Chap
28
Passai il resto del
sabato chiusa in stanza con un mal di
testa atroce, causa del troppo bere della sera prima. Tutta colpa di
Thomas ,
di Jennifer, della loro storia d’amore e di tutti film che mi
ero fatta nella
mia stupida mente e che giocava brutti scherzi.
Avrei voluto che
potessimo cambiare di posto così da
essere lui quello che s’innamora e io quella che gli avrebbe
spezzato il cuore.
Stava passando la
terza notte da quando eravamo atterrate
a Los Angeles e come la prima la stavo passando sul balcone.
L’indomani saremmo
partite per tornare a San Diego, per tornare alla vita normale.
Guardando in
lontananza la città, stavo realmente
pensando che sarei potuto restare qui, nella città in cui
avevo sempre
desiderato essere, non ero neanche riuscita a godermela per dei stupidi
pensieri
che occupavano la mia mente.
Magari avrei potuto
cercare un appartamento in città o
nella periferia, così almeno da riuscire a dimenticarlo, ma
trasferirsi sarebbe
significato fuggire di nuovo da qualcosa. Lo avrei rifatto, solo
perché non
avevo la forza di affrontare tutti i problemi che mi portavo dietro.
Restare a Los Angeles
da sola sarebbe stata un’altra
avventura. Iniziare, di nuovo, tutto da capo, senza Nicole e senza di
lui. Mi
sarebbe, certamente, mancato il fatto di trovarlo seduto al suo solito
posto a
fare colazione o magari incontrarlo al supermercato, delle cose banali,
certo,
e mi sarebbero anche mancate le nostre discussioni e sentire di nuovo
la sua
voce irritante.
Avrei potuto chiedere
a Nicole di restare con me e so che
avrebbe accettato, lo avrebbe fatto per me e anche per non subire
un’ora di
aereo da sola con Jennifer, ma non gliel’avrei mai chiesto,
non potevo pretendere
pure questo. Aveva fatto tanti sacrifici e farle fare un tale
cambiamento
sarebbe stato un gesto totalmente egoista da parte mia.
Portai le ginocchia al
petto e restai così per non so
quanto tempo a guardare le luci davanti a me e a pensare a tutto, ma
quando
realizzai che il cielo si stava schiarendo e i primi raggi del sole si
stagliavano sulle finestre delle case vicine mi alzai e cautamente
m’infilai
nel letto sapendo che da lì a poco si sarebbero svegliate e
non volevo far
preoccupare Nicole.
Qualche minuto dopo
che avevo chiuso gli occhi sentii
Jennifer alzarsi e andare in bagno. Quando chiuse la porta sentii
Nicole
girarsi nel letto.
“Dove sei
stata?”, mi chiese a bassa voce.
“Come?”
“So bene che
ti sei appena sdraiata”
“Ho preso un
po’ di aria”
“Tutta la
notte?”
“Dovevo
schiarire un po’ le idee”
“Sul fatto
di tornare o no a San Diego?”, annuii.
“Entrambe sappiamo bene che non ti va di
tornarci...”
“Ma devo
tornaci, ho le mie cose lì, magari poi mi
trasferirò”
“Non hai
mica fatto una promessa a qualcuno?”
“Sì,
ma anche lui l’aveva fatto a una certa persona che
ora è di là chiusa in bagno e pensa che sono
soltanto una semplice amica ma
sai, non sono una di quelle ragazze che fanno tutto per un
ragazzo”
“Dovresti”,
disse mettendosi a sedere a gambe incrociate.
“Ricorda che in guerra e in amore è tutto
lecito”
“Ma questo
implica che ci saranno dei feriti”, mi sedetti
anch’io.
“Come tutto
del resto”
Non obbiettai
né risposi alla sua affermazione. Ci
limitammo a condividere un tranquillo silenzio interrotto qualche
minuto dopo
dalla vibrazione del mio cellulare. Mi era arrivato un messaggio.
‘So a cosa stai
pensando e dico sul serio guai a te se provi a restare a L.A. . Se
scopro che
non hai preso quell’aereo sappi che ti verrò a
cercare e ti riporterò a San
Diego, costi quel che costi. Mi hai fatto una promessa e devi
mantenerla, ti
prego.’
Quasi come se fosse un
segnale, le parole scritte sul
quel piccolo schermo mi fecero sorridere e mi avevano convinta a
tornare a
casa, già perché era quello il nome. San Diego
ormai era casa mia.
Sembrava che mi avesse
letto nella mente e quelle parole
mi avevano fatto capire che forse sarebbe valsa la pena lottare per una
volta,
anche se avrei comunque sentito i sensi di colpa.
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