13 capitolo
"No" sussurrò, più a sè stesso che ai
presenti in stanza.
"No, per favore" la voce si incrinò e
guardò Ziva.
"Mi dispiace tanto, Tony"
-... that you have always
had my back
Ziva, 7x02
"Non
ci credo" sussurrò Tony, guardando il soffitto della sua
stanza
d'ospedale. Aveva la voce sottile, gli occhi lucidi. Ziva lo sapeva e
nessuno meglio di lei poteva capire come si sentiva: braccato, senza
via d'uscita, perso... solo. Ci
era passata prima di lui e non una volta sola. Conosceva anche la
rabbia che stava per esplodere.
"I medici hanno detto che..." cominciò a dire, sentendo
Gibbs e
Shannon uscire dalla stanza. "Che non potrai più giocare a
basket" terminò.
Il viso di Tony si deformò, come se se fosse rotto in mille
pezzi e cominciò a piangere, silenziosamente, come aveva
sempre
fatto, anche il giorno della morte di sua madre. Sempre per non
infastidire nessuno. Piangeva, ma nessuna espressione sembrava avere il
suo viso. Le lacrime scorrevano libere, dolore liquido, che Ziva
sentì come se fosse il suo. Non se lo merita gridò
tra sè e sè, parlando con un Dio che forse non
c'era.
"Tony" gli sussurrò. "So come ti senti e..."
"No" urlò il ragazzo, non permettendole di prendergli la
mano.
Ziva sobbalzò. "Adesso ti faccio pena, non è
così!? Starai pensando che questo piccolo incidente di percorso non
è niente rispetto a tutti i tuoi guai!" alzò
maggiormente la voce.
"Io so..."
"No, non lo sai!" urlò ancora. "La mia vita è
finita, non
potrò andare all'Università senza borsa di
studio! Non
chiederò soldi a... quello lì. Mio padre. Per una
volta..." fece una smorfia sofferente e le lacrime aumentarono. "...
avrei voluto cavarmela da solo, costruire qualcosa da me, senza il suo
fottuto aiuto. Volevo... renderlo fiero di me" concluse in un fiato.
Ziva si morse le labbra ed ebbe un singhiozzo, ma cercò di
non farglielo notare.
"Ehi" lo costrinse a guardarla, afferrandolo per il mento. "Solo uno
stupido non sarebbe fiero di te. Sei un bravo ragazzo, vai bene a
scuola, sei stato un vero campione in campo. Tutti vogliono averti
accanto, Tony, domandati il perchè" le rispose stringendo la
mano nella sua.
"Non volevo urlarti addosso" tirò su col naso.
Ziva ridacchiò brevemente, accarezzandogli la fronte:
"Scherzi,
vero? Sono mesi che ti urlo addosso, era ora che tu ti vendicassi!" lo
fece ridere. "Non te ne andare" le sussurrò.
Le guance di Ziva si colorarono. "Assolutamente no"
Gibbs aveva ascoltato tutto, poggiato alla porta d'ospedale. Si era
preoccupato, in quanto vice preside, di avvisare il padre del ragazzo e
stava aspettando che arrivasse. Shannon era seduta su una sedia in
corridoio e lo guardava ogni tanto.
"Gli vuoi bene" sussurrò alla fine.
Jethro sorrise e lanciò uno sguardo stanco al pavimento:
"Si, gli voglio bene. E sono preoccupato per lui"
"Smettila di esserlo, allora" Shannon si alzò e gli
tirò
un buffetto sulla guancia. "C'è qualcuno che ti ha
sostituito"
gli mostrò la lingua.
"Ziva" rise Jethro. "Sta avendo più risultati di me"
"Noi donne abbiamo un sacco di assi nella manica"
"Me ne sono accorto" la guardò intensamente, poi, con
delicatezza, la baciò. Shannon ricambiò il bacio,
afferrandolo per la nuca, come per non lasciarlo andare.
"Era ora che te ne accorgessi"
"Sai cosa volevo fare, da bambino?" se ne uscì
improvvisamente Tony.
Ziva, stesa accanto a lui sul lettino d'ospedale, lo teneva stretto a
sè e, lei stessa, si sentiva protetta con la sua mano tra i
capelli e teneva la testa sul petto di Tony per assicurarsi che il
respiro e il battito del cuore fossero regolari; era come se fosse lei
quella bisognosa di certezze (che lui stesse bene), non il contrario.
Stare tra le braccia di Tony era una sensazione per lei completamente
nuova. Dal canto suo, il ragazzo aveva pensato che Ziva era stranamente
predisposta alle coccole: si era presa un gran bello spavento e non
rifletteva sulle sue azioni.
Ne devo assolutamente
approfittare ridacchiò tra sè e
sè, stringendola. "Cosa?"
Il ragazzo cominciò a ridere. "Il poliziotto!" lei si
unì alla sua risata.
"Ti ci vedo" aggiunse poi, alzando lievemente la testa. "Agente
Speciale DiNozzo" borbottò, provocando in lui un'altra
risatina.
"Perchè poi hai scelto la strada del basket, scusa?"
"Mio padre" sospirò Tony. "Diceva che avrei dovuto pensare a
qualcosa di più dignitoso"
"Cosa c'è di più dignitoso?"
"L'azienda di famiglia"
"Oh" Ziva fece una smorfia. "Capisco"
"Così ho abbandonato quell'idea e quando mi ha iscritto a
basket
per fare muscoli, ho scoperto di essere bravo. Non ho pensato ad altro
negli ultimi dieci anni. Vivevo e respiravo basket"
"Perchè ti piaceva..."
"Si. E anche perchè tutti mi dicevano che ero abbastanza
bravo
per ottenere una borsa di studio, così da staccarmi
finalmente
da papà e non permettergli più di controllarmi
con la
scusa dei soldi..." disse Tony.
E renderlo fiero di te pensò
Ziva tra sè e sè, ricordando la sfuriata di
prima. "Non parliamo di padri, il mio sfiora la tragedia"
Tony rise e la strinse a sè senza volerlo.
Evitare contatti
ravvicinati e intimi col bersaglio le regole di Eli David
erano tornate.
Ziva respirò il profumo di Tony e si sentì in
pace. Non
c'era il Mossad, non c'era suo padre. C'erano solo loro due.
"Saresti un bravo poliziotto. Comincia a valutare l'idea di riprendere
il tuo sogno di bambino" lo sentì alzare le spalle.
"Non lo so. Ora come ora..." sospirò. "Non riesco a pensare.
C'è solo una cosa che vorrei nel mio futuro, adesso"
arrossì, ma Ziva non lo vide.
"Cosa?"
"Bè..."
Qualcuno bussò ferocemente alla porta della camera e Ziva
quasi
cadde dal letto per lo spavento. "Apro io" commentò,
sistemandosi la maglietta e i capelli arruffati da Tony. Dietro la
porta, c'era un preoccupato uomo sulla quarantina, dall'aspetto
affascinante.
"Papà!"
Tony: ... you're
staying in town?
Tony Senior:
Thursday is Thanksgiving. I wanted to be with you.
9x10
"Junior!"
urlò, quasi buttando all'aria Ziva, per avvicinarsi a suo
figlio. "Come stai?"
Tony lo guardò alienato. "Sto bene, papà!"
bloccandogli le mani che lo tastavano dappertutto.
"Ho parlato con i medici! Sono pessimi, ti porto da un'altra parte,
sono sicuro che riprenderai a giocare" disse spiccio, invitandolo a
vestirsi.
"Papà, non riesco a camminare. E poi non posso tornare a
giocare. E' impossibile, almeno non nel girone professionale"
sussurrò.
Anthony DiNozzo sospirò e si lasciò cadere su una
sedia accanto a suo figlio. "Mi dispiace, Junior"
"Non fa niente, papà, troverò altro e..."
"No, no!" sventolò la mano. "Non per questo. Per non essere
venuto alla partita"
"Non vieni mai alle mie partite" sorrise tristemente Tony.
"Lo so. Ho sempre sbagliato con te, Junior. Mi dispiace, tanto" si
coprì gli occhi con una mano, mentre suo figlio lo guardava
sconvolto.
"Dai, papà! Sto bene!" rise.
"Mi sono spaventato, ok?!" gracchiò suo padre.
A quel punto, Ziva stava velocemente sgusciando verso la porta. "Dove
credi di andare, guanciotte
dolci?"
Si asciugò velocemente una lacrima che le era sfuggita e
guardò Tony. "Andavo a prendermi qualcosa!"
"Mi avevi promesso di restare" le indicò il letto,
invitandola a sedersi.
"Non mi sembra il caso" indicò col capo suo padre.
"Ziva" sussurrò suo padre. "La ragazzina con cui sei sempre
al telefono?"
"Non siamo sempre al telefono!" replicarono tutti e due
contemporaneamente.
"Oh, si che lo siete! La mia bolletta telefonica può
dimostrarlo" la squadrò ben bene. "Ehi, Junior!" sorrise a
suo
figlio. "E' la più carina che tu abbia mai avuto! Bravo
ragazzo!" gli diede imbarazzato una pacca sulla spalla - era ora di
fare il padre.
"No, papà, noi non stiamo insieme..." si grattò
la testa.
"Oh, ma che peccato!" Ziva, imbarazzata, cercava di guardare da
tutt'altra parte. "Sarebbe proprio una nuora carina!"
"Papà!" lo sgridò Tony, che stava lanciando
occhiate preoccupate a Ziva.
"Scusa, scusa! Dovrei dirti di usare precauzioni?" gli
sussurrò, preda di quell'atroce dubbio.
"Facciamo così" ringhiò suo figlio. "Per
cominciare a fare il padre, vai a parlare con i medici, eh?!"
"Si, forse hai ragione" annuì tra sè e
sè. "Mi raccomando, fate i bravi!"
Ziva ridacchiò e permise ad Anthony di baciarle
elegantemente
una mano. "Sarei lieto di vederti a casa nostra, uno di questi giorni!"
"Papààà!"
"Si, si, ho capito!" alzò le mani in segno di resa e
uscì dalla stanza.
"Mi piace" saltellò Ziva accanto a lui. "Non capisco cos'hai
da lamentarti, è simpatico"
"Si... lo è. Quando vuole" alzò gli occhi al
cielo.
"Era preoccupato per te. E tanto, Tony. Si vede che si sta impegnando
per essere un padre migliore. Almeno lui ci prova..."
sussurrò.
"Ehi, piccola ninja" la fece sedere sul letto vicino a sè.
"Sono io quello infortunato. Non ti voglio triste, intesi?"
"Intesi!"
"Devi accudirmi" le fece l'occhiolino.
"Ora te ne stai approfittando, però!"
"Grazie, professore" disse Anthony DiNozzo Senior a Jethro Gibbs, in
sala d'aspetto.
"Di niente. Mi scusi se l'ho offesa"
"Non lo dica neanche. Me la meritavo una bella lavata di capo"
Quando il signor DiNozzo aveva ricevuto quella telefonata, era a
lavoro. Il professor Gibbs l'aveva prima avvisato dell'incidente, poi,
una volta arrivato in ospedale, gli aveva chiarito un paio di cose di
suo figlio: su quanto si sentisse solo e carico di
responsabilità. Aveva capito che, molto spesso, Jethro si
era
sostituito al suo ruolo di padre e giurò a sè
stesso che
non sarebbe più successo.
"Sono felice che lei e suo figlio abbiate recuperato un rapporto"
sorrise Gibbs. "Se lo merita"
"Lo so. Sono io che non merito lui!" si strinsero la mano.
"Professore!" urlò qualcuno, piombando in sala d'aspetto.
Shannon rise, guardando i nuovi venuti e i due uomini si voltarono in
sincrono.
"Abby! Tim!" sobbalzò Gibbs. "Che ci fate qui?"
"Come sta Tony?" chiese preoccupato il ragazzo, mentre l'altra si
mangiucchiava le unghie.
"Sta bene" intervenne il signor DiNozzo. "Siete suoi amici?"
"Si, lo siamo! Possiamo vederlo?"
"Ultima stanza a destra" Anthony li fissò intensamente
mentre correvano a salutarlo.
"Ha tante persone che gli vogliono bene" commentò Gibbs. "E'
un
bravo ragazzo. Se solo si impegnasse in Storia, sarebbe perfetto"
ridacchiò.
"Devo andare" Ziva si stiracchiò e scese dal letto. Tony
seguì attento ogni sua mossa.
"Torni domani?"
"Si, che torno..."
"Mi porti una pizza?"
"Va bene!" gli lasciò un bacio sulla guancia. "Buonanotte,
culetto peloso!"
"Notte..." Tony sorrise, poi si ricordò. "Ehi... come fai a
sapere che il mio...?"
"Il camice, DiNozzo. Hai il camice!" rise Ziva.
Questo prova che mi ha
guardato il sedere. Punto per me!
Ziva tornò a casa e convinse suo padre a non prendere parte
alla
cena. Leni la guardò attenta mentre saliva le scale per
camera
sua.
"Cos'ha?" sussurrò Eli David alla sua domestica.
"Non lo so"
"E' strana, con me. Sembra che voglia evitarmi"
"Signor David, non per essere scortese, ma Ziva oramai ha trovato degli
amici. Sarà solo distratta da altro"
"Già, già. Leni, per favore" si alzò
da tavola.
"Chiama a Tel Aviv, nel mio ufficio. Devo parlare con Chaim, per la
missione a Parigi"
"Si, signore"
Chaim. Ziva,
seduta sugli
scalini, prese nota di quel nome. Non l'aveva mai sentito. Per evitare
di farsi scoprire, salì velocemente in camera sua e, dopo
essersi preparata per la notte, si infilò sotto le coperte.
Le
sembrava di sentire ancora l'odore di Tony.
Lui sta bene si
disse, per la presenza molesta di quel terrore che si era impossessato
di lei quando l'aveva visto cadere e perdere i sensi.
Lui sta bene. Sta bene.
Lui sta bene... ma per quanto ancora? Non
conosceva Ray Cruz, ma sapeva che sarebbe stato capace di tutto. La sua
presenza non faceva che metterlo in pericolo, altro che infortuni
sportivi!
Dovrei allontanarmi...
ma non ci riesco. Ci
aveva già provato ed era stato un buco nell'acqua, se non
peggio. Tony non le avrebbe permesso di andare via da lui, ne era
certa, a costo di tampinarla per giorni.
Sorrise, nel buio.
Maia says:
Chiamatemi idiota,
ma mi sono un
pò commossa nello scrivere questo capitolo tutto
Tony-Centrico
:') ah! Ennesimo avvicinamento tra i due. Stanno facendo passi avanti,
no? :D Per quanto riguarda il nostro Senior... non ne combina una
giusta con Tony, ma a me fa tenerezza. Con i capitoli che esguiranno,
vedrete che lui sbaglierà di nuovo. Forse
rimedierà :)
Fatemi sapere :)
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