Chap 23
“Vieni, ti
preparo una tazza di caffè”, disse entrando in
cucina e accendendo la macchinetta al posto mio.
Accesi la radio e mi
sedetti sul davanzale sotto alla
finestra aspettando che mi porgesse la tazza. Si sedette, anche lui, al
solito
posto e tutto all’improvviso sembrava essere tornato normale.
“Sai, sei la
prima ragazza a cui preparo il caffè”
“Non ci
credo che non hai mai preparato un caffè a
Jennifer”
“Ci ho
provato, ma la mattina si sveglia sempre prima
lei”
“Capisco”,
un ghigno comparve sul suo viso. “Perché
ridi?”
“Non sto
ridendo”
“Si
invece”
“Sei per
caso gelosa?”
“Che
sciocchezze dici?”, dissi cercando di sembrare il
più naturale possibile ma non ci riuscii e scoppiai a ridere
anch’io. “Thomas,
smettila di ridere”
“Come faccio
a smettere se anche te stai ridendo”
“Non ha
senso il tuo discorso”, dissi voltandomi
dall’altra parte cercando di tranquillizzarmi un
po’.
“Ci
provo”, disse tornando a sedersi composto diminuendo
la risata.
Mi misi a guardare
fuori dalla finestra e di come il
cielo stava cambiando colore.
“Partirai di
nuovo?”, gli chiesi senza rendermi conto
della stupidità della domanda e di come sapessi
già la risposta.
“Tra qualche
giorno”, sentii il rumore della sua tazza
posarsi sul tavolo e della sua sedia spostarsi di fronte a me.
Stavano passando alla
radio una canzone e per distrarmi
dal suo sguardo cercai di concentrarmi sulle parole della canzone ma mi
accorsi
che erano le stesse che lui mi stava sussurrando a meno di un
centimetro dalle
mie labbra.
“Kiss me
beneath the milky twilight. Lead me out on the moonlit floor. Lift your
open
hand. Strike up the band and make the fireflies dance...”
“Silver
moon's sparkling, so kiss me...”
Mi tolse la tazza di
caffè dalle mani e la posò a ed in
pochi secondi tirò la sua sedia verso di me e coprii la
distanza tra di noi.
Appoggiò le
sue mani calde attorno al mio collo e per un
tempo indeterminato restammo così, incollati l'uno con
l’altra. Si staccò
leggermente così da permettermi di vedere un sorriso sul suo
viso, un sorriso
che non avrei smesso di guardare.
“Pensavo che
se fossi stata tu a chiedermi di baciarti
avrei potuto evitare di finire in ospedale”
“Molto
gentile da parte tua”, gli dissi sorridendo ma con
una nota di sarcasmo.
“Però
non hai rifiutato”
“Diciamo che
sei stato fortunato”
Restammo in silenzio,
senza accennare niente sul bacio,
sta volta però sorridevamo entrambi. Forse le voci nella mia
testa stavano
smettendo di urlare e si erano arrese a ciò che diceva il
mio cuore. Di solito
la ragione prevale sempre sull’amore, così avevo
sempre pensato e così avevo
sempre fatto ma questa volta qualcosa era andato diverso, non sapevo
cosa ma
non m’importava. Per una vota stavo bene.
“Questa
volta lei non verrà con noi”, mi disse sedendosi
vicino a me.
“Perché
me lo dici?”
“Mi sembrava
giusto fartelo sapere”, disse guardandomi
negli occhi. “Questa volta, quando me ne andrò
starò via per molto più tempo”
“Beh, mi
mancherai”
“Dici sul
serio? Non pensavo che l’avresti mai detto”
“Soltanto
perché non conosco molte persone eccetto te e
Nicole e Gary”
“Sta di
fatto che quando ti manca qualcuno fa davvero
schifo”
“Ma capisci
che ci tieni davvero a una persona”
“È
per caso un modo per dirmi che ti stai affezionando a
me?”, disse con un mezzo ghigno sulle sue labbra.
“No...
cioè... è un modo di dire”, mi si
colorarono le
guance. “Però se il fatto che mi mancherai ti fa
ridere puoi anche...”
“Non mi fa
ridere il fatto che ti mancherò ma che quando
t’innervosisci
diventi rossa e diventi più carina di come sei
già”
“Ah
bene”, dissi alzandomi ma mi blocco la mano così
da
farci stare in piedi in mezzo alla cucina.
“Mi piace il
fatto che ti mancherò, è un motivo in
più
per non farti partire”
“Se sorridi
in quel modo non penso proprio di poterti
credere”
“Hai
ragione, scusa ma è così…”
“Tieni”,
gli dissi slacciandomi un braccialetto di pelle
che portavo al polso. “Dovrebbe portare fortuna, non so se a
me ne ha data
tanto o proprio ha evitato ma spero che a te possa fare qualcosa di
meglio”,
glielo legai al polso. “E poi, sarà come un
ricordo di me e dell’unica volta
che non ti ho aggredito per avermi baciato”, gli sorrisi.
“Così ogni volta che
lo vedrai ti ricorderai di tornare qui, da me”, sorrise anche
lui. Allacciai il
braccialetto con un forte nodo così da non poterlo perdere e
in pochi secondi
intrecciò le sue dita con le mie. Con l’altra mano
mi sfiorò i capelli.
“Sai, credo
di aver proprio chiuso con le more”, disse
mettendosi a ridere.
“Ma io sono
mora”
“No, tu sei
castana e hai dei riflessi rossi che splendono
ogni volta che il sole colpisce i tuoi capelli, è ben
diverso”, mi limitai a
guardarlo senza aggiungere altro.
Mi sarebbe mancato
davvero.
Guadai
involontariamente l’orologio che segnava le otto
di sera. Si era fatto tardi ed era incredibile come il tempo passasse
veloce
quando lui era con me.
“Vieni con
me”, disse non lasciando la mia mano e uscendo
da casa. Salì sulla mia macchina al posto di chi guida e
partii.
|