Salve. XD
Non sono affondata in un pozzo, anche se forse qualcuno lo ha pensato.
Torno qui, dopo mesi... quasi un anno, tentando di ripostare qualcosa.
Un tentativo di scrivere qualcosa di decente... probabilmente vano, perchè ormai è da tempo che mi sembra
di scrivere solo cose "vuote". Ammetto che è piuttosto deprimente. Ho
riaperto e chiuso word tanto spesso da averne avuto la nausea. XD
Eppure il pensiero di queste storie interrotte mi crea un profondo
dispiacere, forse perchè nonnostante tutto a me scribacchiare piace.
Bhe, spero che il capitolo non sia tanto penoso. E' il meglio che sono
riuscita a fare XD
La furia
mi
pervase, trascinandomi in quella lotta, senza esclusione di colpi. E
mentirei
se non ammettessi che, in parte, la gelosia mi rese ancor più violento,
mescolata com’era al terrore. Perché la mia Bella aveva ceduto a quel
vampiro,
che sarebbe stato pronto ad affondare in lei i suoi canini, a
strapparle ciò
che io avevo protetto, sin dalla sua nascita. Cosa lui poteva avere più
di me?
Perché quei sorrisi e quella complicità che a me aveva ormai negato, da
tempo? Perché
lui? Perché non io? Ero incapace di comprenderlo, accecato da quel
senso di
perdita e sconfitta che, in quell’istante, sfogavo su Matt; godendo di
ogni
grugnito di dolore che abbandonava le sue labbra, ignorando le grida di
Bella,
il suo terrore che potevo percepire distintamente nell’aria. Proprio
come il
mio nemico, distratto dal profumo floreale della mia mezza vampira.
Mia.
Perché Bella
lo era sempre stata, malgrado io mi rifiutassi di ammetterlo anche a me
stesso.
Avevo chiuso gli occhi per non scorgere ciò che era palese a tutti.
Avevo
disseminato la mia strada di trappole, per impedire a me stesso di
avvicinarmi
realmente a lei, giustificando la mia folle gelosia; sebbene agli occhi
di
tutti fosse palese la realtà. Ma lei, cosa aveva potuto pensare?
Aveva scorto
in me il noioso fratello maggiore, che tentava di privarla della sua
libertà?
Oppure aveva
compreso ciò che io avevo tentato di nascondere, goffamente?
Non ne avevo
idea ed in quell’istante non me ne curai, affondando i canini nella
spalla del
vampiro, nel tentativo di stordirlo, privandolo della sua linfa vitale,
abbastanza da rallentarlo. Ma non fu necessario. Percepii
immediatamente il
profumo dolce del sangue saturare l’aria, quando una carcassa di un
cervo
crollò accanto ai nostri corpi avvinti, costringendo entrambi ad alzare
il
capo. Pur consci che una qualsiasi distrazione sarebbe stata fatale,
inebriati
dalla lotta, il sangue ci attirò come delle falene ad una lampada,
permettendo
a Velia di dirottare la nostra attenzione lontano dallo scontro.
La baruffa
continuò, ancora per qualche istante, mentre entrambi tentavamo di
allontanarci, aggrappandoci a quell’istinto di sopravvivenza, insito
nella
nostra razza.
Perché sono un mostro,
sempre e solo un
mostro. Un mostro che si aggrappa ad una parvenza di civiltà. – mi ripetei, per l’ennesima volta, nuovamente
faccia a faccia con quella realtà che tentavo tanto spesso di ignorare.
Perché
fingere
di non scorgere la verità è molto più semplice che accettare una
consapevolezza
dolorosa.
O forse io sono
semplicemente un vigliacco.
Tornai in me
solo dopo essermi nutrito di una creatura dei boschi, sotto lo sguardo
colmo di
disapprovazione della vampira, assalito dai suoi pensieri confusi. Non
la
biasimai quando scorsi nella sua mente quello che credeva essere il
motivo di
quello scontro: Bella, le tue attenzioni, il suo cuore. Non sottolineai
quanto
fosse in errore, almeno sino a quando non fu un afflitto Matthias a
rivelare l’origine
dello scontro, con quelle parole cariche di tensione che abbandonarono
le sue
labbra esangui. Potevo distintamente percepire il disgusto che provava,
verso
se stesso. La delusione, la sensazione opprimente che comprimeva il suo
petto.
E rividi attraverso i suoi ricordi il volto cereo di Bella, la paura
che
trasudava dalle sue parole, il panico e le lacrime che avevano solcato
il suo
viso delicato. Rivissi tutto, stringendo i pugni, per costringermi a
non
scagliarmi nuovamente su di lui. Osservai ognuna di quelle immagini,
conscio
fosse in parte colpa mia. Io l’avevo spinta a fuggire, con il mio
atteggiamento
oppressivo. Io l’avevo resa incauta.
«E’ stato un
incidente.» mormorai, sorprendendo i miei due silenziosi compagni e
anche me
stesso.
Non avrei
voluto dimostrarmi tanto indulgente Una parte di me avrebbe voluto
assalirlo,
ribadirgli quanto fosse inadatto a Bella, a causa del suo scarso
controllo, di
quella sua natura che probabilmente non avrebbe mai mutato. Si nutriva
di
umani, no? Eppure come avrei potuto? Io stesso non avevo indugiato in
quel
comportamento riprovevole, per anni, prima di accettare di seguire
Carlisle?
Prima di scorgere il mostro che si celava al di là delle mie apparenti
umane
fattezze? Fu per tale motivo che non fiatai, aggrappandomi alla
consapevolezza
che avrei ben presto trascinato Bella lontana da quella casa, da quello
sciocco
ragazzetto. Sarebbe bastato narrare ciò che era accaduto, per avere il
consenso
della mia famiglia. Nessuno avrebbe potuto biasimarmi.
Nessuno ad
eccezione di Bella.
«Dovremo
fare ritorno a casa. Non vorrei si preoccupasse.» commentai atono,
conscio di
quanto testarda ed ostinata lei potesse essere. Ed infatti, quando
avevo
recuperato il controllo di me la meraviglia aveva preso il sopravvento,
una
volta appurata la sua assenza. Si era allontanata, esortata da Velia,
forse
conscia di essere una tentazione ed uno stimolo a quella lotta, con il
delizioso profumo del suo sangue. Ma come avrebbe reagito a tutto ciò?
Avrei tanto
desiderato saperlo.
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Pov Bella
Tremante
osservavo l’imbocco della foresta, con i palmi sudati e quella
sensazione oppressione
al petto, che non pareva volermi abbandonare, in alcun modo. Le
immagini
riecheggiavano nella mia mente, condite da quei ringhi furiosi,
dall’eco delle
mie stesse urla, dal mio terrore. Un terrore che, anche in quel
maledetto
istante, non pareva volersi dissipare, malgrado la consapevolezza che
Velia
avrebbe certamente risolto ogni cosa.
Ero stata
così sciocca, così avventata ed anche così dannatamente spaventata.
Non avevo
mai pensato alla mia morte, forse conscia dell’immortalità che
contraddistingue
la mia natura. Protetta dalla mia famiglia avevo sempre dato per certo
che
nulla avrebbe potuto ferirmi, che loro avrebbero vegliato su di me; che
sarebbero sempre accorsi in mio aiuto.
Ed io mi ero
aggrappata a quella pretesa di autonomia, senza mai prendere realmente
le distanze,
affidandomi a loro, come una bambina nel buio, consolata dalla presenza
dei
suoi genitori, a cui non può fare a meno di tendere la mano, quando la
paura si
fa largo nella sua mente.
Ero stata
così ingenua a credere di bastare a me stessa.
Così
infantile.
Se solo…
Alzai il
viso di scatto, puntando i miei occhi scuri sulle tre figure che si
avvicinavano meste, lasciando scivolare lo sguardo su ognuno di loro,
indugiando su Edward e su Matt che, coperti di terra e sangue,
apparivano più
mal ridotti di quanto non fossero in realtà. Ma non fu questo a
turbarmi o a
soffocare nella mia gola quel sospiro di sollievo che mi stava
sfuggendo. Fu il
volto inespressivo di Edward ed il dolore che distorceva i tratti di
Matthias.
Una delusione per uno, una sofferenza per l’altro.
Bel colpo Bella.
«State…
bene?» mormorai, con voce gracchiante, pronunciando quelle parole così
vacue e
scontate da vergognarmi, mentre tentavo di frenare i miei piedi, per
impedirmi
di correre loro in contro, tuffandomi nelle braccia di Eddi, inspirando
il suo
profumo, che avrebbe certamente domato i tremiti nel mio corpo scosso.
Perché per
quanto mi sarebbe piaciuto negarlo, quella sarebbe sempre stata la mia
reazione.
Il mio
sguardo si sarebbe sempre puntato su di lui, anche in una stanza
affollata.
I miei occhi
lo avrebbero cercato.
Le mie
orecchie avrebbero sempre riconosciuto il timbro melodioso della sua
voce.
Il suo
profumo mi avrebbe sempre guidata verso di lui.
In quel
momento mi chiesi se sarei mai riuscita ad allentare la presa che lui
aveva su
di me. Se mi sarei mai liberata della sua presenza ingombrante che, pur
non
volendo, era divenuto l’incontrastato possessore del mio cuore.
Perché non
era questo ciò che lui desiderava.
Mi volevo
bene, certo. Non avevo mai dubitato di questo.
Ma non era
quel tipo di affetto che io cercavo. Non era quel tipo di affetto che
ottenebrava la mia mente, che mi strappava quelle lacrime versate nel
silenzio
della mia camera.
«Stanno
bene. – confermò Velia, con un sorriso stentato, probabilmente
imbarazzata
dall’accaduto e preoccupata per Matt, che continuava a fissare il
suolo, quasi
in attesa di scorgere la voragine che avrebbe potuto inghiottirlo.
Eludeva il
mio sguardo, ben attento a non incrociare i miei occhi, forse temendo
il
biasimo che avrebbe potuto leggere in essi. Il terrore. Ed io… bhe, non
sapevo
cosa provare per lui. Paura? Riluttanza? Comprensione? Dio, non ne
avevo la
minima idea. – Ci daremo una ripulita in casa e poi discuteremo di
tutto questo
con calma. Magari davanti ad una tazza di thè caldo. » continuò lei,
impacciata,
con quell’espressione apprensiva che pareva dubitare della mia
stabilità. Che
temesse potessi scoppiare in singhiozzi, da un istante ad un altro? O
forse uno
svenimento? Io avrei scommesso sul secondo, considerando quella
sensazione di
vuoto, dovuto allo shock, che attanagliava la mia mente.
Ero confusa.
Frastornata.
Scossa.
E desiderosa
di un caldo e rassicurante abbraccio.
Sono proprio una bambina.
– mi ammonii, mentre il mio sguardo speranzoso
scivolava su Edward che, con le labbra serrate, pareva essere sul punto
di
esplodere.
«Noi
torniamo a casa.»
Quelle
parole pronunciate improvvisamente riecheggiarono nell’aria, riempiendo
l’improvviso
silenzio, calato su di noi. Avrei dovuto immaginarlo. – mi dissi,
battendo le
palpebre, ugualmente sorpresa. Almeno sino a quando il mio cervello non
decise
di collaborare, riportando a galla quella latente ostilità che, negli
ultimi
anni, caratterizzava le mie conversazioni con Edward. Quella ostilità
alla
quale mi aggrappavo, per celare i sentimenti ben diversi che dentro di
me si
agitavano. Una tattica infantile, forse.
«Come?» gracchiai, assottigliando gli occhi, sfidandolo a
ripetersi.
«Io e Bella
torniamo a casa. – ribadì, senza alcuna riluttanza, imperturbabile,
anche dinanzi
all’aria ferita di Matthias o le mie labbra dischiuse in una posa
palesemente
indignata. Ma non se ne curò, deciso ad ignorarmi, quasi io non fossi
altro che
un patto da riportare a destinazione. – Inutili salamelecchi non
cambieranno
nulla. E’ stato un incidente, ciò non toglie che non ho intenzione di
assistere
a nulla di simile. C’è mancato poco, dannatamente poco.» brontolò cupo,
serrando il pugno con forza e mi parve quasi di poter percepire il suo
desiderio di voltarsi e sferrare un colpo contro l’albero. O, con
maggiori
probabilità, contro il mio amico.
Il mio amico.
Matthias.
Lui che mi aveva supportata e coccolata.
Lui che mi aveva sorriso e teso la mano, malgrado
le nostre differenze delle nostre nature.
Mi aveva
quasi attaccata, stravolto dalla fame.
Aveva
aggredito il mio Eddy, in risposta alla sua intrusione.
Aveva perso
il controllo.
Eppure, in
quell’istante, non mi era mai parso tanto umano, scosso dal rimorso.
Bisogno di
rassicurazioni che non avrei mai potuto negargli.
Perché
l’amicizia
è anche questo, sebbene il nostro fosse un caso piuttosto atipico.
Perdonare
gli errori.
Comprendere.
Talvolta
chiudere gli occhi ed accettare ciò che non si può mutare. E, bhe, io
non avrei
mai potuto cambiare Matthias o la sua natura. Ma gli avevo sorriso, la
prima
volta, ben conscia di cosa vi fosse al di là di quell’espressione
allegra.
Quella creatura ferina che era presente anche in me, sebbene solo in
parte.
Che era
presente in tutte le persone che amavo, compreso l’uomo che avrei
desiderato al
mio fianco per l’eternità.
Perché per i
vampiri l’amore è eterno.
Il fulcro
della loro lunga esistenza. Quella mano tesa, sempre.
Quella
passione bruciante.
Quella
presenza costante.
Ciò al quale
io tendevo, invano. – rimuginai, ignorando il groppo nella mia gola,
consapevole fosse inutile indugiare in simili pensieri, soprattutto in
quell’istante.
Forse non
avrei mai potuto ottenere da Edward ciò di cui avevo bisogno.
Forse avrei
dovuto rinunciare a lui e alla sua presenza, che avrebbe
inesplicabilmente portato
a galla quei sentimenti.
O forse un
giorno mi sarei presentata alla sua porta, vestita solo della mia
pelle, per
costringerlo ad accettare che, dinanzi a sé, non aveva più una
ragazzina.
Molti forse,
poche certezze.
Ma di una
cosa ero più che sicura. Non gli avrei permesso di allontanarmi da
Matthias o
infangare la nostra amicizia.
«Edward, non
essere infantile. Non intendo scappare come una bambina, scattando al
tuo
ordine.»
«Avrei
dovuto immaginarlo. – sibilò a mezza bocca, rivolgendomi un’occhiata
truce, che
mi permise di comprendere che mi avrebbe trascinata via anche con la
forza, se
necessario. – Ma i tuoi genitori credo non sarebbero felici di saperti
qui.
Dopo ciò che è accaduto.» concluse, sorridendo stranamente perfido,
compiaciuto
delle sue certezze.
Troppo
compiaciuto per i miei gusti.
Fu quella
sua espressione ghignante ad istigare quella parte di me tutt’altro che
matura.
E fu quello
a strapparmi quelle parole che, in altra occasione, non avrei mai
pronunciato.
Fu il mio
desiderio di pareggiare i conti, da sciocca bambina vendicativa quale
ero, ad
alimentare quei dubbi che costantemente lo affiggevano.
«Se
mi fossi ferita, in un bosco, cacciando
insieme a te… anche tu mi avresti aggredita.»
Fu la mia
stupidità ad allontanare Edward, per quello che mi parve un tempo
infinito…
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