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Autore: Human_    31/01/2012    2 recensioni
Idea semplicissima e forse già venuta a qualcun altro -in caso, fatemelo notare che cancello tutto-.
Una raccolta di shot che probabilmente non avranno niente in comune, tranne un incipit di frase ricorrente: “Ti amo perché”.
Saranno tutte piccole cose, principalmente, quindi non troverete mai un “Ti amo perché hai gli occhi azzurri”, che è una cosa troppo comune per la sottoscritta.
Nient'altro da dire.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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You are so beautiful to me.




Percorrevo con lo sguardo la sua schiena diafana cosparsa di nei, tracciando linee perfettamente geometriche in quella sua geometrica perfezione, triangoli, trapezi, rettangoli e spirali e cerchi e armonie, mentre con la punta delle dita accarezzavo il suo braccio morbido dalla spalla al polso, soffermandomi nell'incavo del gomito, permettendomi, di tanto in tanto, di sfiorare anche le dita lunghe e affusolate delle sue deliziose mani da pianista, intrecciandole per qualche istante con le mie, e poi via, di nuovo su, verso la spalla che dolce faceva da ponte tra il braccio e il collo candido, morbido, profumato, ancora segnato dai miei baci avidi.
Non riuscivo, non potevo dormire, rischiando così di perdere anche quel lato di lei, lei che, silenziosa, innocente, inconsapevole, mi era entrata dentro così profondamente da sconvolgere totalmente e definitivamente la mia anima, rendendola inevitabilmente sua.
Aveva preso il mio cuore e l'aveva sradicato, strappandomelo dal petto, ma mite, con dolcezza, senza forza; era stato un dolore dolce, accompagnato dal piacevole, gradito, amato torpore dei sensi che solo l'amore concede. Mi aveva svuotato così, provandomi di ogni egoismo, ma senza tuttavia lasciarmi effettivamente vuoto. Ero pieno di lei, così come lei era piena di me.
Mi venne da ridere, al pensiero che a ragionare così ero io, proprio io che sempre avevo manifestato il mio scetticismo nei confronti di quello stupido – come probabilmente io ero all'epoca – amore che tutti proclamavano, snobbando grandi autori, definendo addirittura stolti Giulietta e Romeo che per amore avevano rinunciato alla loro vita, in un atteggiamento tipico di chi ancora non è altro che un acerbo frutto dell'albero della vita che ancora ha da maturare, da capire, da sapere, da scoprire, da sperimentare, da imparare, da provare.
Sorrisi, quasi con pietà, biasimando l'infantile ignoranza di chi non è bambino perché pura innocente creatura capace di vedere tutto, di vedere oltre, di amare senza confini, ma perché ancora ha da crescere, ecco, crescere, ma crescere dentro, non fuori, ché fuori si cresce tutti, ma dentro è un'arte di pochi, quella di maturare ed amare come bambini, ma bambini davvero.
Mormorò qualcosa d'incomprensibile, voltandosi leggermente nella mia direzione, lasciandomi vedere il suo volto disteso e rilassato, tipico di quando, bambina imprigionata nel suo meraviglioso corpo di donna, si lasciava andare al sonno che tentatore la chiamava, invitandola e trattenendola nel suo fantastico mondo fatto di sogni e meraviglie e fantasia. Osservai incantato la sua bocca leggermente dischiusa, con il labbro inferiore un po' più pieno del superiore, gli occhi chiusi, il petto che, coperto dalle lenzuola azzurre, si alzava ed abbassava dolcemente, a intervalli regolari, donando anche a me un vago senso di pace, i capelli neri ad incorniciare quell'imperfetta perfezione di pelle candida, tinta di rosa sulle gote che, quando sveglia e colta dall'imbarazzo, s'imporporavano d'un dolce rossore che se possibile la rendeva ancor più bella ai miei occhi.
Avvicinai lentamente il mio viso al suo zigomo, mentre ancora tracciavo il profilo del suo arto con delicatezza, ed accarezzandola ancora con le dita percorsi con le mie labbra la sua mandibola dalla linea dolce, raggiungendo l'angolo della bocca dove indugiai per qualche istante.
Ero tentato di baciarla, così, mentre ancora dormiva e in questo modo svegliarla, e finalmente essere in pace, con l'anima, col corpo, e non solo coi sensi, ma resistetti. Non la baciai. Continuai semplicemente a sfiorarla delicatamente, quasi cullandola con le mie carezze e speravo amore, amore mio, fai bei sogni, te ne prego, fai bei sogni, sogna, e sii felice, lì, e magari sognami, eh?, e amami anche in sogno, come fai da sveglia, e nel sogno stai tranquilla, che dalla realtà ti proteggo io, te lo giuro, te lo prometto, ti proteggo io.
Le mie dita, lievi, si spostarono e sfiorarono il suo fianco, il suo fianco di donna, diafano come tutto di lei, e giù, fino all'inizio delle gambe, e di nuovo su, alla spalla, e poi il collo, e la mandibola, e le guance, e giù, di nuovo, il braccio, il polso, le dita, il palmo, la spalla, il fianco, la schiena, l'incavo del collo, in una danza infinita e dolce e piacevole che accompagnava l'alba, cullava lei e il sole che spuntava, che insolente quasi quanto le mie mani fameliche s'infilava a forza tra le persiane, rischiarando la stanza, avvolgendo le nostre figure, illuminandola, ma non illuminando me che, per brillare, ma brillare davvero, avevo bisogno dei suoi occhi.
Sorrise nel sonno, o forse finalmente sveglia, ed io sorrisi di rimando, continuando a sfiorarla, a toccarla, ad accarezzarla, a farla mia in quell'intimo innocente gesto.
Si avvicinò a me, cercando rifugio nelle mie braccia che la strinsero dolcemente, ma smaniose, con sicurezza, proteggendola.
Lasciò un delicato bacio sul mio petto nudo, e poi su, respirando sul mio collo per un qualche infinito secondo, prima di posare anche lì le sue labbra calde, e mi ritrovai costretto a reprimere un brivido, seppur con scarsi risultati.
«Buongiorno» sussurrai.
«Vorrei poterlo augurare anche a te, ma ho come la sensazione che tu non abbia neanche preso in considerazione la mia buonanotte, quindi non ne vedo l'utilità» mormorò, con la voce ancora impastata dal sonno, ma già dolce, delicata.
Sorrisi. «Be', auguramelo lo stesso. Ne farò tesoro, te lo prometto».
«In questo caso..».
Fece leva sul gomito e si sollevò alla mia altezza, sorridendomi in quel modo solo suo, sollevando un solo angolo della bocca scoprendo una parte dei denti bianchi ed arricciando il piccolo naso.
«Buongiorno» soffiò sulla mia bocca.
La baciai, un dolce e continuo sfioramento di labbra, almeno finché non persi la cognizione del tempo e dello spazio. Mi feci largo nella sua bocca lentamente, senza fretta, ed intrecciai le nostre lingue che si riconobbero ed iniziarono a ballare una danza familiare, ma totalmente nuova.
Le sue mani vagavano sul mio petto, sulle mie spalle, sul mio collo, e finirono per intrecciarsi nei miei capelli, stringendoli. Le mie si fermarono finalmente sulla sua schiena, e lì restarono, stringendola, come per dirle amore, amore mio, te l'ho detto, stai tranquilla, ti tengo io, non ti spezzi, ti tengo io.
«Ho sognato una cosa bellissima» mormorò appena sulle mie labbra, sfiorandole ad ogni lettera, provocando una scarica elettrica che percorse la spina e dorsale su e giù, andata e ritorno, esplosione nucleare e infinito silenzio.
Sorrisi. «Racconta».
Si allontanò appena, coprendosi con il lenzuolo fino al collo. «Eravamo al mare, sulla spiaggia davanti alla casa dei tuoi genitori, e tu mi preparavi un panino buonissimo da mangiare sugli scogli, poi succedeva altro, ma me lo sono dimenticato».
«Si può fare» risposi, accarezzandole la guancia. «Cosa c'era nel panino?».
«Non ricordo» mugugnò, stiracchiandosi.
Ridacchiai. «Ti amo perché ricordi i sogni sempre e solo a metà».
Sbuffò divertita e portò il suo corpo a combaciare con il mio, pelle contro pelle, il suo seno contro il mio petto, risvegliando in me istinti mai realmente sopiti. La strinsi a me con irruenza, divorando le sue labbra, fino a portarla sopra di me.
Mi diede un ultimo bacio, poi si alzò e rise, scappando verso la porta. «L'ultimo che arriva in cucina prepara i pancakes».








Che ci volete fare? Mi piacciono i risvegli.
....
Okay, credo che un paio di scuse siano d'obbligo. Perdonatemi per il ritardo, ma, davvero, la costanza non è il mio forte. Io ci provo ad aggiornare più spesso, giuro, ma proprio non ce la faccio.
Niente, non credo ci siano molte spiegazioni da fare – o forse sì?
È la prima shot in prima persona della raccolta, e tra l'altro da un punto di vista maschile che non ho saputo rendere manco per il caz- ehm, manco per niente, ma tant'è, spero non sia troppo effeminato, anche se temo di sì.
Per il resto, fatemi sapere, soprattutto se vi fa schifo e vorreste prendermi a cocomerate (?) in faccia.
A presto – seh, non ci credo più neanche io.

Human_ (che ha una simpatica stalker che si chiama influenza, come al solito)


PS. Eh, sì, pure il post scriptum oggi. Niente di che, eh, ma... non lo so, quando, ad esempio, mi aggiungete su Facebook, o mi seguite su Tumblr/Twitter/Formspring/Qualsiasialtracosa, cosa che se non avete ancora fatto v'invito a fare (i link sono nel mio profilo), sarebbe molto carino – e non sono sarcastica, sarebbe carinissimo davvero – se mi faceste sapere che siete lettrici. Così, giusto se non avete di meglio da fare.
Okay, basta, vi saluto sul serio, e dal momento che non l'avevo ancora fatto, buon Natale, buon anno, buon San Valentino e già che ci siamo pure buona Pasqua. Adieu.
   
 
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