorno scrutando la folla.

Trattenne il fiato, non si erano accorti di lui, non ancora almeno: non se la sentiva di rimettersi a correre, era sfinito e quei tipi sembravano fatti di marmo, non una goccia di sudore, non un minimo di irregolarità nei loro respiri.

L’occhio gli cadde sull’insegna di un pub dall’aria sudicia, alla sua destra e prima che gli altri si voltassero verso di lui infilò la porta; lo accolse una nuvola di fumo, un gruppo di vecchi sdentati fumava sigari cubani giocando a poker al tavolo accanto all’ingresso.

Tossì, gli occhi che bruciavano, ma camminò in fretta verso il banco e prese posto sul primo sgabello che gli capitò a tiro.

< Un Baileys.> ordinò senza calarsi il cappuccio.

Un attimo dopo un tonfo sordo lo informò che i suoi inseguitori erano entrati nel locale.

 

I guai non finivano mai quel giorno, a quanto pareva. Jay, tutto intento a scrutare il volto del nuovo arrivato da sotto il cappuccio, sollevò lo sguardo sui quattro bestioni apparsi sulla soglia.

Gli ci volle un secondo per accorgersi che avevano tutti le pistole alla mano: nulla di buono, questo era poco, ma sicuro. Probabilmente fu lo stesso pensiero di Fred, perché si irrigidì da dietro il banco mentre serviva l’ordine al ragazzino appena entrato e li guardò male.

< Niente armi, signori. Siamo gente pacifica, qui.> ordinò a voce alta, scuro in volto come non mai.

Jay infilò una mano in tasca, stringendo con fermezza il manico del suo coltellino svizzero: a mali estremi non si sarebbe certo fatto da parte. I quattro si guardarono con aria perplessa e ben poco intelligente, poi quello che doveva essere il capo fece un passo avanti.

< Non abbiamo cattive intenzioni, barista. Stiamo solo cercando una puttanella dispersa.> e a quel commento i suoi tre compagni scoppiarono a ridere.

Jay poteva giurare di aver visto il ragazzino vicino a lui tremare.

Sobbalzò quando vide il gorilla avvicinarsi al banco e spingere sulla superficie una foto un po’ sbiadita.

< L’avete visto per caso?>

Non era difficile vedere in quel ragazzino dai lunghi capelli neri e gli occhi blu il giovane che stava bevendo il suo Baileys nel tentativo di sembrare più naturale possibile; Jay intercettò il suo sguardo e si morse il labbro.

Aveva paura, era evidente, ma c’era qualcosa nei suoi occhi che non credeva di poter vedere: sfida.

Era come se, in fin dei conti, fosse certo che se la sarebbe cavata in un modo o nell’altro e questo aveva dello straordinario.

Jay si lasciò andare ad un mezzo sorrisetto e si sporse verso la foto.

< Mai visto.>

Fred annuì a sua volta.

< Non è mai entrato nel mio locale, ve lo posso assicurare.>

I gorilla non sembrarono molto felici, ma il capo scrollò le spalle e ad un suo cenno uscirono dalla porta, com’erano entrati, le armi ancora in pugno.

< Mi devi un favore, vecchio. E già che ci sei abbassa pure quel cappuccio, non serve più a nulla.>

Deuce si guardò attorno, ancora preoccupato di essere colto in fallo e di dover lasciare il suo amato Baileys a metà: il pub era tranquillo e la clientela sembrava essersi già dimenticata dell’irruzione di quegli omaccioni.

Si sfilò il cappuccio e senza rivolgere neanche un ringraziamento a Jay riprese a bere il suo drink.

< Bella gratitudine, eh?> borbottò quello sporgendosi verso il ragazzo, ma lui si scostò un poco, desideroso di mantenere le giuste distanze.

< Non ti ho mai chiesto di aiutarmi.>

< Bé, ma l’ho fatto. Una così buona azione andrebbe ricompensata, non credi?>

Lo guardò sospettoso, come se non fosse poi così sicuro delle sue buone intenzioni.

< Che vuoi da me?>

< Bé, potresti ripianare i miei debiti con questo gentile signore, per cominciare.> ridacchiò Jay indicando con una mano il barista.

< Poi sparirai una buona volta dalla mia vista?> domandò dubbioso Deuce, indeciso se ricambiare il favore o mandare al diavolo quello strano tipo – che non aveva l’aria di essere molto sobrio da come le parole scivolavano fuori dalla sua bocca – e sparire dalla circolazione fino a che le acque non si fossero calmate.

< Ma ceeerto! Poi non mi vedrai mai più, piccolo, promesso.>

Dovette sforzarsi di non picchiarlo per quello stupido appellativo.

< Il mio nome è Deuce.>

< Jay, molto piacere.>

< A quanto ammonta questo debito, comunque?>

< Trenta dollari.>

< Quaranta – si intromise Fred – dopo tutto quello che ti sei scolato oggi.>

< Ok, quaranta.>

Il ricercato lo fissò ad occhi spalancati.

< Non li ho quei soldi.>

< Oh, andiamo! Con tutti quegli uomini alle calcagna sono certo che non sei a secco.>

< Che stai insinuando?>

Jay si sporse in avanti appoggiando i gomiti al banco e cominciò a spiegare con aria professionale.

< In questa città un tizio viene inseguito solo in due casi: o è rimasto a secco e deve dei soldi a qualcuno e quindi devono torturarlo un po’ per fargli tirar fuori il gruzzolo oppure ha fottuto il denaro a qualche pezzo grosso e quindi va punito. Sinceramente credo che tu rientri nel secondo caso, o non avresti ordinato un costoso Baileys come copertura, ma qualcosa di decisamente più economico se avessi saputo di non avere soldi a disposizione. Allora, ho fatto centro?>

Da come Deuce assottigliò le labbra Jay ebbe la certezza di aver colpito nel segno.

< Non ho i soldi qua… ma posso farteli avere.>

< E bravo il mio ragazzo!>

Il giovane ingollò quel che restava del suo drink e fece un cenno mentre lasciava una banconota stropicciata sul bancone.

< Devo fare una telefonata, seguimi.>

L’altro guardò con sospetto il ragazzo che si stava allontanando lentamente.

< Niente scherzi, vero?>

< Se non dovessero più vederti qui al pub il barista saprà chi cercare. Ormai mi ha visto e sa chi sono, non posso sgarrare più di tanto, no? Signor Ragionamenti Brillanti?>

Jay non sembrava del tutto convinto, ma Fred annuì leggermente facendogli capire che ci avrebbe pensato lui a trovargli una cassa al cimitero se fosse stato ingannato. Sperando di non aver fatto l’errore più clamoroso della sua vita diede le spalle al banco e seguì docilmente Deuce.

   
 
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