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Concepito come spin-off natalizio di
Wings of an
Angel, post-fic-finale. Tanti auguri a tutti!
Have Yourself a Merry Little Christmas
Dean rigirò fra le
dita il piccolo pacchetto, avvolto in semplice carta da giornale, ancora una
volta, prima di poggiarlo insieme agli altri due sotto allo striminzito
alberello sintetico che faceva bella mostra di sé in un angolo particolarmente
polveroso del soggiorno di Bobby. Era uno di quegli alberi da scapoli, che si
compravano già montati e completi di quei quattro tristissimi addobbi, che
sarebbero serviti giusto a distinguerlo da un comune minuscolo e sofferente
abete, e a cui Bobby aveva aggiunto un filo di lampadine colorate che sembravano
non vedere la luce del sole da almeno vent’anni.
Il cacciatore era
quasi sicuro che Bobby non avesse mai fatto un albero di Natale da quando era
morta sua moglie, e aveva qualche dubbio che ne avesse mai addobbato uno anche
prima, ma a quanto pare il suo vecchio ubriacone preferito era disposto perfino
a rispolverare una parvenza di spirito natalizio, per fargli dimenticare di
essere di nuovo solo il 24 dicembre. Ascoltò il rumore di bicchieri e carta
appallottolata che proveniva dalla cucina, e si ritrovò a sorridere suo
malgrado: quando aveva chiuso la strana conversazione telefonica che aveva avuto
con Bobby un paio di giorni prima, era stato sicuro di avere diretto il muso
dell’Impala verso Sioux Falls per fare un favore ad un vecchio brontolone, che
non avrebbe mai ammesso di non avere voglia di trascorrere il Natale da solo.
Ora, mentre dirigeva lo sguardo ancora una volta verso il terzo pacchetto che
aveva depositato sotto l’albero, non era più tanto sicuro di chi fosse ad avere
paura della solitudine.
Non ricordava
l’ultima volta che aveva trascorso il Natale senza Sam.
Questo comprendeva
anche il Natale dell’anno prima, visto che lo aveva passato chiuso in una camera
d’albergo, con la sola compagnia di una bottiglia di scotch e del
chiacchiericcio senza senso della tv, abbastanza sbronzo da non rammentare
nemmeno il proprio nome. Ma quest’anno era diverso, e non solo perché aveva
deciso di non sfidare la minaccia di Bobby di “venire personalmente a prendere a
calci quel suo culo natalizio”, ma anche perché da qualche parte, lassù fra
quelle nuvole bianche cariche di neve, c’era un angelo che era solo suo. L’unico
problema era che il suddetto angelo era troppo impegnato a fare lo sceriffo in
Paradiso per trascorrere le feste trangugiando zabaione come un comune mortale.
Dean si strinse nelle spalle: in fondo, il Natale era solo un giorno come un
altro.
“Arriverà”
borbottò la voce burbera di Bobby dietro le sue spalle, mentre gli tendeva un
bicchiere di denso liquido giallo, che poteva essere solo zabaione.
“Non credo. Magari
a Natale gli angeli hanno ancora più lavoro… in fondo è come se organizzassero
loro la festa, no?” rispose il cacciatore, prendendo il bicchiere con un cenno
di ringraziamento.
“Sì, certo… me lo
vedo proprio un bel putto in trench che regge la stella cometa sopra la capanna
di qualche presepe vivente” commentò sarcastico Bobby, prima di prendere un
grosso sorso dal proprio bicchiere “Idiota”.
Dean quasi affogò
nel suo zabaione mentre un’immagine tanto esilarante quando comicamente sexy gli
attraversava la mente in un lampo. “Non… non…” sputacchiò mentre cercava di
riprendersi, ma l’amico lo interruppe con una sonora pacca sulle spalle che gli
liberò d’un tratto le vie respiratorie.
“Respira campione,
non voglio sapere cosa ha attraversato quella tua testa bacata” lo redarguì con
una nuova pacca, tanto vigorosa quanto inutile, che mozzò nuovamente il respiro
al ragazzo “Allora, bimbo, vuoi aprire i regali prima o dopo cena?” gli domandò
quindi, lanciando una strana occhiata ai tre pacchetti che aveva disposto
accanto a quelli già predisposti da lui sotto l’albero. Solo quando vide gli
occhi verdi del ragazzo rabbuiarsi in un attimo, proseguì senza lasciarlo
parlare e dirigendosi verso la cucina “Puoi stare alzato fino a tardi a guardare
La vita è meravigliosa se vuoi, ma non ti aspettare che mi vesta come un
deficiente in rosso e faccia oh oh oh mentre ti tengo sulle ginocchia”
Mentre la voce
roca di Bobby scemava, attutita dai muri di legno della cucina, Dean scollò gli
occhi dal maledetto pacchetto, e lanciò un’occhiata furtiva al primo fiocco di
neve che cadeva oltre i vetri delle finestre, prima di portarsi di nuovo il
bicchiere alla bocca e seguire il vecchio cacciatore nell’altra stanza.
~~~
La casa era
silenziosa e fredda, esattamente come il mondo oltre le finestre, incorniciate
da gelo e neve, quando spense la tv e riprese tra le mani il suo piccolo
pacchetto rettangolare. Bobby russava sonoramente sulla poltrona, il suo perenne
cappellino ancora in testa, mentre quello nuovo fiammante, che gli aveva
procurato e avvolto accuratamente nella carta da giornale, vibrava al ritmo del
respiro dell’uomo, abbandonato sul suo ampio addome.
Dean soppesò la
coperta abbandonata sul divano, ma poi decise che se avesse tentato di coprire
Bobby probabilmente quello si sarebbe svegliato e lo avrebbe preso per il culo
almeno fino a pasqua, quindi voltò la schiena al salotto e seguì con gli occhi
la spessa coltre bianca che cadeva fitta nella notte, illuminata da chissà quale
lontano chiarore, prima di passare un dito sotto la carta sottile che avvolgeva
il regalo che teneva tra le mani, rompendola con facilità.
La neve, che aveva
già iniziato ad accumularsi copiosamente sul terreno brullo, sembrava rendere
tutto un po’ più ovattato e irreale, e gli sembrò che avesse attutito perfino il
rumore aspro della carta strappata, perfino quel dolore costante che sentiva
sempre in un angolo particolare del cuore parve per un attimo avvolto nella
bambagia, come se tutto d’un tratto non fosse più lui quello fermo davanti ad
una finestra ad aprire un regalo non suo e che non avrebbe mai dovuto essere
comprato, come se si trovasse improvvisamente fuori, all’esterno, circondato da
ogni lato da tutta quella neve, ad osservare quell’uomo alla finestra dalla
faccia tanto seria.
Il semplice foglio
di giornale scivolò via velocemente e planò verso terra esattamente come i
fiocchi bianchi all’esterno, depositandosi senza un rumore sul pavimento,
proprio come la tristezza che continuava a piovere silenziosamente sul fondo del
suo cuore. Dean abbassò gli occhi sulla semplice copertina scura, e lesse ancora
una volta l’unica parola incisa in lettere consunte e fintamente dorate:
Faust. Ancora non capiva perché lo aveva comprato, perché quando il suo
sguardo si era posato su quel vecchio paperback non era più stato capace di
distoglierlo, finché non si era deciso ad entrare da quel vecchio rigattiere,
per uscirne alleggerito di qualche dollaro e con la copia di un libro che non si
sarebbe mai sognato di leggere nella tasca. E del resto, ancora meno capiva
perché lo avesse poi avvolto nella carta di giornale, e ci avesse scritto sopra
quelle tre lettere prima di portarlo da Bobby e metterlo sotto l’albero. Nessuno
avrebbe ricevuto quel regalo, nessuno lo avrebbe ringraziato, nessuno avrebbe
mai letto quel dannato libro. Sam era morto da più di due anni, e allora per
quale motivo gli aveva comprato un regalo e lo aveva messo sotto quella patetica
imitazione di albero di Natale?
Dean appoggiò il
libro sul freddo davanzale della finestra, allontanando velocemente la mano,
come se scottasse, per poi tornare a sollevare il suo bicchiere, sul cui fondo
era rimasto un ultimo sorso di zabaione.
“Buon Natale,
Sammy” disse sommessamente alla neve, prima di avvicinare il bicchiere alle
labbra.
“Buon Natale,
Dean” rispose una voce alle sue spalle, e il cacciatore si chiese per molto
tempo, più tardi, come avesse potuto avere il sangue freddo per riuscire non
solo a non far cadere il bicchiere, ma anche ad appoggiarlo di nuovo al sicuro
sul davanzale.
Quando si voltò
per scoprire chi aveva appena parlato, era già quasi sicuro di essersi
immaginato tutto. Ma non appena incrociò due occhi evanescenti, ma ancora verdi
esattamente come i suoi, la sua mente di cacciatore corse subito a cercare del
ferro, e i suoi occhi saettarono immediatamente al camino.
“Non sono un
fantasma, Dean. Sono un’immagine.” Disse ancora la voce di suo fratello, e Dean
non poté fare a meno di tornare a guardarlo, pensando di essere totalmente
impazzito, alla fine “Non sei nemmeno pazzo. Qualcuno si è adoperato parecchio
per farmi essere qui, ora” sorrise Sam con tranquillità, e solo quando Dean
seguì la direzione dei suoi occhi si rese conto con una discreta figura in
trench attendeva silenziosamente nella penombra.
“Sammy…” balbettò
il cacciatore, sentendo l’incredulità vibrare ancora nella propria voce, mentre
il suo sguardo tornava rapidamente a fissarsi sulla figura semitrasparente del
fratello, come se temesse che potesse svanire da un momento all’altro.
“Faust, Dean? Sul
serio?” commentò ironico Sam dopo aver gettato un’occhiata veloce verso il
davanzale, e la sua risata sorpresa risuonò per un attimo nel salotto
silenzioso, vincendo la quiete ovattata della neve notturna “Dovresti leggerlo,
sai? Potrebbe essere istruttivo” aggiunse quindi, con le sopracciglia inarcate.
“Sammy, come…?”
iniziò a domandare il ragazzo, avvicinandosi al fratello ed allungando una mano
verso la sua spalla, ma le sue dita passarono semplicemente attraverso
l’immagine traslucida e quasi monocromatica del busto di suo fratello.
“Te l’ho detto,
sono un’immagine. Non puoi toccarmi, e io non posso interagire con il mondo come
un fantasma. E’ stato il massimo che ha potuto fare” spiegò Sam, indicando
ancora una volta, con un cenno del capo, nella direzione in cui Castiel se ne
stava silenzioso.
“Come stai?”
riuscì a chiedere infine, e la domanda gli sembrò incredibilmente stupida.
“Sto bene, Dean.
Puoi smettere di preoccuparti per me” rispose subito il ragazzo, con quel tono
condiscendente che usava sempre quando cercava di tranquillizzare il fratello
“Cas avrebbe voluto portarti anche qualcun altro ma… non è facile aggirare le
regole quassù” continuò allegramente, voltandosi all’indietro come per guardare
qualcuno alle sue spalle “Ash e Pamela ti mandano i loro saluti…” una piccola
risata imbarazzata interruppe a questo punto le sue parole, e mentre scuoteva il
capo, aggiunse “Pamela mi ha chiesto di controllare se hai ancora quel bel culo
su cui si potrebbe far rimbalzare un penny” quindi si voltò di nuovo alla sua
sinistra, e per un secondo a Dean parve quasi di vederla lì, con i suoi jeans
attillati e il sorriso scanzonato “Non ho intenzione di guardare il culo a mio
fratello, Pamela! Chiedilo a Cas la prossima volta che passa di qui” la ammonì
ridacchiando, mentre lanciava un’occhiata eloquente a penetrare l’oscurità in
cui si nascondeva l’angelo.
Dean poteva quasi
sentire il suo angelo preferito arrossire, e malgrado si sentisse ancora in
bilico fra la pazzia e il risveglio da un sogno troppo bello per essere vero,
sorrise di quelle poche battute e dell’umorismo malizioso di Sam. Quando tornò
ad incrociare il suo sguardo allegro, dovette reprimere a fatica l’impulso di
sollevare di nuovo la mano per cercare di toccarlo: sembrava ancora più concreto
e presente di prima, mentre lui aveva l’impressione che qualcuno gli avesse
riempito il petto di un qualche liquido denso e caldo, e poi lo avesse messo
dentro una pressa.
“Anche Hellen e Jo
ti mandano gli auguri” ancora una volta Sam si interruppe, e al ragazzo parve
quasi di sentire la voce autoritaria e un po’ materna di Hellen gridargli
qualcosa nell’orecchio “Hellen dice che se ti fai vedere qui in giro prima di
esserti fatto venire i capelli bianchi verrà personalmente a prendere a calci il
tuo culetto sodo per tutto il paradiso e anche oltre! Mentre Jo dice di tenerti
fuori dai guai e di tenere fuori dai guai anche il resto dell’umanità, perché
non si è fatta esplodere solo per vederti mandare tutto a puttane”
Dean rise mentre
cercava di ricacciare indietro la lacrima che continuava ostinatamente a cercare
di impigliarsi alle ciglia del suo occhio destro. Non avrebbe certo pianto per
poi permettere a Sam di sputtanarlo per tutti le nuvolette del Paradiso.
“Dille di non
preoccuparsi, qui è tutto sotto controllo” replicò alla fine, cercando di
racimolare la voce più ferma che gli riuscì.
Sam annuì, quindi
voltò di nuovo il capo all’indietro per un secondo, e quando tornò a rivolgersi
a lui c’era un sorriso strano sul suo volto: non era più allegro e scanzonato
come prima, pareva addolcito, malinconico, e forse anche un po’ colpevole, come
se dovesse dirgli qualcosa per cui volesse anche chiedergli scusa.
“C’è anche la
mamma” disse infine, abbassando lo sguardo solo un momento, prima di proseguire
“Dice che vorrebbe abbracciarti, ma che può attendere finché non avrai vissuto
una bella vita” la voce di Sam vacillò un attimo ed i suoi si abbassarono di
nuovo “Dice…” aggiunse, tornando a guardarlo in viso, ma in quel momento alzò
anche una mano, velocemente, d’impulso, e come prima era successo al fratello
maggiore, anche il suo palmo attraversò la spalla di Dean senza riuscire a
toccarlo “Dannazione!” imprecò stringendo a pugno le dita “Hai trovato
qualcosa…” gli occhi di Sam si spostarono di nuovo alla sua destra, correndo
verso il grosso varco nel muro che divideva il salotto dallo studio di Bobby e
che in quel momento incorniciava la figura immobile di Castiel “Qualcosa di
speciale, di unico… non buttarlo via solo per farti ancora del male. Adesso ti
meriti di essere felice, questo lo sai, vero Dean?” domandò Sam in apprensione,
quando il fratello abbassò lo sguardo, reso brillante dalle lacrime che non
riusciva più a cancellare.
Solo quando Dean
sollevò nuovamente la testa, facendo un cenno di assenso appena percepibile, Sam
spostò lo sguardo in direzione di Castiel, annuendo piano e con fare mesto.
“Noi saremo qui ad
aspettarti, Dean. Buona vita” concluse la voce sempre più lontana di Sam, mentre
la sua immagine svaniva lentamente nel riverbero chiaro della neve oltre la
finestra.
“Mi dispiace,
Dean, vorrei poter fare di più. Vorrei averlo potuto trattenere di più” esordì
la voce profonda di Castiel, alla sua sinistra, mentre si avvicinava piano a
lui, guardandolo con espressione corrucciata.
Dean sentì la
lacrima che aveva trattenuto fino ad ora staccarsi dalle sue ciglia e sfiorargli
velocemente la guancia prima di volare verso il pavimento, impregnando la carta
appallottolata di un foglio di giornale con un circoletto scuro, che deformò le
poche lettere di un articolo dimenticato e senza importanza. Finalmente, il
ragazzo spostò lo sguardo dal punto in cui fino a poco prima brillava la figura
chiara di suo fratello, e quando la mano di Castiel gli si posò, calda, e
pesante, e concreta sulla spalla, si sentì all’improvviso un po’ meno
perdutamente solo.
Il ragazzo aprì la
bocca, ma qualcosa di terribilmente greve e stretto alla gola gli impedì di
emettere alcun suono. Alzò una mano e afferrò il polso, che sfiorava la sua
camicia all’altezza della clavicola, aggrappandosi alla sensazione concreta
della carne di Castiel sotto le dita, per ricordare a se stesso che quello non
era un miraggio. Improvvisamente, Bobby grugnì nel sonno, ricordandogli la sua
presenza, che aveva quasi dimenticato mentre guardava svanire davanti a sé ciò
che restava della sua famiglia. Ma in fondo non erano tutti morti: una mano
sulla spalla e un grugnito nel buio glielo stavano rammentando, e questo
era probabilmente il migliore regalo di Natale che avesse mai ricevuto.
Solo allora, con
la coda dell’occhio, colse un ombra frastagliata vicino alla cornice della
finestra, e ricordò che Bobby, seguendo tradizioni antiche quanto cacciatori e
mostri, aveva appeso un ramo di vischio sopra ogni finestra. Dean strinse più
forte il polso di Castiel, quindi sollevò l’altra mano e la fece scivolare
leggermente sulla superficie ruvida della sua guancia, prima di affondare le
dita fra i capelli morbidi della sua nuca, per attirarlo in un bacio caldo e
dolce come la cioccolata la notte di Natale.
“Grazie del
regalo” riuscì infine a dire, muovendo appena le labbra contro quelle del
compagno “E io che ti ho preso solo un cravatta nuova” e quando sentì la bocca
di Castiel distendersi in un sorriso divertito, a rammentargli ancora una volta
che non aveva scordato proprio tutto di quando era stato un umano, Dean si rese
conto che malgrado tutto, non sarebbe più stato solo, né a Natale né mai.
“Vediamo cos’altro
ricordi, di quando eri un comune mortale” disse ad alta voce seguendo il filo
dei suoi pensieri, per poi afferrare il collo del suo trench e tirarselo contro,
cancellando con un nuovo bacio la sua espressione perplessa mentre lo trascinava
con sé verso le scale.
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