Midi: Bittersweet_romance
L’idrovolante atterrò lentamente sui prati che circondavano la vicina
città di Alexandria, di cui si vedeva già da lontano la spada di cristallo
spezzata, cicatrice dell’attacco di Bahamurth di qualche mese fa.
Daga continuava a provare un senso di colpa guardandola, anche se sapeva di
aver fatto il possibile per proteggere il suo regno. Non aveva più rimpianti di
quando aveva invocato assieme ad Eiko Alexander, lo spirito supremo. Dopotutto
la sua stessa reggia l’aveva guidata sulla sommità della torre più alta, per
proteggere Alexandria. E si vede che il monile di sua madre aveva risposto al
desiderio di difendere la città ed i suoi abitanti dal drago. Istintivamente
portò la mano al collo. Poi si ricordò che il ciondolo non esisteva più. Ci
rimase male. Insieme alla melodia che cantava sempre, il gioiello ancestrale era
uno dei suoi pochi ricordi di quando era piccola. Lo teneva sempre con sé…
Il flusso dei suoi pensieri fu interrotto dalla voce di Cid:
- Bene, cara - disse dirigendosi verso di lei. - non possiamo avvicinarci
di più. Credo che ora possiate scendere.
- Grazie mille per il passaggio Cid - disse Garnet sorridendogli. - E per
tutto quello che hai fatto per noi.
- Di niente figurati. E’ stato un vero piacere. - Si avvicinò a lei,
le mise una mano sulla spalla e sussurrò piano, in modo che potesse
sentirlo solo Garnet. - Non demoralizzarti mai. Sono sicuro che quel ragazzo
tornerà molto, molto presto. E mi raccomando - disse con aria complice. -
tieni d’occhio quel terremoto di una bambina.
- Chi? Eiko? - disse Daga cominciando a ridere. - Tranquillo. Me ne
occupo io.
- Va bene. Allora abbia cura di te.
I due si abbracciarono. Poi Garnet scese le scalette e si diresse con tutti
gli altri verso le mura. Dopo quello che era successo, aveva deciso di ospitarli
tutti da lei per un po’ di tempo. Del resto nessuno se l’era sentita di
tornare alle proprie case. Per chi ne avesse ancora una naturalmente. Vivi aveva
espresso il desiderio di tornare nella caverna di suo nonno Quan, ma anche lui,
come Eiko, erano stati sconvolti sia dall’addio di Gidan che dal terremoto di
Madain Sari. Per questo Daga aveva deciso che avrebbero passato almeno qualche
giorno da lei, giusto il tempo per riprendersi. Nessuno dei due si era opposto.
Amarant non aveva nessun posto dove tornare. Se mai ne avesse avuto uno. Freija
non aveva parlato per tutto il viaggio dopo che era saltato fuori quell’argomento.
E Quina doveva ancora gustare le specialità di Alexandria. L’unico veramente
felice di essere ritornato ad Alexandria, oltre a lei, pareva Steiner. E già si
immaginava perché.
Una volta entrati in città, Garnet fu acclamata da tutta la popolazione, che
aspettava con ansia il suo ritorno. C’era chi lanciava fiori, chi esultava,
chi cantava in onore della regina salvatrice e dei coraggiosi eroi che avevano
sconfitto la minaccia su Gaya. Tutti battevano le mani, con negli occhi una
insperata gioia. Daga trattenne a stento le lacrime. Non era lei che dovevano
applaudire. Ma il ragazzo di Linblum, no anzi, di Tera, che aveva dato tutto sé
stesso per proteggere quello che era diventato il *suo* mondo, i *suoi* amici,
la *sua* patria. Un giorno di questi l’avrebbe annunciato al suo popolo. Ma
ora vedeva che anche gli altri erano nella sua stessa situazione. Si fece
scortare con loro nel palazzo dalle guardie che cercavano di trattenere la folla
in festa. Una volta al sicuro dalle acclamazioni della gente, Garnet portò
tutti negli appartamenti reali. Entrarono nella sua camera. Presero posto nella
grande stanza. E rimasero lì, in silenzio, senza parlare. Ognuno stava pensando
a tutto quello che era successo in quelle ultime ore. L’orrore delle grida sul
Colle della Disperazione, la gioia di aver sconfitto Trivia, la decisione del
loro amico più caro ed la distruzione della città sacra agli sciamani. Troppe
cose tutte in una sola volta. Poi, Quina ruppe il silenzio:
- Allora! Ce facemo ‘sta magnata che v’avevo promesso?
- Cos’è, cucini tu? Ma se sei brava solo a mangiare.
- Sempre cortese con gli altri, eh Amarant?- disse Eiko.
Quei due non riuscivano ad andare mai d’accordo.
Ma fortunatamente il silenzio non tornò più sulla combriccola. Dopo questo
piccolo battibecco, Quina portò tutti in cucina. E, non si sa come, riuscì
perfino a far cucinare qualcosa ad ognuno, pure a Steiner, che aveva ancora
indosso l’armatura. Il pomeriggio volò via in un attimo. E dopo aver mangiato
quello che avevano preparato insieme, Daga indicò loro le stanze in cui
avrebbero passato la notte. Si salutarono e poi ognuno se ne andò nella propria
camera. Forse tutto poteva ritornare alla normalità? Forse sì.
Midi: One_Winged_Angel (fate partire il midi quando vedete il carattere in
simboli)
Cosa?)
Daga cominciava a sentire un freddo improvviso che le faceva venire i brividi
in tutto il corpo.
- Ehi, che stai facendo? - chiese con un po’ di paura. Non sapeva
perché, ma qualcosa in quella figura non era normale.
La donna smise di parlare. Si girò verso la principessa. Sembrava una
semplice donna di circa 20 anni, solo che…i suoi occhi…erano…bianchi.
Daga indietreggiò, tenendo stretta l’asta.
- Chi, chi sei tu? Che sei venuta a fare alla tomba di mia madre?!
La voce le tremava. La misteriosa figura continuò a fissarla, poi si volse
di nuovo verso la tomba.
<< Non sei tu la prescelta.>>
- Eh?! C-che stai dicendo?
<>
E così dicendo, una sfera luminosa e azzurra le nacque dalla mano. La puntò
verso Daga.
- Come?!
La sfera si staccò. E colpì Daga in pieno. L’urto provocato la fece
cadere all’indietro. Cadde sugli scalini, rimanendo poi esamine a terra. L’asta
le scivolò lontano.
La donna scese con calma gli scalini e superò il corpo di Daga.
(Che…che cosa vuole fare?)
Daga alzò lentamente lo sguardo dalla piattaforma di marmo. Vide che la
donna si stava dirigendo verso il castello…solo che non con la barca!
(Sta…sta camminando…sull’acqua!)
Avanzava sicura, come se al posto del lago ci fosse la terra ferma.
Era già arrivata al molo.
(Non dirmi che…!)
- FERMATI!- gridò Garnet prendendo in mano l’asta- Leviathan, vieni in
mio soccorso, conducimi più veloce che puoi al castello.
Il drago comparve dalle profondità del lago, tra gli spruzzi freddi dell’acqua.
Fece salire sul proprio corpo la sua padrona e si diresse al molo. Quella donna
non si vedeva già più. Daga scese dalla groppa dell’Eidolon.
- Grazie Leviathan. Torna pure nel tuo mondo.
Detto questo il serpente sparì così com’era venuto. La principessa entrò
nel castello. Le guardie Plutò erano a terra, esamini, ma fortunatamente erano
ancora tutte vive.
(E adesso dov’è andata?)
La reggia era troppo grande. Poteva essere ovunque. Ma poi Daga guardò il
pavimento. C’erano pozze d’acqua sugli scalini, che conducevano verso la
parte est del castello.
- DANNAZIONE!
Garnet salì più veloce che poteva le scale, e seguì le orme d’acqua,
anche se sapeva dove portavano.
Una volta arrivata nelle vicinanze delle camere degli ospiti, la potè
vedere.
Camminava lentamente per il corridoio, osservando attentamente le porte che
portavano alle tante camere. Il suo sguardo si posava con cura su ognuna.
Sembrava che cercasse qualcosa. E a quanto pareva non sia era accorta ancora una
volta della presenza di Daga. O forse sì. In ogni caso non la prendeva in
considerazione.
All’improvviso la donna di fermò. Guardò la porta scarlatta alla sua
sinistra. E la sua bocca si aprì in un sorriso. Avvicinò tremante la mano alla
maniglia. Ma prima che lei potesse sfiorarla, Daga impugnò l’asta con tutte e
due le mani ed urlò:
- Tu! Che cosa stai cercando?!
La donna si fermò. Si voltò verso la principessa. Il sorriso era sparito.
La squadrò per un secondo.
<>
Ancora una volta la palla d’acqua prese forma sulla sua mano, e la scagliò
contro Daga. Ma questa fu più veloce, e la schivò.
- Le tue magie funzionano una sola volta! SILENCE!
L’attacco magico non partì, la donna aveva fermato la magia con un solo
dito.
- Come?!
Daga rimase senza parole.
Ma prima che se ne rendesse conto, fu colpita allo stomaco: un’altra sfera
aveva fatto centro. E pensare che non aveva fatto in tempo neanche a vederla.
Poi cadde svenuta.
<>- disse la donna guardando la porta chiusa vicino a lei
-<>.
Senza che la porta venisse toccata da lei, questa si aprì.
Midi: Interruped_by_fireworks
Neanche Eiko riusciva a prendere sonno quella sera. E dopo essersi rigirata
più e più volte nel letto, era uscita sul balcone della sua cameretta e si era
messa a guardare in silenzio il cielo notturno, cercando di comporre delle
immagini con le stelle scintillanti, che brillavano come diamanti in quella
ultima sera d’estate. Si ricordava ancora delle storie che suo nonno le
raccontava quando era piccolina sulle stelle e la loro nascita.
(Come si divertiva a narrarmele…Diceva che…)
“All’inizio dei tempi gli sciamani vivevano in piccoli gruppi sparsi per
tutto il mondo. Erano tribù nomadi di circa una ventina di persone l’una e
raramente queste si incontravano durante i loro vagabondaggi per la Terra. Non
si vedevano con i membri delle altre tribù che una volta massimo nella vita.
Gli antichi sciamani passavano la notte in caverne buie, ed antri oscuri, dove
la debole luce della Luna non poteva entrare. Avevano paura del nero delle
tenebre, e non uscivano mai dai loro rifugi fino allo spuntare dell’alba. Di
giorno pensavano solo a sopravvivere e ad parlare con gli spiriti e per certi
versi questa vita a loro piaceva. Ma quando scendeva la sera, tutti sentivano il
bisogno di stare vicini gli uni agli altri, per non avere paura dei mostri e
dell’oscurità che li avvolgeva. Nonostante questo, gli sciamani si sentivano
sempre soli, e pregavano gli spiriti che proteggessero sempre i membri delle
altre tribù. La Luna vedeva la loro sofferenza, e anche lei si mise a pregare,
ed una sera dal suo volto argentato cominciarono a cadere delle gocce
splendenti, che si posarono sulla Terra. Cadevano dappertutto, ed erano tante,
tante quante le tribù degli sciamani. Quelle lacrime brillavano a miglia e
miglia di distanza. Allora gli sciamani decisero di raccogliere quelle gemme
scintillanti, in ricordo del pianto lunare. E cosa successe quando quella notte
le lacrime di Luna furono portate fuori dalle caverne? Tutta la Terra si
illuminò a giorno, ovunque vi erano luci argentate! Era uno spettacolo
meraviglioso. E finalmente tutti i gruppi di sciamani si sentirono vicini, l’uno
all’altro, anche gente che dall’altro capo del mondo, vedendo quella luci
sfavillanti si sentiva più sicuro. Quando gli sciamani si riunirono tutti nella
grande comunità che fondò Madain Sari, le lacrime si alzarono al cielo e
ritornarono dalla Luna, che le accolse nel suo cielo. Vennero chiamate stelle,
che nella lingua antica significa “Fuoco Bianco”. Sono i bivacchi del cielo,
Eiko!”
(Lo so nonno. Anche tu sei vicino ad una stella ora? E mi vedi nonno?)
Eiko continuava a scrutare il manto stellato, ma la testa cominciava a
girarle. Smise di guardare le stelle. Ormai era tardi. Domani avrebbe iniziato
le ricerche. Adesso aveva proprio bisogno di riposare. Si alzò dal pavimento e
si incamminò verso il letto di piume. Ci si sedette sopra, e si tirò su le
coperte fin al mento, stava quasi per chiudere gli occhi quando sentì la
maniglia della porta cigolare. Si girò verso l’entrata della stanza.
- Chi c’è, sei tu Daga?
Ma la frase le morì in gola quando vide al posto di Garnet quella donna
senza iride.
Midi: Pray
Eiko guardò la figura femminile incuriosita.
Non si alzò. Non impugnò il suo flauto che aveva sul comodino di faggio.
Non aveva paura. Non sapeva perché. E questo non la preoccupò.
La donna la guardò, senza dire una parola. Poi, dai suoi occhi cominciarono
a cadere delle luci cristalline (le lacrime della Luna…pensò Eiko), che si
infrangevano nel duro pavimento di marmo della stanza, dividendosi in tante
piccole sfere trasparenti.
Stava piangendo.
<>- si
asciugò le lacrime con la mano sinistra, anche se continuava a piangere -<>.
- La reincarnazione?
- EIKO!
La voce di Daga riportò la piccola sciamana alla realtà.
Si era alzata da terra malgrado il colpo ricevuto, e aveva corso verso la
stanza, ma era stata subito respinta da una barriera lucente. Tramortita dall’urto,
Garnet guardò verso la porta, ma la dama azzurra era già entrata da Eiko, con
quel suo passo regale. Daga batté impotente sull’invisibile barriera che le
impediva il passaggio.
- EIKO!!!!
Eiko distolse lo sguardo da Daga. Ed osservò quella donna vestita d’azzurro.
Stava ancora piangendo. Non riusciva a fermarsi. Poi, poco distante da lei,
quella donna si inginocchiò a terra, tese entrambe le mani verso Eiko. Sembrava
una madre che stesse per prendere in braccio il suo bambino, stringendolo a sé.
Lei non si mosse.
- Che vuoi da me?
La giovane donna la guardò, senza muoversi. Poi, in un sussurro, parlò, con
una voce diversa da quella con cui aveva minacciato Daga, nuova. Era dolce,
gentile.
<< Ti prego. Solo per un attimo…>>
Eiko sentì qualcosa dentro di sé che la portava verso quella figura
singhiozzante, che attendeva il suo arrivo. Cos’era? Forse compassione? No.
No, era qualcos’altro. Ma lei non volle approfondire l’argomento. Lasciò
andare le sue emozioni, fece decidere al suo istinto. E si mise a camminare
verso quella donna. Con passi lenti e insicuri, Eiko si avvicinò sempre di più
verso di lei. Quando ormai fu vicinissima a quella strana donna, si fermò.
Scrutava tra quegli occhi bianchi, cercando un segno che le avrebbe fatto capire
le sue intenzioni reali. Ma non ci riuscì.
- Tu…chi sei?
La donna sorrise, il volto rigato dalle lacrime. Allungò tremante le mani
verso di lei e strinse a sé il suo corpicino. Eiko non oppose resistenza. I
singhiozzi della donna si fecero più insistenti. Passò una mano tra i corti
capelli viola della bambina, con delicatezza. La sua chioma celeste aveva un
buon profumo. Sapeva di rose fresche.
<>
Il silenzio calò nella stanza, rotto solo dai continui singhiozzi della
donna.
- Non riesco a capire.
Finalmente le lacrime cristalline si fermarono. La giovane donna sciolse l’abbraccio,
e prese le mani rosee di Eiko tra le sue. La guardò in viso.
<< Io…io sono la tua guardiana. E allo stesso tempo, sono ciò che
rimane dell’anima perduta di una delle quattro sacerdotesse.>>
Il cuore della sciamana parve fermarsi.
- Allora. Tu…sei una delle persone che sto cercando! Voi! Le altre!
I-io! Siamo tutte in pericolo. C’era uno spirito a Madain Sari, che vuole
ucciderci e…
<< So già tutto.>>
Eiko smise di parlare.
(Se sapeva già tutto, perché è venuta qui da me? Che cosa vuole fare?)
<< Dopo anni, Gaya sta per andar incontro ad una infinita agonia. Io…>>
All’improvviso la donna si zittì. Guardò tremante verso la finestra.
Anche Eiko guardò incuriosita verso la stessa direzione, curiosa di sapere che
cosa preoccupasse quella figura azzurra.
Il disco solare si stava lentamente alzando, illuminando con il suo splendore
il balcone che dava sul cielo azzurro, macchiato qua e là da piccole nuvole
striate di rosa.
- L’alba. - sussurrò piano Eiko, senza togliere lo sguardo dal cielo.
La donna chiuse gli occhi e si alzò. La bambina rimase a vederla mentre si
dirigeva verso il davanzale.
- Dove vai?
La donna si fermò.
<< Ora devo tornare alla mia casa. Il mio tempo è finito.>>
(Cosa? Mi lasci sola?)
Eiko guardò la donna con negli occhi un’ombra di paura.
Questa si girò verso la piccola, sorridendole per la seconda volta.
<< Vieni al tempio dell’acqua, quello in cui hai combattuto tempo fa.
Là ti dirò tutto. Tutto ti sarà svelato. Non avrai più dubbi. Non avrai più
paura. Non avrai più esitazione. E ti racconterò tutto. Non tardare.>>
La sua immagine cominciò a dissolversi.
- A-aspetta! N-non….non so niente di te!
La donna sorrise ancora.
<< Il mio nome…è Shila.>>
Un lampo di luce bluastra illuminò la stanza. Poi scomparve e con lei anche
Shila. Eiko rimase a guardare ancora dove un minuto prima c’era la sua
guardiana. Poi si ricordò di Daga. La barriera era scomparsa, e Garnet era lì,
con l’asta ancora in pugno, osservando Eiko con stupore.
- Eiko…mi devi delle spiegazioni.
- Sì, - disse con voce flebile - và…và a chiamare anche gli altri.
Ci sono alcune cose, che dovete sapere.
FINE SECONDO CAPITOLO