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Ehm...
dunque, ho una bellissima scusa per farmi perdonare, mi sono preparata
adeguatamente
A fine
novembre sono andata ad un raduno di Twilighters
programmato
da mesi e non potete capire cosa è stato
ma pure il prima e il dopo sono stata impegnativi e ansiolitici... il prima per
ovvii motivi e il dopo perchè ho dovuto acquisire, montare e rivedere tutto il
video dei 3 giorni ed è stato un lavoro non indifferente visto che era più di
un'ora di riprese
Poi ho
iniziato a pensare a cosa potevo scrivere di questi missing moments e 3 giorni
fa finalmente ho iniziato a scrivere il pezzo "mentalmente" ;)
insomma,
alla fine, ecco ciò che più di una di voi mi aveva chiesto
spero che vi piacerà
"Bella"
come un miraggio...
Alice aveva
ragione: dovevo nutrirmi e aveva fatto bene ad insistere perché uscissi. Me ne
rendevo conto solo in quel momento, mentre le papille gustative ancora danzavano
al sapore del sangue di quel cervo.
Ma il sangue
poteva alleviare il dolore alla gola, quell’intenso bruciore che si era
risvegliato sentendo l’odore dell’animale, non poteva far niente per il cumulo
di mattoni che si era depositato stabilmente sul mio petto…
Mi mancava.
Mi mancava oltre ogni dire, oltre ogni possibile immaginazione e nonostante mi
sforzassi di convincermi che oramai l’avevo persa, il mio “cuore” si ribellava a
ciò e ostinatamente cercava di non soffocare sotto al muro di mattoni, lottando
contro la mente e la logica, per non lasciarsi sopraffare, per dichiarare che
non si sarebbe arreso…
Un rametto
si spezzò qualche metro sopra di me sul pendio e sollevai subito lo sguardo per
capire quale animale avesse avuto il coraggio di avvicinarmisi così tanto. Mi
pietrificai…
Oltre a
sognarla ad occhi chiusi, oltre ad averne sempre in mente la voce, in quel
momento dovevo pure subire la tortura di vederne un’allucinazione? Era giusto
farmi patire in quel modo? Dovevo scontare anche quel supplizio e vedermela di
fronte, come se fosse reale, così da farmi morire un po’ di più ben sapendo che
non era lì, ma era solo la mia immaginazione?
Era talmente
bella che non chiusi nemmeno gli occhi. Volevo vedere ogni millimetro della sua
pelle, sebbene non fosse reale. Dovevo sopportare anche quella tortura? Forse
sì, per ciò che le avevo fatto, per ciò che aveva dovuto vedere… tortura per
tortura volevo guardarla, senza pensare a come sarei stato dopo che si fosse
dissolta nell’aria umida del bosco.
La visione
prese a muoversi, a scendere lungo il crinale. C’era qualcosa di strano…
Per fortuna
mi ero già pietrificato nel momento in cui l’avevo vista, perché a quel punto
sarei crollato: i suoi piedi non erano leggeri, non fluttuava come avrebbe
dovuto fare una visione, un prodotto della mia immaginazione! Quei piedi
poggiavano sul terreno premendo le foglie del sottobosco, e per quanto fosse
aggraziata nell’incedere, le orme rimanevano al suo passaggio… mi permisi di
inspirare e come una locomotiva un profumo invitante e tanto amato mi travolse,
entrandomi fino nell’anima…
Non era una
visione quella che stava camminando… era lei! MIA MOGLIE!
Si fermò a
pochi metri da me, sorrideva timidamente.
La mia
immobilità si sciolse al sussurro che uscì dalla mia bocca: “B-Bella…”
Si strofinò
le mani e mormorò “Ciao Edward…”
Presi ad
agitarmi. Era bellissimo vederla, sapere che stava bene, ma il mio cervello
aveva preso a galoppare. Sapevo che era nel territorio di Washington ma avevo
chiesto ad Alice di indicarmi dove lei NON sarebbe stata così da non darle
fastidio… l’avrei potuta cercare se avessi voluto, ma mia moglie aveva preferito
stare da sola e se non era tornata nonostante fosse nei dintorni, significava
che non voleva ancora vedermi e sarebbe stato controproducente costringerla ad
incontrarmi.
“Perché non
mi guardi?”
Aveva
ragione: stavo guardando ovunque tranne che lei. Mi ero riempito gli occhi
finchè avevo potuto ma i pensieri che mi affollavano la testa mi avevano
condotto a non guardarla più, per paura di quello che sarebbe successo dopo.
“Perché...
perché so che te ne andrai di nuovo e io non ci riesco a vederti andare via...
ancora...”
Le diedi le
spalle. Sapere che era reale mi faceva ancora più paura: a veder
un’allucinazione dissolversi nell’aria potevo essere preparato, vedere lei in
persona che si allontanava ancora da me non avrei potuto sopportarlo.
Mentre
pensavo a come sarei sopravvissuto sentendo il rumore delle sue scarpe che si
allontanavano, avvertii quel delicato suono avvicinarsi: il suo profumo mi
avvolgeva e sentivo il suo delicato respiro infrangersi sulla schiena.
Pregai. Nel
giro di pochi attimi pregai in quattro lingue diverse che ci fosse data un’altra
possibilità. Che venisse a dirmi “Edward ti perdono, riproviamoci”
Anche la mia
testa, fuori da ogni logica, cominciò a tifare per quella soluzione ed il mio
cuore prese a raspare sgomitando tra i mattoni che lo schiacciavano. Sarei morto
definitivamente se mi avesse detto “Mi spiace, non riesco a perdonarti”
ma ormai c’ero dentro, era la resa dei conti: o sarei rinato o avrei trovato il
modo di chiudere gli occhi per sempre.
“Io... io
non vado più via, se tu mi vuoi ancora...”
Tremai. Non
so come ma riuscii a non cadere a terra, forse la mia rigidità mi venne in
soccorso.
Qualcuno
aveva ascoltato le mie preghiere… non sapevo percome né perché ma lei aveva
pronunciato quelle parole ed io mi ci stavo aggrappando come un naufrago alla
sua zattera.
Poi la
sentii! La sua mano destra si posò delicatamente sulla mia spalla. Fu come se
venissi toccato dalla fiamma viva. Sussultai e percepii lo stesso singulto
provenire da lei. Mi stava toccando… pareva una vita che non sentivo le sue mani
sul mio corpo. Avevo timore a muovermi, il dubbio che potesse essere frutto
della mia immaginazione mi fecero tentennare ma quando sentii anche la mano
sinistra che si appoggiava sulla mia schiena ed entrambe scendevano ad
accarezzarmi capii che forse un pezzo di paradiso era riservato pure a me, ad un
mostro immortale che non meritava nulla ma per la bontà di quella piccola donna
testarda, poteva tornare a vivere e ad essere felice.
Quando oltre
le mani che già mi accarezzavano avvertii la sua fronte poggiarsi fra le scapole
bloccai nuovamente il respiro. Me la figurai, come se fossi una terza persona
che ci vedeva lateralmente: lei di sicuro aveva gli occhi chiusi e adorante si
crogiolava nel lasciarsi accarezzare dalla mia maglia. Perché lei faceva così… o
meglio, faceva così ‘prima’… prima che succedesse quell’abominio.
Avvertii il
suo nasino passare sulla mia schiena e poi la guancia, mentre girava il viso ed
il timore che potesse finire, che non fosse come io stavo immaginando mi fecero
reagire: “P-posso voltarmi?”
“Sì...”
“Bella, se
mi volterò non potrò fare a meno di toccarti...”
“Lo so...”
Ed
inspirando profondamente mi girai, sentendo le sue mani che non lasciavano le
mie costole. E me la ritrovai davanti, così vicina da poter inspirare il suo
respiro, il dolce timido sorriso e gli occhi che mi guardavano teneri, proprio
come mi aveva sempre guardato ‘prima’…
‘Toccami…’
la sentii nella testa e gemetti. Un ginocchio mi cedette ma
l’altro sorresse entrambi. Era più di un mese che non sentivo i suoi pensieri,
quelli che mi permetteva di sentire sollevando lo scudo e quel semplice
‘toccami’ era come un tir che mi aveva travolto a folle velocità.
Totalmente
impaziente di toccarla finalmente dopo tutto quel tempo sollevai subito la mano
ma un’enorme spada di Damocle cominciò ad oscillare sul mio collo: forse quello
era un tentativo… voleva provarci anche lei ma doveva testare la situazione.
Poteva ancora finire male, se non le fosse riuscito di farsi toccare da me
sarebbe stato tutto vanificato ed il suo proposito di rimanere sarebbe
inesorabilmente finito alle ortiche…
Dovetti
essere onesto: “Guarda... guarda la mia mano... sei sicur-” ma mi interruppe
allungandosi a sfiorare le mie dita con le labbra. Nuovamente pietrificato dallo
sconvolgimento emotivo, osai solo fissarla, incapace di trasmetterle l’ansia, la
passione, il tormento, l’agitazione, la paura e la gioia che si rincorrevano
dentro di me. Riuscii unicamente a muovere la mia mano verso il suo bellissimo
viso, finchè posai il pollice sul suo labbro inferiore: era liscio come seta e
morbido, o almeno io lo percepivo così. Lo fissavo mentre lo sfioravo e tutte le
emozioni che provavo si tramutarono in un unico e potente desiderio.
“Vo...
vorrei baciarti...” uscì dalla mia gola e lei immediatamente portò le mani sul
mio viso, spingendo ad abbassarmi verso il suo che mi stava raggiungendo. Pensai
che sarei morto per autocombustione infettata da agitazione compulsiva. Le sue
labbra non mi raggiunsero mai troppo presto e l’ultima primordiale paura di
vedermela scivolare via dalle dita un secondo prima di baciarla mi spinsero ad
avvolgerle la schiena con le braccia, così che non potesse scapparmi, ma le sue
manine che mi trattenevano decise mentre riprendevamo confidenza con la bocca
altrui mi confidavano che non se ne voleva andare, anzi, anelava quel bacio
quanto me. Quando poi anche le sue braccia si chiusero sulla mia schiena mi
lasciai andare completamente e la travolsi con un bacio non più trattenuto,
volevo prendere qualsiasi cosa la sua bocca mi concedesse e sentire di nuovo il
suo sapore sul palato.
Dovevo
ancora convincermene, non ero per niente certo che non stessi sognando, ma
tenermela stretta addosso, sentire il suo profumo ed aver gustato il suo sapore
era già un buon punto di partenza per risalire il baratro in cui ero
sprofondato. E di certo, se lei era veramente tornata, non le avrei mai più dato
motivo di doversene andare.
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