non mi sembra vero
Puntuale come promesso. :')
Forse anche un po' in anticipo, ma il diciotto gennaio va bene.
Più che altro avrei voluto cominciare a scrivere il venti, ma
quando ho scoperto che in quella settimana avrò 4 compiti in
classe, ho pensato di morire. Inutile dire che non sarei riuscita a
scrivere.. e non so se dopo ne sarei uscita viva, dunque in cinque
giorni ho buttato giù tutto quello che mi veniva.
Inutile dire che fra Open Office
che si chiude da solo e mi fa perdere tutto il lavoro di due giorni, la
maledettissima scuola (sempre sia bruciata, amen <3) e anche un po'
di scazzo personale e casini, non è proprio il massimo.
Spero vi siate goduti le vacanze
almeno un decimo di quanto me le sono godute io, che abbiate passato un
bel capodanno e che passerete un bel 2012, perché quest'anno mi
sento speranzosa. HAHAHAHAHAHAH.
..Io sempre molto puntuale con gli auguri.
Per chiunque non abbia letto la prima, fic, bhè.. oddio, forse capireste di più se la leggeste (clicca qui per leggere),
ma comunque i collegamenti non sono poi così tanti, se doveste
avere domande da fare, chiedete pure in una recensione, tanto rispondo
sempre perché sono estremamente sfiggy! ;___;
Ho deciso di cominciare ogni
capitolo con le quattro canzoni (Ma solo perché altrimenti
Clelia mi brutalizza, emh.) quindi.. 1,2,3,4.
Eeeeeee niente! spero vi piaccia.
v.v Alla fine troverete altro sclero dell'autrice perché vorrei
chiarire delle cose ma non posso spoilerare, mhmh. D:
1. oils.
Ormai erano mesi che stavamo
insieme e lo sapevano tutti. E infondo era bello.. meglio di quello che
pensavo, a dirla tutta: prenderlo e baciarlo quando mi pareva,
dirgli quello che volevo (e soprattutto quando volevo) senza che
nessuno si stupisse, prenotare sempre una camera in meno.. è
strano dirlo, ma dubitavo che si potesse essere più felici di
così. Se solo l'avessi saputo, mi sarei evitato anni e anni di
problemi inutili.
Erano più o meno sempre
questi i pensieri che mi prendevano quando eravamo in camerino alla
fine di un concerto. Stanchi morti, sudati da far schifo, contenti.
Finivo sempre per ripensare a quella sera e.. bhè, sorridere. I
ragazzi giravano frenetici per l'angusta stanza alla ricerca di Dio sa
cosa, mentre io me ne stavo seduto sul divanetto di pelle a "godermi"
la scena. Sprofondai letteralmente nel nero cuoio, abbracciando uno dei
cuscini rossi che c'erano appoggiati sopra. Sembrava quasi il set di un
film amatoriale da due soldi, a dirla tutta.. ben diverso dagli altri
camerini che di solito ci appioppavano, che più spesso
sembravano dei buchi ricavati da un muro a caso in cui erano stati
messi uno specchio e una lampadina.
-Gerard, tutto ok? Quando hai
finito di fare la diva ce lo dici!- Ray mi mollò una sonora e
poco desiderata pacca sulla spalla, gettando una lattina di birra ormai
vuota nella pattummiera. Probabilmente mi ero incantato con lo sguardo
fisso a terra, come mi succedeva sempre quando mi fermavo a pensare.
Alzai di scatto il capo, poggiando il cuscino. Quasi sobbalzai nel
sentire la sua voce squillante, quindi gli feci un sorriso per
rassicurarlo. Sospirai, stropicciandomi gli occhi per la stanchezza.
Strano a dirlo, perché il 99% delle volte ero sempre io quello
che organizzava qualcosa da fare dopo gli show, ma questa volta volevo
solo dormire, dormire, dormire.. o quanto meno restare nel bus o in
albergo.
-Sì, tutto ok!- Scossi il
capo per scacciar via tutti i pensieri, poi squadrai i ragazzi uno ad
uno. -Ce ne andiamo?- Domandai sbuffando, troppo abbattuto per rimanere
anche solo altri cinque minuti lì. Mi alzai, sistemandomi la
maglietta che era completamente uscita dai pantaloni.
-Noi siamo pronti. Tu, piuttosto..
non hai nemmeno la giacca!- Punutalizzò come al solito Mikey,
manco ci volesse una laurea di astrofisica per mettersi una giacca. -Vi
aspettiamo fuori al pullman!- Lanciò un'occhiata complice a Ray,
facendoglcenno con la mano di seguirlo. I due si avviarono verso la
porta come se volessero togliersi di mezzo e smetterla di fare i
cosiddetti "pali", e in un certo senso, ne fui grato. Aspettai di
sentire i loro passi allontanarsi prima di parlare, e più il
rumore degli stivali che entrambi indossavano si faceva soffuso,
più mi avvicinavo all'unico rimasto nella stanza. Fece un
respiro profondo e deglutì quando ci trovammo a pochi millimetri
di distanza. Mi fece sorridere, perché.. ancora non ci si era
abituato. Sembrava la scena di un qualche telefilm adolescenziale in
cui la coppietta che sta insieme da due giorni si tiene appena per
mano. Abbassò il capo non appena ci guardammo negli occhi.
-Ehi, è tutto ok..-
Sussurrai, carezzandogli il volto in modo tale da fargli alzare lo
sguardo. Annuì sempicemente, guardandomi ma non guardandomi. -Si
può sapere che ti ha preso? di solito quello problematico sono
io.- Ridacchiai per alleggerire la situazione, ma forse sembravo ancora
più nervoso di lui.
-Voglio andarmene..- Sospirò
Frank, quasi agitato. Mi mollò un bacetto sul naso, agitato ed
impacciato come sempre. Sentì le sue labbra umide per sì
e no un secondo, e poi si trasse subito indietro. Se prima era solo un
mio sospetto che sembrassimo quattordicenni al primo bacio, ora ne ero
sicuro. Forse era proprio questo il bello.. era sempre la prima volta.
Arricciai la punta del naso e le labbra in una piccola smorfia,
perché in effetti non me l'aspettavo, e poi gli cinsi i fianchi
con le braccia ondeggiando a destra e a sinistra. Interruppi
l'abbraccio solo dopo cinque minuti buoni di silenzio, cercando la
giacca da qualche parte.
-Andiamo.- Sospirai non
appena la trovai, poggiata proprio sul divano dove prima ero seduto.
Forse sto diventando cieco.. o solo stupido. Mentre la infilavo
probabilmente sembravo ancora più ritardato di prima:
sarà che era talmente stretta che non mi passava il sangue dalle
braccia, sarà che non avevo voglia nemmeno di provare ad avere
charme in un momento come quello. Mi avviai verso la porta, aprendola,
ma rimanendo sempre sulla destra.
-Prima le signore!- Gli sorrisi,
indicando l'uscita con un braccio, sarcastico. Non mi andava che
rimanesse col broncio, specialmente se non sapevo nemmeno
perché.. quindi, facendo due più due, dovevamo essere noi
a farglielo passare. O meglio, dovevo essere io. Dovevo sempre essere
io, perché qualcuno, puntualmente si aspettava che c'entrassi
qualcosa, o che per lo meno sapessi cosa fare. Invece Frank restava,
ahimè, un libro chiuso persino per me. In certi casi,
ovviamente. Eppure quelli erano precisamente i casi in cui tutti
contavano su di me.
-Simpaticone..- Frank scosse il
capo facendo un sorriso acido (che per lo meno era un sorriso) e poi
uscì dandomi le spalle. Si allontanò, e tutto quello che
riuscì a fare fu sospirare, sperando che gli fossero solo venute
le sue cose. Chiusi la porta alle mie spalle, tirandola senza farmi
troppi scrupolie poi cominciai a percorrere il lunghissimo corridoio
anche io.
Era uno dei soliti, di quelli che
non finiscono mai. Solo che di solito li percorrevamo tutti e quattro
insieme, invece questa volta sembrava che fosse morto qualcuno, tanto
che era il silenzio. Di solito scherzavamo, ridevamo, e per quanto mi
fosse familiare, mi mancava quel clima. Cominciai a canticchiare
"parole" sconnesse di una canzone che avevo sentito quella mattina alla
radio italiana. L'unica cosa che mi ricordavo era il ritmo, e quindi
cominciai sovrapporci versi a caso.
-Che c'è?- Domandò con tono scocciato, fermandosi di scatto senza nemmeno girarsi a guardarmi.
-Niente.- Mi strinsi nelle spalle
con estrema noncuranza. Non ero io che mi stavo comportando come se mi
fosse morto il cane. -Tu non parli, io non so che dire, i ragazzi non
ci sono.. quindi canto.- Sbuffai. Sembrava quasi che ora non avessi
nemmeno il diritto di fare quello che mi andava.
-Bene, allora ciao.-
Accellerò il passo per farmi intendere che non sopportava
più quella "tortura". Cosa assai poco comprensibile,
considerando che gli era andata bene a poterla sentire gratis quando
gli pareva mentre c'era gente che doveva pagare.
-Mi fai venire i nervi.- Piantai i
piedi a terra convinto a non smuovermi nemmeno di un centimetro,
incrociando le braccia all'altezza del petto. Complimenti a me stesso
per la maturità, eh.
Si voltò lentamente verso di
me, guardandomi da capo a piedi con un espressione completamente
illegibile. Non capivo se fosse arrabbiato, pensieroso, nervoso o se,
semplicemente, si sentisse in colpa. Poi dicono che quello complicato
sono io.
Senza fermarsi nemmeno un secondo
di più accellerò il passo, ma questa volta nella
direzione inversa, venendomi incontro. Mi abbracciò, premendo il
volto proprio contro il leggero cotone della mia maglietta, con il
quale non faceva altro che giocherellare.
-Ahia..- sussurrai appena,
stringendo i denti nel momento in cui, nell'arricciare un piccolo lembo
di stoffa, mi diede un pizzico fortissimo. Non so fino a che punto
fosse involontario, ma non avevo voglia di pensarci. In tutta risposta
mi prese per mano: intrecciò le sue calde dita con le mie,
fredde e più affusolate, facendo appena-appena un po' di
pressione. Prima che avessi tempo di aggiungere qualcosa, mi trovai con
le spalle al muro e le labbra un po' troppo impegnate per riuscire a
parlare.
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-Cazzo, ma ti sei rammollito?!-
Urlò Mikey dalla angusta stanzetta che spacciamo per un bagno.
La sua voce rimbombò talmente forte che forse si accorse persino
lui che, continuare una conversazione in quel modo, era
pressocché impossibile. Me ne stavo lì seduto a
sopportare l'ennesima scenata da bionda paranoica, quando uscì,
raggiungendomi nel corridoio che separava le cuccette dalla "zona
giorno", se così si può definire.Notai che aveva un
flacone in mano: era lacca. Quella robaccia per me era peggio della
kryptonite per Superman, quindi mi avviai sulla destra, sperando che
quell'inutile discussione finisse lì, e soprattutto che finisse
prima che cominciasse la totale cementificazione dei suoi capelli.
Come volevasi dimostrare, il nostro
"malvagio" Lex Luthor mi seguì, con ancora l'intero tubo in mano
(come se non ci fosse un bagno con un apposito specchio per fare queste
cose). Tentai di fermarlo prima che spruzzasse, perciò vidi di
inventarmi qualcosa per giustificare la mia semplice voglia di non fare
le cinque del mattino in un locale qualunque.
-Non mi sono rammollito, solo..
sono stanco. Non ne ho voglia.- Mi sedetti su uno dei due letti in
basso, non avendo voglia di destreggiarmi fra i pioli della scaletta
del letto a castello dove era adagiato Frank. Gli lanciai un'occhiata
languida e lui mi fece un cenno con la mano che probabilmente mio
fratello neanche vide, ma meglio così. Era troppo impegnato a
specchiarsi nel finestrino, spruzzandosi quella roba sui capelli.
Missione fallita, Superman.
-Siamo in Italia e tu preferisci
stare qui a dormire?- Si voltò di scatto poggiando il flacone
sul comodino. Mi lanciò un'occhiataccia: la sindrome del
fratello minore, la chiamavo. Ahimè, se io non facevo qualcosa,
non si sentiva di farla nemmeno lui.
-Non è l'ultimo giorno che
passiamo qui. E poi, andiamo..- Feci una pausa scenica, ripresi fiato e
poi dissi quello che veramente pensavo tutto in una tirata. -Esci per
vedere i monumenti?- Gli feci un sorriso acido e sarcastico, mentre
aggrottò le sopracciglia. -Mi sembra ovvio che esci per le
ragazze, ed io sono fidanzato.- Nuovamente mi voltai a guardare Frank,
che gongolava come una donnina. Era tutto rosso in volto e veniva una
voglia assurda di stritolarlo.
-Ehi, anche io sono fidanzato!- Mi rivolse una seconda occhiataccia, quasi offeso. Mai toccare un Way sull'orgoglio.
-Bhè, tu hai la fidanzata ed
io il fidanzato. E' ben diverso.- Feci non so bene che gesto con le
sopracciglia. Le mossi quasi ad indicargli che se Alicia era lontana e
forse una sveltina ogni tanto era perdonabile, io con Frank dovevo
viverci. E dopotutto non era un peso rinunciare alle storie di una
notte, soprattutto perché.. ero innamorato.
-Hai ragione, c'è molto
più lubrificante.- Si strinse nelle spalle, restituendomi il
sorrisaccio di prima. Sbuffò, stringendosi le braccia al petto.
Dopo questo suo gesto calò il silenzio.
Era una battuta infelice, sporca da
far schifo, inappropriata, di pessimo gusto e tutti gli aggettivi
possibili ed immaginabili. Una delle mie preferite. Proprio per questo
non sapevo se ridere o no, ma dopo qualche secondo non riuscì a
trattenermi: scoppiai, letteralmente. Quasi in contemporanea Mikey si
rese conto di quanto una cosa detta da lui stesso fosse divertente, e
sotto gli occhi contrariati e accusatori del povero Iero,
cominciò a ridere con me. Si vede che avevamo entrambi un gusto
per le battute pessime!
Dopo due minuti ininterrotti di
rumoracci raglianti, cominciava addirittura a farmi male lo stomaco. Il
fiato mancava, e se prima ero steso, dovetti stendermi. Mikey, che
prima era seduto, si fece scivolare lentamente fino a sedersi a terra,
proprio di fronte a me. Le gambe incrociate e la testa fra le mani.
Respriai profondamente più e più volte, cercando di
ristabilire una calma che in realtà non desideravo più di
tanto. Una calma che, inutile dirlo, in qualche secondo sfumò.
-Oli.- Replicai con tono fermo e
serio non appena ci fu totale silenzio: in quel momento ogni
riferimento a quello che facevamo io e Frank a letto, sarebbe stato la
cosa più divertente al mondo, e credetemi, non si rideva
così tanto da tempo.
-Lubrificanti!-Specificò
affannosamente. Mikey non riusciva nemmeno più ad emettere
suoni: cominciò a lacrimare, battendo le mani per sfogare la
necessità di ridere che i suoi piccoli polmoni da criceto gli
negavano. Al contrario di noi due, Frank sembrava offeso. Offeso non
come un uomo, ma come una donna alla quale si dice che il suo vestito
le fa le chiappe grosse. Magari si sentiva chiamato in causa
perché quello che lo prendeva in culo era lui. Si girò
sul fianco, sbuffando.
-Ti prego, basta!- Implorò
affannato Mikes tra un tentativo di ridere e l'altro. Si asciugò
gli occhi che ormai lacrimavano incessantemente da più o meno
tre minuti buoni e poi provò ad alzarsi, riuscendoci dopo varie
prove. L'eleganza di un rinoceronte con i vestiti della parata. Spesso
mi chiedo seriamente da dove mi vengano questi paragoni da depravato,
ma poi rinuncio a capirlo. In contemporanea ci raggiunse anche Ray, che
probabilmente era appena tornato dal Paese delle Meraviglie.
-Che avete tanto da ridere voi?-
Aggrottò le sopracciglia il riccio, come se solo dopo dieci
minuti si fosse accorto del fatto che stavamo ridendo.
-Battutacce.- Bofonchiò Frank con la testa completamente affondata nel cuscino, tanto che la sua voce si sentiva appena.
Mikey raggiunse Ray dandogli una
pacca sulla spalla che probabilmente lo risvegliò da quel sonno
perenne che gli aleggia intorno e poi si piantò accanto a lui,
sospirando.
-Ah, roba da Arthur e James!-
Ridacchiò, facendo spallucce quasi come se si fosse arreso e
avesse rinunciato a capire il motivo di tanta ilarità.
Non sapevo se sarei riuscito a
rispondere anch'io con tanta disinvoltura, perché odiavo
sentirmi chiamare per secondo nome: sia perché "Arthur" è
un nome di merda, sia perché è troppo formale. E sapevo
che a Mikey dava fastidio quasi quanto ne dava a me, perciò
risposi altrettanto "formalmente".
-Certamente, Raymond.- Cercai di
imitare un finto accento inglese che ben poco mi riuscì e poi
gli rivolsi un'occhiataccia, tornando a stare seduto con le gambe
incrociate.
-Bhè, scherzi a parte.. mi
sa che siamo rimasti soli!- Constatò Mikes rivolgendosi
all'amico. Ray, in tutta risposta, aggrottò le sopracciglia come
se pensasse che gli avesse appena fatto chissà quale proposta.
-Da soli per.. c-cosa?- Domandò, perplesso. Mi lasciai sfuggire un ghigno.
-Oh, che cazzo pensi!- Il biondo
trasse subito il braccio che era rimasto posato sulla spalla, quasi
come se improvvisamente fosse disgustato. Si allontanò,
guardandolo da capo a piedi. -Intendevo andare per locali!- Fece
spallucce, specchiandosi maniacalmente nel finestrino per la centesima
volta.
-Oh..- Tirò un sospiro di
sollievo. -Allora andiamo!- Alzò entrambi i pollici in segno di
"ok", tentando di rassicurare più sé stesso che noi. Si
voltò, convinto che ci fossimo tutti e quattro a seguirlo, poi
all'improvviso si voltò nuovamente: ci fissò stranito.
-Voi non venite?- Storse la bocca,
perché di solito ero sempre io quello che ogni sera trova la
voglia di uscire. E se io uscivo, usciva anche Frank. Era quasi
automatico.
-Nah, lasciamoli ai loro oli!-
Ridacchiò fra sé e sé quello splendido bastardo di
mio fratello mentre si infilava una giacca di pelle.
-Oli?- Ray era sempre più
confuso, io a momenti sarei esploso a furia di trattentere risolini e
ghigni, Frank sembrava morto o qualcosa del genere, Mikey rideva con
disinvoltura. Che quadretto.
-Un giorno capirai!- Sospirai, squotendo il capo in un sospiro.
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Come ogni volta che ironizzavo sul
nostro rapporto, io e Frank litigammo. Non importava: sapevo che gli
sarebbe passato tutto non appena sveglio. I ragazzi erano via da
un'oretta, e dopo quei dieci minuti di faida, si addormentò e la
calma tornò a regnare. Provai anche ad accendere la TV, ma
prendeva solo frequenze italiane, e ahimè, tutto sono meno che
uno che di lingue ne capisce qualcosa. Mi fermai mezz'oretta a guardare
le tette della conduttric.. il notiziario. E rimasi così per un
bel po', a dire il vero. Completamente sprofondato nel divano letto,
una t-shirt a caso e i pantaloni della tuta, sonnecchiando come se non
ci fosse un domani.
Solo in quel momento pensai che
potevo finalmente dedicarmi a qualcosa di più costruttivo.
Qualcosa che non facevo da tempo: disegnare. Dopo qualche versaccio
dovuto alla stanchezza, riuscì ad alzarmi. Ci misi un po' per
ritrovare il controllo di ogni parte del corpo, e fra uno sbadiglio e
l'altro, cominciai a ricostruire tutto. Il blocco era nel mio borsone,
insieme al necessario. Decisi di mettermi a letto, perché sarei
stato capace di addormentarmi anche con la matita in mano.
Diedi uno sguardo veloce a Frank
che provava a dormire (sul mio letto), così, velocemente, mi
"arrampicai" fino a raggiungere il materasso. Avanzava un angolino di
spazio, siccome il nostro amico Frodo non solo non era di portentosa
altezza, ma dormiva anche raggomitolato. Piegai la testa su un lato
così da osservarlo meglio, e mi scappò un sorriso. Come
una mamma orgogliosa di suo figlio, bleah. E pensare che gli rimboccai
persino il lenzuolo; ai limiti del ridicolo, sul serio.
Appoggiai il blocco con i foglio
usati e non sulle gambe e cominciai a far scorrere lentamente la mina
della matita sul foglio, tracciando i contorni di un volto. Mi era
mancata quella sensazione: da quando ero al liceo e passavo le giornate
così, all'essere uno che a malapena trova il tempo di farsi una
doccia.
Immerso in un po' nei pensieri, un
po' nell'immagine di lui che dormiva accanto a me e un po' in uno di
quei mie momenti da "genio" incompreso, non mi accorsi nemmeno che
avevo cominciato a disegnare inconsapevolmente Frank. Non ero sicuro di
come fosse successo, ma gli occhi erano i suoi e riuscivo bene a
riconoscerli, con tutte le volte che mi ci immerso. Era già la
terza volta che mi capitava, e dipendere così tanto da una
persona dopo un po' diventa.. frustrante. E' assurdo vedere qualcuno
anche in un foglio bianco. E' impensabile, specialmente per uno come
me, più romantico di un maiale. Feci un respiro profondo e
scacciai tutta l'improvvisa paura che un giorno non sarei riuscito a
fare a meno di noi, e poggiai alla punta del letto i disegni. Per
quella sera ne avevo avuto abbastanza, a quanto pareva.
Mi avviai verso il frigo bar per prendere un bicchiere d'acqua, quando..
-Gee, cos'è questo?- Mi
chiese una voce assonnata proveniente dall'altra stanza. Prese in mano
il quaderno la cui copertina un tempo era bianca, ma adesso era
anch'essa completamente scarabocchiata.
-Oh, no no no!- Gli corsi incontro,
quasi affogandomi con l'acqua. Tossicchiai svariate volte, ma
fortunatamente aprì solo la prima pagina, e con la mia corsa
contro il tempo, riuscì a fermare le sue avide mani che ormai
avrebbero sfogliato anche tutte le 300 e rotte pagine.
-Che c'è di male, sono
disegni!- Sbadigliò, squotendo il capo. Avevo le mani poggiate
sul dorso e sul retro del quaderno, in modo tale da non farglielo
aprire. Una delle sue mani si incontrava anche con la mia, e fu un
momento piuttosto imbarazzante: mi guardava negli occhi come a
chiedermi "che cazzo ci sarà mai qui dentro?" quando invece gli
stavo semplicemente nascondendo un ritratto (chi voglio prendere in
giro.. due ritratti e mezzo) di lui. Mollai la presa, sospirando e
tornando nel mio angolino.
-Fai come vuoi.- Mi strinsi nelle
spalle, abbassando il capo per celare il mio volto che già s'era
fatto un po' rosso. Di solito era lui quello che avvampava.
-Non capisco cosa ci sia di male,
Gee..- Sospirò, sfogliando con aria incantata le varie pagine.
Ancora non era arrivato al punto. Quel punto.
-Niente, è solo un po'
imbarazzante per un trentaquattrenne disegnare ancora fumetti e
supereroi.- Feci spallucce senza alzare minimamente lo sguardo. E mai
l'avrei fatto, a meno che non mi avesse interpellato.
-Gee.. è.. una caffettiera?-
Domandò, indicando un disegno con aria titubante e incerta
Doveva essere un Dalek. Qui più che di artista incompreso si
parla più di soggetto non capace di comprendere.
-Frankie.. dovrebbe essere..
tipo..- Gesticolai un po', indicando di tanto in tanto alcuni tratti
principali del disegno. -Dovrebbe essere una specie di robot.-
Annuì fra me e me, fingendo di fare l'offeso.
-Oh.. bhè, come robot non
è il massimo, ma come caffettiera potrebbe funzionare!- Mi fece
un sorriso di incoraggiamento che sembrava più il sorriso che si
fa ad un ragazzo che pesa 158 chili e vuole diventare il nuovo Nureyev.
Incrociai le braccia all'altezza del petto, guardandolo dal basso verso
l'alto.
-Questa me la lego al dito.- Sbuffai, rivolgendo lo sguardo al finestrino.
-Oh, andiamo.- La sua mano
annaspò fra le bianche lenzuola alla ricerca della mia.
Immediatamente, al contatto delle sue calde dita con le mie gelide, la
mia testa si girò nuovamente nella sua direzione. Mi sorrise,
questa volta più dolcemente, e poi tornò col capo piegato
sui disegni. Sfogliò velocemente varie pagine, e ormai il
momento era arrivato..
-G..G..Gee..- Balbettò. Gli
mancava il respiro, probabilmente. E per com'era fatto, magari aveva
anche le farfalle nello stomaco. Abbassai lo sguardo, ma lui
semplicemente strinse la presa della sua mano. -Cavolo, sono.. sono
io.- Aveva gli occhi lucidi. Non capivo cosa ci trovasse di tanto
bello, emozionante, commovente o qualsiasi cosa vogliate in uno stupido
disegno. Annuì semplicemente, facendo attenzione a non
incontrare mai i suoi occhi. Chiuse lentamente il blocco, ancora senza
fiato e lo poggiò nell'angolo opposto a quello dove stavo io.
-Guardami.- Non suonava né
come una domanda, né come un ordine. Forse perché la sua
voce era troppo dolce per sembrare quella di qualcuno che costringe
qualcun'altro a fare qualcosa, ma l'intenzione era quella. Alzai
comuqnue il capo come mi disse.
-Ti amo.- Boom, un colpo al cuore.
Il fatto che mi stesse guardando negli occhi non fece altro che rendere
tutto ancora più.. speciale. Non ce lo dicevamo spesso, in tutta
sincerità: non è bello quando si finisce a dichiararsi
amore ogni due minuti, perché poi.. in un certo senso, perde il
suo significato. Era una sensazione così bella quando
pronunciava quelle due parole e sentivo ogni singola parte del corpo
tremare, che non ci avrei rinunciato per niente al mondo.
-Anche io ti amo. Mi dispiace se
sono un coglione.- Mi morsi il labbro, arrossendo. Cercai in tutti i
modi di combattere l'istinto di abbassare lo sguardo, perché non
volevo interrompere il contatto visivo per niente al mondo.
Con la punta del naso mi
sfiorò la guancia, lentamente. Schiuse le labbra quanto bastava
a farmi sentire il suo fiato caldo sul collo, dove poi poggiò il
mento. Precisamente nell'incavo, e rimase così per parecchio, a
dirla tutta. Un'attesa che stava diventando insopportabile.
-Ehi..- Sussurrai appena, senza
fiato. Volevo incitarlo a fare qualcosa, perché non ne potevo
più di quell'atmosfera. Come se qualsiasi cosa avesse intenzione
di fare fosse imminente, eppure la stesse lasciando sospesa a mezz'aria
senza motivo. O almeno per un motivo a me sconosciuto, il che era forse
ancora peggio.
La sua mano lentamente
lasciò la mia, ed il suo dito indice fece pressione contro il
mio petto, come se volesse indicarmi di stendermi. Anche quella volta
non feci nessuna opposizione, e senza perderlo di vista, mi abbassai
lentamente.
-Oh.. Dio.- Quelle sue parole
furono più un sospiro. Si mise in ginocchio, tendendo tutto il
corpo in avanti. Sentivo che era vicino, ma non sentivo il suo peso
addosso. Dopo dieci minuti di tortura, le sue labbra sfiorarono
lascivamente le mie. E no, questa non gliel'avrei perdonata: ribaltai
drasicamente i ruoli, trovando finalmente il contatto fisico che
cercavo.
Arricciò le labbra in uno
sgurdo quasi offeso, mentre gli feci solo un sorrisone al quale non
resistette, e dunque ricambiò. Rimasi a guardarlo per qualche
secondo, e improvvisamente poggiai le labbra sulle sue. Affondai le
mani nei suoi capelli, mentre lui si "sfogò" sulla mia schiena.
Se non avessi ancora avuto quella maglia indosso, avrei aggiunto
parecchi altri graffi alla ormai lunga collezione.
Il bacio durò sì e no
cinque minuti, ma a me sembrò appena qualche secondo. A
interromperlo fu lui: le sue mani cercarono il bordo della mia
maglietta, e proprio nel momento in cui stavano per liberarmi da quello
strato di tessuto che in quel momento mi sembrava così inutile..
driiin.
Sentì il cellulare
squillare. Era poggiato sul materasso, così bruscamente lo
afferrai e gli diedi un bacio sul naso senza nemmeno guardare il nome
sul display.
-Vado un secondo fuori, qui non
c'è campo.- Sorrisi, e lui, troppo timido per dire qualsiasi
cosa, ricambiò. Si sedette con le gambe strette al petto nel suo
angolino e rimase a guardarmi: riuscivo a sentire uno sguardo addosso.
La pungente aria di Giugno mi
pizzicava le guance e mi scompigliava i capelli. Il telefono ormai
aveva smesso di squillare, ma avrei richiamato io. Pigiai con il
pollice sul tasto delle chiamate ricevute, e quando quel numero mi
saltò agli occhi, riconobbi subito le ultime tre cifre. Non
persi tempo e richiamai. Squillò sulle due volte, e poi quella
voce mi fulminò.
-Gerard.- Con il solito tono docle e femminile anche quando non lo voleva.
-..Lindsey.- Replicai, altrettanto cordialmente.
-Domani mattina a Piazza San Marco.
So che sei a Venezia, e ci sono anche io. Devo parlarti.- Suonava come
un ordine.. e se la voce di Frank non era capace di darne, la sua ci
riusciva anche troppo bene.
-E'.. è una cosa grave?-
Risentire quel tono ancora mi faceva star male. Avevo le farfalle che
mi vomitavano nello stomaco, e in quel momento avrei solo voluto morire.
-Abbastanza. La fine della vostra storiella, suppongo. Alle sei.-
"La fine della vostra storiella".
Mi lasciai lentamente scivolare a terra con la schiena pigiata contro
il tour bus. Sentivo che le mie ginocchia non avrebbero resistito a
lungo, perciò sentì il bisogno di sedermi.
-Sei del.. pomeriggio?- Domandai, sempre più intimorito.
-Del mattino. Ci si vede.-
Attaccò senza nemmeno darmi la possibilità di replicare,
e sapevo che quella sarebbe stata una lunga, lunga, lunghissima nottata.
------------------------------
Olè, ciao a tutti. <3
Avrei da dire che, come avrete
capito, la fic è ambientata in Italia, questa volta. Per adesso
a Venezia, ma poi il circo si sposterà, lol.
Le date del tour sono inventate..
se avessero fatto tutte le tappe Italiane che la storia prevede, penso
che quest'estate sarei stata veramente molto poco a casa mia.. <3
E poi boh °O° diciamo che
mi dispiace un pochetto far passare Lindsey come l'ultima delle
stronze, un po' perché ascoltavo i Mindless ancora prima dei
MCR.. *si sotterra* Ah, e poi.. la scena degli oli è ispirata alla 3x06 di Skins (<3), ehehe.
Vaaaaaabè. Spero vi sia
piaciuta. :3 Leggete (checcazzodico, se siete arrivati qui avete
letto..), recensite, fato quello che volete, yo. <3
PACE, AMORE E UNICORNI.
Baci, xMN. (MI ERA MANCATEIOFJERIGRE. <3)
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