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Autore: cheekbones    20/12/2011    7 recensioni
"Anche tu mi sei mancato" si guardarono complici, per poi abbracciarsi.
"Ehi, ehi, ehi, McGuardone, le mani a posto!" si irritò Tony, facendoli separare.
"Per favore, evita" Ziva incrociò le braccia al petto e lo guardò male. "Ho sempre la mia pisto..."
Tony, divertito, alzò le braccia in segno di resa. "Bene, dobbiamo raccontarti un sacco di cose!" si illuminò McGee, prendendola per mano. Abby le afferrò l'altra: "Oh, si, proprio tante!" la trascinarono lungo il corridoio, mentre l'israeliana guardava implorante Tony.
Quest'ultimo ridacchiò e scosse la testa, mimando con le labbra pistola. Ziva gli mostrò la lingua.
Nonostante fosse accerchiata dai due amici, la ragazza notò subito il professor Gibbs che, caffè in mano, veniva verso di loro. Si fermò di poco, in tempo per poterle tirare un sonoro scappellotto.
"Hai studiato, David?" Bentornata, Ziva.
"Si, prof!" Grazie, Gibbs.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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13 capitolo
"No" sussurrò, più a sè stesso che ai presenti in stanza.
"No, per favore" la voce si incrinò e guardò Ziva.
"Mi dispiace tanto, Tony"


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-... that you have always had my back

Ziva, 7x02


"Non ci credo" sussurrò Tony, guardando il soffitto della sua stanza d'ospedale. Aveva la voce sottile, gli occhi lucidi. Ziva lo sapeva e nessuno meglio di lei poteva capire come si sentiva: braccato, senza via d'uscita, perso... solo. Ci era passata prima di lui e non una volta sola. Conosceva anche la rabbia che stava per esplodere.
"I medici hanno detto che..." cominciò a dire, sentendo Gibbs e Shannon uscire dalla stanza. "Che non potrai più giocare a basket" terminò.
Il viso di Tony si deformò, come se se fosse rotto in mille pezzi e cominciò a piangere, silenziosamente, come aveva sempre fatto, anche il giorno della morte di sua madre. Sempre per non infastidire nessuno. Piangeva, ma nessuna espressione sembrava avere il suo viso. Le lacrime scorrevano libere, dolore liquido, che Ziva sentì come se fosse il suo. Non se lo merita gridò tra sè e sè, parlando con un Dio che forse non c'era.
"Tony" gli sussurrò. "So come ti senti e..."
"No" urlò il ragazzo, non permettendole di prendergli la mano. Ziva sobbalzò. "Adesso ti faccio pena, non è così!? Starai pensando che questo piccolo incidente di percorso non è niente rispetto a tutti i tuoi guai!" alzò maggiormente la voce.
"Io so..."
"No, non lo sai!" urlò ancora. "La mia vita è finita, non potrò andare all'Università senza borsa di studio! Non chiederò soldi a... quello lì. Mio padre. Per una volta..." fece una smorfia sofferente e le lacrime aumentarono. "... avrei voluto cavarmela da solo, costruire qualcosa da me, senza il suo fottuto aiuto. Volevo... renderlo fiero di me" concluse in un fiato.
Ziva si morse le labbra ed ebbe un singhiozzo, ma cercò di non farglielo notare.
"Ehi" lo costrinse a guardarla, afferrandolo per il mento. "Solo uno stupido non sarebbe fiero di te. Sei un bravo ragazzo, vai bene a scuola, sei stato un vero campione in campo. Tutti vogliono averti accanto, Tony, domandati il perchè" le rispose stringendo la mano nella sua.
"Non volevo urlarti addosso" tirò su col naso.
Ziva ridacchiò brevemente, accarezzandogli la fronte: "Scherzi, vero? Sono mesi che ti urlo addosso, era ora che tu ti vendicassi!" lo fece ridere. "Non te ne andare" le sussurrò.
Le guance di Ziva si colorarono. "Assolutamente no"

Gibbs aveva ascoltato tutto, poggiato alla porta d'ospedale. Si era preoccupato, in quanto vice preside, di avvisare il padre del ragazzo e stava aspettando che arrivasse. Shannon era seduta su una sedia in corridoio e lo guardava ogni tanto.
"Gli vuoi bene" sussurrò alla fine.
Jethro sorrise e lanciò uno sguardo stanco al pavimento: "Si, gli voglio bene. E sono preoccupato per lui"
"Smettila di esserlo, allora" Shannon si alzò e gli tirò un buffetto sulla guancia. "C'è qualcuno che ti ha sostituito" gli mostrò la lingua.
"Ziva" rise Jethro. "Sta avendo più risultati di me"
"Noi donne abbiamo un sacco di assi nella manica"
"Me ne sono accorto" la guardò intensamente, poi, con delicatezza, la baciò. Shannon ricambiò il bacio, afferrandolo per la nuca, come per non lasciarlo andare.
"Era ora che te ne accorgessi"

"Sai cosa volevo fare, da bambino?" se ne uscì improvvisamente Tony.
Ziva, stesa accanto a lui sul lettino d'ospedale, lo teneva stretto a sè e, lei stessa, si sentiva protetta con la sua mano tra i capelli e teneva la testa sul petto di Tony per assicurarsi che il respiro e il battito del cuore fossero regolari; era come se fosse lei quella bisognosa di certezze (che lui stesse bene), non il contrario. Stare tra le braccia di Tony era una sensazione per lei completamente nuova. Dal canto suo, il ragazzo aveva pensato che Ziva era stranamente predisposta alle coccole: si era presa un gran bello spavento e non rifletteva sulle sue azioni.
Ne devo assolutamente approfittare ridacchiò tra sè e sè, stringendola. "Cosa?"
Il ragazzo cominciò a ridere. "Il poliziotto!" lei si unì alla sua risata.
"Ti ci vedo" aggiunse poi, alzando lievemente la testa. "Agente Speciale DiNozzo" borbottò, provocando in lui un'altra risatina. "Perchè poi hai scelto la strada del basket, scusa?"
"Mio padre" sospirò Tony. "Diceva che avrei dovuto pensare a qualcosa di più dignitoso"
"Cosa c'è di più dignitoso?"
"L'azienda di famiglia"
"Oh" Ziva fece una smorfia. "Capisco"
"Così ho abbandonato quell'idea e quando mi ha iscritto a basket per fare muscoli, ho scoperto di essere bravo. Non ho pensato ad altro negli ultimi dieci anni. Vivevo e respiravo basket"
"Perchè ti piaceva..."
"Si. E anche perchè tutti mi dicevano che ero abbastanza bravo per ottenere una borsa di studio, così da staccarmi finalmente da papà e non permettergli più di controllarmi con la scusa dei soldi..." disse Tony.
E renderlo fiero di te pensò Ziva tra sè e sè, ricordando la sfuriata di prima. "Non parliamo di padri, il mio sfiora la tragedia"
Tony rise e la strinse a sè senza volerlo.
Evitare contatti ravvicinati e intimi col bersaglio le regole di Eli David erano tornate.
Ziva respirò il profumo di Tony e si sentì in pace. Non c'era il Mossad, non c'era suo padre. C'erano solo loro due.
"Saresti un bravo poliziotto. Comincia a valutare l'idea di riprendere il tuo sogno di bambino" lo sentì alzare le spalle.
"Non lo so. Ora come ora..." sospirò. "Non riesco a pensare. C'è solo una cosa che vorrei nel mio futuro, adesso" arrossì, ma Ziva non lo vide.
"Cosa?"
"Bè..."
Qualcuno bussò ferocemente alla porta della camera e Ziva quasi cadde dal letto per lo spavento. "Apro io" commentò, sistemandosi la maglietta e i capelli arruffati da Tony. Dietro la porta, c'era un preoccupato uomo sulla quarantina, dall'aspetto affascinante.
"Papà!"

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Tony: ... you're staying in town?
Tony Senior: Thursday is Thanksgiving. I wanted to be with you.

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"Junior!" urlò, quasi buttando all'aria Ziva, per avvicinarsi a suo figlio. "Come stai?"
Tony lo guardò alienato. "Sto bene, papà!" bloccandogli le mani che lo tastavano dappertutto.
"Ho parlato con i medici! Sono pessimi, ti porto da un'altra parte, sono sicuro che riprenderai a giocare" disse spiccio, invitandolo a vestirsi.
"Papà, non riesco a camminare. E poi non posso tornare a giocare. E' impossibile, almeno non nel girone professionale" sussurrò.
Anthony DiNozzo sospirò e si lasciò cadere su una sedia accanto a suo figlio. "Mi dispiace, Junior"
"Non fa niente, papà, troverò altro e..."
"No, no!" sventolò la mano. "Non per questo. Per non essere venuto alla partita"
"Non vieni mai alle mie partite" sorrise tristemente Tony.
"Lo so. Ho sempre sbagliato con te, Junior. Mi dispiace, tanto" si coprì gli occhi con una mano, mentre suo figlio lo guardava sconvolto.
"Dai, papà! Sto bene!" rise.
"Mi sono spaventato, ok?!" gracchiò suo padre.
A quel punto, Ziva stava velocemente sgusciando verso la porta. "Dove credi di andare, guanciotte dolci?"
Si asciugò velocemente una lacrima che le era sfuggita e guardò Tony. "Andavo a prendermi qualcosa!"
"Mi avevi promesso di restare" le indicò il letto, invitandola a sedersi.
"Non mi sembra il caso" indicò col capo suo padre.
"Ziva" sussurrò suo padre. "La ragazzina con cui sei sempre al telefono?"
"Non siamo sempre al telefono!" replicarono tutti e due contemporaneamente.
"Oh, si che lo siete! La mia bolletta telefonica può dimostrarlo" la squadrò ben bene. "Ehi, Junior!" sorrise a suo figlio. "E' la più carina che tu abbia mai avuto! Bravo ragazzo!" gli diede imbarazzato una pacca sulla spalla - era ora di fare il padre.
"No, papà, noi non stiamo insieme..." si grattò la testa.
"Oh, ma che peccato!" Ziva, imbarazzata, cercava di guardare da tutt'altra parte. "Sarebbe proprio una nuora carina!"
"Papà!" lo sgridò Tony, che stava lanciando occhiate preoccupate a Ziva.
"Scusa, scusa! Dovrei dirti di usare precauzioni?" gli sussurrò, preda di quell'atroce dubbio.
"Facciamo così" ringhiò suo figlio. "Per cominciare a fare il padre, vai a parlare con i medici, eh?!"
"Si, forse hai ragione" annuì tra sè e sè. "Mi raccomando, fate i bravi!"
Ziva ridacchiò e permise ad Anthony di baciarle elegantemente una mano. "Sarei lieto di vederti a casa nostra, uno di questi giorni!"
"Papààà!"
"Si, si, ho capito!" alzò le mani in segno di resa e uscì dalla stanza.
"Mi piace" saltellò Ziva accanto a lui. "Non capisco cos'hai da lamentarti, è simpatico"
"Si... lo è. Quando vuole" alzò gli occhi al cielo.
"Era preoccupato per te. E tanto, Tony. Si vede che si sta impegnando per essere un padre migliore. Almeno lui ci prova..." sussurrò.
"Ehi, piccola ninja" la fece sedere sul letto vicino a sè. "Sono io quello infortunato. Non ti voglio triste, intesi?"
"Intesi!"
"Devi accudirmi" le fece l'occhiolino.
"Ora te ne stai approfittando, però!"

"Grazie, professore" disse Anthony DiNozzo Senior a Jethro Gibbs, in sala d'aspetto.
"Di niente. Mi scusi se l'ho offesa"
"Non lo dica neanche. Me la meritavo una bella lavata di capo"
Quando il signor DiNozzo aveva ricevuto quella telefonata, era a lavoro. Il professor Gibbs l'aveva prima avvisato dell'incidente, poi, una volta arrivato in ospedale, gli aveva chiarito un paio di cose di suo figlio: su quanto si sentisse solo e carico di responsabilità. Aveva capito che, molto spesso, Jethro si era sostituito al suo ruolo di padre e giurò a sè stesso che non sarebbe più successo.
"Sono felice che lei e suo figlio abbiate recuperato un rapporto" sorrise Gibbs. "Se lo merita"
"Lo so. Sono io che non merito lui!" si strinsero la mano.
"Professore!" urlò qualcuno, piombando in sala d'aspetto. Shannon rise, guardando i nuovi venuti e i due uomini si voltarono in sincrono.
"Abby! Tim!" sobbalzò Gibbs. "Che ci fate qui?"
"Come sta Tony?" chiese preoccupato il ragazzo, mentre l'altra si mangiucchiava le unghie.
"Sta bene" intervenne il signor DiNozzo. "Siete suoi amici?"
"Si, lo siamo! Possiamo vederlo?"
"Ultima stanza a destra" Anthony li fissò intensamente mentre correvano a salutarlo.
"Ha tante persone che gli vogliono bene" commentò Gibbs. "E' un bravo ragazzo. Se solo si impegnasse in Storia, sarebbe perfetto" ridacchiò.

"Devo andare" Ziva si stiracchiò e scese dal letto. Tony seguì attento ogni sua mossa.
"Torni domani?"
"Si, che torno..."
"Mi porti una pizza?"
"Va bene!" gli lasciò un bacio sulla guancia. "Buonanotte, culetto peloso!"
"Notte..." Tony sorrise, poi si ricordò. "Ehi... come fai a sapere che il mio...?"
"Il camice, DiNozzo. Hai il camice!" rise Ziva.
Questo prova che mi ha guardato il sedere. Punto per me!


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Ziva tornò a casa e convinse suo padre a non prendere parte alla cena. Leni la guardò attenta mentre saliva le scale per camera sua.
"Cos'ha?" sussurrò Eli David alla sua domestica.
"Non lo so"
"E' strana, con me. Sembra che voglia evitarmi"
"Signor David, non per essere scortese, ma Ziva oramai ha trovato degli amici. Sarà solo distratta da altro"
"Già, già. Leni, per favore" si alzò da tavola. "Chiama a Tel Aviv, nel mio ufficio. Devo parlare con Chaim, per la missione a Parigi"
"Si, signore"
Chaim. Ziva, seduta sugli scalini, prese nota di quel nome. Non l'aveva mai sentito. Per evitare di farsi scoprire, salì velocemente in camera sua e, dopo essersi preparata per la notte, si infilò sotto le coperte. Le sembrava di sentire ancora l'odore di Tony.
Lui sta bene si disse, per la presenza molesta di quel terrore che si era impossessato di lei quando l'aveva visto cadere e perdere i sensi.
Lui sta bene. Sta bene. Lui sta bene... ma per quanto ancora? Non conosceva Ray Cruz, ma sapeva che sarebbe stato capace di tutto. La sua presenza non faceva che metterlo in pericolo, altro che infortuni sportivi!
Dovrei allontanarmi... ma non ci riesco. Ci aveva già provato ed era stato un buco nell'acqua, se non peggio. Tony non le avrebbe permesso di andare via da lui, ne era certa, a costo di tampinarla per giorni.
Sorrise, nel buio.





















Maia says:

Chiamatemi idiota, ma mi sono un pò commossa nello scrivere questo capitolo tutto Tony-Centrico :') ah! Ennesimo avvicinamento tra i due. Stanno facendo passi avanti, no? :D Per quanto riguarda il nostro Senior... non ne combina una giusta con Tony, ma a me fa tenerezza. Con i capitoli che esguiranno, vedrete che lui sbaglierà di nuovo. Forse rimedierà :)

Fatemi sapere :)

  
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