Aroma di tabacco, acqua di colonia, sapore di cuoco
[
Prima classificata allo «Smells
contest: odori da raccontare» indetto da Starhunter
]
Titolo: Aroma di
tabacco, acqua di colonia, sapore di cuoco
Autore: My
Pride
Fandom: One
Piece
Personaggi principali: Roronoa
Zoro, Sanji Black-Leg
Elementi: Sigaretta,
Camera d’albergo
Tipologia:
One-shot [ 1565 parole ]
Genere: Generale,
Sentimentale, Vagamente Erotico (?), Vagamente malinconico (?)
Rating: Giallo
/ Arancione
Avvertimenti: Shounen
Ai,
Slice of life, Linguaggio a tratti un po’ colorito, What
if?
Binks
Challenge: 9° Albergo
› 1° Odio
Prompt: 9°
Argomento: Clima › Temperatura
La sfida dei duecento prompt: 8.
Sigaretta
ONE
PIECE ©
1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.
Sigarette e
acqua di colonia.
Sigarette e acqua di colonia, era
quello il perenne odore che Sanji si portava dietro. Ormai Zoro aveva
imparato
a conoscerlo e a distinguerlo fra mille altri, quasi fosse una sua
singola
particolarità, sebbene sapesse con estrema certezza che non
era esattamente
così. Non era di certo l’unica persona al mondo
che, per nascondere il
terribile fetore di una sigaretta, si faceva letteralmente il bagno in
un
prodotto dall’odore ancor peggiore. Però aveva
anche imparato ad apprezzarlo,
doveva essere sincero con se stesso.
«Ah, perché non ho
potuto dividere
la camera con Nami-swan e Robin-chwan
~♥».
Peccato che certe volte, proprio
come in quell’esatto momento, lo detestasse.
Nelle sue orecchie, le lamentele
del cuoco avevano sovrastato il suono scrosciante della pioggia che
picchiettava contro i vetri delle finestre - il che era a dir poco
pazzesco,
dato il violento acquazzone che imperversava al di fuori di
quell’alberghetto
-, e a nulla era valso tentare di concentrarsi semplicemente sulla
propria
meditazione. Come poteva anche solo pensare di farlo,
d’altronde, se le
sciocche chiacchiere del cuoco su quella strega e
l’archeologa non facevano altro
che tartassargli il cervello?
Quell’odore nauseabondo
sembrava
avvolgerlo come se fosse una nuvola, ma il cuoco, essendone ormai
assuefatto,
pareva non farci caso più di tanto, alternando le lunghe
boccate di fumo nocivo
a qualche altra lamentela. Era come un disco rotto, ormai, e Zoro aveva
resistito fin troppo.
«Vuoi piantarla o no, stupido
cuoco?» sbottò, alzando giusto una palpebra per
gettare uno sguardo nella sua
direzione. Se ne stava seduto sul bordo del letto, con lo sguardo
rivolto alla
finestra e i denti impegnati a mordicchiare il filtro della sigaretta.
Nel sentirsi chiamare, però,
Sanji
si voltò parzialmente verso di lui, abbozzando un mezzo
sorriso sarcastico. «Ti
do per caso fastidio, spadaccino?» ironizzò,
afferrando poi il posacenere per
spegnere al suo interno la cicca prima di allungarsi verso il pacchetto
di King
O Ground L.
«Le tue lagne e quella
porcheria
che fumi in continuazione mi deconcentrano»,
bofonchiò Zoro in risposta,
guadagnandoci soltanto una sonora risata.
«E dire che alcuni la
considerano
l’emblema del piacere, marimo».
«Quale idiota potrebbe pensare
una
cosa simile?»
Nel sentirlo, Sanji sbuffò.
«Ma tu
cosa puoi capirne, spadaccino», rimbeccò,
portandosi la nuova stecca alle
labbra e mantenendola con i denti; afferrò poi un fiammifero
e, sfregando la
capoccia sul lato della scatola, lo accese prima di avvicinare la
fiamma
all’estremità della sigaretta, inalando fino in
fondo. «Per te il piacere si
riduce all’uso, alla cura e al maneggiamento delle tue
spade», gli disse poi tra
la creazione di un anello di fumo e l’altro.
«Non si riduce soltanto a
quello,
idiota d’un cuoco», borbottò Zoro,
sebbene dovette ammettere a se stesso che,
aye, Sanji aveva decisamente colto nel segno. Non aveva molte altre passioni oltre
l’arte della spada e
della meditazione, lui, anche se da un po’ di tempo a quella
parte la sua nuova
passione portava un ridicolo completo da damerino e possedeva un
altrettanto
ridicolo sopracciglio a ricciolo. Non sapeva se considerarsi a sua
volta un
idiota o rassegnarsi all’accettazione di quel loro modo
bizzarro di essere una coppia.
Ma era poi giusto definirsi
così, con il cuoco che non faceva altro che sospirare per le
uniche donne a
bordo? Ad essere sincero, non sapeva nemmeno questo.
A quei suoi stessi pensieri, Zoro
masticò qualcosa fra i denti e decise di dare le spalle al
cuoco, che per tutta
risposta si alzò dal proprio letto per raggiungerlo. Si
sedette al centro del
materasso, schiena contro schiena, la testa rivolta verso il soffitto
come se
volesse seguire con gli occhi la scia di fumo della sua sigaretta.
«Andiamo,
stupido marimo, non ti sarai mica offeso», esalò
ilare fra una boccata e
l’altra. «Non credevo fossi così
sensibile».
«Ci vuole ben altro per
offendermi, cuoco da strapazzo», replicò Zoro,
gettandogli una rapida occhiata
al di sopra della spalla. Non osò muoversi, e nemmeno seppe
il perché;
nonostante l’odore di sigaretta e acqua di colonia che
avvolgeva il cuoco - il suo
odore, rettificò nell’immediato il
suo cervello -, aveva come la netta sensazione che, se si fosse
allontanato da
lui anche solo di un millimetro, avrebbe rotto quel bizzarro equilibrio
che si
era creato fra loro.
Sanji sorrise, ridacchiando subito
dopo. «E per fortuna, direi», ironizzò.
«Sarebbe stato ancor più deprimente starsene
chiuso in una camera d’albergo con uno spadaccino musone. Non
che sia poi una
così gran novità, a ben pensarci...»
aggiunse, venendo colpito dietro alla nuca
dalla testaccia dura del suddetto spadaccino, che ignorò
volutamente le sue
lamentele e rimostranze.
«Hai voglia di litigare,
sopracciglio a ricciolo?»
Massaggiandosi frettolosamente il
punto colpito, Sanji scosse appena il capo. «Nah... stasera
non mi va di
discutere con te», replicò poi in un mezzo
sospiro, traendo subito dopo una
lunga boccata dalla sua sigaretta. «Ho ben altro a cui
pensare».
«Tipo avvelenarti con quella
merda?» sbottò Zoro, al che Sanji si
lasciò scappare un nuovo sbuffo ilare,
come se la cosa fosse divertente. Però non lo era affatto,
accidenti.
«Sarebbe
un’idea», rimbeccò,
alzandosi solo per gettare un po’ di cenere prima di tornare
seduto sul letto
dello spadaccino. «Però fumo da così
tanto tempo che quasi mi chiedo se
facciano effetto davvero, queste sigarette. Non mi ricordo nemmeno
quando ho
iniziato».
«Certo che hai davvero dei
brutti
vizi, cuoco».
«Ma sentitelo, lo
spadaccino»,
sbuffò Sanji. «Non accetto critiche da un tipo che
ha un vizio ancor peggiore,
sappilo», ci tenne a precisare, mordicchiando stancamente il
filtro della
sigaretta. A ben pensarci, nessuno dei due avrebbe potuto metter parola
sul
vizio dell’altro; lui fumava come una ciminiera, Zoro beveva
sakè come se fosse
acqua fresca... già, erano entrambi sul filo del rasoio, su
quegli argomenti.
Sanji socchiuse di poco gli occhi,
lasciando che le assurde repliche dello spadaccino lo cullassero, quasi
si
fosse trattato di una bassa nenia composta solo per lui. Si
concentrò poi sul
picchiettare della pioggia, sulla morbida consistenza di quel
materasso, sul
calore che la schiena dell’altro donava al suo corpo,
inalando fino in fondo
quel veleno che aveva fra le labbra.
Forse uno dei motivi per cui
fumava, per cui gli piaceva sentire quel nauseante odore mescolarsi con
l’acqua
di colonia che utilizzava, era che sentiva che gli sarebbe mancato
qualcosa, se
non l’avesse fatto. Qualcosa di insignificante,
probabilmente, ma non inalare
quel fumo nocivo sarebbe stato un po’ come impedirgli di
respirare, ormai. Ed
era per quel motivo che, per quanto gli dicesse di continuo di
piantarla con
quelle sigarette, Zoro lo lasciava semplicemente fare. Comprendeva che
per lui
erano come un pressante e vitale bisogno.
«Ohi, cuoco», lo
chiamò d’un
tratto Zoro, risvegliandolo dai quei suoi più disparati
pensieri. Sanji sbatté
appena le palpebre prima di voltarsi un po’ verso di lui,
venendo ben presto
afferrato per il collo da un braccio possente e muscoloso che quasi
rischiò di
strozzarlo.
Tra un’imprecazione e
l’altra,
calci a piedi nudi e tirate di guance come se fossero dei dannati
mocciosi, i
due si ritrovarono a rotolare sul letto l’uno sopra
l’altro, tirandosi dietro
anche le pesanti lenzuola che coprivano il materasso. Con una mano
premuta
contro il mento dello spadaccino, in modo da poter tenere il
più lontano
possibile da sé il suo brutto muso, Sanji assunse
un’espressione incavolata e
lo fissò attento, sferrandogli un calcio svogliato allo
stomaco senza curarsi
del suono soffocato che l’altro si lasciò
sfuggire. «Ma tu non dovevi meditare,
spadaccino?» sbottò, e la mano gli venne
allontanata con uno scatto secco, costringendolo
a tenerla contro il letto ormai sfatto.
«Per temprare la mente bisogna
temprare anche il corpo, sopracciglio a ricciolo»,
rimbrottò Zoro, e il ghigno
che gli si disegnò sulle labbra al cuoco non piacque per
niente. «E allenarsi
nella tecnica è dunque essenziale per
migliorarsi».
«Per te ogni scusa
è buona per
attentare al mio culo, marimo, ma stasera caschi male».
«Vogliamo scommettere, cuoco
da
strapazzo?»
Sanji lo fulminò
immediatamente
con lo sguardo, pronto a sferrargli l’ennesimo calcio della
serata senza neanche
perdere tempo in chiacchiere. Non ebbe nemmeno il tempo di alzare un
piede,
però, che si ritrovò chissà come
ribaltato sul letto, dando così la schiena
all’altro; sentì la mano di quell’idiota
palparlo in mezzo alle cosce senza tanti
complimenti, e strabuzzò gli occhi, incredulo, tentando poi
di allontanarlo non
appena la mente riuscì a mettere insieme una parvenza di
pensiero razionale. «Frena,
frena, frena!» sbraitò a denti stretti,
maledicendosi ben presto quando dalle
sue labbra sfuggì un sospiro di voluttà che
rischiò quasi di fargli cadere la
cicca. Dannato spadaccino! L’avrebbe ucciso, parola sua!
Sanji l’aveva pensato, certo,
ma
erano rimaste solo minacce a vuoto, le sue. Con l’odore della
sigaretta che
andava mano a mano scemando, lo scrosciare della pioggia contro i vetri
che
batteva sempre più insistente e i loro ansiti che avevano
cominciato a riempire
la stanza come una bassa melodia imbarazzante, il cuoco
scoprì a sue spese che
c’era qualcosa in cui nessuno, neanche lui, avrebbe mai
potuto battere
quell’idiota: il modo in cui riusciva ad incastrare il suo
allenamento e il
sesso con facilità, quasi fossero due elementi complementari
della stessa
disciplina, e a far cedere lui anche contro voglia, accidenti.
«Ohi, cuoco da
strapazzo».
«Non ti facevo
tipo da chiacchiere dopo una scopata, stupido marimo».
«Och,
sta’ zitto e spegni quella porcheria. Mi stai
asfissiando».
«Ma se
l’ho appena accesa, pervertito di merda!»
_Note conclusive (E
inconcludenti) dell'autrice
Questa
storia è stata scritta per lo
“Smells contest: odori da raccontare”
indetto da Starhunter, e si è stranamente classificata Prima
Per una volta che volevo
scrivere una storia seria e malinconica su One Piece, ecco che me ne
esco di
nuovo con le mie assurdità. Non è colpa mia,
purtroppo... il fandom e i due
zucconi che uso maggiormente fanno sì che io mi ritrovi a
scrivere cose assurde
con un pizzico di sarcasmo. Volevo anche sfociare nel rating rosso,
però... *Si
ripara
dietro alla prima cosa che le capita a tiro, così da evitare
lanci di pomodori soprattutto per non aver descritto la lemon* Scleri
miei a parte, spero che anche questa piccola storia vi sia piaciuta ;)
Ne approfitto anche per fare un pochino di pubblicità -
l'angolo pubblicità non può mancare x) - e invito
chi
fosse interessato a fare un salto su Tales
of sea: Mermaid's story, storia che
sto scrivendo insieme alla mia nipotola Red
Robin :3
Alla
prossima. ♥
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Farai felice milioni di
scrittori.
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