Once a Warbler, forever a Warbler... isn't it, Blaine? di lyeb sauskin (/viewuser.php?uid=90015)
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Ok, è appurato: il femslash non è
decisamente il mio genere xD Con molta fatica sono riuscita a scrivere
questa storia per il secondo giorno, ossia: Genderbelt!Seblaine.
Erano le tre e cinquantacinque minuti del venerdì pomeriggio e
tra le ragazze della prestigiosa Dickinson Accademy
l’eccitazione era palpabile: ancora qualche minuto e
un’altra settimana si sarebbe potuta dire conclusa.
Nella classe della signorina Handcraft, insegnante di matematica, il
livello d’attenzione rimaneva alto soltanto in un paio di
ragazze sedute alle prime file. Se la professoressa avesse iniziato a
passeggiare tra i banchi si sarebbe forse stupita nel vedere anche
Evelyn, studentessa modello, che scarabocchiare distrattamente su un
foglio, i lunghi capelli castani che le ricadevano sul viso.
Al suono della campanella la ragazza alzò la testa e il suo
sguardo andò a incrociare quello della sua vicina di banco,
che alzò i pollici in un gesto di vittoria.
“E anche oggi la grande Megan è riuscita a non
essere interrogata!” esclamò questa
compiaciuta mentre uscivano dalla classe.
“E anche oggi ha avuto un fortuna straordinaria, vorrai
dire” la corresse Evelyn, senza acrimonia. “Stasera
cinema?”
“Mi vedo con Matt, mi dispiace.” rispose
l’altra.
“Nessun problema, divertitevi.”
“Potrei organizzare un appuntamento a quattro...”
Evelyn alzò gli occhi al cielo “Non credo che Matt
abbia amiche lesbiche.”
“Ehi Ev!” la chiamarono due ragazze, facendole un
cenno con la mano. “Stasera Eather ha organizzato una festa,
vieni?” Lei annuì sorridendo, poi si rivolse
all’amica. “Problema risolto. Tu inizia pure ad
andare, io vado un attimo in bagno.”
“Va bene, ci sentiamo dopo!”
Evelyn si fece strada tra i corridoi gremiti di studentesse, molte
delle quali la salutavano. Adorava la DIckinson: lì poteva
essere se stessa, senza aver paura del giudizio altrui, dato che la
scuola millantava una politica a tolleranza zero nei confronti degli
atti di bullismo.
Poggiò la tracolla per terra prima di entrare in bagno.
Quando uscii non stava più dove l’aveva lasciata,
bensì in mano ad una ragazza dai lunghi capelli biondi e la
gonna della divisa notevolmente più corta di quella
regolamentare.
“Ciao Evelyn” la salutò con tono neutro,
porgendogliela.
“Ehi” prese velocemente la borsa dalle mani
dell’altra. Samantha Montgomery, da tutti conosciuta come
Sam, ovvero l’unica ragazza con la quale Evelyn non riusciva
proprio a trovarsi a suo agio.
Forse era per i suoi occhi verdi che la catturavano ogni volta che li
incrociava, forse per le varie storie che circolavano su di lei: si
diceva che andasse almeno una volta alla settimana allo Scandal, unico
locale gay della cittadina, e che fosse stata con una ragazza di
ventiquattro anni. Cioè, ventiquattro anni, sei in
più di loro! Davanti a tutto ciò Evelyn, la cui
unica esperienza era stato un bacio l’estate prima, non
poteva fare a meno di sentirsi a disagio.
“Grazie.” si limitò a mormorare uscendo
dal bagno, evitando di fare la domanda più che lecita sul
perché avesse preso la sua borsa.
Vide lo schermo del cellulare illuminarsi nella tasca anteriore della
tracolla, lo prese per leggere il messaggio:
“Help! Non ho niente da mettere per stasera: giretto al
centro commerciale? Megan”
Sorrise mentre rispondeva affermativamente, ritenendo difficile che
nell’enorme cabina armadio di Megan non ci fosse neanche un
capo d’abbigliamento per la serata.
**********
Passò velocemente per casa a cambiarsi, visto che odiava
girare con l’uniforme. Si infilò velocemente un
paio di jeans e una maglietta, per poi andare al centro commerciale.
Si prospettava un pomeriggio stancante.
Ovviamente Megan, ritardataria cronica, non era ancora arrivata.
Controllò nervosamente l’ora sul cellulare,
sperando di non incontrare nessuno che conoscesse, e fu esaudita.
Almeno per i primi dieci minuti.
“Chi aspetti, la tua ragazza?” sussultò,
sentendo una voce alle sue spalle.
Eppure se lo sarebbe dovuto aspettare che di venerdì
pomeriggio una buona metà della parte under-20 di Lima si
trovasse lì.
“Jake” salutò il ragazzo voltandosi, con
tono annoiato -o che almeno lo sarebbe dovuto essere- non degnando
d’attenzione il gruppo che lo seguiva, nel quale riconosceva
un buon numero di facce note.
Ne mancava una all’appello. Ne fu sollevata.
“Per rispondere alla tua domanda, sebbene non siano affari
tuoi, no.”
“Ti vuoi unire a noi?” la schernì lui.
Poi le indico un ragazzo che lo seguiva “Vedi, Ryan ha detto
che non sei affatto male. E non posso che essere d’accordo
con lui.” aggiunse, squadrandola da capo a piedi.
Jake allo stesso tempo la disgustava e la faceva sentire a disagio. In
un modo del tutto diverso da come faceva Sam. Con lui era era molto,
molto, peggio.
Si sentiva nuda sotto gli sguardi dei ragazzi, provò
l’istinto di scappare, ma si costrinse a non farlo,
continuando a guardarlo negli occhi a testa alta.
Tuttavia non riuscì a replicare.
“Dai Ev, che ti costa provare? Sei sprecata...” si
avvicinò ancora più a lei, che rimase immobile,
pietrificata. Sentiva i risolini idioti delle ragazze, vedeva i ragazzi
che si davano gomitate, ed ebbe una spiacevole sensazione di
dejavù.
“Tieni, amore.” una ragazza si avvicinò
a Jake, porgendogli una bibita. E visto che non
c’è due senza tre...
“Tesoro, guarda chi c’è” le
fece Jake con tono falsamente entusiasta “Non sei contenta
Evelyn? In un giorno hai avuto l’occasione di rivederci
tutti... addirittura la tua migliore amica.”
La ragazza, che fino a quel momento non si era accorta di lei, le
rivolse un’occhiata gelida.
Ex migliore amica, lo corresse Evelyn, nella sua mente.
Perché le parole non riuscivano a raggiungere la bocca,
bloccate dallo sguardo di Sarah, la ragazza che conosceva da quando ero
nata, la prima alla quale aveva detto il suo segreto.
La prima che l’aveva tradita, rivelandolo a tutti.
“Ev, ti sto cercando da un’ora!” qualcuno
la chiamò per nome. Era abbastanza sicura che non fosse
Megan, ma nonostante ciò si lasciò prendere per
un braccio ed essere trascinata via di lì.
Non voleva che finisse così, non voleva dargliela vinta, ma
quel giorno non ce la faceva proprio. La prossima volta, si ripromise,
sarebbe stata più forte.
Prima di andarsene ebbe il tempo di lanciare un ultimo sguardo ai suoi
ex amici: Jake sembrava deluso per essere stato privato così
velocemente del suo divertimento pomeridiano, gli altri ridevano e
parlavano tra loro. Sarah continuava a fissarla, con
quell’espressione.
Si mosse in automatico, finché non sentì una
ventata gelida colpirle il viso. Vide Sam vicino a lei, ma non ebbe
neanche la forza di stupirsene.
“Grazie.” le disse per la seconda volta in quel
giorno.
“Figurati. Non mi sembravano esattamente tuoi amici, o
sbaglio?”
Scosse la testa. “Sarah è stata la prima ragazza
di cui io mi sia innamorata. E la mia migliore amica. Che ha svelato a
tutti la mia omosessualità.”
Non sembrava stupita. In effetti era un cliché.
Restarono entrambe in silenzio. Ad Evelyn era passata ogni voglia di
tornare dentro per fare shopping con Megan, ogni voglia di andare alla
festa. Soprattutto perché si sarebbero stupite a vedere lei,
sempre sorridente, in quelle condizioni. Avrebbero fatto domande ed era
l’ultima cosa che desiderava.
Sentì il cellulare vibrare in tasca “Mia madre
è uscita lasciandomi a fare da babysitter ai gemelli. Scusa,
mi farò perdonare ;)”
Almeno un problema era risolto.
Non si capacitava di come, dopo due anni, Sarah le facesse ancora
quell’effetto. O forse sì: non sarebbe mai
riuscita a conciliare l’immagine che aveva avuto per anni
della ragazza con quella di adesso. E non avrebbe mai smesso di pensare
che forse il problema non era Sarah.
Una lacrima le scese sulla guancia, prima che potesse fermarla.
Il dito affusolato di Sam si posò subito sotto la palpebra,
impedendo che fosse sporcata dal nero della matita.
“Sai a volte credo che sia colpa mia. Che sia io ad aver
rovinato tutto, ad essere sbagliata.” confessò.
“Non dirlo. Mai” Sam le sistemò una
ciocca di capelli dietro l’orecchio. “Tu sei
perfetta Evelyn è il resto del mondo a fare
schifo.”
Poi la baciò, scostandosi subito. Come per studiare le sue
reazioni.
Ci volle un attimo a capire cos’era successo. Quando
ciò avvenne Evelyn sorrise. E la prese per mano.
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