You
are so beautiful to me.
Percorrevo
con lo sguardo la sua schiena diafana cosparsa di nei, tracciando
linee perfettamente geometriche in quella sua geometrica perfezione,
triangoli, trapezi, rettangoli e spirali e cerchi e armonie, mentre
con la punta delle dita accarezzavo il suo braccio morbido dalla
spalla al polso, soffermandomi nell'incavo del gomito, permettendomi,
di tanto in tanto, di sfiorare anche le dita lunghe e affusolate
delle sue deliziose mani da pianista, intrecciandole per qualche
istante con le mie, e poi via, di nuovo su, verso la spalla che dolce
faceva da ponte tra il braccio e il collo candido, morbido,
profumato, ancora segnato dai miei baci avidi.
Non
riuscivo, non potevo dormire,
rischiando così di perdere anche quel lato di lei, lei che,
silenziosa, innocente, inconsapevole, mi era entrata dentro
così
profondamente da sconvolgere totalmente e definitivamente la mia
anima, rendendola inevitabilmente sua.
Aveva
preso il mio cuore e l'aveva sradicato, strappandomelo dal petto, ma
mite, con dolcezza, senza forza; era stato un dolore dolce,
accompagnato dal piacevole, gradito, amato
torpore dei sensi che solo l'amore concede. Mi aveva svuotato
così,
provandomi di ogni egoismo, ma senza tuttavia lasciarmi
effettivamente vuoto. Ero pieno di lei, così come lei era
piena di
me.
Mi
venne da ridere, al pensiero che a ragionare così ero io,
proprio io
che sempre avevo manifestato il mio scetticismo nei confronti di
quello stupido –
come probabilmente io ero all'epoca – amore che tutti
proclamavano,
snobbando grandi autori, definendo addirittura stolti Giulietta e
Romeo che per amore avevano rinunciato alla loro vita, in un
atteggiamento tipico di chi ancora non è altro che un acerbo
frutto
dell'albero della vita che ancora ha da maturare, da capire, da
sapere, da scoprire, da sperimentare, da imparare, da provare.
Sorrisi,
quasi con pietà, biasimando l'infantile ignoranza di chi non
è
bambino perché pura innocente creatura capace di vedere
tutto, di
vedere oltre, di amare senza confini, ma perché ancora ha da
crescere, ecco, crescere, ma crescere dentro, non fuori, ché
fuori
si cresce tutti, ma dentro è un'arte di pochi, quella di
maturare ed
amare come bambini, ma bambini davvero.
Mormorò
qualcosa d'incomprensibile, voltandosi leggermente nella mia
direzione, lasciandomi vedere il suo volto disteso e rilassato,
tipico di quando, bambina imprigionata nel suo meraviglioso corpo di
donna, si lasciava andare al sonno che tentatore la chiamava,
invitandola e trattenendola nel suo fantastico mondo fatto di sogni e
meraviglie e fantasia. Osservai incantato la sua bocca leggermente
dischiusa, con il labbro inferiore un po' più pieno del
superiore,
gli occhi chiusi, il petto che, coperto dalle lenzuola azzurre, si
alzava ed abbassava dolcemente, a intervalli regolari, donando anche
a me un vago senso di pace, i capelli neri ad incorniciare
quell'imperfetta perfezione di pelle candida, tinta di rosa sulle
gote che, quando sveglia e colta dall'imbarazzo, s'imporporavano d'un
dolce rossore che se possibile la rendeva ancor più bella ai
miei
occhi.
Avvicinai
lentamente il mio viso al suo zigomo, mentre ancora tracciavo il
profilo del suo arto con delicatezza, ed accarezzandola ancora con le
dita percorsi con le mie labbra la sua mandibola dalla linea dolce,
raggiungendo l'angolo della bocca dove indugiai per qualche istante.
Ero
tentato di baciarla, così, mentre ancora dormiva e in questo
modo
svegliarla, e finalmente essere in pace, con l'anima, col corpo, e
non solo coi sensi, ma resistetti. Non la baciai. Continuai
semplicemente a sfiorarla delicatamente, quasi cullandola con le mie
carezze e speravo amore, amore mio, fai bei
sogni, te ne
prego, fai bei sogni, sogna, e sii felice, lì, e magari
sognami,
eh?, e amami anche in sogno, come fai da sveglia, e nel sogno stai
tranquilla, che dalla realtà ti proteggo io, te lo giuro, te
lo
prometto, ti proteggo io.
Le
mie dita, lievi, si spostarono e sfiorarono il suo fianco, il suo
fianco di donna, diafano come tutto di lei, e giù, fino
all'inizio
delle gambe, e di nuovo su, alla spalla, e poi il collo, e la
mandibola, e le guance, e giù, di nuovo, il braccio, il
polso, le
dita, il palmo, la spalla, il fianco, la schiena, l'incavo del collo,
in una danza infinita e dolce e piacevole che accompagnava l'alba,
cullava lei e il sole che spuntava, che insolente quasi quanto le mie
mani fameliche s'infilava a forza tra le persiane, rischiarando la
stanza, avvolgendo le nostre figure, illuminandola, ma non
illuminando me che, per brillare, ma brillare davvero, avevo bisogno
dei suoi occhi.
Sorrise
nel sonno, o forse finalmente sveglia, ed io sorrisi di rimando,
continuando a sfiorarla, a toccarla, ad accarezzarla, a farla mia in
quell'intimo innocente gesto.
Si
avvicinò a me, cercando rifugio nelle mie braccia che la
strinsero
dolcemente, ma smaniose, con sicurezza, proteggendola.
Lasciò
un delicato bacio sul mio petto nudo, e poi su, respirando sul mio
collo per un qualche infinito secondo, prima di posare anche
lì le
sue labbra calde, e mi ritrovai costretto a reprimere un brivido,
seppur con scarsi risultati.
«Buongiorno»
sussurrai.
«Vorrei
poterlo augurare anche a te, ma ho come la sensazione che tu non
abbia neanche preso in considerazione la mia buonanotte, quindi non
ne vedo l'utilità» mormorò, con la voce
ancora impastata dal
sonno, ma già dolce, delicata.
Sorrisi.
«Be', auguramelo lo stesso. Ne farò tesoro, te lo
prometto».
«In
questo caso..».
Fece
leva sul gomito e si sollevò alla mia altezza, sorridendomi
in quel
modo solo suo, sollevando un solo angolo della bocca scoprendo una
parte dei denti bianchi ed arricciando il piccolo naso.
«Buongiorno»
soffiò sulla mia bocca.
La
baciai, un dolce e continuo sfioramento di labbra, almeno
finché non
persi la cognizione del tempo e dello spazio. Mi feci largo nella sua
bocca lentamente, senza fretta, ed intrecciai le nostre lingue che si
riconobbero ed iniziarono a ballare una danza familiare, ma
totalmente nuova.
Le
sue mani vagavano sul mio petto, sulle mie spalle, sul mio collo, e
finirono per intrecciarsi nei miei capelli, stringendoli. Le mie si
fermarono finalmente sulla sua schiena, e lì restarono,
stringendola, come per dirle amore, amore mio, te l'ho detto,
stai
tranquilla, ti tengo io, non ti spezzi, ti tengo io.
«Ho
sognato una cosa bellissima» mormorò appena sulle
mie labbra,
sfiorandole ad ogni lettera, provocando una scarica elettrica che
percorse la spina e dorsale su e giù, andata e ritorno,
esplosione
nucleare e infinito silenzio.
Sorrisi.
«Racconta».
Si
allontanò appena, coprendosi con il lenzuolo fino al collo.
«Eravamo
al mare, sulla spiaggia davanti alla casa dei tuoi genitori, e tu mi
preparavi un panino buonissimo da mangiare sugli scogli, poi
succedeva altro, ma me lo sono dimenticato».
«Si
può fare» risposi, accarezzandole la guancia.
«Cosa c'era nel
panino?».
«Non
ricordo» mugugnò, stiracchiandosi.
Ridacchiai.
«Ti amo perché ricordi i sogni sempre e solo a
metà».
Sbuffò
divertita e portò il suo corpo a combaciare con il mio,
pelle contro
pelle, il suo seno contro il mio petto, risvegliando in me istinti
mai realmente sopiti. La strinsi a me con irruenza, divorando le sue
labbra, fino a portarla sopra di me.
Mi
diede un ultimo bacio, poi si alzò e rise, scappando verso
la porta.
«L'ultimo che arriva in cucina prepara i pancakes».
Che
ci volete fare? Mi piacciono i risvegli.
....
Okay,
credo che un paio di scuse siano d'obbligo. Perdonatemi per il
ritardo, ma, davvero, la costanza non è il mio forte. Io ci
provo ad
aggiornare più spesso, giuro, ma proprio non ce la faccio.
Niente,
non credo ci siano molte spiegazioni da fare – o forse
sì?
È
la prima shot in prima persona della raccolta, e tra l'altro da un
punto di vista maschile che non ho saputo rendere manco per il caz-
ehm, manco per niente, ma tant'è, spero non sia troppo
effeminato, anche se temo di sì.
Per
il resto, fatemi sapere, soprattutto se vi fa schifo e vorreste
prendermi a cocomerate (?) in faccia.
A
presto – seh, non ci credo più neanche io.
Human_ (che
ha una simpatica stalker che si chiama influenza, come al
solito)
PS.
Eh, sì, pure il post scriptum oggi. Niente di che, eh, ma...
non lo
so, quando, ad esempio, mi aggiungete su Facebook, o mi seguite su
Tumblr/Twitter/Formspring/Qualsiasialtracosa, cosa che se non avete
ancora fatto v'invito a fare (i link sono nel mio profilo), sarebbe
molto carino – e non sono sarcastica, sarebbe carinissimo
davvero –
se mi faceste sapere che siete lettrici. Così, giusto se non
avete
di meglio da fare.
Okay,
basta, vi saluto sul serio, e dal momento che non l'avevo ancora
fatto, buon Natale, buon anno, buon San Valentino e già che
ci siamo
pure buona Pasqua. Adieu.
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