That
Love is All There is
Terre_del_Nord
Slytherin's Blood
Chains - IV.012
- Il Processo
Alshain Sherton
Ministero della Magia, Londra - sab. 15 gennaio
1972
Quando
emersi nell'Atrium, in un bagliore di fiamme verdi, il Ministero della
Magia brulicava di Maghi e Streghe indaffarati, simile a un formicaio
al risveglio della primavera; sul lato destro del lungo salone
d'ingresso, sotto pannelli di pregiato legno lucido e scuro, i dorati
camini d'uscita erano ancora deserti, da quelli sulla parete di
sinistra, invece, si materializzavano a ritmo sostenuto gli impiegati
ritardatari e decine di visitatori, infreddoliti come me. In attesa che
Orion mi raggiungesse, osservai la folla: erano tutti persi nei propri
pensieri, alcuni avevano l'aria assonnata, quelli più “svegli”
erano presi dalla lettura del Daily Prophet. Non c'era bisogno di
procurarsene una copia per sapere quale fosse l'argomento del giorno. I
dipendenti del Ministero attraversavano rapidi l'Atrium, diretti ai
cancelli dorati degli ascensori, all'estremità opposta del
salone, per salire a occuparsi delle pratiche che si accatastavano in
pile pericolanti sulle rispettive scrivanie; i visitatori dovevano
prima fermarsi presso l’addetto alla sorveglianza, un Mago
stretto in una divisa blu pavone, munito di un'asticella dorata, con la
quale rilevava la presenza di eventuali Manufatti Oscuri, e una
bilancia d'ottone con un solo braccio, con cui registrava le
caratteristiche delle Bacchette in entrata e in uscita. Presso il
sorvegliante si era già formata una fila corposa,
benché fosse un sabato mattina e alcuni Dipartimenti fossero
chiusi per il fine settimana: in realtà, quel giorno, i
visitatori giunti a Londra solo per risolvere l'ennesima bega
burocratica erano una minoranza, riconoscibile dall'espressione tirata
e ansiosa, molti apparivano goffi, oberati dal peso
d’imponenti faldoni stretti sottobraccio, altri, invece,
tenevano in mano ossessivamente, quasi si trattasse del decreto di
scarcerazione da Azkaban, una singola pergamena, fregiata da timbri
solenni.
Provai un senso di scoramento, all'idea che tutti quei Maghi stessero
sprecando il proprio tempo e i propri talenti dietro a questioni
insulse, la maggior parte di quelle pergamene, infatti, conteneva la
richiesta di permesso per fare qualcosa di sacrosanto, o era la
risposta a qualche odiosa ingerenza del Ministero che amava impicciarsi
degli affari privati delle famiglie: in entrambi i casi, di
lì a un'ora, ognuna di quelle pratiche sarebbe annegata in
mezzo a migliaia di altre scartoffie tutte uguali, dimenticata sulla
scrivania di qualche impiegato che con la Magia propriamente detta
aveva smesso di avere a che fare appena uscito da Hogwarts. Strinsi i
pugni, Merlino solo sapeva per quale perverso motivo il Mondo Magico si
fosse ridotto così (1):
a guidarci c'era una classe dirigente inetta, incapace di affrontare i
problemi reali con rapidità e semplicità, maestra
al contrario nel creare ogni giorno nuove e astruse complicazioni; il
Ministero ci schiavizzava con una burocrazia che soffocava
l'iniziativa, la sua funzione si era ridotta al controllo della
legittimità delle nostre azioni e alla sanzione di
ciò che “a
suo avviso” era illegittimo, snaturando la Magia
stessa; una buona fetta della popolazione, soprattutto quella di
origine babbana, intendeva il nostro dono solo come folklore o come
ausilio nell'esecuzione delle attività domestiche,
l'equivalente di ciò che i Babbani chiamavano “tecnologia”.
La maggior parte di chi non sopportava questo stato di fatto, poi, si
poneva immediatamente dalla parte del torto, perché
trasformava il legittimo desiderio di cambiare una situazione
insostenibile solo nell'occasione per sfogarsi contro un capro
espiatorio: Lord Voldemort e i pazzi maniaci che gli stavano accanto
cercavano di approfittare dell'insoddisfazione che molti provavano
verso il Ministero, reo di avere come unico interesse la tutela di
Sanguesporco e Babbanofili a discapito dei Purosangue, per innalzarsi
su tutti gli altri e impadronirsi del potere per i propri scopi. E se
Voldemort fosse riuscito nel suo intento, la corsa verso la catastrofe
sarebbe stata ancora più rapida: ci saremmo liberati dalla
corruzione del Ministero e dall'oppressione dei Babbani, forse, in
cambio, però, saremmo diventati suoi schiavi, sottomessi a
una dittatura del terrore. Sospirai.
Se solo Longbottom avesse avuto più tempo…
Orion si materializzò e, cupo in volto, avanzò
verso di me, io lo attesi paziente guardandomi attorno, soffermandomi
poco sullo sfavillio del legno pregiato del pavimento o sulla
magnificenza del soffitto, attratto piuttosto dalle figure dorate della
fontana, al centro della grande aula: un Mago di nobile aspetto levava
la Bacchetta alta verso il cielo, una bella Strega si stringeva al suo
fianco e, attorno a loro, un Elfo, un Goblin e un Centauro li
guardavano ammirati. Era una mattina d'estate ed io avevo appena sette
anni quando, per la prima volta, mia madre aveva portato anche me al
Ministero per far visita allo zio, Tobias Meyer, impiegato presso l'”Ufficio per i Giochi
e gli Sport Magici”: quel giorno avevo
conosciuto Everard Longbottom, suo amico e socio, un uomo alto e
corpulento, dai capelli corvini e la faccia cavallina, con profondi
occhi scuri ridenti e bonari, un sigaro babbano in bocca; all'inizio mi
aveva intimorito, più che altro perché da bambino
ero molto timido, ma la sua gentilezza e il fascino dei suoi racconti
mi avevano presto rapito, anzi, quando mi aveva regalato delle
Cioccorane, di cui da sempre ero golosissimo, avevo persino dimenticato
che fosse membro di una famiglia Gryffindor e filobabbana. Mio
fratello, un dodicenne tronfio del suo primo anno a scuola e con
l'arroganza appresa dai suoi nuovi amici che si sommava a quella
innata, non aveva avuto reazioni altrettanto entusiaste: eravamo
proprio lì, ai piedi della grande statua della Strega,
diretti al camino per tornare a casa, quando Ronald aveva detto
schifato che l'Elfo, il Goblin e il Centauro non dovevano essere
adoranti, ma piegati e impauriti, che il Mago e la Strega dovevano
schiacciarli a terra, e sottomettere anche tutti i Babbanofili, che non
meritavano nemmeno di essere chiamati Maghi. Come una furia, poi, mi
era piombato addosso, facendomi cadere, mi aveva strappato di mano le
Cioccorane e le aveva calpestate dicendomi che nemmeno io ero un vero
Sherton, che facevo comunella con degli sporchi Babbanofili e che non
voleva tornassi a casa con lui. Ricordavo ancora, con vergogna, che ero
scoppiato in lacrime, e che solo grazie alla mamma, che mi aveva dato
un bacio, mi ero rimesso in piedi, poi si era voltata verso mio
fratello e, imperturbabile, l'aveva schiaffeggiato, proprio lei che non
perdeva mai le staffe; Ronald l'aveva fissata incredulo ma, appena la
mamma gli diede le spalle, le aveva sibilato contro in gaelico: solo
molti anni più tardi scoprii che aveva osato insultarla con
un'oscenità impronunciabile. Rabbrividii.
Il ricordo, sebbene lacunoso, era così vivido da sembrarmi
più reale del presente e questo, se possibile, mi mise
ancora più a disagio di quanto già non fossi: da
quando avevo fatto visita alla sua tomba, il pensiero di mia madre era
diventato ossessivo, continuo, la sognavo quasi ogni notte e ogni volta
lei tentava di dirmi qualcosa, qualcosa che non riuscivo mai a
comprendere. Avevo la gola arida, ero spaventato: avevo fatto dei sogni
simili poco prima che Mirzam e Deidra fossero aggrediti e, all'epoca,
forse per il senso di colpa che mi attanagliava, mi ero convinto che lo
spirito di mia madre avesse cercato di mettermi in guardia e che se
fossi stato in grado di capire quelle parole, forse avrei potuto
evitare tutto il dolore che avevano patito per mesi i miei cari. Temevo
che anche quelle recenti visioni notturne fossero qualcosa
più di un sogno e che io fossi come al solito troppo stupido
per comprendere: non era nemmeno un'idea assurda, visto che il dono
della Preveggenza si era manifestato varie volte nella nostra famiglia
nel corso dei secoli ed io stesso, benché non fossi
particolarmente portato per la Divinazione e cercassi sempre di trovare
logica e razionalità in ogni fenomeno, ero spesso costretto,
durante i Riti della Confraternita, a ricercare e guidarmi attraverso
stati di “Sovra-coscienza”.
Mi ripetevo di non perdere il controllo, che non c’era nulla
di reale nelle mie paure e che se mi sentivo così sconvolto
era per qualcosa di molto più concreto dei sogni,
l'inquietudine che provavo era frutto di quanto accaduto nelle ultime
settimane, ed era lo stesso motivo oggettivo per cui c'erano tanti
visitatori al Ministero: il processo che si sarebbe tenuto di
lì a poco nella famigerata Aula Dieci, in cui il Wizengamot
avrebbe emesso la sua sentenza contro Williamson. E, al tempo
stesso… avrebbe preso una decisione su mio figlio. Strinsi i
pugni.
Da quando, pochi mesi prima, era diventata palese la sfida che gli
uomini di Lord Voldemort avevano lanciato al Ministero, gli Aurors
avevano già messo le mani su alcuni simpatizzanti dei
Mangiamorte, ma finora, di solito, si era trattato solo di ragazzini
inesperti col sangue esaltato da troppa retorica sulla Purezza,
mocciosi che avevano colpito villaggi con ferocia ma che erano crollati
davanti ai martellanti interrogatori di Crouch e Moody, senza per altro
dire nulla d’importante, perché non avevano nulla
di fondamentale da dire: si credevano semidei, in realtà
erano solo stupide pedine di cui Riddle si serviva per non sprecare i
suoi uomini e Se Stesso in imprese troppo ordinarie e meschine, carne
da macello da sacrificare in un gioco che non capivano, troppo
più grande di loro
(2). Questa volta, però, l'opinione pubblica
era particolarmente intimorita perché quello che era stato
catturato e che portava l'osceno Marchio Nero sul braccio, non era un
uomo qualsiasi, questa volta il nemico era addirittura un Mago che
aveva passato la maggior parte della sua vita al servizio del
Ministero, un esponente di un’antica famiglia, un Auror in
pensione: era con apprensione e una certa morbosità che
molti volevano sapere per quale motivo un uomo simile avesse ceduto a
Milord. I motivi di Williamson a me, invece, non interessavano:
conoscevo le inquietudini di certe antiche famiglie purosangue, il
terrore per la perdita di un prestigio che risaliva alla notte dei
tempi, sapevo che i più reagivano all'attuale decadenza come
Malfoy, si avvicinavano al Lord per interesse e per ambizione,
allettati da promesse di gloria e potere; altri, come i Black, pur non
pienamente convinti di tutte le implicazioni, soprattutto quelle
più violente, iniziavano a credere che quella fosse l'unica
strada percorribile, per ristabilire l'antico ordine; altri ancora
condividevano le teorie del Lord più che altro per lasciar
libero sfogo alla propria naturale propensione alla violenza, tanto da
mettere in gioco se stessi, fino all'autodistruzione: erano pochi e, in
un certo senso, erano anche quelli meno difficili da individuare,
esaltati dalla propria follia e dal proprio credo, come Roland
Lestrange. C'erano poi le folle sempre più nutrite
d’insospettabili, non per forza provenienti da antiche
famiglie purosangue e Slytherin: c'era chi si avvicinava
volontariamente al Lord per qualche personale rivalsa, per sentirsi
parte di un gruppo solido, per sete di sangue; altri, invece, erano
stati costretti a scendere a compromessi con Lui, per paura, per
salvare se stessi o per proteggere la propria famiglia; c'era persino
chi, per disperazione, non trovando altra soluzione, aveva stretto con
il Lord un patto segreto per ottenere qualcosa di molto importante,
come aveva fatto Mirzam quando aveva chiesto l'aiuto di Milord, per
salvare la sua Sile. La forza di una motivazione tanto disperata mi
aveva portato a comprenderlo… ma io, suo padre, avevo anche
smesso di fidarmi completamente di lui. Cercai di liberare la mente da
quei ricordi dolorosi e dai miei sensi di colpa: non era quello il
momento di rivangare, anzi, dovevo sotterrare quel pensiero in fondo
all'anima, sarebbe stato un disastro se Crouch avesse scoperto quella
storia, perché ne avrebbe ricavato un movente, il vero
movente che tanto ossessivamente cercava… sempre che non ne
fosse già a conoscenza… No, non dovevo pensarci,
dovevo recitare la mia solita parte, concentrarmi su Williamson,
fingere di non sentirmi coinvolto e mantenermi irridente e arrogante,
come sempre, verso quanti, in quegli anni, mi avevano dato del pazzo e
del sovversivo, per aver ripetuto, in ogni occasione, ciò
che ora era sotto gli occhi di tutti: la vicenda dell’ex
Auror era la prova che il Ministero fosse corrotto, che la pessima
condotta dei suoi uomini, intenti ad anteporre i propri interessi a
quelli della collettività, fosse il vero motivo della
perdita di credibilità ed efficacia della nostra
più alta Istituzione.
“Ecco qua... una fila di
dannati Sanguesporco intasa il banco della sorveglianza... E' a dir
poco inaudito che con tutti i soldi che versiamo per far andare avanti
le attività del Ministero, dobbiamo sottometterci anche noi
a questi stupidi controlli e ritrovarci mischiati a quei
pezzenti!”
Orion mi aveva appena raggiunto, quando entrambi ci voltammo verso i
camini alle nostre spalle, sentendo la vociante combriccola di Gregor
Avery inveire contro Ministero e Sanguesporco, appena messo piede
nell'Atrium: guardai quei Maghi, erano paonazzi in volto, sembravano
ubriachi, Orion mi diede un lieve colpetto al gomito perché
mi sbrigassi a prendere il mio posto nella fila, sia per non rischiare
di far tardi, sia per evitare di restare coinvolti in qualche modo con
quegli individui. Nessuno dei due lo conosceva molto bene, Avery era
più grande di noi, due anni avanti a Walburga, non l'avevamo
mai frequentato a Hogwarts e il fatto che fosse uno dei più
intimi amici di Abraxas faceva sì che ce ne tenessimo sempre
alla larga, avevo invitato anche i miei figli a fare altrettanto, pur
con scarso successo con Rigel, perché non volevo che gli
affari della mia famiglia giungessero in qualche modo all'orecchio
dell’adorato cugino Malfoy. Riuscimmo in qualche modo a
scampare quel pericolo, svicolando tra i visitatori, anticipando i
più lenti e i più distratti, finendo
così con lo staccare Gregor e i suoi di un buon quarto di
fila, finché, persi nei nostri rispettivi pensieri,
silenziosi, Orion ed io giungemmo, mezz'ora dopo, al banco del
sorvegliante.
“Prego...
generalità e motivo della visita... ”
“Alshain Donovan Sherton:
convocato come testimone nel processo Williamson... ”
In una ciotola d'ottone davanti a me si materializzò una
targhetta con scritto “Alshain
D.Sherton, testimone” che il sorvegliante, un
ragazzotto brufoloso di non più di venti anni, alto e
massiccio, con una zazzera di capelli rossi ritti in testa, prese per
appuntarmela sulla toga, poi compreso il nome della persona che aveva
di fronte, sul suo volto l'aria bovina lasciò il posto a uno
stupore un po' sospettoso, si passò la lingua sulle labbra
carnose e non emise altro che un “ah...
” intimorito, quindi mi porse la targhetta
perché l'appuntassi da solo e rivolse l'asta dorata contro
le mie vesti, passando più e più volte attorno
alle maniche e alla cintola, pignolo. Appena completò la
perquisizione, gli porsi, veloce, la Bacchetta, sperando di sbrigare
più velocemente quella parte della pratica: se avessi atteso
che si svegliasse e smettesse di tremare, sarei sceso come minimo a
processo concluso.
“Dodici pollici e mezzo,
Castagno, anima di Crine d'Unicorno (3),
in uso da... no... non può essere in uso dal...
1893? Non può essere corretto... ”
“Sì, è
corretto, è stata acquistata nel negozio di Ollivander nel
1893 da mia nonna... da cui l'ho ereditata nel 1942... ”
Senza aggiungere altro ripresi il mio Legno per andarmene, mentre il
ragazzo incerto sistemava un pezzetto di pergamena su un puntale
d'ottone e Orion occupava il mio posto nella fila.
“Aspettate... Milord...
”
Orion gli sibilò spazientito che avevamo fretta, io inquieto
guardai il ragazzo, non capendo cos'altro volesse: erano anni che
frequentavo il Ministero, non era mai accaduto un simile teatrino,
persino la faccenda della Bacchetta era strano, perché
passarsi i Legni tra membri di una famiglia non era insolito, anzi,
presso le antiche famiglie circolavano spesso delle Bacchette
centenarie.
“Il suo anello, Milord... il
Ministro Lodge ha emesso ieri la Circolare 469: tutti gli Anelli del
Nord devono... essere lasciati... all'ingresso... quando si entra nei
locali del Ministero… ”
“È inaccettabile! E
se andassero perduti o scambiati? Se ne prenderebbe il Ministro la...
”
“Lascia stare, Orion...
”
Avrei protestato anch'io, ma non aveva senso prendersela con quel
moccioso, stava solo eseguendo uno dei soliti ordini assurdi che gli
erano impartiti, inoltre si stava facendo tardi e non potevo
permettermi di avere guai col Ministro ancora prima che il processo
fosse iniziato. Mi morsi le labbra e mi sfilai l'anello, lo lasciai
cadere nella ciotola guardando la verghetta ruotare lentamente fino a
fermarsi: forse era l'ennesima trovata degli amici del Lord per tentare
di prendere l'anello di Salazar e a quel punto, aspettandomi il peggio,
pregai che l'unico problema della giornata fosse recuperare l'anello
giusto prima di andarmene. Orion protestò ancora per la
mancanza di rispetto che, a suo dire, il moccioso mostrava nei suoi
confronti, poi per la lentezza della perquisizione, infine, per due
volte, forse perché aveva attivato male il rilevatore, il
sorvegliante sbagliò a memorizzare le caratteristiche della
Bacchetta, un normalissimo Legno di dodici centimetri, Cipresso con
Anima di Unicorno, già registrata migliaia di volte al
Ministero, per anni, senza mai tutte quelle difficoltà e
quegli intoppi. Alla fine, esasperati, riuscimmo a superare i controlli
e ci dirigemmo agli ascensori. Con noi, nel gabbiotto, non c'erano
Maghi o Streghe che conoscevamo, il che da un lato era un sollievo,
perché nessuno dei due aveva voglia di far conversazione,
nemmeno per i pochi istanti necessari a scendere di un piano,
dall'altro era una circostanza che indispettiva ulteriormente Orion,
bastava osservarne l'espressione sempre più truce:
nonostante tutto ghignai, immaginando che cercasse di trattenere il
respiro per evitare di scambiare persino l'aria con quegli estranei, e
che stesse pregando gli dei, disperatamente, perché fossimo
circondati da insopportabili Gryffindors filobabbani e purosangue, e
non “da
viscidi Mezzosangue se non addirittura da luridi Sanguesporco”.
Avrei volentieri fatto una battuta per allentare la tensione e
strappargli un ghigno sardonico, ma Orion, sempre più
taciturno, tenne fisso lo sguardo a terra per tutto il tempo, sembrava
impegnato a non incrociare mai il mio con ancora più
ostinazione di quanto si limitasse nel respirare; io, al contrario, non
smettevo di guardarlo: comunque fosse finita, mi ero ripromesso di non
permettergli di ritornare a casa senza aver prima scoperto che cosa
quell'idiota avesse in testa. Ero molto preoccupato dagli atteggiamenti
che Black aveva tenuto con me ultimamente: doveva essere fiero e
orgoglioso per quello che aveva fatto per la mia famiglia, la sera del
matrimonio, invece, nonostante avesse anche contribuito, con Sirius, a
chiarire a me e a Fear tutta la vicenda di Mirzam e dell'anello, non
faceva altro che evitarmi e rifuggirmi come avessi la peste. Ero
arrivato a chiedermi se potesse avermi tradito in qualche modo, e anche
se sapevo che il tradimento non faceva parte della sua natura, l'avevo
fissato a lungo, per esserne certo: ogni volta che c’eravamo
incrociati, in quelle ultime settimane, avevo sondato il suo sguardo,
temendo di trovarvi malizia o paura, ciò che avevo letto nei
suoi occhi, invece, era stato solo un dolore sconfinato e questo, se
possibile, mi aveva turbato ancora di più. Non riuscivo a
capire cosa fosse successo, anche se le ipotesi certo non mi mancavano:
la più probabile era che Fear avesse combinato uno dei suoi
soliti danni, quando ne aveva manipolato la memoria perché
non ricordasse la storia dell'anello, forse aveva involontariamente
creato qualche malinteso tra noi e con un uomo testardo e orgoglioso
come Orion, sebbene fittizio, un equivoco poteva trasformarsi in una
grana lunga e difficile da risolvere. Erano trent'anni,
però, che combattevo con le “paturnie”
di quel testone e, in nome dell'amicizia che ci legava, pur senza
dirgli come stavano le cose, per proteggerlo, avrei trovato la strada
per sistemare tutto: ghignai, ripensando ai duelli e alle scazzottate
di un tempo. Un'altra possibilità era che la sua adorabile
mogliettina avesse deciso che, date le ultime disavventure occorse agli
Sherton, la nostra amicizia fosse troppo compromettente per i Black e
Orion si trovasse a dover scegliere tra il dovere verso i suoi “cari”
e il nostro legame trentennale: in quel caso, per il bene dei ragazzi,
non certo per il buon nome di Walburga, l'avrei aiutato a rispettare il
volere dei Black, almeno in apparenza, avremmo poi trovato insieme,
come sempre, il modo di farla in barba a quell'idiota di suo padre e
soprattutto a quella carogna di suo suocero. C'era però
anche un'altra, inquietante giustificazione ai suoi modi sfuggenti:
quella notte, mentre cercava Meissa... poteva essersi trovato
in difficoltà, poteva essersi imbattuto in uno dei
Mangiamorte, poteva essere stato costretto a prendere una decisione,
per salvare la sua vita e quella di suo figlio, e ora, mosso da
vergogna per quanto era successo, o per la paura di avere altre
occasioni di servire il Lord, standomi vicino, aveva deciso di mettere
fine alla nostra amicizia. Ed io, pur con dolore, avrei dovuto capire e
accettare la sua scelta e il suo silenzio, perché io stesso,
per i miei figli e per Deidra, avrei fatto di tutto, anche le cose
più turpi e disperate... pregai che non fosse
così, eravamo usciti da decine di situazioni assurde, in
tutti quegli anni, e, a parte il dolore all'idea di perdere il mio
amico più caro, ero certo che nessuno dei due, di fronte
alle sfide terribili che si prospettavano, ce l'avrebbe fatta, senza
l'altro al proprio fianco.
«Nono livello, Ufficio Misteri».
Uscimmo tutti, Orion sembrava impallidire a ogni passo, mentre
percorrevamo il lungo corridoio che conduceva alla scala, unica via
d'accesso al famigerato decimo livello e alla tetra segreta, usata nei
processi: di colpo pensai che i motivi di Black fossero tutt'altri,
pensai a quanto bene volesse ai miei figli e a Deidra, al suo sorriso
la prima volta che aveva preso in braccio Mirzam e alla
felicità piena che aveva mostrato, quando gli avevamo
chiesto di far da padrino da ognuno di loro. In tutti quegli anni,
Orion aveva amato i miei figli con una generosità che, per
assurdi motivi, si era imposto di non mostrare mai al suo stesso
Sangue, e ora io, il suo amico fraterno, l'uomo che considerava da
sempre un buon padre, oltre ad aver compiuto una serie di errori
sciagurati, che avevano portato Mirzam a ribellarsi, non avevo detto
una sola parola in difesa di mio figlio, davanti al Ministero o alla
Confraternita; anzi, avevo lasciato che persino mia moglie e gli altri
miei figli si convincessero che Mirzam fosse responsabile
d’inaudite nefandezze contro la propria famiglia,
costringendo Deidra, Rigel e Meissa a soffrire ingiustamente. In tutta
questa follia, invece di avere tempo e modo di capire quella
verità, che forse intuiva, e di svolgere il ruolo di paciere
che gli era naturale, Orion era stato costretto a schierarsi davanti a
tutti: quel giorno, la sua deposizione contro Williamson sarebbe stato
solo un pretesto, ciò che Crouch cercava da lui era una
testimonianza di peso contro il suo figlioccio, o in alternativa, una
smentita altrettanto autorevole alle parole del suo migliore amico, le
mie. Comunque avesse agito, Orion sapeva che avrebbe fatto del male
proprio alle persone che amava e che lo amavano. Sì... era
sicuramente questo il motivo di quel suo silenzio carico di dolore...
Mi avvicinai, gli passai la mano sulla spalla, lo sentii irrigidirsi al
mio tocco, lo trattenni facendogli un cenno, per farci superare dalla
folla e parlare alcuni istanti, ci fermammo lungo la parete, in una
rientranza, lo fissai dritto negli occhi, stavolta il suo sguardo mi
rispose, incerto.
“Di preciso non so che cosa ti
stia passando per la testa, Orion, ma qualsiasi cosa ti turbi...
ricordati che sono in debito con te, e che io sono e sarò
sempre dalla tua parte... abbiamo sempre risolto tutto... insieme...
andrà tutto bene anche questa volta... ”
Black mi fissò con occhi profondi, sembrava sorpreso,
più che sollevato dalle mie parole, aprì la bocca
per dire qualcosa, poi, però si bloccò, il
corridoio, infatti, si riempì di persone vocianti che
tornavano indietro, protestando, al seguito di un impiegato del
Ministero che cercava invano di calmarli.
“Che cosa diavolo sta
succedendo, ancora?”
Orion si sganciò da me e andò verso il
Ministeriale, il quale ci fece cenno di allontanarci anche noi, insieme
agli altri, senza perdere altro tempo.
“Siete pregati di seguirmi...
Il Ministro Lodge ha deciso pochi minuti fa che il processo si
terrà a porte chiuse... tutti i visitatori devono lasciare
questo piano e in fretta... il corridoio deve essere libero all'arrivo
dell'imputato e dei Dissennatori che lo hanno in custodia... ”
“Noi non siamo semplici
visitatori! Io sono Orion Arcturus Black e quest'uomo è
Alshain Donovan Sherton, dobbiamo testimoniare e siamo in ritardo,
grazie a un altro incapace come voi!”
Ero rimasto contro la parete, chiedendomi come sarebbe finita: era raro
vedere Orion perdere le staffe, per quanto potesse un Black perdere le
staffe, naturalmente, ma dubitavo servisse a qualcosa, Lodge aveva un
piano, non poteva aver deciso che il processo si tenesse a porte
chiuse, senza avere un valido motivo. Era chiaro che
“qualcuno” volesse farci arrivare
all'interrogatorio in ritardo e irritati, pronti a reagire male alle
domande del Wizengamot e... non avevo dubbi su chi fosse quel
qualcuno... brillanti idee del genere non potevano essere che di quel
figlio di... di Bartemius Crouch... ne ero certo…
Il Ministeriale, un ometto basso e smilzo, con l'aria astuta da faina,
perse altro tempo a controllare le nostre targhette, fermi lungo il
corridoio dalle pareti spoglie e gelide, Orion sbottò altre
due volte, mentre l'onda dei visitatori ci superava e raggiungeva
l'ascensore con una certa rapidità, nessuno di loro voleva
trovarsi nel corridoio all'arrivo dei Dissennatori. Altri, pochi e
irriducibili, continuavano invece a protestare perché
volevano ascoltare i testimoni e l'imputato, non solo la sentenza, che
sarebbe stata emessa forse già quel pomeriggio. La nostra
situazione si risolse solo quando l'uomo vide uscire dal gabbiotto una
Strega tozza, senza collo, dalla faccia larga e pallida, gli occhi
grandi, rotondi e sporgenti, su una bocca grossa e molle, stretta in un
vestitino rosa confetto, un gran fiocco nero sui capelli ricci e corti,
una cartellina piena di pergamene in mano: evidentemente l'uomo aveva
l'ordine di farci perdere tempo fino al suo arrivo, perché
quando la Strega ci raggiunse, la salutò con un cenno e un
sorrisetto divertito, quindi ci consegnò a lei, Dolores
J.Umbridge, segretaria personale del Ministro Lodge, per andare
incontro alla nuova ondata di visitatori che uscivano dall'ascensore.
“I visitatori sono pregati di
attendere nelle sale di attesa al livello superiore...
”
Mentre la “faina” e i visitatori si allontanavano,
la Strega ci rivolse una risatina acuta, da bambina eccitata
benché avesse superato abbondantemente la quarantina, ci
fece cenno di seguirla e sulle sue gambette tozze si avviò
verso la scalinata, un ghignetto lezioso e poco raccomandabile in
faccia, senza aggiungere una sola parola. Orion ed io iniziammo a
seguirla, in silenzio, sperando che la commedia ora fosse finita.
Raggiunto il tetro livello delle segrete, percepii il gelo e il senso
di disperazione che si provano alla presenza dei Dissennatori, il che
era strano: Crouch aveva disposto che Williamson fosse custodito in un
luogo segreto da uomini fidati per evitare che scappasse o che fosse
ucciso prima del processo, il che faceva supporre che fosse in una casa
protetta; inoltre il Ministeriale aveva appena detto che il corridoio
doveva essere sgombrato prima dell'arrivo dell'imputato e dei suoi
carcerieri, quindi, in teoria, non c'era motivo per cui alcuni
Dissennatori fossero già presenti. Forse, però,
Williamson era sempre stato lì, nelle segrete del Ministero,
con i suoi carcerieri, e tutto il resto erano solo menzogne, dette per
allontanare i curiosi e confondere i malintenzionati. Oltre che a
turbare testimoni già agitati com’eravamo noi. La
Strega, all'improvviso, si fermò davanti a una porta nera,
nascosta da una tenda di broccato rosso, sdrucita, la maniglia un po'
arrugginita, i cardini cigolanti, che si apriva con
difficoltà.
“Sherton, voi attenderete il
vostro turno in questa sala, Black, voi seguitemi, vi stanno
aspettando... vi consiglio di preparare fin da subito il vostro
Patronus... ”
“Ma...”
Dolores Umbridge levò la bacchetta e fece materializzare un
Patronus a forma di gatto, Orion si affacciò nella stanza in
cui dovevo aspettare, si strinse nel suo mantello, rabbrividendo di
freddo e inquietudine, poi guardò interrogativo la Strega;
gettai un'occhiata anch'io, ero altrettanto dubbioso, ma mi ero imposto
di sembrare imperturbabile, quindi cercai di mascherare le mie
sensazioni: la sala d'attesa era vuota, spoglia, illuminata solo da una
torcia nell'angolo più lontano dalla porta, con una sola
sedia e nessun altro mobile, nemmeno un tavolo; non c'era traccia di
altri testimoni, l'unica cosa presente in abbondanza era quel freddo
particolare che sembrava ancora più pungente rispetto al
corridoio, come se ci fosse un Dissennatore nascosto da qualche parte.
“Non temete, Black, chiameremo
presto anche il vostro amico... e ora seguitemi... sono certa che
Sherton vi abbia già istruito più che a
sufficienza, su quanto dovete dire... ”
Con una risatina acuta mi fece cenno di entrare, poi mi diede le
spalle, senza dirmi nulla; sulla porta, guardai Orion avviarsi dietro
di lei, l'espressione tirata e offesa, finché il lungo tetro
corridoio non terminò in una pesante porta scura, imponente
e minacciosa, su cui spiccava un enorme chiavistello di ferro. Entrai
nella sala d'attesa: ero solo, indossai di nuovo il mio mantello, tolto
appena uscito dal camino, me lo strinsi forte addosso per scaldarmi,
dispiegai la Bacchetta, mi concentrai sul ricordo del primo
appuntamento con Deidra e pronunciai la formula, osservai il fluido
argenteo che usciva dal Legno prendere a mano a mano le sembianze di
un'Aquila maestosa che iniziò a volteggiare attorno a me,
proteggendomi, poi mi sedetti e chiusi gli occhi, ripetendo a me stesso
che tutto sarebbe andato bene.
***
Orion Black
Ministero della Magia, Londra - sab. 15 gennaio
1972
Non ricordavo più da quanto tempo stessi sprofondato su quel
vecchio scranno, al centro dell’aula, tutti gli altri di
fronte, sugli spalti, un gorgo di occhi fissi su di me, pronti ad
ascoltare che cosa avessi da dire: in vana attesa delle domande,
impassibile, mi ero concentrato di nuovo sul mio Patronus, al mio
fianco, un grosso Cane, isolandomi dal resto del mondo, fingendo dietro
alla mia consueta maschera di superiorità di non provare
alcuna emozione, a parte legittima irritazione. Dopo tutti gli intoppi
subiti fino a quel momento, infatti, ora dovevo anche attendere che
Lodge finisse di leggere la mia deposizione, resa la notte
dell'arresto, perché fino a quel momento non aveva mai avuto
tempo di studiarla: per non farmi sopraffare dall'esasperazione e per
non ripensare alle parole dette poco prima da Alshain, lasciai la mia
mente vagare.
La prima volta che ero entrato in quell'aula, avevo preso posto su uno
dei banchi attualmente deserti, quello in alto, a sinistra, destinato
da secoli alla famiglia Black; sulla sedia su cui mi stavo agitando
innervosito, invece, i polsi legati a catene che non si erano alzate a
serrare i miei, c'era un uomo minuto e sconvolto, dal ghigno folle e
selvaggio, la carne incartapecorita, i lunghi capelli, bianchi come
neve, ridotti a un ammasso di nodi ribelli; in piedi, infine,
imponenti, sei figure tenebrose lo circondavano, due per parte e due
dietro, là dove, accanto a me, me ne assicuravo di continuo
con la coda dell’occhio, non c'era nessuno. Da allora avevo
assistito a innumerevoli processi, ma continuavo a rabbrividire, anche
ora che ero diventato un uomo, al solo pensiero dei Dissennatori, come
il ragazzino che ero stato un tempo: intravvedere quelle creature
mostruose, addossate alle pareti, a presidiare il Mago chiuso nel
gabbiotto in fondo all'aula, mi rendeva inquieto e benché la
stanza fosse pervasa dal chiarore e dalla potenza dei nostri rispettivi
Patroni, emessi a difesa delle nostre menti, sentivo un gelo di morte
insinuarsi sotto la mia calda tunica di lana, i peli ritti sulla
schiena come quel giorno lontano. Avevo tredici anni, ero tornato a
casa da qualche giorno per la pausa natalizia e mio padre, quella
mattina, mi aveva tirato giù dal letto dicendo che saremmo
andati a vedere “cosa
fa la Feccia a un eroe del Mondo Magico”: mi
portò ad assistere al processo pubblico a uno degli uomini
di Gellert Grindelwald (4),
il primo catturato sul suolo inglese; il celebre Mago Oscuro, infatti,
imperversava da anni in buona parte dell'Europa, ma per qualche
misterioso motivo sembrava poco propenso a mettere piede in Gran
Bretagna, alcuni dicevano non volesse affrontare Albus Dumbledore,
all’epoca mio professore di Trasfigurazione, il quale, a sua
volta, benché gran parte della Comunità Magica
reclamasse un suo intervento, perché mettesse fine a quel
regime di terrore, non si decideva a prendere posizione. Incuriosito,
avevo seguito mio padre, un uomo da sempre poco incline a interessarsi
a qualcosa che non fosse il prestigio della nostra famiglia, e,
più che dall'imputato, rimasi sconvolto nel notare proprio
quanta profonda ed eccitata ammirazione ci fosse nei suoi occhi per
l'uomo folle ai ceppi, per la voce tonante con cui esaltava la Teoria
del Bene Superiore, per il ghigno osceno che aveva rivolto a tutti noi,
chiamandoci “vigliacchi,
pecore”, e soprattutto per il compiacimento con
cui aveva descritto fin nei minimi macabri particolari la miriade di
omicidi, delitti, violenze, con cui il suo Signore aveva insanguinato
buona parte dell'Europa.
“E
ora, verrà a prendere anche tutti voi... perché
siete indegni di chiamarvi Maghi... "
Avevo rabbrividito a quelle parole, ma Gellert Grindelwald non mantenne
la tetra promessa del suo uomo, appena tre anni più tardi,
infatti, Dumbledore lo affrontò e lo sconfisse, facendolo
poi rinchiudere nella stessa prigione di Nurmengard, che il pericoloso
Mago Oscuro aveva eretto per incatenarvi chi cercava di ostacolarlo; da
allora, fino all'avvento di Milord, il Mondo Magico aveva vissuto una
calma piena di tensioni; quanto a me, non ero mai riuscito a
dimenticare la spaventosa esaltazione che aveva pervaso mio padre quel
giorno e, soprattutto, non ero mai riuscito a condividerla. Alzai gli
occhi verso il nostro banco, ma quel giorno non intercettai lo sguardo
austero di Arcturus Black, al posto del pubblico, infatti, sulle panche
più alte e buie, qua e là sedevano solo alcuni
sconosciuti, dal volto nascosto dall'ombra, sicuramente Aurors del
Ministero venuti a prendere appunti personali su quanto avrebbero
ascoltato.
Sempre
che Lodge si degni di farmi queste dannate domande...
Tornai a guardare di fronte a me, il Ministro sedeva al centro della
terza fila di panche rialzate, alla sua destra c’era Dolore
J.Umbridge, alla sua sinistra Bartemious Crouch, capo del Dipartimento
di "Applicazione delle Leggi magiche", sotto di lui, sulle due file di
panche più basse e più vicine alla mia sedia,
c'erano i due cancellieri del Ministero, che avrebbero registrato ogni
parola detta in quell'aula per la relazione ufficiale, più i
due dattilografi aggiuntivi, per quelle precisazioni che non sarebbero
finite negli atti, ma che avrebbero dato l'avvio a nuove indagini:
erano le persone che temevo di più, là dentro;
dietro e attorno al Ministro, infine, sedeva il Wizengamot al gran
completo, Maghi e Streghe nella toga color prugna e la W d'argento impressa
all'altezza del petto, tra di loro c'era Dumbledore, che sedeva proprio
dietro al Ministro, e al suo fianco Alastor Moody, intento a leggere un
faldone di pergamene. Sbuffai, indignato: era inaudito che non fossero
pronti per il processo da loro stessi fissato per quel giorno! Sentii
lo stomaco torcersi, quando Crouch tossicchiò di nuovo: lo
fissai, sembrava innervosito anche lui per quell’attesa, o
forse perché, per la sua carriera, sarebbe stato
più utile un bel processo aperto al pubblico,
così invece poteva esibire le proprie abilità
davanti alle sole persone che già lo conoscevano e che,
potevo scommetterci, avevano già un'idea ben precisa, e
sicuramente poco lusinghiera, su di lui.
“Lord Black... potreste
rammentare al Wizengamot i fatti occorsi la notte dell'arresto
dell'imputato?”
“Mi trovavo insieme a
centinaia di altre persone a Herrengton, per il matrimonio del mio
figlioccio, Mirzam Sherton... ero lì con tutta la mia
famiglia, dalla notte precedente... tra gli ospiti c'era anche il
Ministro Longbottom con molti Aurors di scorta... e l'imputato, anche
se l'ho notato solo a fine giornata... durante la mattina si sono
celebrati i riti, poi abbiamo partecipato al banchetto, che si
è protratto per quasi tutto il pomeriggio, alla fine, a sera
inoltrata, si stavano svolgendo danze e spettacoli pirotecnici quando
abbiamo salutato gli sposi e ...”
“E?”
“E, improvvisamente... Meissa
Sherton è scomparsa e... ”
“Corrisponde al vero che fu
vostro figlio a dare la notizia della scomparsa della
bambina?”
Guardai la Strega che aveva fatto la domanda, con voce gracchiante, la
vecchissima Griselda Marchbanks
(5), un cespuglio di candidi capelli lanosi in testa, si
diceva fosse stata insegnante di Trasfigurazione e Incantesimi
nientemeno del giovanissimo Dumbledore: m’innervosii
all'istante, non capivo a cosa servisse sottolineare quel dettaglio
inutile, o forse, da padre, non desideravo che mio figlio fosse
coinvolto ulteriormente.
“Sì... i due
ragazzini sono amici e stavano giocando in uno dei cortili vicini,
quando Meissa è scomparsa... mio figlio ha dato l'allarme,
abbiamo formato delle squadre per trovarla, Duncan MacPherson ed io ci
siamo diretti al cortile d'ingresso, dove abbiamo trovato il
secondogenito di Sherton ferito... Fear restò lì,
per tentare di curarlo, io salii sulla torre...”
“Eravate dunque da solo, sulla
torre?”
“Sì, come vi ho
detto eravamo solo in due, anzi no... all'inizio con noi c'erano anche
Kenneth Emerson e mio figlio... poi loro tornarono indietro... io sono
salito da solo perché MacPherson, al contrario di me, sapeva
come curare...”
“Sappiamo bene che quel Mago
sa fare, molte, moltissime cose, anche troppe... al contrario, i Maghi
“come voi”... "
Lodge era divertito dalla precisazione di Crouch, io repressi l'ira che
provavo: era sottinteso in quel “come
voi” il nomignolo “cuor di
coniglio”
che molti mi attribuivano, sparlandomi dietro.
“... i Maghi “come voi”
di solito, si guardano bene dal salire su una torre per affrontare da
soli una battaglia... e voi sapevate, Black, che era in corso una
battaglia, perché, lo leggo qui... vostro figlio
dichiarò che “si
sentivano rumori e lampi di battaglia provenire dalla
sommità della torre...”...
perciò ditemi, cosa vi faceva credere che non fosse
pericoloso per voi salire in cima alla torre? Sapevate forse che il
vostro figlioccio non avrebbe mai levato la Bacchetta contro di
voi?”
“Che cosa state cercando di
insinuare, Crouch? Che cosa c'entra il mio figlioccio? Certo che era
pericoloso, per me, salire sulla torre, ma che cos'altro potevo fare?
Meissa, una bambina di undici anni, era sparita, suo padre, per quanto
ne sapessi in quel momento, era morto, la madre sconvolta, il fratello,
un ragazzino di tredici anni, era ferito... quanto agli Aurors
presenti, sì, quegli agenti stipendiati dall'intera
Comunità Magica, compresi gli Sherton, come per esempio voi,
Crouch... che cosa stavano facendo in quel momento? Erano impegnati a
ficcare il naso in giro e a ostacolare le ricerche, invece di aiutarci
a ritrovarla! Una bambina di undici anni!”
“Come hanno dimostrato gli
eventi, era di primario interesse difendere il Ministro... ”
“Oh sì... abbiamo
visto tutti benissimo quanto siete stati abili a difenderlo!”
“Come osate... ”
“Ahahahah... ”
Le parole di Crouch, già irritate a causa mia, si persero
nell'aula, interrotte dalla risata sguaiata dell'imputato, che si
agitò con un sinistro sferragliare di ceppi.
“Basta così, o vi
farò allontanare, Williamson! Black, vi invito ad attenervi
ai fatti... ”
“Io mi stavo attenendo ai
fatti e alle vostre domande, Crouch... ”
Lo guardai sfidandolo, Lodge mise fine al battibecco invitandomi a
continuare il racconto.
“Quando ho raggiunto la
sommità della torre, ho visto che era davvero in corso un
duello, ho pensato che la bambina fosse un ostaggio troppo prezioso per
essere tenuta lì, in un luogo tanto pericoloso, al contrario
se il rapitore fosse stato così stupido da averla portata
con sé, era probabile che fossi arrivato troppo tardi per
lei, così scesi al piano sottostante, sperando che il nemico
l'avesse nascosta al sicuro... ”
“Ma come, Black? Chiamiate
nemici coloro che si scontravano con gli Aurors e non gli Aurors?
Ahahah... ” (6)
Sentii il sangue andarmi a imporporare la faccia, fissai incapace di
dire una parola il vecchio Auror che mi guardava divertito da dietro le
sbarre, gli occhi da folle, la barba ispida e la saliva che schizzava
come veleno di serpente; deglutii con difficoltà, cercando
una risposta valida con cui allontanare da me fango e sospetto, nessuno
doveva sospettare che io sapessi...
“Vi ho avvertito Williamson...
”
“Io provengo da
un’illustre e antichissima casata Slytherin, ho le mie idee
circa chi avrebbe diritto o meno di fregiarsi del titolo di Mago e non
condivido la politica filobabbana del Ministero, anzi trovo irritante e
irrispettoso l'atteggiamento di certi personaggi che occupano cariche
pubbliche... ma avere le proprie idee non è un crimine, ed
io mi sento oltremodo oltraggiato a essere messo sullo stesso piano di
chi... ”
“Non siamo qui per fare
politica, o per discutere della vostra posizione antibabbana, Black...
siete invitato a non prestare ulteriore ascolto all'imputato e a
rispondere solo alle domande del Wizengamot... dunque siete sceso al
piano sottostante... ”
Fissai l'uomo, Tiberius Ogden (5)
dalla fluente barba grigia e il volto austero, due pesanti occhiali da
miope a mascherargli mezza faccia, che sedeva imponente quattro file
sopra quella di Lodge: l'avevo visto in più di un'occasione
a casa di mio cugino, con cui condivideva, insieme a altri
personaggi variegati,
la stessa passione per le arti e altri hobby che Pollux, irritato,
definiva “inutili,
frivoli e sconvenienti per un uomo che porta il nome di Alphard Phineas
Black” (7).
“Sì... mi sono
guardato intorno, ho visto un mantello sopra un divano, ho pensato di
aver trovato la bambina, mi sono avvicinato ma c'era, appunto, solo il
mantello... poi... qualcuno mi ha puntato la Bacchetta contro,
dicendomi di alzare le mani, era Alastor Moody... che mi ha minacciato,
fino all'intervento di Williamson... ”
“Che cosa significa “mi ha
minacciato”?”
“Moody ha cercato di
intimidirmi, accusandomi di omicidio... Solo perché mi
trovavo lì... ”
Il Ministro si voltò, divertito, verso l'Auror che
bofonchiò e annuì, poi tornò a leggere
il suo faldone.
“Va bene, va bene...
conosciamo Alastor... diteci... avete dubitato subito di
Williamson?”
“All'inizio no, si comportava
in modo adeguato, si è anche scusato per i modi irriverenti
di Moody, mi ha offerto aiuto in cambio delle mie informazioni,
così gli ho raccontato quello che avevo fatto e visto fino a
quel momento, lui ha mandato Spinnett e Stimpson a perlustrare il
piano, io aspettavo che mi fornisse gli uomini promessi per riprendere
la ricerca della bambina... invece... ha cercato di ostacolarmi,
accusandomi senza motivo di cose non vere... ”
“Potete farci qualche esempio
di queste accuse?”
“Certamente... Voleva
appiopparmi anche lui la complicità nella fuga di chi aveva
ucciso gli Aurors in cima alla torre!”
“Non trovate che fosse
un'ipotesi legittima? Eravate lì e avete dimostrato di
essere a conoscenza della scalinata secondaria che collega la
sommità ai magazzini... ”
“Se fossi stato colpevole non
sarei stato così stolto da indicarla, non credete? Sapevo di
quella scala solo perché frequento quel maniero da quando
avevo tredici anni, perché da ragazzino sono stato invitato
a passare estati intere a Herrengton... e vorrei ricordare che come me
ne sono a conoscenza tutti colori che frequentano o hanno frequentato
quella dimora, ovvero, come minimo, tutti gli amici di Alshain e di suo
fratello Ronald... oltre agli amici dei figli... non è certo
un segreto di stato... “
“Voglio l'elenco di quelle
persone, Black...”
“Ce lo siamo già
procurato, Ministro... Sherton ci ha già fornito una lista
esaustiva, completa di nomi, date, circostanze, la stiamo controllando
approfonditamente... ”
Lodge strappò di mano la pergamena che Crouch teneva come
fosse una sacra reliquia e, lo vidi bene, non sembrò affatto
soddisfatto dal lungo elenco di nomi che aveva sotto gli occhi: la
maggior parte di quelle persone, infatti, erano suoi compagni di
bravate fin dai tempi di Hogwarts.
“Non perdete tempo dietro
ricerche inutili... sono tutte persone dalla condotta ineccepibile...
posso garantire personalmente per ciascuno di loro... Anche voi siete
una persona finora dalla condotta ineccepibile Black, quindi
perché Williamson era così sospettoso nei vostri
confronti?”
“Perché secondo lui
i tempi non corrispondevano con quanto dichiaravo, e... in effetti,
all'inizio gli ho mentito... ho mentito per paura e per vergogna:
quando sono giunto in cima alla torre, ho visto un uomo mascherato
dirigersi verso di me ed io... io sono scappato... e mi sono
nascosto... poi quando ho visto che di Meissa era rimasto solo un
mantello... ho temuto di averla perduta a causa di... e ho taciuto...
per vergogna...”
Lodge mi guardò sornione, sapevo benissimo a cosa stesse
pensando e quanto gongolasse in quel momento, lo odiai ancora di
più; ma tra i banchi del Wizengamot, al contrario, vidi
molte persone puntarmi addosso occhi carichi di comprensione, forse
perché mai si sarebbero aspettati da un Black una simile
ammissione di debolezza: tra di loro, non mi sfuggì lo
sguardo enigmatico di Dumbledore, che in quel momento sembrava sondarmi
fino al profondo dell'anima.
“Nemmeno la vostra palese
codardia è oggetto di questa inchiesta... quanto sarebbe
durata questa vostra conversazione?”
“Non lo so, Crouch... il tempo
sembrava non passare mai, perché io volevo tornare a cercare
la bambina e Williamson diventava sempre più insistente... a
un certo punto, forse perché sentiva che gli altri Aurors
stavano tornando indietro, e non avrebbe più potuto tenermi
in pugno, mi disse di scegliere: se avessi fatto ciò che
voleva lui, mi avrebbe portato dalla bambina, altrimenti nessuno dei
due avrebbe rivisto l'alba... Mi ha sconvolto, non potevo credere che
il Ministero scendesse tanto in basso, che arrivasse a rapire una
bambina, per tendere una trappola agli Sherton... ”
“No, effettivamente il
rapimento di bambini non è la tecnica abituale del Ministero
per ottenere informazioni, Black...”
Crouch mi fissava come fossi un idiota, Lodge sorrise della propria
brillante battuta, Dumbledore continuava a non staccarmi gli occhi di
dosso e Williamson si agitava dietro le sbarre, ormai ridotto al
silenzio da un incantesimo; fu allora che, con un sottile schiarirsi
della voce, la segretaria personale di Lodge si avvicinò al
Ministro e gli disse qualcosa all'orecchio: notai, con un brivido, il
compiacimento che entrambi avevano in faccia.
“E che cosa vi avrebbe chiesto
Williamson in cambio della vostra vita? Avete detto che vi ha chiesto
di scegliere... siate più preciso, cosa vi è
stato chiesto di fare? Di aiutare lui e i suoi complici a fuggire? O
forse addirittura di uccidere un Ministro?”
“Che cosa? State scherzando? O
siete forse impazziti tutti quanti? Ero al fidanzamento di mia nipote
Narcissa mentre attentavano alla vita di Longbottom, ho decine di
testimoni che possono confermarlo!”
Mi morsi le labbra, pensai cosa e quanto potessi dire senza espormi
troppo: eravamo arrivati alla parte difficile.
“Controlleremo... Intanto,
però, voi non state rispondendo, Black... ”
“Quel folle voleva il mio
anello... ”
“Il vostro anello? Visto da
qui non sembra così prezioso... possiamo vederlo?”
“In quel momento avevo con me
un anello del Nord... me lo diede MacPherson... è necessario
usare un anello del Nord per entrare in certe stanze protette dalla
Magia di Herrengton... credo ve ne siano stati forniti alcuni per fare
le perquisizioni nel castello... Duncan me lo diede dicendo che se
avessi trovato la bambina, l'avrei dovuta portare al sicuro,
nascondendola insieme ai fratelli più piccoli, in una delle
stanze accessibili solo ai familiari...”
“E a chi avesse
quell'anello...”
“Esattamente... A quel punto
mi sono ribellato, ho temuto che Williamson volesse l'anello per fare
del male anche agli altri bambini... così ho puntato la
Bacchetta contro di lui, l'ho schiantato e i due Aurors presenti,
Stimpson e Spinnett, che fino a quel momento sembravano, come dire,
"assenti”, si sono come “risvegliati”...
Spinnett mi teneva sotto tiro, Stimpson si è chinato per
soccorrere Williamson e gli ha visto il braccio e …
l'abbiamo scoperto così... poi è accaduto tutto
rapidamente: è tornato Moody, siamo scesi di sotto,
lì ho scoperto che altri avevano ritrovato la bambina e che
Rigel e Alshain erano in salvo... ”
Per alcuni minuti calò il silenzio, io sperai che finisse
così, senza altre domande. Invano.
“Tutto molto, molto casuale...
Williamson vi ha trovato per caso, per caso voi avevate un anello del
Nord, per caso voi avete cercato la bambina proprio a pochi metri da
dove si era appena compiuto un triplice omicidio... e casualmente, un
uomo di quell'esperienza e quella reputazione, una pedina tanto
importante per il Signore Oscuro, si brucia così... per un
anello utile solo ad aprire una porta... Ormai erano tutti in allerta,
non avrebbe potuto fuggire, tanto meno con dei bambini piccoli al
seguito... o mi sbaglio?”
Fissai Crouch, non capivo dove volesse andare a parare. Voleva portarmi
ad ammettere che quello che avevo in mano non era un anello qualsiasi,
che valesse la pena rischiare perché era l'anello del
Custode di Herrengton... ma se sospettava di Mirzam, quell'anello non
gli serviva a dimostrare nulla, perché Mirzam, in quanto
Sherton, poteva muoversi per il maniero, entrando e uscendo senza
alcuna difficoltà... Forse mirava a dimostrare che Fear
fosse il Custode di Herrengton, questo perché il Custode
giurava fedeltà all'erede di Hifrig, quindi nessuna delle
sue azioni poteva essere in disaccordo con il volere di Alshain: se
aveva perciò delle prove contro Fear, quel collegamento
sarebbe stato utile a danneggiare anche gli Sherton. Dovevo fare molta
attenzione.
“Non posso sapere cosa avesse
in testa quell'uomo, magari il Signore Oscuro gli aveva ordinato di
uccidere i bambini, o di procurarsi il famigerato anello di Salazar...
anche l'anello di Meissa Sherton è scomparso quella notte...
è chiaro che quella gente stesse cercando qualcosa... cosa
posso sapere, io, della mente di quel pazzo?”
“Voi sapete bene cosa avevate
in mano... non certo il leggendario anello di Salazar... non avrebbe
funzionato, nelle vostre mani... al contrario, l'anello del Custode,
con cui si può entrare e uscire da Herrengton senza essere
uno Sherton, con cui si può far fuggire un assassino senza
lasciare tracce... quell'anello voi potevate usarlo... dunque Duncan
MacPherson, noto a tutti come Fear, è il custode di
Herrengton, non è così? Ha giurato
fedeltà a Herrengton, le sue azioni sono tutte e sole quelle
che Alshain Sherton gli comanda di fare e...”
Sentii la tensione salire nella stanza, Crouch era talmente sporto
dalla sua panca che temevo potesse cadermi addosso, Lodge e la sua
degna segretaria sembravano leccarsi le labbra, Dumbledore era
anch'egli teso, ma sembrava poco convinto della piega che stava
prendendo l'interrogatorio, si sporse verso il Ministro per parlargli
all'orecchio, Lodge si mise la mano davanti alla bocca, così
non riuscii nemmeno a leggergli le labbra, ma non sembrava per nulla
contento delle obiezioni del vecchio. Avevano scoperto qualcosa di
compromettente su Fear e cercavano di coinvolgere Alshain, ne ero certo.
“Rispondete,
Black...”
“A cosa dovrei rispondere? Io
non posso rispondere a questa domanda!”
“Voi dovete, Black... e dovete
dire la verità, quando vi siete seduto avete giurato...
”
“Io non posso rispondervi,
perché io non lo so... Non faccio parte della Confraternita,
non conosco i loro affari e questi sono solo affari della
Confraternita, di cui non ho motivo di sapere qualcosa... Quando Fear
mi ha dato il suo anello, non c'era tempo di chiedere spiegazioni,
avevo altro da fare che disquisire con lui su cosa fosse quell'anello,
o sul perché l'avesse o su che ruolo quel vecchio pazzo
avesse presso Alshain... a me interessava trovare la bambina e
nasconderla in un luogo sicuro insieme ai suoi
fratelli…”
“Molto commovente,
Black… potremmo usare del Veritaserum... lo sapete,
vero?”
Deglutii ma mi mantenni caparbio e deciso, avrei bluffato come quella
famigerata notte. Per Deidra, per i ragazzi, per Alshain.
“Non siete diversi da
Williamson, dunque... arrivate anche voi alle minacce, per ottenere
ciò che volete, fosse anche una falsa ammissione... ma io
non ho paura... so come far valere i miei diritti davanti alla legge...
perché voi, Crouch, state abusando del vostro potere proprio
qui, in quest'aula, davanti a coloro che devono amministrare la
Giustizia... bene... avanti, sprecate risorse e tempo, somministratemi
il Veritaserum... guardatevi intorno... non avrò certo
difficoltà a trovare qualche testimone contro di
voi...”
“Non osate minacciarmi Black,
o vi giuro che v’incrimino per complicità e...
“
Crouch era infuriato, temevo stesse per saltare giù dalla
panca, gli occhi iniettati di sangue, io lo fissai, freddo, sicuro di
essere dalla parte della ragione e sicuro che per buona parte dei Maghi
e delle Streghe che avevo di fronte il mio nome contasse ancora
qualcosa.
“Calmatevi, Bartemius... Avete
ragione, Black... voi non avete motivo di conoscere la risposta a
questa domanda... al contrario, tra poco su quella sedia ci
sarà qualcuno che non potrà negarci la
verità... se non avete altre domande da fare al teste...
”
Nell'aula non si sentiva volare una mosca, Lodge continuava a
disquisire piano con la sua segretaria, Crouch mi avrebbe volentieri
ucciso all'istante, io pensai che forse sarei riuscito a uscire da
lì senza ulteriori pesi sulla coscienza.
“... Molto bene... direi che
abbiamo finito... potete andare, Black... se volete potete restare qui,
a seguire il resto delle deposizioni...”
“No, non ancora, Ministro...
Black... un'ultima domanda... vi ricordo che avete giurato di dire la
verità... erano Mirzam Alshain Sherton e sua moglie Sile
Aylys Kelly i due Mangiamorte che avete incrociato in cima alla torre e
che avete aiutato a scappare servendovi dell'anello che avevate in
mano?”
Fissai Crouch, non riuscii a trattenermi e iniziai a ridere,
sommessamente, mettendo in quella risata tutta la tensione che andava
lentamente a sciogliersi...
“Salazar... in che mani
siamo... Voi non ascoltate... voi non ragionate... io non so nulla
della Confraternita, del Signore Oscuro e dei suoi uomini, o di Fear...
ma alcune cose le so e le sapreste pure voi se aveste la mente libera
da pregiudizi... Mirzam e sua moglie non hanno bisogno
dell'aiuto di nessuno per entrare e uscire da Herrengton... non solo...
ma la battaglia sulla torre era già iniziata quando quei due
ragazzi erano ancora davanti a tutti, per i saluti... perché
non leggete quelle carte? Ciò che cercate di sapere
è scritto lì... ciò che forse non
troverete nelle carte è che hanno patito tanto per stare
insieme, perciò non avrebbero certo scelto il giorno del
loro matrimonio per mettersi nei guai volontariamente e... soprattutto,
mai, per nessun motivo, quel ragazzo avrebbe fatto del male ai suoi
stessi fratelli o a suo padre... oltre a questo, io non ho altro da
dirvi... ”
Mi alzai, nell'aula non volava una mosca, andai a sedermi al posto che
uno degli inservienti m’indicò, quando abbassai lo
sguardo sulle mie mani, mi sembrò che tremassero, ma non me
ne curai, come non mi curai più di nient'altro mi accadesse
intorno, nella mia mente c'erano solo le parole di Deidra. “Orion, ti supplico...
deponi al processo... dì loro ciò che sai...
dì loro chi è mio figlio...”
Gliel'ho
detto, Dei... Salazar mi è testimone... Io gliel'ho detto,
chi è tuo figlio...
***
Alshain Sherton
Ministero della Magia, Londra - sab. 15 gennaio
1972
Quando finalmente entrai nell'aula, stavo ormai
tremando, forse, a causa del freddo pungente della sala d'aspetto, mi
ero ammalato di nuovo: ci mancava solo avessi già la febbre.
Avevo visto il Wizengamot all'opera molte altre volte, avevo
testimoniato in favore di amici e conoscenti, ma quel giorno stavo
facendo una fatica immane a controllare i miei tremiti e reprimere la
paura fottuta che provavo. Ero stanco, avevo un cerchio alla testa, ero
ancora sofferente ed era molto difficoltoso per me persino restare
concentrato sull'Aquila Patronus... E soprattutto avevo la nausea nel
ripetere per la centesima volta le stesse inutili cose, lontane anni
luce dai veri interrogativi che volevano pormi. Volevano sfinirmi... e,
benché provassi a resistere, ci stavano riuscendo.
“Sì, conosco
Williamson...”
“No, non approfonditamente,
è una delle tante persone invitate solo perché
avevo fatto affari in passato con la sua famiglia...”
“Sì, è
stato il vezzo di voler comprare un set da Quidditch firmato da
Arcibald McKinnon, battitore del Puddlemere nel 1879, che mi ha portato
a contattarlo, otto anni fa...”
“No, da allora non ho avuto
più nulla a che fare con lui...”
“Sì, è
vero, avete ragione, l'ho contattato, ma non incontrato, anche tre anni
fa, per la mia ostinazione nel cercare gli antichi manufatti di
Herrengton andati perduti nel corso dei secoli... credevo avesse buoni
contatti per...recuperare certi reperti... ma non sono giunto a capo di
niente...”
“Sì...
ora mi maledico per tanta stoltezza, perché se non fossi
stato così ostinato, non avrei mai avuto a che fare con
quell'individuo... e forse oggi non saremmo qui...”
“Sì... quando
è stato svelato il suo segreto, io ero ancora semi
incosciente, a metri e metri di distanza dalla torre in cui si stava
svolgendo tutto.”
Chiesi dell'acqua, l'inserviente me la portò, i Maghi e le
Streghe del Wizengamot non mi staccavano gli occhi di dosso, ma
stranamente nessuno faceva commenti o domande per chiarire le mie
parole, sembrava sapessero già come avrei risposto, passo
dopo passo. Riprendemmo.
“Sì, tutta la
famiglia di mia madre era Ravenclaw, da generazioni...”
“Sì, la dimora di
Essex Street apparteneva ai Meyer e l'ho ereditata io,
perché Herrengton era destinata a mio fratello, il
primogenito...”
“Sì, c'era un forte
legame d'amicizia tra Tobias Meyer, mio zio materno, e il Ministro
Longbottom..."
“Sì, è
per questo che ho voluto invitarlo a Herrengton..."
“Sì, conoscevo
personalmente Longbottom da quando ero un ragazzino..."
“No, non l'ho mai frequentato
assiduamente, anzi non lo vedevo ormai da anni.."
“Sì... immagino che
il mio invito l'abbia sorpreso, come ha sorpreso me vederlo
accettare..."
Pausa... Crouch mi fissò a lungo, poi mise da parte la
pergamena che aveva seguito fino a quel momento per farmi le domande e
dopo un rapido scambio con Charlus Potter, dietro di lui, prese un
altro fascicolo, lo lesse rapidamente e ricominciò.
“Avevate un motivo preciso e
“non” personale per invitarlo al matrimonio, non
è così?”
“No... Avevo solo questioni
personali da discutere con lui...”
“Volete parlarcene?”
“Non vedo perché
dovrei, le mie faccende personali non c'entrano niente con questo
processo!”
“Stabiliamo noi se la
questione è importante e pertinente con questo processo,
Sherton...”
Sentivo tutto l'ardore di Crouch, ma non guardai lui, fissai
Dumbledore, che a sua volta fissava me: si conoscevano da una vita, lui
e Longbottom, m chiesi se il defunto Ministro gli avesse accennato ai
discorsi che stavamo facendo, prima che qualcuno ci fermasse.
“Ministro... se posso
intervenire... conosco la questione e confermo che non è di
alcuna pertinenza con il processo... ricevetti pochi giorni prima di
Yule il Ministro Longbottom nel mio studio, a Hogwarts... mi
parlò tra le altre cose dell'invito che aveva ricevuto,
m’incuriosii e gli feci alcune domande... mi parlò
così anche di una compravendita, Everard sapeva che ero
stato intermediario in una vendita simile, e mi chiese se il prezzo che
stavano trattando fosse adeguato... ”
Annuii annoiato, come segno di conferma alle parole del Mezzosangue
pernicioso, ma dentro di me ero turbato: dunque Dumbledore sapeva che
cosa avevo cercato di fare con Longbottom senza riuscirci, e ora stava
mentendo al Ministro per coprirmi. Serrai i pugni, indispettito, non
volevo essergli grato per qualcosa, e soprattutto mi chiedevo quanto mi
sarebbe costato quell'aiuto provvidenziale. Però, appunto,
era provvidenziale... o no? Cambiai la posizione del braccio sul
bracciolo, fingendomi imperturbabile, in realtà mi sentivo
una tigre in gabbia: il Ministro era un uomo di Malfoy, Dumbledore mi
concedeva un aiuto di certo non disinteressato, Crouch voleva sfruttare
le mie disgrazie per fare carriera, tra loro potevano esserci spie di
Milord e Moody non sollevava il naso da quelle dannate carte, alla
ricerca di chissà quale nuova diavoleria da usare contro la
mia famiglia. Guardai Crouch rigirarsi per la trecentesima volta la
piuma in mano, sibilare piano all'orecchio del Ministro che faceva "No" con la testa,
sporgersi indietro verso quel gufo di Potter poco lontano da
Dumbledore, che a volte, annuiva, altre negava... non capivo cosa
stesse accadendo. Il vecchio intanto fissava costantemente i suoi occhi
cerulei su di me, come a cercare di leggermi dentro: mi chiesi se
avesse raccolto anche la pericolosa confidenza di Moody su quanto
confessato da mia moglie, in ospedale. Con un brivido mi resi conto che
l'anziano preside, di certo non esattamente uno stolto, iniziava ad
avere tanti, troppo indizi su di me e sulle mie reali intenzioni... e
questo forse un giorno, mi avrebbe costretto a mettere da parte i miei
pregiudizi e scendere a patti con lui...
Se
non altro per evitare che un altro dannato Mezzosangue diventi
l'ennesima spina nel mio fianco...
All'improvviso, mentre stavo lì, davanti a tutti, a
combattere con il mio terrore, a pregare che finisse tutto il prima
possibile, gli occhi mi scivolarono lungo le panche deserte, fino a una
figura isolata, china, raggomitolata quasi su se stessa: l'avevo
cercato a lungo ma era così strano vederlo così,
che fino a quel momento non ero ancora riuscito a metterlo a fuoco.
Sapevo che era ancora lì dentro, Orion non era uscito
dall'aula al termine della sua deposizione, ed io volevo vedere un
volto amico, ma lui non alzò nemmeno per un secondo gli
occhi dalle sue mani. A cosa stava pensando? Che cosa gli avevano
chiesto? Aveva detto la verità? E quale, alla fine, era la
verità? Dall'altra parte della stanza, intanto, Williamson,
l'ombra del Mago che era stato, la barba lunga e incolta, spettinato,
le vesti che aveva la sera del matrimonio ormai stracciate e lerce, gli
occhi da pazzo, non aveva detto niente da quando ero entrato, si era
soltanto messo a ridere un paio di volte delle mie parole. Lodge,
infine, tossicchiò per attirare su di sé, di
nuovo, la mia attenzione.
“D'accordo, Albus, mi fido di
te, anche se non vedo per quale motivo Sherton non ci abbia risposto,
se era qualcosa di tanto innocente... evidentemente ci sono
persone così astute che, pur di non perdere l'occasione di
denigrare le Istituzioni, non si rendono conto di tutto il male che
fanno a se stesse... allora... abbiamo stabilito che Sherton, aveva
contatti superficiali tanto con il Ministro che con Williamson, i
testimoni affermano che gli Sherton non parlarono con nessuno dei due
ospiti durante tutta la cerimonia, addirittura l'invito a Longbottom
partì da Kenneth Emerson, che ha contatti diretti con il
Ministero... questa deposizione, lo ammetto, fin qui non mi sembra
molto illuminante... Crouch, per favore...”
“Avete ragione Ministro...
diteci, Sherton... perché avete scambiato il vostro
bicchiere con quello del Ministro? Sapevate forse che qualcuno voleva
attentare alla sua vita? Avevate dei sospetti su vostro figlio fin da
prima della festa? Come sapevate di aver bisogno di un Bezoar? Abbiamo
già scoperto che ve ne siete procurato uno, appena pochi
giorni prima di...”
“Sono un Pozionista e penso
come un Pozionista, Crouch... soprattutto perché provengo da
una famiglia che nel corso dei secoli è stata decimata da
incidenti strani... per sicurezza, perciò, tendo a essere
sempre pronto a qualsiasi evenienza... per la mia sicurezza e per
quella delle persone che ospito nella mia casa... se volete
incriminarmi per eccesso di prudenza...”
“Attenetevi ai fatti, non
siamo qui per i vostri teatrini!”
“Stavo solo rispondendo alle
vostre domande!”
“Allora non intratteneteci con
i vostri abituali teatrini ma parlateci del vino avvelenato e del
bicchiere scambiato!”
“Sinceramente, non ricordo
nemmeno di aver bevuto... non ricordo pressoché nulla a
partire da un certo momento di quella sera...”
“Ovvero? Quale
momento?”
Guardai Tiberius Odgen che sembrava uno dei pochi interessati, ormai, a
quell’inutile sequela di parole che non portava da nessuna
parte: non lo conoscevo bene, ma il semplice fatto che fosse amico di
Alphard Black mi ben dispose nei suoi confronti, sicuro che un uomo
onesto, qual era Alphard, si circondasse solo di uomini onesti.
“Ero in giardino, stavo
parlando con Orion Black dei bei tempi andati... sapete... in quel
momento c'erano i balli irlandesi e... io tenevo in mano...
io...”
La voce mi morì in gola, il volto mi avvampò.
“Che cosa, Sherton?”
“Io... tenevo in mano... un
bicchiere di... Moon's Tears...”
Guardai Orion, Orion guardò me... Compresi, istantaneamente
quale fosse il punto: lui sapeva, o quantomeno sospettava, di sua
nipote Bellatrix.
“Altri Aurors ed io eravamo
presenti quando lei ci invitò tutti nel suo studiolo, chiese
all'Elfo di versare il vino e lo vidi io, con i miei occhi, osservare
ipnotizzato il liquido versato e prendere il calice di fronte al
Ministro, non quello davanti a sé e ...”
“Di solito assaggio un sorso
prima che il vino sia servito, per assicurarmi che sia quello giusto
per l'occasione... avrò semplicemente fatto questo... ero
molto orgoglioso della mia cantina... e purtroppo, ora quella cantina
non c'è più... ed io non ho ricordi nitidi di
quel momento...”
“Certo... vi fa comodo
ricordarvi solo ciò che volete... non è
così?”
“Scusatemi, Crouch... ma credo
che stessi avendo l'infarto, che mi ha colpito quella sera, proprio in
quel momento... mi spiace davvero che sia avvenuto nel momento
sbagliato e ora non possa rispondere esaurientemente... così
che possiate perseguire i vostri scopi...”
“Per quanto ne so... sareste
capace di auto procurarvi un infarto solo per sfuggire alle vostre
responsabilità!”
“Salazar! Ora siete voi
oltraggioso, Crouch! Che prove avete che ci fosse del veleno quella
sera e che il veleno fosse nel vino servito al Ministro? Che prove
avete che sia stato commesso un qualche crimine ai danni del Ministro
nella mia casa? Nessuno ha trovato tracce di veleno a
Herrengton...”
“Solo perché
l''Elfo che ha servito il vino è stato trovato morto, tutti
contenitori di bevande e di pietanze distrutti, spariti i cibi e i
vini... era rimasta solo l'acqua della sorgente: non abbiamo trovato
veleno solo perché qualcuno si è dato molto da
fare per farlo sparire! Ecco perché non abbiamo trovato
niente!”
“Questo non dimostra in nessun
modo che l'ipotetico veleno fosse in quella bottiglia e fosse destinato
al Ministro...”
“Nel bicchiere, Sherton! Non
nella bottiglia!”
Che prove c'erano che in quella stanza ci fosse del veleno? Che prove
c'erano che fosse il Ministro il bersaglio? Bellatrix Lestrange avrebbe
potuto avvelenarmi, ne aveva avuto occasione e motivo, e forse l'aveva
davvero fatto, confondendomi con il suo sguardo da gatta pericolosa...
Guardai di nuovo Orion: poteva essere quella la verità che
temeva e di cui si vergogna? La verità che lo addolorava?
“... Non avete trovato nulla,
non potete sapere se il bersaglio fosse davvero Longbottom...
a bere questo ipotetico veleno sono stato io, Crouch, e magari la cosa
può essere stata casuale... ma miei sono i figli che sono
stati rapiti e feriti... e quello che è capitato loro non
è certo stato causale, né involontario... e
ciò che è peggio... non è la prima
volta che la mia famiglia subisce aggressioni di origine dubbia...
ora... visto che l'imputato sotto processo è un membro
anziano del Wizengamot nonché ex Aurors, secondo me
è piuttosto lecito pensare che qualcuno, qui nel
Ministero... persino mio figlio Mirzam è accusato sulla base
di prove dubbie e discordanti e di testimonianze che dire
discutibili...”
Sentii di colpo l'attenzione degli altri farsi palpabile, gli occhi di
Dumbledore, su di me, fiammeggiarono.
“Se avete prove a sostegno di
questa teoria, Sherton... saremmo interessati a valutarle... ”
“No, non ho prove, anche
perché ero ricoverato in ospedale quando gli uomini del
Ministero hanno fatto e disposto come preferivano delle mie case e di
tutto ciò che vi era contenuto... se c'erano prove e sono
sfuggite o sono andate perdute...”
“Smettetela con queste
insinuazioni, Sherton! Le relazioni sulle perquisizioni sono agli Atti,
ho diretto tutto io, personalmente... e per garanzia nei vostri
confronti, abbiamo agito sempre e solo sotto la supervisione di Kenneth
Emerson, che voi stesso avete incaricato di curare i vostri interessi
in vostra assenza... se davvero stessimo creando prove contro vostro
figlio, come sostenete voi, durante quelle perquisizioni, avremmo
trovato anche l'Athame che stiamo cercando... e che voi invece
continuate a nascondere, come state nascondendo vostro
figlio!”
“Supposizioni, Crouch...
supposizioni che si fondano sul nulla...Se ho ben capito oggi mi avete
convocato per sapere cosa so e cosa penso di sapere su Williamson e sul
Ministro... visto che metà dei fatti di cui si parla sono
avvenuti mentre ero privo di conoscenza o in ospedale, mi spiace, ma
posso condividere con voi solo i miei dubbi su come è stata
gestita tutta questa faccenda... per quanto mi riguarda, io non altro
da dire... ”
“Voi non avete altro da dire,
eh? Non sapete nulla di Williamson? D'accordo, basta parlare di lui...
ora ci parlerete di vostro figlio Sherton! Non potrete dire di non
conoscere bene nemmeno vostro figlio! Non potrete dire di non saperne
dare un giudizio perché eravate incosciente! Parlateci del
ruolo che ha svolto Duncan MacPherson! Vogliamo sapere dove si
nascondono!”
“Non ne ho la minima idea! Se
lo sapessi, sarei lì io stesso, per aver delle
risposte...”
“Nemmeno voi siete poi
così sicuro dell'innocenza di vostro figlio, non
è così?”
“Ho dei dubbi, vero...
perché sarebbe dovuto venire a trovare i suoi fratelli
mentre erano in ospedale... invece non l'ha fatto... ma a mio avviso
Mirzam ha solo tre motivi per restare lontano da loro...”
“Ovvero?”
“O ha qualche
responsabilità, magari indiretta, in quanto è
accaduto o qualcuno lo tiene lontano da noi... o... Ed io sono suo
padre... se permettete, preferisco immaginare mio figlio colpevole, con
tutta la vita davanti per redimersi e cui poter un giorno tendere la
mano per perdonarlo... che immaginarlo prigioniero o morto, perduto per
sempre!”
Mi alzai, tremavo così tanto che temetti di cadere, ma per
fortuna riuscii a mascherare la tensione e la debolezza di quel
momento, mi allontanai dalla sedia e cercai di raggiungere l'uscita,
fui subito bloccato da un paio d'inservienti: anche se stavo recitando,
le mie parole mi avevano scosso, perché avrei davvero
preferito avere un figlio colpevole, piuttosto che un figlio innocente,
costretto alla fuga per le mie colpe, forse addirittura già
morto.
“Che cosa credete di fare,
adesso? Per Merlino e tutti i Fondatori, Sherton, tornate al vostro
posto o giuro che vi faccio incriminare!”
“Incriminatemi, allora... mi
spiace... io non ho altro da dire, a nessuno di voi...”
“Non ve la caverete
così... Che fine ha fatto il pugnale? Sappiamo che Fear
è il Custode di Herrengton, esegue solo gli ordini che gli
avete dato! Dove gli avete detto di nascondere vostro figlio?”
“Io non so dove si trovi mio
figlio... e non so nulla di alcun pugnale... Quanto al Custode di
Herrengton... il Decreto Ministeriale 109 del 31 dicembre 1692 recita
che “Gli Affari della Confraternita del Nord, non sono Affari
del Ministero della Magia... ””
“Lo sono, quando nelle Terre
vengono nascosti dei criminali! Vi ordino di rispondermi!”
“Ministro...”
Mi aspettavo che gli Aurors si alzassero per scortarmi in gattabuia, ma
erano rimasti al loro posto, solo Alastor Moody era in piedi, il
faldone aperto in mano, che aspettava si facesse silenzio per parlare.
“... scusate l'interruzione,
ma... in questa relazione che ho ricevuto solo stamani, ci
sono informazioni che rendono superflue le altre domande che avevo
suggerito di fare a questo testimone e agli altri convocati per oggi...
chiedo una sospensione per parlare al Wizengamot... ”
“Accordato... Sherton, la
vostra deposizione per ora è sospesa... è
evidente che siete provato e sconvolto... per cui non terrò
conto dell'evidente mancanza di rispetto che avete manifestato nei
nostri confronti... riprenderemo domani, e mi auguro per voi che il
vostro comportamento sarà più consono!”
Fulminai con lo sguardo tutti loro, avevo sperato che quella farsa
finisse lì, l'idea di passare un'altra notte ad arrovellarmi
la mente sulle nuove prove che sarebbero state presentate contro Mirzam
mi faceva ribollire il sangue, ma feci un cenno di assenso con il capo
e mi avviai a uscire. Lodge diede l'ordine alle guardie di condurre
Williamson dinanzi al Wizengamot e rispondere a quanto era contenuto
nella nuova relazione; superata la porta accolsi l'odore umido e
muschiato che permeava il corridoio come fosse l'aria più
salubre che avessi mai respirato. In quel preciso istante, fui
raggiunto da Orion.
***
Deidra Sherton
74, Essex Street, Londra - sab. 15 gennaio 1972
Mi soffiai il naso, con le dita raccolsi di nuovo
le lacrime sulle mie guance e tirai un sospiro profondo, sollevai gli
occhi e mi guardai allo specchio: ero ridotta in una condizione
terrificante, gli occhi lucidi e cerchiati, il volto coperto di macchie
rosse, chiaro sintomo della mia agitazione, come il cuore che sentivo
pulsarmi in gola... In quel momento, in quel preciso momento, stavano
parlando di mio figlio come di un mostro, di un assassino. Cercai di
farmi forza e trattenni nuove lacrime: non potevo credere di essermi
presentata in quelle condizioni davanti a Orion, al dolore per quello
che stava accadendo si univa la mortificazione perché mai,
nella mia vita, avevo permesso a un estraneo di vedermi così
debole. Sollevai la Bacchetta, me la puntai addosso, con un incantesimo
silenzioso distesi i miei tratti, imposi alla mia mente e al mio corpo
di recuperare la calma; mi acconciai i capelli in una treccia rigida,
la annodai alla base della nuca, passai un velo d’impalpabile
cipria sul mio viso, per ridare un poco di colore, poi chiamai Kreya
per farmi aiutare a indossare un austero abito verde slytherin, sobrio,
adatto all'occasione. Mi fissai di nuovo allo specchio: avevo
recuperato la mia consueta apparenza, ma gli occhi continuavano a
essere lucidi, mentre pensavo a mio figlio, accusato persino da suo
padre...
Alshain era stato inflessibile, non l'avevo mai visto così,
implacabile (8).
Aveva detto che di fronte al mondo intero si sarebbe detto dubbioso,
per non avere responsabilità dirette, quando l'avessero
catturato e condannato, ma che nel segreto della nostra casa, e nel
profondo dei nostri cuori, noi avevamo ormai solo quattro figli, che
Mirzam per lui era morto... E che se io amavo davvero i ragazzi, come
dicevo, dovevo farmene al più presto una ragione. Quel
giorno, udendo quelle parole, avevo conosciuto un uomo che non era
quello che avevo sposato, un uomo duro, feroce, che non ammetteva
perdono, un uomo che non sapevo vivesse accanto a me. In
realtà, io stessa non avrei mai perdonato e giustificato
Mirzam, io stessa non l'avrei considerato più mio figlio,
per quanto aveva fatto... se fossi arrivata a credere che quello che
Alshain mi diceva di lui fosse la verità. Ma quella non era
la verità, non poteva esserlo. Ero stata io a generarlo...
L'avevo sentito io dentro di me... Io, solo io, conoscevo veramente mio
figlio... E Mirzam, la mia carne, non poteva aver fatto nulla di quanto
l'accusavano: non era l'illusione di una madre, io sapevo che lui non
poteva essere come gli altri lo descrivevano.
Stavo per cedere di nuovo al momento di debolezza, quando sentii il
campanello babbano suonare e i passi rapidi e goffi di
Doimòs che si affrettava alla porta, solo per controllare.
Uscii dalla mia stanza nell'attimo stesso in cui il vecchio Elfo mi
raggiunse, dicendomi che il Decano era alla porta, così gli
ordinai di scendere a preparargli la consueta miscela di tè,
poi, sistemandomi le pieghe della gonna, andai a mia volta a
controllare alla porta, vidi il volto noto e arrossato dal freddo del
vecchio Reginald e, tolti gli incantesimi di protezione, aprii:
“Buon giorno Reginald...
prego, accomodatevi... ”
“Buon giorno a te,
Deidra...”
“Giornata gelida anche oggi,
vero?”
“Frizzantina... ma nulla in
confronto alle nostre Terre del Nord!”
Mi sorrise, porgendomi il mantello: appena la porta si era chiusa, gli
incantesimi di dissimulazione e protezione si erano attivati di nuovo e
ora tutti gli oggetti magici della casa erano riapparsi al proprio
posto.
“Prego, seguitemi,
Doimòs vi sta già preparando il vostro
tè preferito...”
“Non dovresti scomodarti
tanto, Deidra... anzi mi scuso per essere venuto a disturbarti
così presto!”
“Nessun disturbo, Reginald, lo
sai... in questi giorni il riposo non è un dono... ma una
condanna...”
“Ti capisco... ma non
pensarci, adesso... Sono qui per i bambini... Non sai quanta gioia
provano i miei vecchi occhi a vedere come cresce in fretta quel monello
di Wezen! Dimmi, ha preso quei suoi capelli rosso cupo da tua madre,
vero?”
Rimasi in silenzio, presa in contropiede, per la strana domanda.
“A dire il vero non lo so...
Diceva sempre che le erano diventati bianchi già prima dei
trent'anni... Quanto a Wezen, non credo resterà
così... diventerà al massimo rosso come me...
immagino...”
“Uno spavento,
forse?”
“Come, prego?”
“Tua madre... a volte
è la malattia, o uno spavento che fa diventare canuti, tanto
presto...”
Lo guardai turbata, molti sapevano cosa era successo a casa nostra,
quando mia sorella ed io eravamo ancora molto piccole e nessuno, di
solito, aveva voglia di ricordarmelo, perciò guardai
Reginald come se mi avesse dato uno schiaffo in piena faccia; con
difficoltà, però, mi ripresi, pensai che gli anni
a volte recavano oltraggio anche alle persone migliori e forse era per
questo che quel simpatico vecchio, di solito tanto gentile, era stato
improvvisamente così indelicato nei miei confronti.
“Sì... ecco... ha
avuto anche lei una... disavventura... con... i Babbani...”
“Per Merlino... ti prego di
scusarmi, Deidra... io... non so proprio dove avessi la testa e... a
volte la memoria...”
“Non preoccupatevi, Reginal...
in fondo sono cose successe da così tanto tempo...”
Gli sorrisi, vedendolo tanto mortificato, e lo invitai a sedersi sul
divano, accanto a me: aveva uno sguardo strano, assente, ripensai che
erano passate solo poche settimane dal matrimonio di Mirzam, ma che in
poco tempo le cose per noi erano cambiate come fossero passati secoli,
quindi... Sì... in un uomo così vecchio,
bastavano anche solo poche settimane per rallentare dolorosamente il
pensiero e offuscare a tratti la memoria. Per questo, forse, si
guardava attorno e guardava me, come fosse la prima volta che entrava
in quella stanza...
“Scusami, Deidra... davvero...
Credo di essere un pò... frastornato... Sono qui
perché non avevo alcuna voglia di assistere a quella
buffonata messa in piedi da Crouch contro il ragazzo... lo ammetto...
sono sconvolto per quanto sta accadendo più di quanto avessi
messo in conto... trovo il tutto così assurdo, incredibile,
assolutamente fuori dalla realtà... Conosco il tuo
ragazzo... Deidra... l'ho visto crescere... l'ho visto prendere le
Rune... non posso credere che sia un assassino... non ci posso
credere!”
Annuii e sorrisi: dopo l'ultima visita dei Decani, durante la quale
Alshain aveva detto parole durissime contro Mirzam, temevo che nessuno
dei consiglieri anziani della Confraternita fosse disposto ad avere
almeno un ragionevole dubbio su quale fosse la verità, per
questo vedere Reginal parlare in quei termini, con tutto quel dolore e
quelal preoccupazione di mio figlio mi risollevò il cuore e
il morale. E mi fece dimenticare in fretta tutti i dubbi che avevo
sulla sua salute.
“Vi ringrazio, Decano...
sapere che un uomo come voi, come Reginald McFiggs, una delle massime
autorità all'interno delle Terre, crede ancora all'innocenza
di mio figlio, non può che riempirmi il cuore di
speranza...”
“Deidra... non temere, io non
sono l'unico a credere nel ragazzo... so che non avrei dovuto,
perché mi sembra di agire alle spalle di tuo marito, ma
ecco... ho chiesto a un paio di amici di raggiungerci per poterne
parlare con te, prima che torni Alshain...”
“Che cosa? E perché
mai, Reginald? Io non...”
“No, non temere... non
sarà nulla di ufficiale... l'altro giorno abbiamo sentito la
versione di Alshain, ma non la tua… e non mi sembra
corretto... tu sei la madre, Deidra... magari Mirzam ha confidato a te
delle verità che a suo padre non rivelerebbe mai... a
volte... noi uomini siamo così orgogliosi... e ostinati...
e... ma di fronte a nostra madre, spesso...”
“Mirzam non mi ha fatto
nessuna confidenza particolare, Reginald... ciò che provo,
questa sensazione di … incredulità... non
è dovuta a... come dire, fatti concreti, e non ho nemmeno
motivi di risentimento contro Alshain, te lo assicuro... credo sia
solo… quell'empatia che si prova verso chi hai portato
dentro di te...”
“Capisco... spero non ti
dispiaccia parlarne, anche se sono solo sensazioni... sensazioni molto
intime, per giunta... ma per noi, per la Confraternita, è
molto importante... tuo figlio potrebbe essere l'erede di Hifrig... tu
lo sai... noi non possiamo prendere decisioni alla leggera, se si
tratta di lui...”
“Sì, lo so... ma
per me... prima di ogni cosa... Mirzam è mio figlio... solo
mio figlio!”
“Appunto. È la voce
di una madre che vogliamo e dobbiamo ascoltare, Deidra... la Magia del
Nord, spesso, non parte dalla testa, ma dal cuore...”
“Io non sono nata Strega del
Nord, Reginal... ho preso con difficoltà le Rune e... e mai
come ora ho avuto dubbi su quella dann... sulla Fiamma...”
“Sei la madre di cinque Maghi
e Streghe del Nord, Deidra... e sei la moglie dell'attuale erede di
Hifrig... che tu lo voglia o no, Habarcat permea il tuo sangue,
ormai... lo sapevi dall'inizio... che non sarebbe sempre stato
semplice... ma ciò che sei... ciò che sei
diventata... è esattamente ciò che tu hai voluto
essere... l'hai voluto... fortemente...”
“Sì... ma...
forse... forse l'amore non mi ha permesso di valutare bene tutte le
conseguenze... forse... all'epoca ero troppo giovane... per capire...
ciò che ho capito... ora...”
Mi fissò, di colpo c'era una consapevolezza in lui che
cancellò e rese assurda la confusione di prima, temevo mi
chiedesse se fossi pentita, se fossi disposta a rinunciare a tutto, a
ripensarci, a riprendere la mia vita di un tempo. Aprii la bocca per
scusarmi di quello che avevo appena detto, ero troppo sconvolta per
parlare sul serio, non volevo che pensasse che ero pentita,
perché no, nonostante tutto il dolore, l'amore per Alshain e
i miei figli non mi avrebbero mai fatto rinnegare niente. Non ci
riuscii, però, perché di colpo parve che intorno
a me girasse tutto. Sentii uno strano sudore freddo percorrermi la
schiena, la testa esplodere di dolore. Il campanello suonò
di nuovo.
“Devono essere loro... Kenneth
vuol parlati di Mirzam a quattr'occhi... e Jarvis... beh lo sai... lui
e tuo figlio sono amici da una vita... anche Liam Kelly ha deciso di
unirsi a noi... ma credo sia per un altro motivo... ha bisogno di te,
dei tuoi consigli per i suoi bambini... perché non dici a
Kreya di portare di sotto Adhara e Wezen, intanto...”
“Io...”
Sentivo il cuore galopparmi nel petto come un cavallo imbizzarrito,
provai ad aprire la bocca per chiamare Doimòs e farmi
portare qualcosa per il mal di testa, ma dovetti arpionare il tessuto
del divano con entrambe le mani, per non scivolare a terra.
“Che cosa c'è? Va
tutto bene, Deidra?”
Reginald si era apepna alzato ma subito si chinò su di me,
prese la mia mano, sentì il mio polso.
“Sì, io... io
...devo avere avuto un capogiro...”
“Troppa agitazione, Deidra...
Distenditi un attimo... Vado ad aprire la porta, poi ti preparo un
infuso... dammi l'anello, giusto un attimo, così posso
togliere gli incantesimi e aprire... Doimòs ti
porterà acqua e zucchero, intanto... su,
rilassati...”
Annuii, terrorizzata all'idea che il mio corpo, dopo settimane di
tensione potesse tradirmi, come aveva tradito Alshain: quando
però Reginald posò le sue mani sulla mia fronte,
balzai indietro per il dolore, sembravano neve gelida contro la mia
pelle riarsa, non ne ebbi alcun conforto; poi il vecchio prese
delicatamente l'anello dalla mia mano e si avviò lentamente
alla porta. Sentii un ronzio confuso alla porta, tre voci maschili si
aggiunsero a quella del Decano, attraversando il corridoio, ma stavo
così male che erano irriconoscibili, ovattate;
Doimòs mi versò un bicchiere di acqua fresca con
lo zucchero e un poco di limone, ottenni appena un poco di sollievo..
“Ti ringrazio,
Doimòs... sali di sopra e dì a Kreya di scendere
con i bambini... Reginald desidera vederli... e prepara il
tè anche per gli altri ospiti, prendi i biscotti di avena di
Doire che Kenneth apprezza tanto...”
Il vecchio Elfo annuì e con un bop sparì dalla
mia vista, io sospirai cercai di recuperare il controllo e le forze...
non capivo da dove fosse venuto, di colpo quel malessere.
“Peccato, sono arrivato troppo
tardi... avrei gradito se per me avessi fatto preparare dall'Elfo non
del tè ma qualcos'altro... magari quel bel Firewhisky
invecchiato trent'anni che il vecchio Sherton aveva promesso a mio
padre... se fosse riuscito a infilare Elladora nel letto di Alshain, al
tuo posto!”
Feci un salto, orripilata, riconoscendo nel brusio confuso il sibilo di
quella voce...e di quel nome. Seduta sul divano, debole, indifesa, mi
voltai e vidi, sull'arco della porta, quattro uomini che mi
fissavano... Nessuno di loro era chi mi aspettavo di ospitare nella mia
casa. Nemmeno Reginal... No, nemmeno lui era più... lui...
“Tu... voi...” (9)
*continua*
NdA:
In questo capitolo tutte le descrizioni relative al Ministero e al
Wizengamot sono tratte da “Harry
Potter e l'Ordine della Fenice”, in particolare
dai chap.7 e 8.
Riguardo alle note disseminate qua e là:
1) La
digressione sui mali del Mondo Magico descrive il modo di vedere la
vita da parte di Alshain: è un Serpeverde atipico ma resta
un Serpeverde, non è un pazzo maniaco razzista
né un idiota come certi Serpeverde che abbiamo visto nel
canon, ma ha le sue fisse e anche se non vuol andare a uccidere babbani
solo per tenersi in allenamento, ha quell’innato senso di
superiorità e altezzosità Serpeverde che gli fa
pensare “Non
è colpa dei Sanguesporco, loro sono come sono, è
la natura ad averli fatti inferiori a noi Purosangue... la colpa
è dei purosangue babbanofili che aprono loro le porte della
Magia, mischiano il proprio sangue puro al loro, e li illudono di
potersi innalzare al livello dei veri Maghi..." ... tanti
capitoli fa, in un confronto con Mirzam, Alshain ha detto che le sue
azioni sono basate sulla logica della convenienza, perchè si
ottengono più vantaggi da una persona che ti è
devota, che da una persona che ti teme e ti odia...
è quindi un Serpeverde, con i difetti di un Serpeverde, ma
cerca di usare l'astuzia e il calcolo, piuttosto che la
violenza.
2) Nel 7^
libro, per dare la caccia ai Nati babbani e guadagnare dalla loro
cattura, si erano formate delle squadre di Ghermidori: ho immaginato
che anche durante la prima guerra magica, accanto ai veri Mangiamorte,
ci fossero personaggi che offrivano i propri servigi al Lord, gentaglia
utile a contribuire al clima di terrore, manovalanza troppo bassa per
essere elevata a rango di veri Mangiamorte.
3) In uno
dei primi capitoli Ollivander dice che la bacchetta di Alshain
è composta da "crine
di unicorno, 13 pollici, del salice più pregiato",
seguendo la teoria secondo la quale c'è una corrispondenza
tra tipo di albero (scelto secondo il calendario celtico) usato per la
bacchetta e la data di nascita del Mago/Strega; la Rowling nel
frattempo su Pottermore ha pubblicato degli inediti e, a
proposito delle bacchette, sostiene che sia il legno sia il nucleo di
una bacchetta sono determinati dalle caratteristiche caratteriali del
Mago/Strega, non dalla sua data di nascita. Quando ho letto le
caratteristiche del Castagno ho detto
"è
questa la bacchetta di Alshain!" : Questo legno è molto
interessante e sfaccettato. Muta carattere a seconda del nucleo a cui
si abbina, e prende molte sfumature dalla personalità di chi
lo possiede. La bacchetta di castagno è attratta da streghe
e maghi esperti nel domare creature magiche, da chi è
particolarmente dotato in Erbologia e da chi possiede un talento
naturale per il volo. Tuttavia, se al castagno si abbinano le corde del
cuore di drago, la bacchetta si sposa perfettamente con chi
è innamorato del lusso e dei beni materiali e non si fa
molti scrupoli su come ottenerli. Per contro, tre capi consecutivi del
Wizengamot sono stati proprietari di bacchette di castagno e unicorno,
dal momento che questa combinazione sembra prediligere coloro che si
occupano di giustizia, in tutte le sue forme. D'altra
parte, in HP7, vediamo Harry cambiare due o tre volte la bacchetta dopo
la distruzione della sua a Godric Hollow, quindi è possibile
per un Mago avere e governare bacchette dalle caratteristiche diverse.
4)
All'inizio, ho scritto la scena immaginando che il prigioniero visto
dal giovane Orion fosse Gellert, poi ho letto che il Mago Oscuro non
commise mai reati in Gran Bretagna, per rispetto o per paura di Albus,
dunque difficilmente potrebbe essere stato processato (ammesso gli
abbiano fatto un processo, tra l'altro) dal Wizengamot, però
mi piaceva descrivere un giovane Orion alle prese con la natura segreta
e folle di suo padre, quindi, ecco un seguace di Grindenwald inventato
di sana pianta: visti i tempi e il potere di Gellert, probabilmente
aveva i suoi seguaci anche nell'Inghilterra Magica.
5) Griselda
Marchbanks e Tiberius Ogden sono due dei pochi membri del Wizengamot i
cui nomi sono espressamente citati dalla Rowling, di Griselda sappiamo
che fu insegnante di Incantesimi e Trasfigurazione di Dumbledore e lo
giudicò ai G.U.F.O e ai M.A.G.O, di Tiberius Ogden si sa
poco o nulla; entrambi si dimisero dal Wizengamot per protesta contro
Caramell quando cercò di prendere il controllo di Hogwarts.
6) Probabilmente
Williamson sapeva o intuiva che Lestrange fosse un Mangiamorte ed
è anche questo il motivo per cui Rodolphus ha cercato di
ucciderlo, senza riuscirci.
7) Secondo
me, Alphard non si è svegliato improvvisamente una mattina
"traditore dell'antica casata dei Back" e lasciare di che vivere al
nipote rinnegato fuggito di casa, non dev'essere stata l'unica azione
sconsiderata o dubbia di una vita per il resto vissuta da
irreprensibile Black purosangue... secondo me, pur non frequenti ed
eclatanti, potrebbe aver avuto, già prima, degli
atteggiamenti, delle passioni, delle amicizie, non gradite all'arcigno
padre e al resto della famiglia... poi passo dopo passo, la sua
"ribellione" ha preso forme più visibili e definitive, con
gli esiti che sappiamo tutti.
8) Deidra
aveva saputo la verità su Mirzam da Alshain in ospedale, ma
quando Moody l'ha messa alle strette, costringendola a scegliere tra
suo marito e suo figlio, si è resa conto di amare troppo la
sua famiglia e di non riuscire a sostenere la situazione, se si fosse
ripresentata, così Alshain l'ha aiutata, cancellando il
ricordo della verità dalla sua mente... evidentemente,
però, non dal suo cuore di madre.
9) A questo
punto immagino avrete compreso chi fosse il Mago ucciso da Bellatrix e
chi sia il Mago che si è presentato alla porta di Deidra...
la spiegazione “puntuale” ci sarà nel
prossimo capitolo... .
Bon,
vi saluto e ringrazio chi ha letto, recensito, aggiunto, ecc ecc. Alla
prossima
Valeria
Scheda
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