Chap 26
Quando arrivai a casa
erano circa le sette meno un
quarto. Andare a letto sarebbe stato inutile quindi andai in cucina e
mi
preparai la classica tazza di caffè e mi sedetti al solito
posto.
Fissavo quella sedia
vuota di fianco alla mia. Questa
volta sarebbe stata vuota per molto più tempo e nulla mi
avrebbe impedito di
pensare a lui e di quanto tempo ancora dovesse passare prima di vedere
il suo
sorriso sotto a quello stupido cappellino che li copriva il viso o
sentire la
sua voce che per me, prima era irritante ma ora avrei fatto qualunque
cosa per
ascoltarla ancora.
Forse Nicole aveva
ragione, mi stavo innamorando e questo
non andava per niente bene. Dovrebbero vietare le persone di
innamorarsi. Non
porta mai niente di buono.
Passai le successive
due ore e mezzo a contemplare cosa
sarebbe successo quando sarebbe tornato, a crearmi illusioni e
prepararmi a
essere ferita di nuovo.
I miei pensieri furono
interrotti dal campanello della
porta. Mi chiedevo chi potesse cercarci alle nove e mezzo del mattino,
non
conoscevo ancora molta gente e le uniche che frequentavano stavano,
una,
dormendo di sopra e, l’altro, stava preparando le sue
valigie. Gary non si sarebbe
mai presentata a casa mia e il postino non passava di domenica quindi
mi
chiedevo chi realmente fosse a rompere a quest’ora.
“Buongiorno”,
mi salutò una ragazza con capelli neri e un
grande sorriso.
“Ciao
Jennifer”, le sorrisi. “Come mai da queste
parti?”
“Tom mi ha
mandato da te”
“Come?”
“Sì,
stamattina prima che partisse mi ha chiesto se
potevo passare un po’ di tempo con te e farti conoscere la
città e qualche
persona mentre sta via e io li ho risposto ‘perché
no?’ e quindi eccomi qui”
“Capito”,
dissi un po’ dubbiosa. “Vuoi entrare?”,
spalancai la porta e le liberai il passaggio.
“Oggi hai da
fare?”, disse entrando in casa.
“Niente di
importante”
“Perfetto
allora possiamo andare a fare shopping”, disse
tutta estasiata. Non capivo se avesse assunto qualche strana dose di
qualcosa o
se fosse davvero estasiata di tutto questo ma stava di fatto che
continuava a
parlare e a sorridere. Sembrava che avesse l’argento vivo
addosso.
“Aspetta
Jennifer...”
“Chiamami
Jen”
“Ok, Jen...
aspetta un attimo, io non posso uscire con...”,
la fermai. Non credevo che fosse una buona idea uscire con lei
soprattutto dopo
aver baciato e passato la notte col suo fidanzato ma se avrei
rifiutato, credo,
che avrebbe sospettato qualcosa. “... conciata
così!”, mi affrettai a dire.
“Dammi un minuto che mi vesto, se vuoi in cucina
c’è il caffè”
“Non vedo
l’ora”, disse sorridendo e andando in cucina.
Salii le scale e vidi
Nicole appoggiata al muro della mia
stanza con le braccia incrociata e i capelli arruffati.
“Allora è così... esci
col nemico”
“Non sono
riuscita a rifiutare, dovevi vederla...”
“L’ho
potuta sentire”
“Infatti e
poi... sarebbe carino, sembra simpatica e non
voglio trattarla male”
“Ma lo
farà lei quando scoprirà di te e Thomas”
“Ma visto
che non glielo dirà mai…”
Entrammo in camera e
mentre sceglievo i vestiti, Nicole
si sedette sul letto e la vidi fissarmi dal riflesso dello specchio.
“Che
c’è?”
“Dico
soltanto che non dovresti”
“Ormai
è tardi”
“E adesso
dov’è?”
“È
di sotto a bere il caffè”
“Il nostro
caffè”
“Mary ti ho
portato il caffè... oh ciao!”, disse entrando
in camera mia. “Sono Jennifer, tu devi essere
Nicole”, annuì. “Thomas mi ha
parlato spesso di voi”, disse sorridendo.
“Davvero?”,
disse inviandomi un’occhiata e sorridendo
anche lei.
“Scusa non
pensavo che fossi sveglia, se vuoi ti porto
una tazza anche a te”
“Tranquilla,
fra poco scendo a prenderlo io”
“Oggi noi
andiamo in centro vuoi unirti a noi?”
“Sarebbe
carino ma ho la giornata piena, grazie per la
proposta”
“Sarà
magari per un’altra volta”
“Certo!”,
affermò lei falsamente.
“Mary ti
aspetto giù”, disse infine prima di chiudere la
porta.
“Mi
racconterai...”, pronunciò prima di uscire anche
lei
dalla stanza.
Mi vestii e scesi di
sotto insieme alle altre. Salutammo
Nicole e ci dirigemmo in centro con l’auto di Jennifer.
Entrammo in un
infinito di negozi e mentirei se dicessi
che non mi ero divertita. Credo che sia nel DNA di tutte le ragazze
amare fare
shopping e poi mi serviva qualche vestito carino e diverso dal solito
jeans e
converse che portavo sempre.
“Metti
qui”, disse aprendo il baule della macchina e
infilando le mie buste insieme alle sue.
“È
stato bello provarsi tutti quei vestiti”, disse
salendo in macchina e portandosi gli occhiali da sole sul naso.
“Si”,
le risposi sinceramente. “Almeno ho qualcosa di
diverso”
“Oh
sì, penso che non ci sia niente di meglio che
comprare nuovi vestiti quando si è tristi”
“Qualcosa ti
preoccupa?”
“No, nulla
di grave soltanto che ho salutato Tom di
sfuggita, ieri sera era ad un addio al celibato di una mia amica e
abbiamo
dormito nell’hotel in cui ha fatto la festa e quindi
è restato da solo ieri
notte”, sentii dei brividi percorrermi la schiena mentre lo
diceva. Sembrava
ignara di tutto.
“Deve essere
difficile vivere con lui che è sempre in
tour”
“Un
po’, ma poi so che torna sempre a casa e quando apro
la porta e lo ritrovo davanti con un mazzo di rose, gli salto addosso e
ci
baciamo come se fosse uscito per comprare il giornale”
“Capisco”
“E la cosa
divertente è che un tempo ero io a lasciargli
le rose sulle scale”, rise.
Sentendola dire queste
cose mi sentivo sempre più in
colpa per quello che avevo fatto. Lei sorrideva mentre mi raccontava
tutti i
loro fatti e vedevo i suoi occhi illuminarsi quando parlava di lui. Non
potevo
essere io quella ragazza che avrebbe rovinato la loro relazione.
“Però,
a volte, ho la sensazione che Tom possa tradirmi
mentre è in giro per il mondo”, disse continuando
il suo discorso. “Sta sempre
via e poi ci sono tutte quelle ragazze, non avrebbe problemi a trovarsi
una
ragazza per una o due notti”, disse seria. “Infatti
il soprannome ‘Hot Pants’
non gliel’hanno attribuito per niente”, aggiunge,
sta volta, ridendo. “Ma poi
ripenso alla canzone che ha scritto per me e smetto subito di
pensarci”
“’All
The Small Things”, lei annuì.
“Sì, l’ho sentita... è
divertente e molto
bella”
“Già,
è stato carino da parte sua, in verità mi ero
lamentata sul fatto che non avesse scritto una canzone su di me e pochi
giorni
dopo si era presentato davanti alla porta di casa con una chitarra e si
era
messo a cantarla”, disse ridendo. Si portò gli
occhiali sulla testa e spense il
motore della macchina. “Eccoci arrivate”
“Grazie per
la giornata”, le dissi meno sicura di prima.
“Dovremmo
rifarlo”
“Certo”,
finsi. “Ci vediamo”, dissi prendendo le buste
dal bagagliaio e salutandola con la mano entrai in casa.
In quel momento tutto
mi fu chiaro. Dovevo stare alla
larga da Jennifer, Thomas e da San Diego. Qualcosa doveva assolutamente
cambiare.
|