Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Terre_del_Nord    01/03/2012    9 recensioni
Sirius Black e la sua Nobile Casata; gli Sherton e la Confraternita del Nord; l’Ascesa di Lord Voldemort e dei suoi Mangiamorte; gli Intrighi di Lestrange e Malfoy; le leggende di Potere e Sangue risalenti a Salazar Slytherin. E Hogwarts, i primi passi dei Malandrini e di chi, Amico o Nemico, condivise la loro Storia. UNA STORIA DI AMORE E DI GUERRA.
Anni 70. Il Mondo Magico, alle prese con Lord Voldemort, sempre più potente e feroce, farà da sfondo dark a storie d'amicizia per la vita, a un complicato rapporto tra un padre e i suoi figli, a vicende di fratelli divisi dalle scelte e dal sangue, a storie d'amore romantiche e avventurose. Gli eventi sono narrati in 1° persona da vari personaggi, canon e originali. "Nuovo Personaggio" indica la famiglia Sherton e altri OC.
*
HABARCAT (Chap. 1/20) *** ORION (Chap. 21/24) *** HOGWARTS (Chap. 25/39) *** MIRZAM (Chap. 40/52) *** STORM IN HEAVEN (Chap. 53/62) *** CHAINS (Chap. 63/X) *** FEAR (Chap.97/) ***
*
VINCITRICE 1° TURNO "Harry Potter Final Contest"
*
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Regulus Black, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'That Love is All There is'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

That Love is All There is
Terre_del_Nord

Slytherin's Blood

Chains - IV.012 - Il Processo

IV.012


Alshain Sherton
Ministero della Magia, Londra - sab. 15 gennaio 1972

Quando emersi nell'Atrium, in un bagliore di fiamme verdi, il Ministero della Magia brulicava di Maghi e Streghe indaffarati, simile a un formicaio al risveglio della primavera; sul lato destro del lungo salone d'ingresso, sotto pannelli di pregiato legno lucido e scuro, i dorati camini d'uscita erano ancora deserti, da quelli sulla parete di sinistra, invece, si materializzavano a ritmo sostenuto gli impiegati ritardatari e decine di visitatori, infreddoliti come me. In attesa che Orion mi raggiungesse, osservai la folla: erano tutti persi nei propri pensieri, alcuni avevano l'aria assonnata, quelli più “svegli” erano presi dalla lettura del Daily Prophet. Non c'era bisogno di procurarsene una copia per sapere quale fosse l'argomento del giorno. I dipendenti del Ministero attraversavano rapidi l'Atrium, diretti ai cancelli dorati degli ascensori, all'estremità opposta del salone, per salire a occuparsi delle pratiche che si accatastavano in pile pericolanti sulle rispettive scrivanie; i visitatori dovevano prima fermarsi presso l’addetto alla sorveglianza, un Mago stretto in una divisa blu pavone, munito di un'asticella dorata, con la quale rilevava la presenza di eventuali Manufatti Oscuri, e una bilancia d'ottone con un solo braccio, con cui registrava le caratteristiche delle Bacchette in entrata e in uscita. Presso il sorvegliante si era già formata una fila corposa, benché fosse un sabato mattina e alcuni Dipartimenti fossero chiusi per il fine settimana: in realtà, quel giorno, i visitatori giunti a Londra solo per risolvere l'ennesima bega burocratica erano una minoranza, riconoscibile dall'espressione tirata e ansiosa, molti apparivano goffi, oberati dal peso d’imponenti faldoni stretti sottobraccio, altri, invece, tenevano in mano ossessivamente, quasi si trattasse del decreto di scarcerazione da Azkaban, una singola pergamena, fregiata da timbri solenni.
Provai un senso di scoramento, all'idea che tutti quei Maghi stessero sprecando il proprio tempo e i propri talenti dietro a questioni insulse, la maggior parte di quelle pergamene, infatti, conteneva la richiesta di permesso per fare qualcosa di sacrosanto, o era la risposta a qualche odiosa ingerenza del Ministero che amava impicciarsi degli affari privati delle famiglie: in entrambi i casi, di lì a un'ora, ognuna di quelle pratiche sarebbe annegata in mezzo a migliaia di altre scartoffie tutte uguali, dimenticata sulla scrivania di qualche impiegato che con la Magia propriamente detta aveva smesso di avere a che fare appena uscito da Hogwarts. Strinsi i pugni, Merlino solo sapeva per quale perverso motivo il Mondo Magico si fosse ridotto così (1): a guidarci c'era una classe dirigente inetta, incapace di affrontare i problemi reali con rapidità e semplicità, maestra al contrario nel creare ogni giorno nuove e astruse complicazioni; il Ministero ci schiavizzava con una burocrazia che soffocava l'iniziativa, la sua funzione si era ridotta al controllo della legittimità delle nostre azioni e alla sanzione di ciò che “a suo avviso” era illegittimo, snaturando la Magia stessa; una buona fetta della popolazione, soprattutto quella di origine babbana, intendeva il nostro dono solo come folklore o come ausilio nell'esecuzione delle attività domestiche, l'equivalente di ciò che i Babbani chiamavano “tecnologia”. La maggior parte di chi non sopportava questo stato di fatto, poi, si poneva immediatamente dalla parte del torto, perché trasformava il legittimo desiderio di cambiare una situazione insostenibile solo nell'occasione per sfogarsi contro un capro espiatorio: Lord Voldemort e i pazzi maniaci che gli stavano accanto cercavano di approfittare dell'insoddisfazione che molti provavano verso il Ministero, reo di avere come unico interesse la tutela di Sanguesporco e Babbanofili a discapito dei Purosangue, per innalzarsi su tutti gli altri e impadronirsi del potere per i propri scopi. E se Voldemort fosse riuscito nel suo intento, la corsa verso la catastrofe sarebbe stata ancora più rapida: ci saremmo liberati dalla corruzione del Ministero e dall'oppressione dei Babbani, forse, in cambio, però, saremmo diventati suoi schiavi, sottomessi a una dittatura del terrore. Sospirai.

    Se solo Longbottom avesse avuto più tempo…

Orion si materializzò e, cupo in volto, avanzò verso di me, io lo attesi paziente guardandomi attorno, soffermandomi poco sullo sfavillio del legno pregiato del pavimento o sulla magnificenza del soffitto, attratto piuttosto dalle figure dorate della fontana, al centro della grande aula: un Mago di nobile aspetto levava la Bacchetta alta verso il cielo, una bella Strega si stringeva al suo fianco e, attorno a loro, un Elfo, un Goblin e un Centauro li guardavano ammirati. Era una mattina d'estate ed io avevo appena sette anni quando, per la prima volta, mia madre aveva portato anche me al Ministero per far visita allo zio, Tobias Meyer, impiegato presso l'”Ufficio per i Giochi e gli Sport Magici”: quel giorno avevo conosciuto Everard Longbottom, suo amico e socio, un uomo alto e corpulento, dai capelli corvini e la faccia cavallina, con profondi occhi scuri ridenti e bonari, un sigaro babbano in bocca; all'inizio mi aveva intimorito, più che altro perché da bambino ero molto timido, ma la sua gentilezza e il fascino dei suoi racconti mi avevano presto rapito, anzi, quando mi aveva regalato delle Cioccorane, di cui da sempre ero golosissimo, avevo persino dimenticato che fosse membro di una famiglia Gryffindor e filobabbana. Mio fratello, un dodicenne tronfio del suo primo anno a scuola e con l'arroganza appresa dai suoi nuovi amici che si sommava a quella innata, non aveva avuto reazioni altrettanto entusiaste: eravamo proprio lì, ai piedi della grande statua della Strega, diretti al camino per tornare a casa, quando Ronald aveva detto schifato che l'Elfo, il Goblin e il Centauro non dovevano essere adoranti, ma piegati e impauriti, che il Mago e la Strega dovevano schiacciarli a terra, e sottomettere anche tutti i Babbanofili, che non meritavano nemmeno di essere chiamati Maghi. Come una furia, poi, mi era piombato addosso, facendomi cadere, mi aveva strappato di mano le Cioccorane e le aveva calpestate dicendomi che nemmeno io ero un vero Sherton, che facevo comunella con degli sporchi Babbanofili e che non voleva tornassi a casa con lui. Ricordavo ancora, con vergogna, che ero scoppiato in lacrime, e che solo grazie alla mamma, che mi aveva dato un bacio, mi ero rimesso in piedi, poi si era voltata verso mio fratello e, imperturbabile, l'aveva schiaffeggiato, proprio lei che non perdeva mai le staffe; Ronald l'aveva fissata incredulo ma, appena la mamma gli diede le spalle, le aveva sibilato contro in gaelico: solo molti anni più tardi scoprii che aveva osato insultarla con un'oscenità impronunciabile. Rabbrividii.
Il ricordo, sebbene lacunoso, era così vivido da sembrarmi più reale del presente e questo, se possibile, mi mise ancora più a disagio di quanto già non fossi: da quando avevo fatto visita alla sua tomba, il pensiero di mia madre era diventato ossessivo, continuo, la sognavo quasi ogni notte e ogni volta lei tentava di dirmi qualcosa, qualcosa che non riuscivo mai a comprendere. Avevo la gola arida, ero spaventato: avevo fatto dei sogni simili poco prima che Mirzam e Deidra fossero aggrediti e, all'epoca, forse per il senso di colpa che mi attanagliava, mi ero convinto che lo spirito di mia madre avesse cercato di mettermi in guardia e che se fossi stato in grado di capire quelle parole, forse avrei potuto evitare tutto il dolore che avevano patito per mesi i miei cari. Temevo che anche quelle recenti visioni notturne fossero qualcosa più di un sogno e che io fossi come al solito troppo stupido per comprendere: non era nemmeno un'idea assurda, visto che il dono della Preveggenza si era manifestato varie volte nella nostra famiglia nel corso dei secoli ed io stesso, benché non fossi particolarmente portato per la Divinazione e cercassi sempre di trovare logica e razionalità in ogni fenomeno, ero spesso costretto, durante i Riti della Confraternita, a ricercare e guidarmi attraverso stati di “Sovra-coscienza”. Mi ripetevo di non perdere il controllo, che non c’era nulla di reale nelle mie paure e che se mi sentivo così sconvolto era per qualcosa di molto più concreto dei sogni, l'inquietudine che provavo era frutto di quanto accaduto nelle ultime settimane, ed era lo stesso motivo oggettivo per cui c'erano tanti visitatori al Ministero: il processo che si sarebbe tenuto di lì a poco nella famigerata Aula Dieci, in cui il Wizengamot avrebbe emesso la sua sentenza contro Williamson. E, al tempo stesso… avrebbe preso una decisione su mio figlio. Strinsi i pugni.
Da quando, pochi mesi prima, era diventata palese la sfida che gli uomini di Lord Voldemort avevano lanciato al Ministero, gli Aurors avevano già messo le mani su alcuni simpatizzanti dei Mangiamorte, ma finora, di solito, si era trattato solo di ragazzini inesperti col sangue esaltato da troppa retorica sulla Purezza, mocciosi che avevano colpito villaggi con ferocia ma che erano crollati davanti ai martellanti interrogatori di Crouch e Moody, senza per altro dire nulla d’importante, perché non avevano nulla di fondamentale da dire: si credevano semidei, in realtà erano solo stupide pedine di cui Riddle si serviva per non sprecare i suoi uomini e Se Stesso in imprese troppo ordinarie e meschine, carne da macello da sacrificare in un gioco che non capivano, troppo più grande di loro (2). Questa volta, però, l'opinione pubblica era particolarmente intimorita perché quello che era stato catturato e che portava l'osceno Marchio Nero sul braccio, non era un uomo qualsiasi, questa volta il nemico era addirittura un Mago che aveva passato la maggior parte della sua vita al servizio del Ministero, un esponente di un’antica famiglia, un Auror in pensione: era con apprensione e una certa morbosità che molti volevano sapere per quale motivo un uomo simile avesse ceduto a Milord. I motivi di Williamson a me, invece, non interessavano: conoscevo le inquietudini di certe antiche famiglie purosangue, il terrore per la perdita di un prestigio che risaliva alla notte dei tempi, sapevo che i più reagivano all'attuale decadenza come Malfoy, si avvicinavano al Lord per interesse e per ambizione, allettati da promesse di gloria e potere; altri, come i Black, pur non pienamente convinti di tutte le implicazioni, soprattutto quelle più violente, iniziavano a credere che quella fosse l'unica strada percorribile, per ristabilire l'antico ordine; altri ancora condividevano le teorie del Lord più che altro per lasciar libero sfogo alla propria naturale propensione alla violenza, tanto da mettere in gioco se stessi, fino all'autodistruzione: erano pochi e, in un certo senso, erano anche quelli meno difficili da individuare, esaltati dalla propria follia e dal proprio credo, come Roland Lestrange. C'erano poi le folle sempre più nutrite d’insospettabili, non per forza provenienti da antiche famiglie purosangue e Slytherin: c'era chi si avvicinava volontariamente al Lord per qualche personale rivalsa, per sentirsi parte di un gruppo solido, per sete di sangue; altri, invece, erano stati costretti a scendere a compromessi con Lui, per paura, per salvare se stessi o per proteggere la propria famiglia; c'era persino chi, per disperazione, non trovando altra soluzione, aveva stretto con il Lord un patto segreto per ottenere qualcosa di molto importante, come aveva fatto Mirzam quando aveva chiesto l'aiuto di Milord, per salvare la sua Sile. La forza di una motivazione tanto disperata mi aveva portato a comprenderlo… ma io, suo padre, avevo anche smesso di fidarmi completamente di lui. Cercai di liberare la mente da quei ricordi dolorosi e dai miei sensi di colpa: non era quello il momento di rivangare, anzi, dovevo sotterrare quel pensiero in fondo all'anima, sarebbe stato un disastro se Crouch avesse scoperto quella storia, perché ne avrebbe ricavato un movente, il vero movente che tanto ossessivamente cercava… sempre che non ne fosse già a conoscenza… No, non dovevo pensarci, dovevo recitare la mia solita parte, concentrarmi su Williamson, fingere di non sentirmi coinvolto e mantenermi irridente e arrogante, come sempre, verso quanti, in quegli anni, mi avevano dato del pazzo e del sovversivo, per aver ripetuto, in ogni occasione, ciò che ora era sotto gli occhi di tutti: la vicenda dell’ex Auror era la prova che il Ministero fosse corrotto, che la pessima condotta dei suoi uomini, intenti ad anteporre i propri interessi a quelli della collettività, fosse il vero motivo della perdita di credibilità ed efficacia della nostra più alta Istituzione.
   
    “Ecco qua... una fila di dannati Sanguesporco intasa il banco della sorveglianza... E' a dir poco inaudito che con tutti i soldi che versiamo per far andare avanti le attività del Ministero, dobbiamo sottometterci anche noi a questi stupidi controlli e ritrovarci mischiati a quei pezzenti!”
   
Orion mi aveva appena raggiunto, quando entrambi ci voltammo verso i camini alle nostre spalle, sentendo la vociante combriccola di Gregor Avery inveire contro Ministero e Sanguesporco, appena messo piede nell'Atrium: guardai quei Maghi, erano paonazzi in volto, sembravano ubriachi, Orion mi diede un lieve colpetto al gomito perché mi sbrigassi a prendere il mio posto nella fila, sia per non rischiare di far tardi, sia per evitare di restare coinvolti in qualche modo con quegli individui. Nessuno dei due lo conosceva molto bene, Avery era più grande di noi, due anni avanti a Walburga, non l'avevamo mai frequentato a Hogwarts e il fatto che fosse uno dei più intimi amici di Abraxas faceva sì che ce ne tenessimo sempre alla larga, avevo invitato anche i miei figli a fare altrettanto, pur con scarso successo con Rigel, perché non volevo che gli affari della mia famiglia giungessero in qualche modo all'orecchio dell’adorato cugino Malfoy. Riuscimmo in qualche modo a scampare quel pericolo, svicolando tra i visitatori, anticipando i più lenti e i più distratti, finendo così con lo staccare Gregor e i suoi di un buon quarto di fila, finché, persi nei nostri rispettivi pensieri, silenziosi, Orion ed io giungemmo, mezz'ora dopo, al banco del sorvegliante.

    “Prego... generalità e motivo della visita... ”
    “Alshain Donovan Sherton: convocato come testimone nel processo Williamson... ”

In una ciotola d'ottone davanti a me si materializzò una targhetta con scritto “Alshain D.Sherton, testimone” che il sorvegliante, un ragazzotto brufoloso di non più di venti anni, alto e massiccio, con una zazzera di capelli rossi ritti in testa, prese per appuntarmela sulla toga, poi compreso il nome della persona che aveva di fronte, sul suo volto l'aria bovina lasciò il posto a uno stupore un po' sospettoso, si passò la lingua sulle labbra carnose e non emise altro che un “ah... ” intimorito, quindi mi porse la targhetta perché l'appuntassi da solo e rivolse l'asta dorata contro le mie vesti, passando più e più volte attorno alle maniche e alla cintola, pignolo. Appena completò la perquisizione, gli porsi, veloce, la Bacchetta, sperando di sbrigare più velocemente quella parte della pratica: se avessi atteso che si svegliasse e smettesse di tremare, sarei sceso come minimo a processo concluso.

    “Dodici pollici e mezzo, Castagno, anima di Crine d'Unicorno (3), in uso da...  no... non può essere in uso dal... 1893? Non può essere corretto... ”
    “Sì, è corretto, è stata acquistata nel negozio di Ollivander nel 1893 da mia nonna... da cui l'ho ereditata nel 1942... ”

Senza aggiungere altro ripresi il mio Legno per andarmene, mentre il ragazzo incerto sistemava un pezzetto di pergamena su un puntale d'ottone e Orion occupava il mio posto nella fila.
   
    “Aspettate... Milord... ”

Orion gli sibilò spazientito che avevamo fretta, io inquieto guardai il ragazzo, non capendo cos'altro volesse: erano anni che frequentavo il Ministero, non era mai accaduto un simile teatrino, persino la faccenda della Bacchetta era strano, perché passarsi i Legni tra membri di una famiglia non era insolito, anzi, presso le antiche famiglie circolavano spesso delle Bacchette centenarie.

    “Il suo anello, Milord... il Ministro Lodge ha emesso ieri la Circolare 469: tutti gli Anelli del Nord devono... essere lasciati... all'ingresso... quando si entra nei locali del Ministero… ”
    “È inaccettabile! E se andassero perduti o scambiati? Se ne prenderebbe il Ministro la... ”
    “Lascia stare, Orion... ”

Avrei protestato anch'io, ma non aveva senso prendersela con quel moccioso, stava solo eseguendo uno dei soliti ordini assurdi che gli erano impartiti, inoltre si stava facendo tardi e non potevo permettermi di avere guai col Ministro ancora prima che il processo fosse iniziato. Mi morsi le labbra e mi sfilai l'anello, lo lasciai cadere nella ciotola guardando la verghetta ruotare lentamente fino a fermarsi: forse era l'ennesima trovata degli amici del Lord per tentare di prendere l'anello di Salazar e a quel punto, aspettandomi il peggio, pregai che l'unico problema della giornata fosse recuperare l'anello giusto prima di andarmene. Orion protestò ancora per la mancanza di rispetto che, a suo dire, il moccioso mostrava nei suoi confronti, poi per la lentezza della perquisizione, infine, per due volte, forse perché aveva attivato male il rilevatore, il sorvegliante sbagliò a memorizzare le caratteristiche della Bacchetta, un normalissimo Legno di dodici centimetri, Cipresso con Anima di Unicorno, già registrata migliaia di volte al Ministero, per anni, senza mai tutte quelle difficoltà e quegli intoppi. Alla fine, esasperati, riuscimmo a superare i controlli e ci dirigemmo agli ascensori. Con noi, nel gabbiotto, non c'erano Maghi o Streghe che conoscevamo, il che da un lato era un sollievo, perché nessuno dei due aveva voglia di far conversazione, nemmeno per i pochi istanti necessari a scendere di un piano, dall'altro era una circostanza che indispettiva ulteriormente Orion, bastava osservarne l'espressione sempre più truce: nonostante tutto ghignai, immaginando che cercasse di trattenere il respiro per evitare di scambiare persino l'aria con quegli estranei, e che stesse pregando gli dei, disperatamente, perché fossimo circondati da insopportabili Gryffindors filobabbani e purosangue, e non “da viscidi Mezzosangue se non addirittura da luridi Sanguesporco”.
Avrei volentieri fatto una battuta per allentare la tensione e strappargli un ghigno sardonico, ma Orion, sempre più taciturno, tenne fisso lo sguardo a terra per tutto il tempo, sembrava impegnato a non incrociare mai il mio con ancora più ostinazione di quanto si limitasse nel respirare; io, al contrario, non smettevo di guardarlo: comunque fosse finita, mi ero ripromesso di non permettergli di ritornare a casa senza aver prima scoperto che cosa quell'idiota avesse in testa. Ero molto preoccupato dagli atteggiamenti che Black aveva tenuto con me ultimamente: doveva essere fiero e orgoglioso per quello che aveva fatto per la mia famiglia, la sera del matrimonio, invece, nonostante avesse anche contribuito, con Sirius, a chiarire a me e a Fear tutta la vicenda di Mirzam e dell'anello, non faceva altro che evitarmi e rifuggirmi come avessi la peste. Ero arrivato a chiedermi se potesse avermi tradito in qualche modo, e anche se sapevo che il tradimento non faceva parte della sua natura, l'avevo fissato a lungo, per esserne certo: ogni volta che c’eravamo incrociati, in quelle ultime settimane, avevo sondato il suo sguardo, temendo di trovarvi malizia o paura, ciò che avevo letto nei suoi occhi, invece, era stato solo un dolore sconfinato e questo, se possibile, mi aveva turbato ancora di più. Non riuscivo a capire cosa fosse successo, anche se le ipotesi certo non mi mancavano: la più probabile era che Fear avesse combinato uno dei suoi soliti danni, quando ne aveva manipolato la memoria perché non ricordasse la storia dell'anello, forse aveva involontariamente creato qualche malinteso tra noi e con un uomo testardo e orgoglioso come Orion, sebbene fittizio, un equivoco poteva trasformarsi in una grana lunga e difficile da risolvere. Erano trent'anni, però, che combattevo con le “paturnie” di quel testone e, in nome dell'amicizia che ci legava, pur senza dirgli come stavano le cose, per proteggerlo, avrei trovato la strada per sistemare tutto: ghignai, ripensando ai duelli e alle scazzottate di un tempo. Un'altra possibilità era che la sua adorabile mogliettina avesse deciso che, date le ultime disavventure occorse agli Sherton, la nostra amicizia fosse troppo compromettente per i Black e Orion si trovasse a dover scegliere tra il dovere verso i suoi “cari” e il nostro legame trentennale: in quel caso, per il bene dei ragazzi, non certo per il buon nome di Walburga, l'avrei aiutato a rispettare il volere dei Black, almeno in apparenza, avremmo poi trovato insieme, come sempre, il modo di farla in barba a quell'idiota di suo padre e soprattutto a quella carogna di suo suocero. C'era però anche un'altra, inquietante giustificazione ai suoi modi sfuggenti: quella notte, mentre cercava Meissa...  poteva essersi trovato in difficoltà, poteva essersi imbattuto in uno dei Mangiamorte, poteva essere stato costretto a prendere una decisione, per salvare la sua vita e quella di suo figlio, e ora, mosso da vergogna per quanto era successo, o per la paura di avere altre occasioni di servire il Lord, standomi vicino, aveva deciso di mettere fine alla nostra amicizia. Ed io, pur con dolore, avrei dovuto capire e accettare la sua scelta e il suo silenzio, perché io stesso, per i miei figli e per Deidra, avrei fatto di tutto, anche le cose più turpi e disperate... pregai che non fosse così, eravamo usciti da decine di situazioni assurde, in tutti quegli anni, e, a parte il dolore all'idea di perdere il mio amico più caro, ero certo che nessuno dei due, di fronte alle sfide terribili che si prospettavano, ce l'avrebbe fatta, senza l'altro al proprio fianco.
   
    «Nono livello, Ufficio Misteri».
   
Uscimmo tutti, Orion sembrava impallidire a ogni passo, mentre percorrevamo il lungo corridoio che conduceva alla scala, unica via d'accesso al famigerato decimo livello e alla tetra segreta, usata nei processi: di colpo pensai che i motivi di Black fossero tutt'altri, pensai a quanto bene volesse ai miei figli e a Deidra, al suo sorriso la prima volta che aveva preso in braccio Mirzam e alla felicità piena che aveva mostrato, quando gli avevamo chiesto di far da padrino da ognuno di loro. In tutti quegli anni, Orion aveva amato i miei figli con una generosità che, per assurdi motivi, si era imposto di non mostrare mai al suo stesso Sangue, e ora io, il suo amico fraterno, l'uomo che considerava da sempre un buon padre, oltre ad aver compiuto una serie di errori sciagurati, che avevano portato Mirzam a ribellarsi, non avevo detto una sola parola in difesa di mio figlio, davanti al Ministero o alla Confraternita; anzi, avevo lasciato che persino mia moglie e gli altri miei figli si convincessero che Mirzam fosse responsabile d’inaudite nefandezze contro la propria famiglia, costringendo Deidra, Rigel e Meissa a soffrire ingiustamente. In tutta questa follia, invece di avere tempo e modo di capire quella verità, che forse intuiva, e di svolgere il ruolo di paciere che gli era naturale, Orion era stato costretto a schierarsi davanti a tutti: quel giorno, la sua deposizione contro Williamson sarebbe stato solo un pretesto, ciò che Crouch cercava da lui era una testimonianza di peso contro il suo figlioccio, o in alternativa, una smentita altrettanto autorevole alle parole del suo migliore amico, le mie. Comunque avesse agito, Orion sapeva che avrebbe fatto del male proprio alle persone che amava e che lo amavano. Sì... era sicuramente questo il motivo di quel suo silenzio carico di dolore... Mi avvicinai, gli passai la mano sulla spalla, lo sentii irrigidirsi al mio tocco, lo trattenni facendogli un cenno, per farci superare dalla folla e parlare alcuni istanti, ci fermammo lungo la parete, in una rientranza, lo fissai dritto negli occhi, stavolta il suo sguardo mi rispose, incerto.

    “Di preciso non so che cosa ti stia passando per la testa, Orion, ma qualsiasi cosa ti turbi... ricordati che sono in debito con te, e che io sono e sarò sempre dalla tua parte... abbiamo sempre risolto tutto... insieme... andrà tutto bene anche questa volta... ”

Black mi fissò con occhi profondi, sembrava sorpreso, più che sollevato dalle mie parole, aprì la bocca per dire qualcosa, poi, però si bloccò, il corridoio, infatti, si riempì di persone vocianti che tornavano indietro, protestando, al seguito di un impiegato del Ministero che cercava invano di calmarli.

    “Che cosa diavolo sta succedendo, ancora?”

Orion si sganciò da me e andò verso il Ministeriale, il quale ci fece cenno di allontanarci anche noi, insieme agli altri, senza perdere altro tempo.

    “Siete pregati di seguirmi... Il Ministro Lodge ha deciso pochi minuti fa che il processo si terrà a porte chiuse... tutti i visitatori devono lasciare questo piano e in fretta... il corridoio deve essere libero all'arrivo dell'imputato e dei Dissennatori che lo hanno in custodia... ”
    “Noi non siamo semplici visitatori! Io sono Orion Arcturus Black e quest'uomo è Alshain Donovan Sherton, dobbiamo testimoniare e siamo in ritardo, grazie a un altro incapace come voi!”
   
Ero rimasto contro la parete, chiedendomi come sarebbe finita: era raro vedere Orion perdere le staffe, per quanto potesse un Black perdere le staffe, naturalmente, ma dubitavo servisse a qualcosa, Lodge aveva un piano, non poteva aver deciso che il processo si tenesse a porte chiuse, senza avere un valido motivo. Era chiaro che “qualcuno” volesse farci arrivare all'interrogatorio in ritardo e irritati, pronti a reagire male alle domande del Wizengamot e... non avevo dubbi su chi fosse quel qualcuno... brillanti idee del genere non potevano essere che di quel figlio di...  di Bartemius Crouch... ne ero certo… Il Ministeriale, un ometto basso e smilzo, con l'aria astuta da faina, perse altro tempo a controllare le nostre targhette, fermi lungo il corridoio dalle pareti spoglie e gelide, Orion sbottò altre due volte, mentre l'onda dei visitatori ci superava e raggiungeva l'ascensore con una certa rapidità, nessuno di loro voleva trovarsi nel corridoio all'arrivo dei Dissennatori. Altri, pochi e irriducibili, continuavano invece a protestare perché volevano ascoltare i testimoni e l'imputato, non solo la sentenza, che sarebbe stata emessa forse già quel pomeriggio. La nostra situazione si risolse solo quando l'uomo vide uscire dal gabbiotto una Strega tozza, senza collo, dalla faccia larga e pallida, gli occhi grandi, rotondi e sporgenti, su una bocca grossa e molle, stretta in un vestitino rosa confetto, un gran fiocco nero sui capelli ricci e corti, una cartellina piena di pergamene in mano: evidentemente l'uomo aveva l'ordine di farci perdere tempo fino al suo arrivo, perché quando la Strega ci raggiunse, la salutò con un cenno e un sorrisetto divertito, quindi ci consegnò a lei, Dolores J.Umbridge, segretaria personale del Ministro Lodge, per andare incontro alla nuova ondata di visitatori che uscivano dall'ascensore.

    “I visitatori sono pregati di attendere nelle sale di attesa al livello superiore... ”

Mentre la “faina” e i visitatori si allontanavano, la Strega ci rivolse una risatina acuta, da bambina eccitata benché avesse superato abbondantemente la quarantina, ci fece cenno di seguirla e sulle sue gambette tozze si avviò verso la scalinata, un ghignetto lezioso e poco raccomandabile in faccia, senza aggiungere una sola parola. Orion ed io iniziammo a seguirla, in silenzio, sperando che la commedia ora fosse finita. Raggiunto il tetro livello delle segrete, percepii il gelo e il senso di disperazione che si provano alla presenza dei Dissennatori, il che era strano: Crouch aveva disposto che Williamson fosse custodito in un luogo segreto da uomini fidati per evitare che scappasse o che fosse ucciso prima del processo, il che faceva supporre che fosse in una casa protetta; inoltre il Ministeriale aveva appena detto che il corridoio doveva essere sgombrato prima dell'arrivo dell'imputato e dei suoi carcerieri, quindi, in teoria, non c'era motivo per cui alcuni Dissennatori fossero già presenti. Forse, però, Williamson era sempre stato lì, nelle segrete del Ministero, con i suoi carcerieri, e tutto il resto erano solo menzogne, dette per allontanare i curiosi e confondere i malintenzionati. Oltre che a turbare testimoni già agitati com’eravamo noi. La Strega, all'improvviso, si fermò davanti a una porta nera, nascosta da una tenda di broccato rosso, sdrucita, la maniglia un po' arrugginita, i cardini cigolanti, che si apriva con difficoltà.

    “Sherton, voi attenderete il vostro turno in questa sala, Black, voi seguitemi, vi stanno aspettando... vi consiglio di preparare fin da subito il vostro Patronus... ”
    “Ma...”

Dolores Umbridge levò la bacchetta e fece materializzare un Patronus a forma di gatto, Orion si affacciò nella stanza in cui dovevo aspettare, si strinse nel suo mantello, rabbrividendo di freddo e inquietudine, poi guardò interrogativo la Strega; gettai un'occhiata anch'io, ero altrettanto dubbioso, ma mi ero imposto di sembrare imperturbabile, quindi cercai di mascherare le mie sensazioni: la sala d'attesa era vuota, spoglia, illuminata solo da una torcia nell'angolo più lontano dalla porta, con una sola sedia e nessun altro mobile, nemmeno un tavolo; non c'era traccia di altri testimoni, l'unica cosa presente in abbondanza era quel freddo particolare che sembrava ancora più pungente rispetto al corridoio, come se ci fosse un Dissennatore nascosto da qualche parte.

    “Non temete, Black, chiameremo presto anche il vostro amico... e ora seguitemi... sono certa che Sherton vi abbia già istruito più che a sufficienza, su quanto dovete dire...  ”

Con una risatina acuta mi fece cenno di entrare, poi mi diede le spalle, senza dirmi nulla; sulla porta, guardai Orion avviarsi dietro di lei, l'espressione tirata e offesa, finché il lungo tetro corridoio non terminò in una pesante porta scura, imponente e minacciosa, su cui spiccava un enorme chiavistello di ferro. Entrai nella sala d'attesa: ero solo, indossai di nuovo il mio mantello, tolto appena uscito dal camino, me lo strinsi forte addosso per scaldarmi, dispiegai la Bacchetta, mi concentrai sul ricordo del primo appuntamento con Deidra e pronunciai la formula, osservai il fluido argenteo che usciva dal Legno prendere a mano a mano le sembianze di un'Aquila maestosa che iniziò a volteggiare attorno a me, proteggendomi, poi mi sedetti e chiusi gli occhi, ripetendo a me stesso che tutto sarebbe andato bene.

***

Orion Black
Ministero della Magia, Londra - sab. 15 gennaio 1972
 
Non ricordavo più da quanto tempo stessi sprofondato su quel vecchio scranno, al centro dell’aula, tutti gli altri di fronte, sugli spalti, un gorgo di occhi fissi su di me, pronti ad ascoltare che cosa avessi da dire: in vana attesa delle domande, impassibile, mi ero concentrato di nuovo sul mio Patronus, al mio fianco, un grosso Cane, isolandomi dal resto del mondo, fingendo dietro alla mia consueta maschera di superiorità di non provare alcuna emozione, a parte legittima irritazione. Dopo tutti gli intoppi subiti fino a quel momento, infatti, ora dovevo anche attendere che Lodge finisse di leggere la mia deposizione, resa la notte dell'arresto, perché fino a quel momento non aveva mai avuto tempo di studiarla: per non farmi sopraffare dall'esasperazione e per non ripensare alle parole dette poco prima da Alshain, lasciai la mia mente vagare.
La prima volta che ero entrato in quell'aula, avevo preso posto su uno dei banchi attualmente deserti, quello in alto, a sinistra, destinato da secoli alla famiglia Black; sulla sedia su cui mi stavo agitando innervosito, invece, i polsi legati a catene che non si erano alzate a serrare i miei, c'era un uomo minuto e sconvolto, dal ghigno folle e selvaggio, la carne incartapecorita, i lunghi capelli, bianchi come neve, ridotti a un ammasso di nodi ribelli; in piedi, infine, imponenti, sei figure tenebrose lo circondavano, due per parte e due dietro, là dove, accanto a me, me ne assicuravo di continuo con la coda dell’occhio, non c'era nessuno. Da allora avevo assistito a innumerevoli processi, ma continuavo a rabbrividire, anche ora che ero diventato un uomo, al solo pensiero dei Dissennatori, come il ragazzino che ero stato un tempo: intravvedere quelle creature mostruose, addossate alle pareti, a presidiare il Mago chiuso nel gabbiotto in fondo all'aula, mi rendeva inquieto e benché la stanza fosse pervasa dal chiarore e dalla potenza dei nostri rispettivi Patroni, emessi a difesa delle nostre menti, sentivo un gelo di morte insinuarsi sotto la mia calda tunica di lana, i peli ritti sulla schiena come quel giorno lontano. Avevo tredici anni, ero tornato a casa da qualche giorno per la pausa natalizia e mio padre, quella mattina, mi aveva tirato giù dal letto dicendo che saremmo andati a vedere “cosa fa la Feccia a un eroe del Mondo Magico”: mi portò ad assistere al processo pubblico a uno degli uomini di Gellert Grindelwald (4), il primo catturato sul suolo inglese; il celebre Mago Oscuro, infatti, imperversava da anni in buona parte dell'Europa, ma per qualche misterioso motivo sembrava poco propenso a mettere piede in Gran Bretagna, alcuni dicevano non volesse affrontare Albus Dumbledore, all’epoca mio professore di Trasfigurazione, il quale, a sua volta, benché gran parte della Comunità Magica reclamasse un suo intervento, perché mettesse fine a quel regime di terrore, non si decideva a prendere posizione. Incuriosito, avevo seguito mio padre, un uomo da sempre poco incline a interessarsi a qualcosa che non fosse il prestigio della nostra famiglia, e, più che dall'imputato, rimasi sconvolto nel notare proprio quanta profonda ed eccitata ammirazione ci fosse nei suoi occhi per l'uomo folle ai ceppi, per la voce tonante con cui esaltava la Teoria del Bene Superiore, per il ghigno osceno che aveva rivolto a tutti noi, chiamandoci “vigliacchi, pecore”, e soprattutto per il compiacimento con cui aveva descritto fin nei minimi macabri particolari la miriade di omicidi, delitti, violenze, con cui il suo Signore aveva insanguinato buona parte dell'Europa.

    “E ora, verrà a prendere anche tutti voi... perché siete indegni di chiamarvi Maghi... "

Avevo rabbrividito a quelle parole, ma Gellert Grindelwald non mantenne la tetra promessa del suo uomo, appena tre anni più tardi, infatti, Dumbledore lo affrontò e lo sconfisse, facendolo poi rinchiudere nella stessa prigione di Nurmengard, che il pericoloso Mago Oscuro aveva eretto per incatenarvi chi cercava di ostacolarlo; da allora, fino all'avvento di Milord, il Mondo Magico aveva vissuto una calma piena di tensioni; quanto a me, non ero mai riuscito a dimenticare la spaventosa esaltazione che aveva pervaso mio padre quel giorno e, soprattutto, non ero mai riuscito a condividerla. Alzai gli occhi verso il nostro banco, ma quel giorno non intercettai lo sguardo austero di Arcturus Black, al posto del pubblico, infatti, sulle panche più alte e buie, qua e là sedevano solo alcuni sconosciuti, dal volto nascosto dall'ombra, sicuramente Aurors del Ministero venuti a prendere appunti personali su quanto avrebbero ascoltato.

    Sempre che Lodge si degni di farmi queste dannate domande...

Tornai a guardare di fronte a me, il Ministro sedeva al centro della terza fila di panche rialzate, alla sua destra c’era Dolore J.Umbridge, alla sua sinistra Bartemious Crouch, capo del Dipartimento di "Applicazione delle Leggi magiche", sotto di lui, sulle due file di panche più basse e più vicine alla mia sedia, c'erano i due cancellieri del Ministero, che avrebbero registrato ogni parola detta in quell'aula per la relazione ufficiale, più i due dattilografi aggiuntivi, per quelle precisazioni che non sarebbero finite negli atti, ma che avrebbero dato l'avvio a nuove indagini: erano le persone che temevo di più, là dentro; dietro e attorno al Ministro, infine, sedeva il Wizengamot al gran completo, Maghi e Streghe nella toga color prugna e la W d'argento impressa all'altezza del petto, tra di loro c'era Dumbledore, che sedeva proprio dietro al Ministro, e al suo fianco Alastor Moody, intento a leggere un faldone di pergamene. Sbuffai, indignato: era inaudito che non fossero pronti per il processo da loro stessi fissato per quel giorno! Sentii lo stomaco torcersi, quando Crouch tossicchiò di nuovo: lo fissai, sembrava innervosito anche lui per quell’attesa, o forse perché, per la sua carriera, sarebbe stato più utile un bel processo aperto al pubblico, così invece poteva esibire le proprie abilità davanti alle sole persone che già lo conoscevano e che, potevo scommetterci, avevano già un'idea ben precisa, e sicuramente poco lusinghiera, su di lui.

    “Lord Black... potreste rammentare al Wizengamot i fatti occorsi la notte dell'arresto dell'imputato?”
    “Mi trovavo insieme a centinaia di altre persone a Herrengton, per il matrimonio del mio figlioccio, Mirzam Sherton... ero lì con tutta la mia famiglia, dalla notte precedente... tra gli ospiti c'era anche il Ministro Longbottom con molti Aurors di scorta... e l'imputato, anche se l'ho notato solo a fine giornata... durante la mattina si sono celebrati i riti, poi abbiamo partecipato al banchetto, che si è protratto per quasi tutto il pomeriggio, alla fine, a sera inoltrata, si stavano svolgendo danze e spettacoli pirotecnici quando abbiamo salutato gli sposi e ...”
    “E?”
    “E, improvvisamente... Meissa Sherton è scomparsa e... ”
    “Corrisponde al vero che fu vostro figlio a dare la notizia della scomparsa della bambina?”

Guardai la Strega che aveva fatto la domanda, con voce gracchiante, la vecchissima Griselda Marchbanks (5), un cespuglio di candidi capelli lanosi in testa, si diceva fosse stata insegnante di Trasfigurazione e Incantesimi nientemeno del giovanissimo Dumbledore: m’innervosii all'istante, non capivo a cosa servisse sottolineare quel dettaglio inutile, o forse, da padre, non desideravo che mio figlio fosse coinvolto ulteriormente.

    “Sì... i due ragazzini sono amici e stavano giocando in uno dei cortili vicini, quando Meissa è scomparsa... mio figlio ha dato l'allarme, abbiamo formato delle squadre per trovarla, Duncan MacPherson ed io ci siamo diretti al cortile d'ingresso, dove abbiamo trovato il secondogenito di Sherton ferito... Fear restò lì, per tentare di curarlo, io salii sulla torre...”
    “Eravate dunque da solo, sulla torre?”
    “Sì, come vi ho detto eravamo solo in due, anzi no... all'inizio con noi c'erano anche Kenneth Emerson e mio figlio... poi loro tornarono indietro... io sono salito da solo perché MacPherson, al contrario di me, sapeva come curare...”
    “Sappiamo bene che quel Mago sa fare, molte, moltissime cose, anche troppe... al contrario, i Maghi “come voi”... "

Lodge era divertito dalla precisazione di Crouch, io repressi l'ira che provavo: era sottinteso in quel “come voi” il nomignolo “cuor di coniglio” che molti mi attribuivano, sparlandomi dietro.

    “... i Maghi “come voi” di solito, si guardano bene dal salire su una torre per affrontare da soli una battaglia... e voi sapevate, Black, che era in corso una battaglia, perché, lo leggo qui... vostro figlio dichiarò che “si sentivano rumori e lampi di battaglia provenire dalla sommità della torre...”... perciò ditemi, cosa vi faceva credere che non fosse pericoloso per voi salire in cima alla torre? Sapevate forse che il vostro figlioccio non avrebbe mai levato la Bacchetta contro di voi?”
    “Che cosa state cercando di insinuare, Crouch? Che cosa c'entra il mio figlioccio? Certo che era pericoloso, per me, salire sulla torre, ma che cos'altro potevo fare? Meissa, una bambina di undici anni, era sparita, suo padre, per quanto ne sapessi in quel momento, era morto, la madre sconvolta, il fratello, un ragazzino di tredici anni, era ferito... quanto agli Aurors presenti, sì, quegli agenti stipendiati dall'intera Comunità Magica, compresi gli Sherton, come per esempio voi, Crouch... che cosa stavano facendo in quel momento? Erano impegnati a ficcare il naso in giro e a ostacolare le ricerche, invece di aiutarci a ritrovarla! Una bambina di undici anni!”
    “Come hanno dimostrato gli eventi, era di primario interesse difendere il Ministro... ”
    “Oh sì... abbiamo visto tutti benissimo quanto siete stati abili a difenderlo!”
    “Come osate... ”
    “Ahahahah... ”

Le parole di Crouch, già irritate a causa mia, si persero nell'aula, interrotte dalla risata sguaiata dell'imputato, che si agitò con un sinistro sferragliare di ceppi.

    “Basta così, o vi farò allontanare, Williamson! Black, vi invito ad attenervi ai fatti... ”
    “Io mi stavo attenendo ai fatti e alle vostre domande, Crouch... ”

Lo guardai sfidandolo, Lodge mise fine al battibecco invitandomi a continuare il racconto.

    “Quando ho raggiunto la sommità della torre, ho visto che era davvero in corso un duello, ho pensato che la bambina fosse un ostaggio troppo prezioso per essere tenuta lì, in un luogo tanto pericoloso, al contrario se il rapitore fosse stato così stupido da averla portata con sé, era probabile che fossi arrivato troppo tardi per lei, così scesi al piano sottostante, sperando che il nemico l'avesse nascosta al sicuro... ”
    “Ma come, Black? Chiamiate nemici coloro che si scontravano con gli Aurors e non gli Aurors? Ahahah... ” (6)

Sentii il sangue andarmi a imporporare la faccia, fissai incapace di dire una parola il vecchio Auror che mi guardava divertito da dietro le sbarre, gli occhi da folle, la barba ispida e la saliva che schizzava come veleno di serpente; deglutii con difficoltà, cercando una risposta valida con cui allontanare da me fango e sospetto, nessuno doveva sospettare che io sapessi...

    “Vi ho avvertito Williamson... ”
    “Io provengo da un’illustre e antichissima casata Slytherin, ho le mie idee circa chi avrebbe diritto o meno di fregiarsi del titolo di Mago e non condivido la politica filobabbana del Ministero, anzi trovo irritante e irrispettoso l'atteggiamento di certi personaggi che occupano cariche pubbliche... ma avere le proprie idee non è un crimine, ed io mi sento oltremodo oltraggiato a essere messo sullo stesso piano di chi... ”
    “Non siamo qui per fare politica, o per discutere della vostra posizione antibabbana, Black... siete invitato a non prestare ulteriore ascolto all'imputato e a rispondere solo alle domande del Wizengamot... dunque siete sceso al piano sottostante... ”

Fissai l'uomo, Tiberius Ogden (5) dalla fluente barba grigia e il volto austero, due pesanti occhiali da miope a mascherargli mezza faccia, che sedeva imponente quattro file sopra quella di Lodge: l'avevo visto in più di un'occasione a casa di mio cugino, con cui condivideva, insieme a altri personaggi variegati, la stessa passione per le arti e altri hobby che Pollux, irritato, definiva “inutili, frivoli e sconvenienti per un uomo che porta il nome di Alphard Phineas Black” (7).

    “Sì... mi sono guardato intorno, ho visto un mantello sopra un divano, ho pensato di aver trovato la bambina, mi sono avvicinato ma c'era, appunto, solo il mantello... poi... qualcuno mi ha puntato la Bacchetta contro, dicendomi di alzare le mani, era Alastor Moody... che mi ha minacciato, fino all'intervento di Williamson... ”
    “Che cosa significa “mi ha minacciato”?”
    “Moody ha cercato di intimidirmi, accusandomi di omicidio... Solo perché mi trovavo lì... ”

Il Ministro si voltò, divertito, verso l'Auror che bofonchiò e annuì, poi tornò a leggere il suo faldone.

    “Va bene, va bene... conosciamo Alastor... diteci... avete dubitato subito di Williamson?”
    “All'inizio no, si comportava in modo adeguato, si è anche scusato per i modi irriverenti di Moody, mi ha offerto aiuto in cambio delle mie informazioni, così gli ho raccontato quello che avevo fatto e visto fino a quel momento, lui ha mandato Spinnett e Stimpson a perlustrare il piano, io aspettavo che mi fornisse gli uomini promessi per riprendere la ricerca della bambina... invece... ha cercato di ostacolarmi, accusandomi senza motivo di cose non vere... ”
    “Potete farci qualche esempio di queste accuse?”
    “Certamente... Voleva appiopparmi anche lui la complicità nella fuga di chi aveva ucciso gli Aurors in cima alla torre!”
    “Non trovate che fosse un'ipotesi legittima? Eravate lì e avete dimostrato di essere a conoscenza della scalinata secondaria che collega la sommità ai magazzini... ”
    “Se fossi stato colpevole non sarei stato così stolto da indicarla, non credete? Sapevo di quella scala solo perché frequento quel maniero da quando avevo tredici anni, perché da ragazzino sono stato invitato a passare estati intere a Herrengton... e vorrei ricordare che come me ne sono a conoscenza tutti colori che frequentano o hanno frequentato quella dimora, ovvero, come minimo, tutti gli amici di Alshain e di suo fratello Ronald... oltre agli amici dei figli... non è certo un segreto di stato... “
    “Voglio l'elenco di quelle persone, Black...”
    “Ce lo siamo già procurato, Ministro... Sherton ci ha già fornito una lista esaustiva, completa di nomi, date, circostanze, la stiamo controllando approfonditamente... ”

Lodge strappò di mano la pergamena che Crouch teneva come fosse una sacra reliquia e, lo vidi bene, non sembrò affatto soddisfatto dal lungo elenco di nomi che aveva sotto gli occhi: la maggior parte di quelle persone, infatti, erano suoi compagni di bravate fin dai tempi di Hogwarts.

    “Non perdete tempo dietro ricerche inutili... sono tutte persone dalla condotta ineccepibile... posso garantire personalmente per ciascuno di loro... Anche voi siete una persona finora dalla condotta ineccepibile Black, quindi perché Williamson era così sospettoso nei vostri confronti?”
    “Perché secondo lui i tempi non corrispondevano con quanto dichiaravo, e... in effetti, all'inizio gli ho mentito... ho mentito per paura e per vergogna: quando sono giunto in cima alla torre, ho visto un uomo mascherato dirigersi verso di me ed io... io sono scappato... e mi sono nascosto... poi quando ho visto che di Meissa era rimasto solo un mantello... ho temuto di averla perduta a causa di... e ho taciuto... per vergogna...”

Lodge mi guardò sornione, sapevo benissimo a cosa stesse pensando e quanto gongolasse in quel momento, lo odiai ancora di più; ma tra i banchi del Wizengamot, al contrario, vidi molte persone puntarmi addosso occhi carichi di comprensione, forse perché mai si sarebbero aspettati da un Black una simile ammissione di debolezza: tra di loro, non mi sfuggì lo sguardo enigmatico di Dumbledore, che in quel momento sembrava sondarmi fino al profondo dell'anima.

    “Nemmeno la vostra palese codardia è oggetto di questa inchiesta... quanto sarebbe durata questa vostra conversazione?”
    “Non lo so, Crouch... il tempo sembrava non passare mai, perché io volevo tornare a cercare la bambina e Williamson diventava sempre più insistente... a un certo punto, forse perché sentiva che gli altri Aurors stavano tornando indietro, e non avrebbe più potuto tenermi in pugno, mi disse di scegliere: se avessi fatto ciò che voleva lui, mi avrebbe portato dalla bambina, altrimenti nessuno dei due avrebbe rivisto l'alba... Mi ha sconvolto, non potevo credere che il Ministero scendesse tanto in basso, che arrivasse a rapire una bambina, per tendere una trappola agli Sherton... ”
    “No, effettivamente il rapimento di bambini non è la tecnica abituale del Ministero per ottenere informazioni, Black...”

Crouch mi fissava come fossi un idiota, Lodge sorrise della propria brillante battuta, Dumbledore continuava a non staccarmi gli occhi di dosso e Williamson si agitava dietro le sbarre, ormai ridotto al silenzio da un incantesimo; fu allora che, con un sottile schiarirsi della voce, la segretaria personale di Lodge si avvicinò al Ministro e gli disse qualcosa all'orecchio: notai, con un brivido, il compiacimento che entrambi avevano in faccia.

    “E che cosa vi avrebbe chiesto Williamson in cambio della vostra vita? Avete detto che vi ha chiesto di scegliere... siate più preciso, cosa vi è stato chiesto di fare? Di aiutare lui e i suoi complici a fuggire? O forse addirittura di uccidere un Ministro?”
    “Che cosa? State scherzando? O siete forse impazziti tutti quanti? Ero al fidanzamento di mia nipote Narcissa mentre attentavano alla vita di Longbottom, ho decine di testimoni che possono confermarlo!”

Mi morsi le labbra, pensai cosa e quanto potessi dire senza espormi troppo: eravamo arrivati alla parte difficile.

    “Controlleremo... Intanto, però, voi non state rispondendo, Black... ”
    “Quel folle voleva il mio anello... ”   
    “Il vostro anello? Visto da qui non sembra così prezioso... possiamo vederlo?”
    “In quel momento avevo con me un anello del Nord... me lo diede MacPherson... è necessario usare un anello del Nord per entrare in certe stanze protette dalla Magia di Herrengton... credo ve ne siano stati forniti alcuni per fare le perquisizioni nel castello... Duncan me lo diede dicendo che se avessi trovato la bambina, l'avrei dovuta portare al sicuro, nascondendola insieme ai fratelli più piccoli, in una delle stanze accessibili solo ai familiari...”
    “E a chi avesse quell'anello...”
    “Esattamente... A quel punto mi sono ribellato, ho temuto che Williamson volesse l'anello per fare del male anche agli altri bambini... così ho puntato la Bacchetta contro di lui, l'ho schiantato e i due Aurors presenti, Stimpson e Spinnett, che fino a quel momento sembravano, come dire, "assenti”, si sono come “risvegliati”... Spinnett mi teneva sotto tiro, Stimpson si è chinato per soccorrere Williamson e gli ha visto il braccio e … l'abbiamo scoperto così... poi è accaduto tutto rapidamente: è tornato Moody, siamo scesi di sotto, lì ho scoperto che altri avevano ritrovato la bambina e che Rigel e Alshain erano in salvo... ”

Per alcuni minuti calò il silenzio, io sperai che finisse così, senza altre domande. Invano.

    “Tutto molto, molto casuale... Williamson vi ha trovato per caso, per caso voi avevate un anello del Nord, per caso voi avete cercato la bambina proprio a pochi metri da dove si era appena compiuto un triplice omicidio... e casualmente, un uomo di quell'esperienza e quella reputazione, una pedina tanto importante per il Signore Oscuro, si brucia così... per un anello utile solo ad aprire una porta... Ormai erano tutti in allerta, non avrebbe potuto fuggire, tanto meno con dei bambini piccoli al seguito... o mi sbaglio?”

Fissai Crouch, non capivo dove volesse andare a parare. Voleva portarmi ad ammettere che quello che avevo in mano non era un anello qualsiasi, che valesse la pena rischiare perché era l'anello del Custode di Herrengton... ma se sospettava di Mirzam, quell'anello non gli serviva a dimostrare nulla, perché Mirzam, in quanto Sherton, poteva muoversi per il maniero, entrando e uscendo senza alcuna difficoltà... Forse mirava a dimostrare che Fear fosse il Custode di Herrengton, questo perché il Custode giurava fedeltà all'erede di Hifrig, quindi nessuna delle sue azioni poteva essere in disaccordo con il volere di Alshain: se aveva perciò delle prove contro Fear, quel collegamento sarebbe stato utile a danneggiare anche gli Sherton. Dovevo fare molta attenzione.

    “Non posso sapere cosa avesse in testa quell'uomo, magari il Signore Oscuro gli aveva ordinato di uccidere i bambini, o di procurarsi il famigerato anello di Salazar... anche l'anello di Meissa Sherton è scomparso quella notte... è chiaro che quella gente stesse cercando qualcosa... cosa posso sapere, io, della mente di quel pazzo?”
    “Voi sapete bene cosa avevate in mano... non certo il leggendario anello di Salazar... non avrebbe funzionato, nelle vostre mani... al contrario, l'anello del Custode, con cui si può entrare e uscire da Herrengton senza essere uno Sherton, con cui si può far fuggire un assassino senza lasciare tracce... quell'anello voi potevate usarlo... dunque Duncan MacPherson, noto a tutti come Fear, è il custode di Herrengton, non è così? Ha giurato fedeltà a Herrengton, le sue azioni sono tutte e sole quelle che Alshain Sherton gli comanda di fare e...”

Sentii la tensione salire nella stanza, Crouch era talmente sporto dalla sua panca che temevo potesse cadermi addosso, Lodge e la sua degna segretaria sembravano leccarsi le labbra, Dumbledore era anch'egli teso, ma sembrava poco convinto della piega che stava prendendo l'interrogatorio, si sporse verso il Ministro per parlargli all'orecchio, Lodge si mise la mano davanti alla bocca, così non riuscii nemmeno a leggergli le labbra, ma non sembrava per nulla contento delle obiezioni del vecchio. Avevano scoperto qualcosa di compromettente su Fear e cercavano di coinvolgere Alshain, ne ero certo.

    “Rispondete, Black...”
    “A cosa dovrei rispondere? Io non posso rispondere a questa domanda!”
    “Voi dovete, Black... e dovete dire la verità, quando vi siete seduto avete giurato... ”
    “Io non posso rispondervi, perché io non lo so... Non faccio parte della Confraternita, non conosco i loro affari e questi sono solo affari della Confraternita, di cui non ho motivo di sapere qualcosa... Quando Fear mi ha dato il suo anello, non c'era tempo di chiedere spiegazioni, avevo altro da fare che disquisire con lui su cosa fosse quell'anello, o sul perché l'avesse o su che ruolo quel vecchio pazzo avesse presso Alshain... a me interessava trovare la bambina e nasconderla in un luogo sicuro insieme ai suoi fratelli…”
    “Molto commovente, Black… potremmo usare del Veritaserum... lo sapete, vero?”

Deglutii ma mi mantenni caparbio e deciso, avrei bluffato come quella famigerata notte. Per Deidra, per i ragazzi, per Alshain.

    “Non siete diversi da Williamson, dunque... arrivate anche voi alle minacce, per ottenere ciò che volete, fosse anche una falsa ammissione... ma io non ho paura... so come far valere i miei diritti davanti alla legge... perché voi, Crouch, state abusando del vostro potere proprio qui, in quest'aula, davanti a coloro che devono amministrare la Giustizia... bene... avanti, sprecate risorse e tempo, somministratemi il Veritaserum... guardatevi intorno... non avrò certo difficoltà a trovare qualche testimone contro di voi...”
    “Non osate minacciarmi Black, o vi giuro che v’incrimino per complicità e... “

Crouch era infuriato, temevo stesse per saltare giù dalla panca, gli occhi iniettati di sangue, io lo fissai, freddo, sicuro di essere dalla parte della ragione e sicuro che per buona parte dei Maghi e delle Streghe che avevo di fronte il mio nome contasse ancora qualcosa.

    “Calmatevi, Bartemius... Avete ragione, Black... voi non avete motivo di conoscere la risposta a questa domanda... al contrario, tra poco su quella sedia ci sarà qualcuno che non potrà negarci la verità... se non avete altre domande da fare al teste... ”

Nell'aula non si sentiva volare una mosca, Lodge continuava a disquisire piano con la sua segretaria, Crouch mi avrebbe volentieri ucciso all'istante, io pensai che forse sarei riuscito a uscire da lì senza ulteriori pesi sulla coscienza.

    “... Molto bene... direi che abbiamo finito... potete andare, Black... se volete potete restare qui, a seguire il resto delle deposizioni...”
    “No, non ancora, Ministro... Black... un'ultima domanda... vi ricordo che avete giurato di dire la verità... erano Mirzam Alshain Sherton e sua moglie Sile Aylys Kelly i due Mangiamorte che avete incrociato in cima alla torre e che avete aiutato a scappare servendovi dell'anello che avevate in mano?”

Fissai Crouch, non riuscii a trattenermi e iniziai a ridere, sommessamente, mettendo in quella risata tutta la tensione che andava lentamente a sciogliersi...

    “Salazar... in che mani siamo... Voi non ascoltate... voi non ragionate... io non so nulla della Confraternita, del Signore Oscuro e dei suoi uomini, o di Fear... ma alcune cose le so e le sapreste pure voi se aveste la mente libera da pregiudizi...  Mirzam e sua moglie non hanno bisogno dell'aiuto di nessuno per entrare e uscire da Herrengton... non solo... ma la battaglia sulla torre era già iniziata quando quei due ragazzi erano ancora davanti a tutti, per i saluti... perché non leggete quelle carte? Ciò che cercate di sapere è scritto lì... ciò che forse non troverete nelle carte è che hanno patito tanto per stare insieme, perciò non avrebbero certo scelto il giorno del loro matrimonio per mettersi nei guai volontariamente e... soprattutto, mai, per nessun motivo, quel ragazzo avrebbe fatto del male ai suoi stessi fratelli o a suo padre... oltre a questo, io non ho altro da dirvi... ”

Mi alzai, nell'aula non volava una mosca, andai a sedermi al posto che uno degli inservienti m’indicò, quando abbassai lo sguardo sulle mie mani, mi sembrò che tremassero, ma non me ne curai, come non mi curai più di nient'altro mi accadesse intorno, nella mia mente c'erano solo le parole di Deidra. “Orion, ti supplico... deponi al processo... dì loro ciò che sai... dì loro chi è mio figlio...”

    Gliel'ho detto, Dei... Salazar mi è testimone... Io gliel'ho detto, chi è tuo figlio...

***

Alshain Sherton
Ministero della Magia, Londra - sab. 15 gennaio 1972

Quando finalmente entrai nell'aula, stavo ormai tremando, forse, a causa del freddo pungente della sala d'aspetto, mi ero ammalato di nuovo: ci mancava solo avessi già la febbre. Avevo visto il Wizengamot all'opera molte altre volte, avevo testimoniato in favore di amici e conoscenti, ma quel giorno stavo facendo una fatica immane a controllare i miei tremiti e reprimere la paura fottuta che provavo. Ero stanco, avevo un cerchio alla testa, ero ancora sofferente ed era molto difficoltoso per me persino restare concentrato sull'Aquila Patronus... E soprattutto avevo la nausea nel ripetere per la centesima volta le stesse inutili cose, lontane anni luce dai veri interrogativi che volevano pormi. Volevano sfinirmi... e, benché provassi a resistere, ci stavano riuscendo.

    “Sì, conosco Williamson...”
    “No, non approfonditamente, è una delle tante persone invitate solo perché avevo fatto affari in passato con la sua famiglia...”
    “Sì, è stato il vezzo di voler comprare un set da Quidditch firmato da Arcibald McKinnon, battitore del Puddlemere nel 1879, che mi ha portato a contattarlo, otto anni fa...”
    “No, da allora non ho avuto più nulla a che fare con lui...”
    “Sì, è vero, avete ragione, l'ho contattato, ma non incontrato, anche tre anni fa, per la mia ostinazione nel cercare gli antichi manufatti di Herrengton andati perduti nel corso dei secoli... credevo avesse buoni contatti per...recuperare certi reperti... ma non sono giunto a capo di niente...”
    “Sì...  ora mi maledico per tanta stoltezza, perché se non fossi stato così ostinato, non avrei mai avuto a che fare con quell'individuo... e forse oggi non saremmo qui...”
    “Sì... quando è stato svelato il suo segreto, io ero ancora semi incosciente, a metri e metri di distanza dalla torre in cui si stava svolgendo tutto.”

Chiesi dell'acqua, l'inserviente me la portò, i Maghi e le Streghe del Wizengamot non mi staccavano gli occhi di dosso, ma stranamente nessuno faceva commenti o domande per chiarire le mie parole, sembrava sapessero già come avrei risposto, passo dopo passo. Riprendemmo.

    “Sì, tutta la famiglia di mia madre era Ravenclaw, da generazioni...”
    “Sì, la dimora di Essex Street apparteneva ai Meyer e l'ho ereditata io, perché Herrengton era destinata a mio fratello, il primogenito...”
    “Sì, c'era un forte legame d'amicizia tra Tobias Meyer, mio zio materno, e il Ministro Longbottom..."    
    “Sì, è per questo che ho voluto invitarlo a Herrengton..."
    “Sì, conoscevo personalmente Longbottom da quando ero un ragazzino..."
    “No, non l'ho mai frequentato assiduamente, anzi non lo vedevo ormai da anni.."
    “Sì... immagino che il mio invito l'abbia sorpreso, come ha sorpreso me vederlo accettare..."

Pausa... Crouch mi fissò a lungo, poi mise da parte la pergamena che aveva seguito fino a quel momento per farmi le domande e dopo un rapido scambio con Charlus Potter, dietro di lui, prese un altro fascicolo, lo lesse rapidamente e ricominciò.

    “Avevate un motivo preciso e “non” personale per invitarlo al matrimonio, non è così?”
    “No... Avevo solo questioni personali da discutere con lui...”
    “Volete parlarcene?”
    “Non vedo perché dovrei, le mie faccende personali non c'entrano niente con questo processo!”
    “Stabiliamo noi se la questione è importante e pertinente con questo processo, Sherton...”

Sentivo tutto l'ardore di Crouch, ma non guardai lui, fissai Dumbledore, che a sua volta fissava me: si conoscevano da una vita, lui e Longbottom, m chiesi se il defunto Ministro gli avesse accennato ai discorsi che stavamo facendo, prima che qualcuno ci fermasse.

    “Ministro... se posso intervenire... conosco la questione e confermo che non è di alcuna pertinenza con il processo... ricevetti pochi giorni prima di Yule il Ministro Longbottom nel mio studio, a Hogwarts... mi parlò tra le altre cose dell'invito che aveva ricevuto, m’incuriosii e gli feci alcune domande... mi parlò così anche di una compravendita, Everard sapeva che ero stato intermediario in una vendita simile, e mi chiese se il prezzo che stavano trattando fosse adeguato... ”

Annuii annoiato, come segno di conferma alle parole del Mezzosangue pernicioso, ma dentro di me ero turbato: dunque Dumbledore sapeva che cosa avevo cercato di fare con Longbottom senza riuscirci, e ora stava mentendo al Ministro per coprirmi. Serrai i pugni, indispettito, non volevo essergli grato per qualcosa, e soprattutto mi chiedevo quanto mi sarebbe costato quell'aiuto provvidenziale. Però, appunto, era provvidenziale... o no? Cambiai la posizione del braccio sul bracciolo, fingendomi imperturbabile, in realtà mi sentivo una tigre in gabbia: il Ministro era un uomo di Malfoy, Dumbledore mi concedeva un aiuto di certo non disinteressato, Crouch voleva sfruttare le mie disgrazie per fare carriera, tra loro potevano esserci spie di Milord e Moody non sollevava il naso da quelle dannate carte, alla ricerca di chissà quale nuova diavoleria da usare contro la mia famiglia. Guardai Crouch rigirarsi per la trecentesima volta la piuma in mano, sibilare piano all'orecchio del Ministro che faceva "No" con la testa, sporgersi indietro verso quel gufo di Potter poco lontano da Dumbledore, che a volte, annuiva, altre negava... non capivo cosa stesse accadendo. Il vecchio intanto fissava costantemente i suoi occhi cerulei su di me, come a cercare di leggermi dentro: mi chiesi se avesse raccolto anche la pericolosa confidenza di Moody su quanto confessato da mia moglie, in ospedale. Con un brivido mi resi conto che l'anziano preside, di certo non esattamente uno stolto, iniziava ad avere tanti, troppo indizi su di me e sulle mie reali intenzioni... e questo forse un giorno, mi avrebbe costretto a mettere da parte i miei pregiudizi e scendere a patti con lui...

    Se non altro per evitare che un altro dannato Mezzosangue diventi l'ennesima spina nel mio fianco...

All'improvviso, mentre stavo lì, davanti a tutti, a combattere con il mio terrore, a pregare che finisse tutto il prima possibile, gli occhi mi scivolarono lungo le panche deserte, fino a una figura isolata, china, raggomitolata quasi su se stessa: l'avevo cercato a lungo ma era così strano vederlo così, che fino a quel momento non ero ancora riuscito a metterlo a fuoco. Sapevo che era ancora lì dentro, Orion non era uscito dall'aula al termine della sua deposizione, ed io volevo vedere un volto amico, ma lui non alzò nemmeno per un secondo gli occhi dalle sue mani. A cosa stava pensando? Che cosa gli avevano chiesto? Aveva detto la verità? E quale, alla fine, era la verità? Dall'altra parte della stanza, intanto, Williamson, l'ombra del Mago che era stato, la barba lunga e incolta, spettinato, le vesti che aveva la sera del matrimonio ormai stracciate e lerce, gli occhi da pazzo, non aveva detto niente da quando ero entrato, si era soltanto messo a ridere un paio di volte delle mie parole. Lodge, infine, tossicchiò per attirare su di sé, di nuovo, la mia attenzione.

    “D'accordo, Albus, mi fido di te, anche se non vedo per quale motivo Sherton non ci abbia risposto, se era qualcosa di tanto innocente...  evidentemente ci sono persone così astute che, pur di non perdere l'occasione di denigrare le Istituzioni, non si rendono conto di tutto il male che fanno a se stesse... allora... abbiamo stabilito che Sherton, aveva contatti superficiali tanto con il Ministro che con Williamson, i testimoni affermano che gli Sherton non parlarono con nessuno dei due ospiti durante tutta la cerimonia, addirittura l'invito a Longbottom partì da Kenneth Emerson, che ha contatti diretti con il Ministero... questa deposizione, lo ammetto, fin qui non mi sembra molto illuminante... Crouch, per favore...”
    “Avete ragione Ministro... diteci, Sherton... perché avete scambiato il vostro bicchiere con quello del Ministro? Sapevate forse che qualcuno voleva attentare alla sua vita? Avevate dei sospetti su vostro figlio fin da prima della festa? Come sapevate di aver bisogno di un Bezoar? Abbiamo già scoperto che ve ne siete procurato uno, appena pochi giorni prima di...”
    “Sono un Pozionista e penso come un Pozionista, Crouch... soprattutto perché provengo da una famiglia che nel corso dei secoli è stata decimata da incidenti strani... per sicurezza, perciò, tendo a essere sempre pronto a qualsiasi evenienza... per la mia sicurezza e per quella delle persone che ospito nella mia casa... se volete incriminarmi per eccesso di prudenza...”
    “Attenetevi ai fatti, non siamo qui per i vostri teatrini!”
    “Stavo solo rispondendo alle vostre domande!”
    “Allora non intratteneteci con i vostri abituali teatrini ma parlateci del vino avvelenato e del bicchiere scambiato!”
    “Sinceramente, non ricordo nemmeno di aver bevuto... non ricordo pressoché nulla a partire da un certo momento di quella sera...”
    “Ovvero? Quale momento?”

Guardai Tiberius Odgen che sembrava uno dei pochi interessati, ormai, a quell’inutile sequela di parole che non portava da nessuna parte: non lo conoscevo bene, ma il semplice fatto che fosse amico di Alphard Black mi ben dispose nei suoi confronti, sicuro che un uomo onesto, qual era Alphard, si circondasse solo di uomini onesti.

    “Ero in giardino, stavo parlando con Orion Black dei bei tempi andati... sapete... in quel momento c'erano i balli irlandesi e... io tenevo in mano... io...”

La voce mi morì in gola, il volto mi avvampò.

    “Che cosa, Sherton?”
    “Io... tenevo in mano... un bicchiere di... Moon's Tears...”

Guardai Orion, Orion guardò me... Compresi, istantaneamente quale fosse il punto: lui sapeva, o quantomeno sospettava, di sua nipote Bellatrix.

    “Altri Aurors ed io eravamo presenti quando lei ci invitò tutti nel suo studiolo, chiese all'Elfo di versare il vino e lo vidi io, con i miei occhi, osservare ipnotizzato il liquido versato e prendere il calice di fronte al Ministro, non quello davanti a sé e ...”
    “Di solito assaggio un sorso prima che il vino sia servito, per assicurarmi che sia quello giusto per l'occasione... avrò semplicemente fatto questo... ero molto orgoglioso della mia cantina... e purtroppo, ora quella cantina non c'è più... ed io non ho ricordi nitidi di quel momento...”
    “Certo... vi fa comodo ricordarvi solo ciò che volete... non è così?”   
    “Scusatemi, Crouch... ma credo che stessi avendo l'infarto, che mi ha colpito quella sera, proprio in quel momento... mi spiace davvero che sia avvenuto nel momento sbagliato e ora non possa rispondere esaurientemente... così che possiate perseguire i vostri scopi...”
    “Per quanto ne so... sareste capace di auto procurarvi un infarto solo per sfuggire alle vostre responsabilità!”
    “Salazar! Ora siete voi oltraggioso, Crouch! Che prove avete che ci fosse del veleno quella sera e che il veleno fosse nel vino servito al Ministro? Che prove avete che sia stato commesso un qualche crimine ai danni del Ministro nella mia casa? Nessuno ha trovato tracce di veleno a Herrengton...”
    “Solo perché l''Elfo che ha servito il vino è stato trovato morto, tutti contenitori di bevande e di pietanze distrutti, spariti i cibi e i vini... era rimasta solo l'acqua della sorgente: non abbiamo trovato veleno solo perché qualcuno si è dato molto da fare per farlo sparire! Ecco perché non abbiamo trovato niente!”
    “Questo non dimostra in nessun modo che l'ipotetico veleno fosse in quella bottiglia e fosse destinato al Ministro...”
    “Nel bicchiere, Sherton! Non nella bottiglia!”

Che prove c'erano che in quella stanza ci fosse del veleno? Che prove c'erano che fosse il Ministro il bersaglio? Bellatrix Lestrange avrebbe potuto avvelenarmi, ne aveva avuto occasione e motivo, e forse l'aveva davvero fatto, confondendomi con il suo sguardo da gatta pericolosa... Guardai di nuovo Orion: poteva essere quella la verità che temeva e di cui si vergogna? La verità che lo addolorava?

    “... Non avete trovato nulla, non potete sapere se il bersaglio fosse davvero Longbottom...  a bere questo ipotetico veleno sono stato io, Crouch, e magari la cosa può essere stata casuale... ma miei sono i figli che sono stati rapiti e feriti... e quello che è capitato loro non è certo stato causale, né involontario... e ciò che è peggio... non è la prima volta che la mia famiglia subisce aggressioni di origine dubbia... ora... visto che l'imputato sotto processo è un membro anziano del Wizengamot nonché ex Aurors, secondo me è piuttosto lecito pensare che qualcuno, qui nel Ministero... persino mio figlio Mirzam è accusato sulla base di prove dubbie e discordanti e di testimonianze che dire discutibili...”

Sentii di colpo l'attenzione degli altri farsi palpabile, gli occhi di Dumbledore, su di me, fiammeggiarono.

    “Se avete prove a sostegno di questa teoria, Sherton... saremmo interessati a valutarle... ”
    “No, non ho prove, anche perché ero ricoverato in ospedale quando gli uomini del Ministero hanno fatto e disposto come preferivano delle mie case e di tutto ciò che vi era contenuto... se c'erano prove e sono sfuggite o sono andate perdute...”
    “Smettetela con queste insinuazioni, Sherton! Le relazioni sulle perquisizioni sono agli Atti, ho diretto tutto io, personalmente... e per garanzia nei vostri confronti, abbiamo agito sempre e solo sotto la supervisione di Kenneth Emerson, che voi stesso avete incaricato di curare i vostri interessi in vostra assenza... se davvero stessimo creando prove contro vostro figlio, come sostenete voi, durante quelle perquisizioni, avremmo trovato anche l'Athame che stiamo cercando... e che voi invece continuate a nascondere, come state nascondendo vostro figlio!”
    “Supposizioni, Crouch... supposizioni che si fondano sul nulla...Se ho ben capito oggi mi avete convocato per sapere cosa so e cosa penso di sapere su Williamson e sul Ministro... visto che metà dei fatti di cui si parla sono avvenuti mentre ero privo di conoscenza o in ospedale, mi spiace, ma posso condividere con voi solo i miei dubbi su come è stata gestita tutta questa faccenda... per quanto mi riguarda, io non altro da dire... ”
    “Voi non avete altro da dire, eh? Non sapete nulla di Williamson? D'accordo, basta parlare di lui... ora ci parlerete di vostro figlio Sherton! Non potrete dire di non conoscere bene nemmeno vostro figlio! Non potrete dire di non saperne dare un giudizio perché eravate incosciente! Parlateci del ruolo che ha svolto Duncan MacPherson! Vogliamo sapere dove si nascondono!”
    “Non ne ho la minima idea! Se lo sapessi, sarei lì io stesso, per aver delle risposte...”
    “Nemmeno voi siete poi così sicuro dell'innocenza di vostro figlio, non è così?”
    “Ho dei dubbi, vero... perché sarebbe dovuto venire a trovare i suoi fratelli mentre erano in ospedale... invece non l'ha fatto... ma a mio avviso Mirzam ha solo tre motivi per restare lontano da loro...”
    “Ovvero?”
    “O ha qualche responsabilità, magari indiretta, in quanto è accaduto o qualcuno lo tiene lontano da noi... o... Ed io sono suo padre... se permettete, preferisco immaginare mio figlio colpevole, con tutta la vita davanti per redimersi e cui poter un giorno tendere la mano per perdonarlo... che immaginarlo prigioniero o morto, perduto per sempre!”

Mi alzai, tremavo così tanto che temetti di cadere, ma per fortuna riuscii a mascherare la tensione e la debolezza di quel momento, mi allontanai dalla sedia e cercai di raggiungere l'uscita, fui subito bloccato da un paio d'inservienti: anche se stavo recitando, le mie parole mi avevano scosso, perché avrei davvero preferito avere un figlio colpevole, piuttosto che un figlio innocente, costretto alla fuga per le mie colpe, forse addirittura già morto.

    “Che cosa credete di fare, adesso? Per Merlino e tutti i Fondatori, Sherton, tornate al vostro posto o giuro che vi faccio incriminare!”
    “Incriminatemi, allora... mi spiace... io non ho altro da dire, a nessuno di voi...”
    “Non ve la caverete così... Che fine ha fatto il pugnale? Sappiamo che Fear è il Custode di Herrengton, esegue solo gli ordini che gli avete dato! Dove gli avete detto di nascondere vostro figlio?”
    “Io non so dove si trovi mio figlio... e non so nulla di alcun pugnale... Quanto al Custode di Herrengton... il Decreto Ministeriale 109 del 31 dicembre 1692 recita che “Gli Affari della Confraternita del Nord, non sono Affari del Ministero della Magia... ””
    “Lo sono, quando nelle Terre vengono nascosti dei criminali! Vi ordino di rispondermi!”
    “Ministro...”

Mi aspettavo che gli Aurors si alzassero per scortarmi in gattabuia, ma erano rimasti al loro posto, solo Alastor Moody era in piedi, il faldone aperto in mano, che aspettava si facesse silenzio per parlare.

    “... scusate l'interruzione, ma...  in questa relazione che ho ricevuto solo stamani, ci sono informazioni che rendono superflue le altre domande che avevo suggerito di fare a questo testimone e agli altri convocati per oggi... chiedo una sospensione per parlare al Wizengamot... ”
    “Accordato... Sherton, la vostra deposizione per ora è sospesa... è evidente che siete provato e sconvolto... per cui non terrò conto dell'evidente mancanza di rispetto che avete manifestato nei nostri confronti... riprenderemo domani, e mi auguro per voi che il vostro comportamento sarà più consono!”

Fulminai con lo sguardo tutti loro, avevo sperato che quella farsa finisse lì, l'idea di passare un'altra notte ad arrovellarmi la mente sulle nuove prove che sarebbero state presentate contro Mirzam mi faceva ribollire il sangue, ma feci un cenno di assenso con il capo e mi avviai a uscire. Lodge diede l'ordine alle guardie di condurre Williamson dinanzi al Wizengamot e rispondere a quanto era contenuto nella nuova relazione; superata la porta accolsi l'odore umido e muschiato che permeava il corridoio come fosse l'aria più salubre che avessi mai respirato. In quel preciso istante, fui raggiunto da Orion.


***

Deidra Sherton
74, Essex Street, Londra - sab. 15 gennaio 1972

Mi soffiai il naso, con le dita raccolsi di nuovo le lacrime sulle mie guance e tirai un sospiro profondo, sollevai gli occhi e mi guardai allo specchio: ero ridotta in una condizione terrificante, gli occhi lucidi e cerchiati, il volto coperto di macchie rosse, chiaro sintomo della mia agitazione, come il cuore che sentivo pulsarmi in gola... In quel momento, in quel preciso momento, stavano parlando di mio figlio come di un mostro, di un assassino. Cercai di farmi forza e trattenni nuove lacrime: non potevo credere di essermi presentata in quelle condizioni davanti a Orion, al dolore per quello che stava accadendo si univa la mortificazione perché mai, nella mia vita, avevo permesso a un estraneo di vedermi così debole. Sollevai la Bacchetta, me la puntai addosso, con un incantesimo silenzioso distesi i miei tratti, imposi alla mia mente e al mio corpo di recuperare la calma; mi acconciai i capelli in una treccia rigida, la annodai alla base della nuca, passai un velo d’impalpabile cipria sul mio viso, per ridare un poco di colore, poi chiamai Kreya per farmi aiutare a indossare un austero abito verde slytherin, sobrio, adatto all'occasione. Mi fissai di nuovo allo specchio: avevo recuperato la mia consueta apparenza, ma gli occhi continuavano a essere lucidi, mentre pensavo a mio figlio, accusato persino da suo padre...
Alshain era stato inflessibile, non l'avevo mai visto così, implacabile (8). Aveva detto che di fronte al mondo intero si sarebbe detto dubbioso, per non avere responsabilità dirette, quando l'avessero catturato e condannato, ma che nel segreto della nostra casa, e nel profondo dei nostri cuori, noi avevamo ormai solo quattro figli, che Mirzam per lui era morto... E che se io amavo davvero i ragazzi, come dicevo, dovevo farmene al più presto una ragione. Quel giorno, udendo quelle parole, avevo conosciuto un uomo che non era quello che avevo sposato, un uomo duro, feroce, che non ammetteva perdono, un uomo che non sapevo vivesse accanto a me. In realtà, io stessa non avrei mai perdonato e giustificato Mirzam, io stessa non l'avrei considerato più mio figlio, per quanto aveva fatto... se fossi arrivata a credere che quello che Alshain mi diceva di lui fosse la verità. Ma quella non era la verità, non poteva esserlo. Ero stata io a generarlo... L'avevo sentito io dentro di me... Io, solo io, conoscevo veramente mio figlio... E Mirzam, la mia carne, non poteva aver fatto nulla di quanto l'accusavano: non era l'illusione di una madre, io sapevo che lui non poteva essere come gli altri lo descrivevano.
Stavo per cedere di nuovo al momento di debolezza, quando sentii il campanello babbano suonare e i passi rapidi e goffi di Doimòs che si affrettava alla porta, solo per controllare. Uscii dalla mia stanza nell'attimo stesso in cui il vecchio Elfo mi raggiunse, dicendomi che il Decano era alla porta, così gli ordinai di scendere a preparargli la consueta miscela di tè, poi, sistemandomi le pieghe della gonna, andai a mia volta a controllare alla porta, vidi il volto noto e arrossato dal freddo del vecchio Reginald e, tolti gli incantesimi di protezione, aprii:

    “Buon giorno Reginald... prego, accomodatevi... ”
    “Buon giorno a te, Deidra...”
    “Giornata gelida anche oggi, vero?”
    “Frizzantina... ma nulla in confronto alle nostre Terre del Nord!”

Mi sorrise, porgendomi il mantello: appena la porta si era chiusa, gli incantesimi di dissimulazione e protezione si erano attivati di nuovo e ora tutti gli oggetti magici della casa erano riapparsi al proprio posto.

    “Prego, seguitemi, Doimòs vi sta già preparando il vostro tè preferito...”
    “Non dovresti scomodarti tanto, Deidra... anzi mi scuso per essere venuto a disturbarti così presto!”
    “Nessun disturbo, Reginald, lo sai... in questi giorni il riposo non è un dono... ma una condanna...”
    “Ti capisco... ma non pensarci, adesso... Sono qui per i bambini... Non sai quanta gioia provano i miei vecchi occhi a vedere come cresce in fretta quel monello di Wezen! Dimmi, ha preso quei suoi capelli rosso cupo da tua madre, vero?”

Rimasi in silenzio, presa in contropiede, per la strana domanda.

    “A dire il vero non lo so... Diceva sempre che le erano diventati bianchi già prima dei trent'anni... Quanto a Wezen, non credo resterà così... diventerà al massimo rosso come me... immagino...”
    “Uno spavento, forse?”
    “Come, prego?”
    “Tua madre... a volte è la malattia, o uno spavento che fa diventare canuti, tanto presto...”

Lo guardai turbata, molti sapevano cosa era successo a casa nostra, quando mia sorella ed io eravamo ancora molto piccole e nessuno, di solito, aveva voglia di ricordarmelo, perciò guardai Reginald come se mi avesse dato uno schiaffo in piena faccia; con difficoltà, però, mi ripresi, pensai che gli anni a volte recavano oltraggio anche alle persone migliori e forse era per questo che quel simpatico vecchio, di solito tanto gentile, era stato improvvisamente così indelicato nei miei confronti.

    “Sì... ecco... ha avuto anche lei una... disavventura... con... i Babbani...”
    “Per Merlino... ti prego di scusarmi, Deidra... io... non so proprio dove avessi la testa e... a volte la memoria...”
    “Non preoccupatevi, Reginal... in fondo sono cose successe da così tanto tempo...”

Gli sorrisi, vedendolo tanto mortificato, e lo invitai a sedersi sul divano, accanto a me: aveva uno sguardo strano, assente, ripensai che erano passate solo poche settimane dal matrimonio di Mirzam, ma che in poco tempo le cose per noi erano cambiate come fossero passati secoli, quindi... Sì... in un uomo così vecchio, bastavano anche solo poche settimane per rallentare dolorosamente il pensiero e offuscare a tratti la memoria. Per questo, forse, si guardava attorno e guardava me, come fosse la prima volta che entrava in quella stanza...

    “Scusami, Deidra... davvero... Credo di essere un pò... frastornato... Sono qui perché non avevo alcuna voglia di assistere a quella buffonata messa in piedi da Crouch contro il ragazzo... lo ammetto... sono sconvolto per quanto sta accadendo più di quanto avessi messo in conto... trovo il tutto così assurdo, incredibile, assolutamente fuori dalla realtà... Conosco il tuo ragazzo... Deidra... l'ho visto crescere... l'ho visto prendere le Rune... non posso credere che sia un assassino... non ci posso credere!”

Annuii e sorrisi: dopo l'ultima visita dei Decani, durante la quale Alshain aveva detto parole durissime contro Mirzam, temevo che nessuno dei consiglieri anziani della Confraternita fosse disposto ad avere almeno un ragionevole dubbio su quale fosse la verità, per questo vedere Reginal parlare in quei termini, con tutto quel dolore e quelal preoccupazione di mio figlio mi risollevò il cuore e il morale. E mi fece dimenticare in fretta tutti i dubbi che avevo sulla sua salute.

    “Vi ringrazio, Decano... sapere che un uomo come voi, come Reginald McFiggs, una delle massime autorità all'interno delle Terre, crede ancora all'innocenza di mio figlio, non può che riempirmi il cuore di speranza...”
    “Deidra... non temere, io non sono l'unico a credere nel ragazzo... so che non avrei dovuto, perché mi sembra di agire alle spalle di tuo marito, ma ecco... ho chiesto a un paio di amici di raggiungerci per poterne parlare con te, prima che torni Alshain...”
    “Che cosa? E perché mai, Reginald? Io non...”
    “No, non temere... non sarà nulla di ufficiale... l'altro giorno abbiamo sentito la versione di Alshain, ma non la tua… e non mi sembra corretto... tu sei la madre, Deidra... magari Mirzam ha confidato a te delle verità che a suo padre non rivelerebbe mai... a volte... noi uomini siamo così orgogliosi... e ostinati... e... ma di fronte a nostra madre, spesso...”
    “Mirzam non mi ha fatto nessuna confidenza particolare, Reginald... ciò che provo, questa sensazione di … incredulità... non è dovuta a... come dire, fatti concreti, e non ho nemmeno motivi di risentimento contro Alshain, te lo assicuro... credo sia solo… quell'empatia che si prova verso chi hai portato dentro di te...”
    “Capisco... spero non ti dispiaccia parlarne, anche se sono solo sensazioni... sensazioni molto intime, per giunta... ma per noi, per la Confraternita, è molto importante... tuo figlio potrebbe essere l'erede di Hifrig... tu lo sai... noi non possiamo prendere decisioni alla leggera, se si tratta di lui...”
    “Sì, lo so... ma per me... prima di ogni cosa... Mirzam è mio figlio... solo mio figlio!”
    “Appunto. È la voce di una madre che vogliamo e dobbiamo ascoltare, Deidra... la Magia del Nord, spesso, non parte dalla testa, ma dal cuore...”
    “Io non sono nata Strega del Nord, Reginal... ho preso con difficoltà le Rune e... e mai come ora ho avuto dubbi su quella dann... sulla Fiamma...”
    “Sei la madre di cinque Maghi e Streghe del Nord, Deidra... e sei la moglie dell'attuale erede di Hifrig... che tu lo voglia o no, Habarcat permea il tuo sangue, ormai... lo sapevi dall'inizio... che non sarebbe sempre stato semplice... ma ciò che sei... ciò che sei diventata... è esattamente ciò che tu hai voluto essere... l'hai voluto... fortemente...”
    “Sì... ma... forse... forse l'amore non mi ha permesso di valutare bene tutte le conseguenze... forse... all'epoca ero troppo giovane... per capire... ciò che ho capito... ora...”

Mi fissò, di colpo c'era una consapevolezza in lui che cancellò e rese assurda la confusione di prima, temevo mi chiedesse se fossi pentita, se fossi disposta a rinunciare a tutto, a ripensarci, a riprendere la mia vita di un tempo. Aprii la bocca per scusarmi di quello che avevo appena detto, ero troppo sconvolta per parlare sul serio, non volevo che pensasse che ero pentita, perché no, nonostante tutto il dolore, l'amore per Alshain e i miei figli non mi avrebbero mai fatto rinnegare niente. Non ci riuscii, però, perché di colpo parve che intorno a me girasse tutto. Sentii uno strano sudore freddo percorrermi la schiena, la testa esplodere di dolore. Il campanello suonò di nuovo.

    “Devono essere loro... Kenneth vuol parlati di Mirzam a quattr'occhi... e Jarvis... beh lo sai... lui e tuo figlio sono amici da una vita... anche Liam Kelly ha deciso di unirsi a noi... ma credo sia per un altro motivo... ha bisogno di te, dei tuoi consigli per i suoi bambini... perché non dici a Kreya di portare di sotto Adhara e Wezen, intanto...”
    “Io...”

Sentivo il cuore galopparmi nel petto come un cavallo imbizzarrito, provai ad aprire la bocca per chiamare Doimòs e farmi portare qualcosa per il mal di testa, ma dovetti arpionare il tessuto del divano con entrambe le mani, per non scivolare a terra.

    “Che cosa c'è? Va tutto bene, Deidra?”

Reginald si era apepna alzato ma subito si chinò su di me, prese la mia mano, sentì il mio polso.

    “Sì, io... io ...devo avere avuto un capogiro...”
    “Troppa agitazione, Deidra... Distenditi un attimo... Vado ad aprire la porta, poi ti preparo un infuso... dammi l'anello, giusto un attimo, così posso togliere gli incantesimi e aprire... Doimòs ti porterà acqua e zucchero, intanto... su, rilassati...”

Annuii, terrorizzata all'idea che il mio corpo, dopo settimane di tensione potesse tradirmi, come aveva tradito Alshain: quando però Reginald posò le sue mani sulla mia fronte, balzai indietro per il dolore, sembravano neve gelida contro la mia pelle riarsa, non ne ebbi alcun conforto; poi il vecchio prese delicatamente l'anello dalla mia mano e si avviò lentamente alla porta. Sentii un ronzio confuso alla porta, tre voci maschili si aggiunsero a quella del Decano, attraversando il corridoio, ma stavo così male che erano irriconoscibili, ovattate; Doimòs mi versò un bicchiere di acqua fresca con lo zucchero e un poco di limone, ottenni appena un poco di sollievo..
 
    “Ti ringrazio, Doimòs... sali di sopra e dì a Kreya di scendere con i bambini... Reginald desidera vederli... e prepara il tè anche per gli altri ospiti, prendi i biscotti di avena di Doire che Kenneth apprezza tanto...”

Il vecchio Elfo annuì e con un bop sparì dalla mia vista, io sospirai cercai di recuperare il controllo e le forze... non capivo da dove fosse venuto, di colpo quel malessere.

    “Peccato, sono arrivato troppo tardi... avrei gradito se per me avessi fatto preparare dall'Elfo non del tè ma qualcos'altro... magari quel bel Firewhisky invecchiato trent'anni che il vecchio Sherton aveva promesso a mio padre... se fosse riuscito a infilare Elladora nel letto di Alshain, al tuo posto!”

Feci un salto, orripilata, riconoscendo nel brusio confuso il sibilo di quella voce...e di quel nome. Seduta sul divano, debole, indifesa, mi voltai e vidi, sull'arco della porta, quattro uomini che mi fissavano... Nessuno di loro era chi mi aspettavo di ospitare nella mia casa. Nemmeno Reginal... No, nemmeno lui era più... lui...

    “Tu... voi...” (9)



*continua*



NdA:
In questo capitolo tutte le descrizioni relative al Ministero e al Wizengamot sono tratte da “Harry Potter e l'Ordine della Fenice”, in particolare dai chap.7 e 8. Riguardo alle note disseminate qua e là:
1) La digressione sui mali del Mondo Magico descrive il modo di vedere la vita da parte di Alshain: è un Serpeverde atipico ma resta un Serpeverde, non è un pazzo maniaco razzista né un idiota come certi Serpeverde che abbiamo visto nel canon, ma ha le sue fisse e anche se non vuol andare a uccidere babbani solo per tenersi in allenamento, ha quell’innato senso di superiorità e altezzosità Serpeverde che gli fa pensare “Non è colpa dei Sanguesporco, loro sono come sono, è la natura ad averli fatti inferiori a noi Purosangue... la colpa è dei purosangue babbanofili che aprono loro le porte della Magia, mischiano il proprio sangue puro al loro, e li illudono di potersi innalzare al livello dei veri Maghi..." ... tanti capitoli fa, in un confronto con Mirzam, Alshain ha detto che le sue azioni sono basate sulla logica della convenienza, perchè si ottengono più vantaggi da una persona che ti è devota, che da una persona che ti teme e ti odia...  è quindi un Serpeverde, con i difetti di un Serpeverde, ma cerca di usare  l'astuzia e il calcolo, piuttosto che la violenza.  
2) Nel 7^ libro, per dare la caccia ai Nati babbani e guadagnare dalla loro cattura, si erano formate delle squadre di Ghermidori: ho immaginato che anche durante la prima guerra magica, accanto ai veri Mangiamorte, ci fossero personaggi che offrivano i propri servigi al Lord, gentaglia utile a contribuire al clima di terrore, manovalanza troppo bassa per essere elevata a rango di veri Mangiamorte.
3) In uno dei primi capitoli Ollivander dice che la bacchetta di Alshain è composta da "crine di unicorno, 13 pollici, del salice più pregiato", seguendo la teoria secondo la quale c'è una corrispondenza tra tipo di albero (scelto secondo il calendario celtico) usato per la bacchetta e la data di nascita del Mago/Strega; la Rowling nel frattempo su Pottermore ha pubblicato degli inediti e, a proposito delle bacchette, sostiene che sia il legno sia il nucleo di una bacchetta sono determinati dalle caratteristiche caratteriali del Mago/Strega, non dalla sua data di nascita. Quando ho letto le caratteristiche del Castagno ho detto "è questa la bacchetta di Alshain!" : Questo legno è molto interessante e sfaccettato. Muta carattere a seconda del nucleo a cui si abbina, e prende molte sfumature dalla personalità di chi lo possiede. La bacchetta di castagno è attratta da streghe e maghi esperti nel domare creature magiche, da chi è particolarmente dotato in Erbologia e da chi possiede un talento naturale per il volo. Tuttavia, se al castagno si abbinano le corde del cuore di drago, la bacchetta si sposa perfettamente con chi è innamorato del lusso e dei beni materiali e non si fa molti scrupoli su come ottenerli. Per contro, tre capi consecutivi del Wizengamot sono stati proprietari di bacchette di castagno e unicorno, dal momento che questa combinazione sembra prediligere coloro che si occupano di giustizia, in tutte le sue forme. D'altra parte, in HP7, vediamo Harry cambiare due o tre volte la bacchetta dopo la distruzione della sua a Godric Hollow, quindi è possibile per un Mago avere e governare bacchette dalle caratteristiche diverse.
4) All'inizio, ho scritto la scena immaginando che il prigioniero visto dal giovane Orion fosse Gellert, poi ho letto che il Mago Oscuro non commise mai reati in Gran Bretagna, per rispetto o per paura di Albus, dunque difficilmente potrebbe essere stato processato (ammesso gli abbiano fatto un processo, tra l'altro) dal Wizengamot, però mi piaceva descrivere un giovane Orion alle prese con la natura segreta e folle di suo padre, quindi, ecco un seguace di Grindenwald inventato di sana pianta: visti i tempi e il potere di Gellert, probabilmente aveva i suoi seguaci anche nell'Inghilterra Magica.
5) Griselda Marchbanks e Tiberius Ogden sono due dei pochi membri del Wizengamot i cui nomi sono espressamente citati dalla Rowling, di Griselda sappiamo che fu insegnante di Incantesimi e Trasfigurazione di Dumbledore e lo giudicò ai G.U.F.O e ai M.A.G.O, di Tiberius Ogden si sa poco o nulla; entrambi si dimisero dal Wizengamot per protesta contro Caramell quando cercò di prendere il controllo di Hogwarts.
6) Probabilmente Williamson sapeva o intuiva che Lestrange fosse un Mangiamorte ed è anche questo il motivo per cui Rodolphus ha cercato di ucciderlo, senza riuscirci.
7) Secondo me, Alphard non si è svegliato improvvisamente una mattina "traditore dell'antica casata dei Back" e lasciare di che vivere al nipote rinnegato fuggito di casa, non dev'essere stata l'unica azione sconsiderata o dubbia di una vita per il resto vissuta da irreprensibile Black purosangue... secondo me, pur non frequenti ed eclatanti, potrebbe aver avuto, già prima, degli atteggiamenti, delle passioni, delle amicizie, non gradite all'arcigno padre e al resto della famiglia... poi passo dopo passo, la sua "ribellione" ha preso forme più visibili e definitive, con gli esiti che sappiamo tutti.
8) Deidra aveva saputo la verità su Mirzam da Alshain in ospedale, ma quando Moody l'ha messa alle strette, costringendola a scegliere tra suo marito e suo figlio, si è resa conto di amare troppo la sua famiglia e di non riuscire a sostenere la situazione, se si fosse ripresentata, così Alshain l'ha aiutata, cancellando il ricordo della verità dalla sua mente... evidentemente, però, non dal suo cuore di madre.
9) A questo punto immagino avrete compreso chi fosse il Mago ucciso da Bellatrix e chi sia il Mago che si è presentato alla porta di Deidra... la spiegazione “puntuale” ci sarà nel prossimo capitolo... .
Bon, vi saluto e ringrazio chi ha letto, recensito, aggiunto, ecc ecc. Alla prossima
Valeria



Scheda
Immagine
  
Leggi le 9 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Terre_del_Nord