okdok
9. dirty little secret.
Frank tornò prima dalla discoteca perché era una checca,
ma insomma, io non ero da meno. Me ne andai appena mezz'ora e sei birre
da dodici gradi dopo, probabilmente perché non ne potevo
più di quella musica perforante, e, soprattutto quando un reimx
di un "grandissimo" successo in francese di Mika mi colpì come
un palo in piena faccia, la cosa si fece piuttosto insopportabile.
Oppure perché senza di lui mi sentivo abbastanza solo, ma la
scusa del mal di testa era comunque buona per mentire a me stesso.
Quindi.. Gerard + Frank era uguale a checca. Ma diciamo che alla fine
anche Gerard - Frank era uguale a checca, ed era più o meno una
checcaggine collettiva. Checca, checca, checca. Checca alla terza.
Radice quadrata di checc.. decisi di lasciar perdere la matematica che
non era mai stata proprio il mio forte e tornai ai miei soliti stupidi
e masochisti pensieri. Non ero ubriaco, ma diversamente allegro.
Abbastanza allegro da fare commenti sulle tette della fidanzata di mio
fratello, ma in quel momento non mi importava molto, anche
perché probabilmente il giorno dopo non me ne sarei nemmeno
ricordato, e come diceva mamma.. "occhio non vede, cuore non duole". O,
volendo riadattare il vecchio proverbio alla mia situazione.. "se non
ti ricordi una grandissima figura di merda perché l'hai fatta da
sbronzo, tanto meglio".
Il silenzio della hall mi
colpì in pieno, essendo appena uscito prima da una discoteca e
poi dal traffico parigino del sabato sera. Non che ci fosse davvero
silenzio, ma era appena un brusio che ormai non mi era più tanto
familiare, come concetto. Non appena entrai si abbassò ancor di
più di qualche tono, tutti troppo presi a fissarmi mentre
entravo per continuare a chaicchierare. Non che mi guardassero per
qualche motivo, ma dopo due giorni a Parigi e dopo esserci stato tante
volte (seppur per poco), una cosa sui francesi l'avevo imparata: ti
guardano come se fossi l'ultimo dei coglioni anche se sei il
presidente. "Sarcofago", o qualunque fosse il suo nome. Non ci feci
quindi troppo caso, e, nonostante fossi conciato davvero male e
sbandassi un po', mi avviai verso l'ascensore e non passò troppo
tempo prima che riuscissi ad arrivare al nono piano. Per i corridoi non
girava nessuno. Non che fosse così tardi, poi: guardai
l'orologio che portavo al polso e segnava l'una e tredici. Mi fermai un
secondo, schiena appoggiata al muro e sguardo perso. Cercai di valutare
le opzioni che mi restavano. Potevo uscire di nuovo, ma mi sarei
trovato solo ugualmente. Potevo tornare in camera, sì, ma non ne
avevo voglia. Oppure potevo andare a rompere le palle a Frank,
perché no? Infondo tutti quei possibili programmi che stavo
pensando erano solo una messa in scena con me stesso per non essere
così patetico da pensare a Frank come prima opzione fra le
tante, quindi che problema c'era?
Cercai la 1141, la camera di lui ed
Emi.. cazzo, Emily. Mi trovai dinanzi alla porta e rimasi lì
impalato per almeno qualche minuto. Probabilmente sembravo un completo
ritardato, ma stavo solo pensando a cosa fare. Se ci fosse stato solo
Frank avrei potuto bussare, ma lei.. lei, cazzo. Finalmente, dopo
"accurate" riflessioni e varie imprecazoni, mi ricordai delle infinite
volte che, i primi tempi, chiudevo le chiavi in camera e riportai alla
mente un vecchio sistema. Mi guardai un po' intorno e controllai che
non ci fosse nessuno, siccome probabilmente sarei sembrato uno
scassinatore, e una volta sicuro, frugai in tasca nella speranza di non
aver perso il portafogli. Presi la prima carta di credito che mi trovai
a tiro, e.. voilà: la porta era aperta. Mi misi sulle punte e mi
sporsi appena a guardare. Lei era a letto, ma lui no. Dormiva
profondamente, perciò non mi feci troppi problemi ad entrare e
cercare quel grandissimo bastardo. Perché sul serio, se non
l'avessi trovato in camera, gliel'avrei fatta pagare.
Questa era una delle classiche
situazioni in cui cercavi di non far rumore e poi, puntualmente, ti
trovavi l'orchestra sinfonica dell'Operà che decide casualmente
di fare un revival di vari pezzi proprio a qualche metro di distanza,
perciò cercai veramente di non toccare nulla, nemmeno per
errore. Appena vidi la porta del bagno chiusa, capii. Non riuscì
a trattenere un sorriso pensando al fatto che no, effettivamente non mi
aveva mentito, e incurante della sua privacy o qualsiasi cosa, la
aprii. Frank stava facendo il bagno, e.. cazzo, era.. perfetto?
Non mi vide: di questo ne ero
sicuro. Aveva gli occhi chiusi e l'espressione di uno che ha appena
raggiunto il nirvana. In un certo senso poteva anche sembrare che
stesse dormendo. Anzi, forse si era davvero addormentato. Ed il mattino
dopo si sarebbe svegliato con le branchie e la pelle squamata. E forse
ero ubriaco, ma era così bello che era proprio in momenti come
quelli che mi chiedevo che cosa ci facesse ancora appresso a me quando
avrebbe potuto chiunque volesse.
-Sembri quasi bello certe volte.-
Esordii, senza però avvicinarmi. Frank sobbalzò, quasi
terrorizzato. Si voltò a guardarmi di scatto e probabilmente
fece traboccare un po' d'acqua dalla vasca già pericolosamente
piena. Mi lasciai scappare un sorrisetto, mentre lui, espressione
così simile a quella di quando mi aveva visto che sembrava una
fotografia, rimase a bocca aperta ed occhi spalancati a guardarmi.
Sembrava che stesse per cominciare a blaterare, blaterare, blaterare,
ma invece, con mia grande sorpresa, fece solo una domanda: la
più ovvia.
-Come.. c.. cazzo sei entrato?- Si
stropicciò le palpebre come se, appunto, si fosse appena alzato
e sembrava che non sapesse nemmeno da dove uscisse la sua stessa voce.
Incurante della sua reazione un po' scossa, mi avvicinai. Rubai
momentaneamente lo sgabello che c'era alla mia sinistra (uno sgabello
in bagno.. mah, i francesi..) e mi ci sedetti sgraziatamente sopra. Era
così basso che per la prima volta Frank riuscì a
guardarmi dall'alto. Con un ghigno stampato in faccia gli mostrai la
carta di credito. Tirò un sospiro di sollievo e poi tornò
immerso fino al collo fra schiuma ed acqua.
-Ti ho spaventato?- Ridacchiai, e
lui tutto scocciato si girò a sbuffarmi in faccia. Carino da
parte sua. Dopo essermi fatto un culo così ed essere entrato in
camera sua nonostante la minaccia della fidanzata malefica ed avergli
fatto anche un complimento.. non che me l'avesse chiesto, ovvio.
-Sì.- Tagliò corto,
comportandosi con freddezza nessun motivo. -Ma adesso vattene, se si
sveglia Emily uccide prima te e poi me.- Il suo tono glaciale
calò sempre di più, parola per parola, e finì a
guardarmi con un espressione quasi di rimorso per l'avermi cacciato,
anche se sapeva benissimo che non me ne sarei andato per niente al
mondo.
-Ti prenderei la mano, se non fossi
completamente bagnato.- Lasciai cadere lenamente la testa all'indietro,
perché cazzo, alla "tenera" età di trentaquattro anni non
potevo più permettermi di fare la "vida loca" ed i dolori
cominciavano a farsi sentire.
-Che c'entra?- Passò un po'
prima della sua risposta, ma quando la ricevetti, scattai di nuovo
nella stessa posizione di prima e ne valse completamente la pena.
Insomma, vederlo arrossire ormai non capitava più spesso. Forse
perché, stando con Emily, si trovava a fare per la prima volta
l'"uomo" della coppia, e certo, sarebbe stato un po' ridicolo se avesse
continuato ad avvampare o fare il timido. Ma io, a dire il vero, volevo
così tanto che ritornasse come prima che mi sarei venduto un
polmone. Sempre che qualcuno l'avesse voluto uno dei miei polmoni,
rovinati com'erano per il fumo.
-Ti amo e mi sento malissimo.-
Sospirai, continuando a dire tutto ciò che mi passava per la
testa piuttosto che dare delle vere risposte alle sue domande. Mi presi
il volto fra le mani, chiusi gli occhi, e cercai con tutte le mie forze
di sopprimere quella vocina nella testa che mi pregava di trapanare
l'esatto centro della fronte per bilanciare il dolore.
-Hai bevuto troppo.- Con una voce
che mi ricordava tanto quella di quando nel periodo "nero" mi pregava
di smetterla di farmi del male, continuò a puntualizzare
l'ovvio. Ormai non mi succedeva spesso, ma a volte lo facevo
volontariamente perché era proprio bello non pensare a nulla.
Sarei diventato alcolista di nuovo se non avessi avuto troppo ragioni
per vivere. Avevo i ragazzi, avevo Frank, avevo le promesse che avevo
fatto alla nonna, quelle che ho fatto a Mikey e poi avevo Bandit.
Bandit. Bandito. Ladro. Un fuorilegge. Perché sì,
immaginiamo per un secondo delle regole. Delle regole in amore. Delle
regole punibili con un vero processo e delle vere pene da scontare.
Ecco, io sarei in galera, ma lei sarebbe il frutto di quello che
è nato da qualcosa di sbagliato. Ed in un certo senso.. una
fuorilegge anche lei. Certo, potevo anche trovare un nome decente e con
un significato migliore, ma Lindsey mi aveva dato campo libero e a me
Bandit, in tutta onestà, piaceva. E quindi.. che si fottesse, no?
-Voglio semplicemente vomitare
anima e cervello e rimanere a dormire sul pavimento di questo cazzo di
bagno.- Poggiai la testa sul bordo della vasca e lui scattò
sull'attenti, sospirando con fare di uno che si rassegna completamente.
-Non avrei mai pensato di doverlo
fare di nuovo.- Si alzò, emettendo il classico gemito di fatica
tipico di mia nonna, e non appena sentì il rumore dell'acqua,
tornai a guardarlo. Si voltò a destra e a sinistra nel disperato
tentativo di trovare un telo da bagno, ed una piccola parte di me
sperava proprio che non ce l'avrebbe fatta. Continuai a fissarlo per
tutto il tempo possibile, anche se l'unica visuale che mi permtteva la
posa in cui mi trovavo era più o meno dai fianchi in giù.
Non che mi dispiacesse, ma avrei voluto alzarmi. E ci averi provato, se
solo avessi avuto un minimo di forza nelle ginocchia. Cominciai
veramente a non capire come fossi riuscito ad arrivare fino all'albergo
e poi addirittura in camera sua, ma scacciai quei pensieri, e,
semplicemente, tornai a fissare Frank che adesso si stava asciugando di
fretta e furia. Come avevo fatto a non consumarlo ancora, restava un
dilemma.
-Alzati, dai.- Mi fece un cenno col
capo non appena finì di vestirsi il minimo che bastava per non
ghiacciarsi. Ebbi solo la forza di scuotere il capo perché
cazzo, mi sarei anche alzato, ma proprio non ci riuscivo. E in
più.. non capivo bene perché. Sbuffò e alzò
gli occhi al cielo, porgendomi la mano e praticamente tirandomi su non
appena l'afferrai. -Devi rimettere?- Domandò, visibilmente
deluso e scocciato. Non ebbi il coraggio di rispondergli: quando usava
quel tono mi demoliva completmente, così annuii e basta. Mi fece
inginocchiare accanto al wc ed appoggiai i gomiti sulla tavoletta
mentre anche lui assumeva quella posa. Solo che le sue mani, invece che
strette ad uno schifoso cesso, frugavno nei miei capelli così da
tenerli lontani dal volto. Avrei voluto ringraziarlo, ma non appena mi
trovai in codinzioni di farlo, non riuscii più a trattenere
l'istinto di rimettere tutto quello schifo che avevo forzato il mio
corpo ad ingerire. Frank parlava, tentando di distrarmi. Diceva cose
sconnesse e sembrava quasi un monologo, siccome non avrei mai potuto
rispondergli e ne era consapevole. Mi parlava di quella volta che
rubò la macchina a suo padre e per una sera mandammo a cagare le
prove con i ragazzi e ce ne scappammo al concerto dei Misfits a New
York. Poi mi disse qualcosa sulle spiagge, ma a dire il vero non la
colsi bene. E poi semplicemente tante frasi dolci che il giorno dopo
non mi sarei nemmeno ricordato. Cercai di ricompormi una volta libero.
Mi bruciava la gola, mi girava la testa, avevo gli occhi lucidi,
sentivo le guance in fiamme e mi sentivo.. sporco. Non capivo come
avevo fatto a passare anni in quello stato, perché forse.. non
ne valeva davvero la pena. Mi girai a guardarlo ed i miei occhi
incrociarono i suoi, quando poi, semplicemente, mi sorrise. Era la
notte del suo compleanno, forse voleva stare per cazzi suoi, e
nonostante mi fossi intrufolato in camera sua e gli avessi fatto
prendere un colpo, anche dopo avermi tenuto la testa mentre vomitavo,
Frank sorrideva. Avvicinò le labbra al mio collo, così
lentamente che riuscì ad interromperlo.
-Non mi baciare, puzzo.- Le parole
mi grattarono la gola come se la stessero scartavetrando. Mi
stropicciai gli occhi e poi scaricai, mentre Frank mi dava una mano ad
alzarmi. Sospirò.
-Non ti ricordi di tutte le volte
che l'ho fatto?- Sapevo benissimo a cosa si riferiva, eppure no. A dire
il vero ricordavo ben poco di quegli anni. Più o meno erano
tutte immagini confuse e sfocate, messe insieme per lo più
grazie all'aiuto dei ricordi dei ragazzi, ai numerosi video e alle
interviste, concerti filmati e tutto il resto. Non è facile
essere ubriaco quasi per anni interi e ricordarsi cose del genere. Cose
che sappiamo solo noi due e che uno dei due è troppo timido per
raccontare e l'altro troppo fatto per ricordare. Scossi il capo per non
essere costretto a parlare di nuovo, perché cazzo, sarebbe stato
meglio fare un pompino ad una motosega accesa piuttosto che subire di
nuovo quella tortura. -Ti tenevo la testa anche nei bagni pubblici e ti
raccontavo cose.. felici.- Si lasciò scappare un sorriso che
aveva una nota così amara che sembrava quasi nato sul suo volto
solo per nascondere le lacrime e mi fece alzare. Non ebbi il coraggio
di continuare, così rimanemmo in quel modo per un po'
finché non trovai un valido argomento con il quale esordire.
-Mi sento sporco..- Dolore. Dolore,
dolore, dolore. Frank diede uno sguardo veloce alla vasca ancora piena
e più o meno calda e poi prese a svestirmi. La gelida aria
colpì pian piano la mia pelle, pezzo per pezzo, con ogni suo
movimento. Rimase per qualche secondo imbambolato e poi mi prese per
mano e mi condusse fino alla vasca, aiutandomi addirittura ad entrarci
come se ci fosse qualche rischio nel farlo. Cero, avrei potuto
scivolare e magari spaccarmi la testa, ma forse sarebbe stato meglio
per tutti. Mi accoccolai nella vasca, sentendo subito l'effetto
rinvigorente dei cari, vecchi acqua e sapone. Mi strinsi le gambe al
petto e appoggiai la testa fra le ginocchia, continuando ad osservare
quel bellissimo lavoro di Dio che intanto stava prendendo una spugna.
Si sedette sullo stesso sgabellino dove prima ero seduto io e, con la
stessa espressione di una madre delusa dal figlio, cominciò a
strusciarla sulla mia pelle. Un vero salto di qualità, rispetto
alle mie solite docce affrettate. Nonostante non stessi lavando i
capelli, mi sentivo cento volte più pulito del solito.
Poggiò la spugna di lato e
mi porse la mano così da farmi capire che dovevo alzarmi. Mi
sentivo già un po' più rinvigorito, così,
più o meno, ci riuscì. Sciacquò via il sapone con
un po' d'acqua e poi uscì dalla stanza. Sapevo che non mi
avrebbe abbandonato lì, questo era ovvio. Eppure, tra un brivido
e l'altro, continuavo a chiedermi dove fosse andato. Lo vidi tornare
pochi secondi dopo con dei vestiti non meglio identificabili in mano e
un nuovo telo. Mi ci avvolse dentro e poi mi fece uscire dalla vasca,
asciugandomi con esso. Prima di liberarmi però da quel
punzecchiante strato di tessuto, si prese un secondo per abbracciarmi.
Un abbraccio saldo. Fermo. Caldo..
-Prendi.- Mi porse gli stessi abiti
portati precedentemente e semplicemente li presi, indossandoli. Erano
suoi e questo si vedeva bene. Erano soltanto una maglietta ed un paio
di boxer, ma bastavano per dormire.
E così mi accompagnò in camera. In silenzio. Prendendomi un'ultima volta fra le sue braccia.
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Ero visibilmente distrutto e mio
fratello non tardò a notarlo. La precedente era stata la notte
più brutta, difficile, strana che avessi passato in tanto tempo.
Per coprire le occhiaie ero costretto ad indossare dei fottuti occhiali
da sole tondeggianti che facevano schifo persino a me, ero raffreddato
e non capivo perché, portavo una maledetta sciarpa per via del
mal di gola ancora pulsante ed ero.. orrendo. Un totale casino. Messo
così male che persino Lindsey, quella mattina, mi aveva chiesto
che diavolo avevo fatto la sera prima. E se non fosse stato per la
presenza di Mikey accanto a me, mi sarei anche addormentato sul tavolo
di quel bar. All'istante. Con la faccia affondata nel caffè e
senza nemmeno pentirmene.
-Gerard..- Le palpebre mi si
stavano quasi chiudendo, ma al suono della voce di mio fratello, le
aprì di colpo ed emisi una specie di rumore che era praticamente
un gemito alla "lascimi dormire". -Ieri sera ti sei andato a
prostituire o..?- Domandò, aggrottando le sopracciglia. Presi un
sorso di caffè prima di rispondere, nel disperato tentativo di
rinvenire da quel sonno profondo che mi aleggiava intorno quasi come
una maledizione.
-Sì, mi sono andato a
prostituire, Mikey.- Sbuffai. -Chiedi ad Alicia, l'altra sera è
stata cliente.- Nonostante quella lì non mi fosse mai piaciuta,
da quando aveva incitato Emily a perdonare Frank, la odiavo ancora
dipiù. E non riuscivo veramente a trattenermi se si trattava di
fare battutacce su di lei.
-Nah, non le piacciono le checche.-
Replicò con tono quasi offeso. Certo, potevo capirlo.. ma non
sopportavo più il modo in cui mi trattava. Come se fosse quasi
schifato da me.
-Ti ricordi l'anno scorso?- Lasciai
perdere insulti e cazzate varie che ovviamente non ci avrebbero portato
da nessuna parte, provando a fare un discorso di un briciolo più
serio. Aggrottò le sopracciglia, un po' confuso. -Mi dicesti:
"sei mio fratello, ti vorrei bene anche se avessi la lebbra".- Imitai
vagamente il suo tono di voce. Feci una breve pausa e, da dietro le
scure lenti, lo osservai giocherellare nervosamente con il bordo della
tazzina. -Ed io, stupido come sono, ci credetti.- Scossi il capo, nel
disperato tentativo di fargli capire quanto mi faceva male. Quanto
faceva male vedere che lui, mio fratello, mi trattava come.. come tutti
gli altri. Per quanto lo negasse, sapevo che gli dava fastidio. Lo
vedevo dal modo in cui storceva il naso anche solo se ci abbracciavamo,
dal modo in cui sbuffava quando gli dicevo che avevamo litigato, dal
modo in cui mi guardava come se fossi un pazzo quando gli dicevo che
stavo male per lui. Come a chiedersi "come si fa a star male per un
ragazzo?". Come se, improvvisamente, non mi capisse. Sapeva benissimo
che questa volta (e ormai da molto tempo) era nel torto, così
non proferì parola, aspettandosi probabilmente uno sfurione un
po' più lungo di così. Ma io non avevo voglia di
arrabiarmi. Non avevo voglia di urlargli contro perché non
sarebbe servito a nulla e gli avrei dato solo l'ennesimo specchio sul
quale arrampicarsi. E ormai, ero arrivato ad un punto in cui mi mancava
anche la forza per combattere le mie battaglie, e speravo vivamente che
si accorgesse da solo di quanto era scorretto nei miei confronti.
-Io te ne voglio, Gerard..-
Cercò disperatamente di scrollarsi di dosso i sensi di colpa che
probabilmente, conoscendolo bene, lo stavano tormentando in quel
momento. Forse non si era mai resto conto di quanto fosse difficile per
me sentirmi quasi.. odiato da lui. Se non in quei momenti in cui
riguadagnavamo quello che Ray aveva definito "feeling alla Way", che
ormai andavano facendosi sempre più rari. Se non dei
miracoli, a dire il vero.
-Potrei venirti a dire che so
pisciare a ventotto metri di distanza, ma senza una prova, tu mi
crederesti mai?- Cercai di abbozzare un sorriso e speravo veramente che
sul suo volto succedesse la stessa cosa. Altrimenti perché avrei
scelto quell'espempio così stupido, se non per sdrammatizzare?
infondo non ero così stronzo da volerlo mettere in
difficoltà.. solo da sbattergli la realtà in faccia,
questo sì. Accavallai le gambe e, in un sorso veloce, mi tolsi
di mezzo l'ingrombro del caffè in un solo sorso, spostando in
avanti la tazzina quasi come riflesso automatico. -Vorrei anche un
motivo per crederci, Mikey.. perché sarebbe bello potrelo
pensare di nuovo.- Sospirai, abbassando il capo.
-Ti devo delle scuse.- Si strinse
nella giacca a vento e prese un respiro profondo, restando con le
braccia incrociate più per il freddo che per dimostrare
indisponenza, che in quel momento proprio non gli apparteneva. -Sono
mancato quando più ne avevi bisogno e mi dispiace, ma.. devi
capire che per me.. è.. è difficile. Quasi quanto lo
è per te, a dire il vero.- Si morse il labbro, e lo vidi
chiaramente a disagio nonostante stessi cercando di evitare il suo
sguardo. Era anche piuttosto facile, con quei cosi indosso. -Tu sei mio
fratello e Frank è come.. è anche lui come un fratello.
E' difficile ed è strano vedervi insieme.- Chiuse gli occhi e se
li stropicciò, stanco quasi quanto me. Forse non ero stato
l'unico ad aver avuto una nottataccia. -Ma giuro, giuro, giuro, che se
da oggi in poi mi dovessi comportare così male, ti darei il
permesso di non parlarmi mai più. Davvero. Se non per questioni
riguardanti il gruppo, bhè, sì..- Sembrava così
convinto all'inizio della frase che, quando titubò verso il
finale, mi fece quasi ridere. La sua solita indecisione ed insicurezza.
Gli feci un sorrisone e lui lo ricambiò, abbracciandomi per
quello che poteva nonostante l'impedimento del tavolino.
-Ti voglio bene.- Gli sussurrai,
mentre ancora era troppo impegnato a riempirmi di pacche sulla schiena.
Gli scombinai i capelli così da allontanarlo, siccome lo stare
mezzo in piedi - mezzo no per raggiungerlo cominciava a pesare sulle
mie ginocchia già troppo provate e tornai a sedermi, quasi
cadendo all'indietro. Mi fece una smorfia e se li aggiustò
paranoicamente, nonostante scoppiammo a ridere subito dopo.
-E adesso mi spieghi che cos'hai?-
Domandò, uccidendo letteralmente l'atmosfera. Ma un po' glielo
perdonavo, perché cominciava a farsi seriamente pesante. Cercai
di raccontargli cos'era successo senza caricargli addosso eccessive
preoccupazioni, dunque "censurai" ciò che era accaduto la sera
prima e provai semplicemente a fare un breve, breve, breve riassunto di
com'ero stato nei precedenti mesi. E mi resi conto che ero davvero
riuscito a rendere il tutto "breve" quando le uniche parole che mi
passarono per la testa divennero tre.
-Mi manca lui.- Con tono
così melenso e sconsolato che apparve disgustoso persino alle
mie stesse orecchie, esposi il centro del problema. Perché non
mi sarei ubriacato se non mi fosse mancato Frank, e quindi ciò
che avevo davvero fatto la sera prima non era altro che una conseguenza
di un sovraccrico di quello che aveva continuato ad attanagliarmi per
ormai troppo tempo. Perché davvero, la sera prima mi ero reso
conto di stare davvero male. Perché quando avevo visto Frank
andarsene così, dopo quello che aveva fatto e quello che si era
lasciato fare, capì che tutti quei venti minuti di speranza
erano stati inutili. Speranza che potesse, di nuovo, nascere qualcosa.
-Cazzo, allora diglielo.- Mikey si
strinse nelle spalle e fece una strana mossa, quasi ad indicarmi che
era la cosa più ovvia da fare. Ma per Mikey le cose più
ovvie erano sempre le più semplici, anche perché non
considerava le situazioni che c'erano di fondo. Per Mikey, a dire il
vero, era tutto così semplice che certe volte lo invidiavo. -Fai
una pazzia. E' il giorno del suo compleanno, potresti avere centomila
spunti. Sei troppo chiuso, Gee. Lo so che è strano sentirselo
dire da me, ma tu..- Si interruppe nel bel mezzo di un discorso che
sembrava così ben pianificato che tutto mi sarei aspettato meno
che un balbettio nel mezzo, ma poi continuò senza troppi
problemi. -Insomma, ormai è chiaro che siete innamorati.
Parliamo spesso di te, e se c'è una cosa che ho capito, è
che si farebbe ammazzare per vederti contento. Potreste stare insieme
in segreto. Insomma, potremmo saperlo solo noi quattro e sarebbe la
cosa migliore, credo. E stai tranquillo che lui non ti rifiuterebbe
mai.-
Mikey aveva ragione. Su tutta la
linea. A partire dalla pazzia, fino ad arrivare al segreto. L'unica
frase sulla quale avevo dei dubbi era l'ultima, ma ormai non avevo
niente da perdere. Pensai come non avevo pensato in veramente tanto
tempo, e cercai di non far caso alla mia espressione sicuramente
ridicola. Mikey intanto mi aspettava. Aspettava che dicessi qualcosa,
che partissi con una delle mie idee assurde ed ero sicuro che mi
avrebbe seguito ed aiutato in tutto e per tutto. Ne ero sicuro come non
ne ero sicuro da tempo.
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Mi ricordai giusto in tempo di una
cosa alla quale lavoravo da molto. Cioè, l'avevo lasciata
perdere probabilmente perché, non stando più insieme,
sarebbe stato ridicolo regalargliela. Era un quaderno. Una vera e
propria stronzata, a dire il vero. Ci avevo messo in ordine cronologico
le foto che avevamo insieme e tutte le lettere e disegni che gli avevo
fatto e mai consegnato. Avevo avuto l'idea già da gennaio,
quando avevo visto quel mucchio di lettere lasciate lì a marcire
in un cassetto. Ormai non aveva più senso che rimanessero
lì.. ormai che sapeva tutto. E confesso, io stesso non avevo
avuto il coraggio di andare a rileggerle se non durante il periodo di
febbraio, quando avevo cominciato a prendere la situazione in mano. Era
da marzo che avevo cominciato a cercare tutte le foto che mi sarebbero
servite, e, nonostante ci avessi messo mesi per arrivare fino al
duemiladieci, in poco tempo riuscì a mettere insieme tutto
quello che avevo accumulato per il duemilauncidi. Non ero completamente
soddisfatto, a dirla tutta. Mi sentivo anche un po' stupido a
darglielo.. e cazzo, quanto mi sarei sentito stupido a guardarlo mentre
leggeva le lettere di un me di appena vent'anni e qualcosa che
fantasticava su di lui dopo averlo casualmente beccato sotto la doccia
in tour. O di un me suicida e ubriaco che gli confessava in tutti i
modi (se non il più esplicito) che lo ama. O di me e basta,
perché cazzo, mi ero sempre vergognato di me.
Erano le sei, l'ora del tramonto.
Cercai nel profondo il Gerard cazzuto all'apparenza di qualche anno
prima e bussai alla porta di camera sua. Quando non aprì,
cominciai a contare. Andai quasi in iperventilazione, a dirla tutta.
Uno, due, tre, quattro. Insomma, i secondi passavano. Avrei dovuto
bussare di nuovo? perché no. Bussai di nuovo, con più
forza. Cinque, sei, sette otto. Ma Frank non apriva. Bussai col pugno e
questa volta lo chiamai, quasi urlando.
-Frank, apri!- Appoggiai sconsolato
la fronte contro il liscio e gelido legno della porta, nonostante
fossero passati solo pochi secondi. A dire il vero lo realizzai solo in
quel momento. Magari stava pisciando e non poteva aprire ed io non
facevo altro che pressarlo, pressarlo, pressarlo. Ero insopportabile e
rompipalle. Forse sarei dovuto tornare dopo, quella notte. E mentre ero
ancora tutto preso da quei pensieri, sentì i suoi passi
appesantiti sulla moquette.
-S.. sì, arrivo.-
Replicò, ma a dire il vero la sua voce era così bassa e
debole che lo sentì giusto quel poco che bastava per cogliere
quel "piccolo" dettaglio che si era appena svegliato. Minchia, Gerard.
Più fastidioso di un tumore. Anche se poi, dopo una riflessione
più accurata, mi resi conto che dormire alle sei forse non era
proprio la cosa più normale e diciamo che mi perdonai
quest'inizio un po' fiacco.
Frank aprì la porta e
sembrava che sarebbe svenuto da un momento all'altro. Indossava quel
pantalone di una vecchia tuta che ormai usava solo per dormire e una
maglietta nera così stretta che mi chiedevo come gli passasse il
sangue per le braccia. Fatto stava che la sua faccia in quel momento,
il modo in cui quasi sbandava e la sua "mise", confermarono la mia
teoria. Insieme alle coperte bruscamente abbandonate sulla moquette che
si intravedevano.
-Ciao.- Sbadigliò, rimanendo
appoggiato allo stipite della porta senza aggiungere né "a",
né "i", né "o". Certo, non mi stava aiutando. E in quel
momento non sapevo proprio che dire, dunque strinsi semplicemente il
quaderno fra le mani. Frank se ne accorse, così cercò di
scorgere le due iniziali che c'erano in copertina. Proprio per questo
lo portai dietro alla schiena e finalmente trovai un modo in cui
esordire.
-Nah, questo lo lasciamo per dopo!-
Gli sorrisi, fancedogli l'occhiolino e ondeggiando un po' a destra e a
sinistra. -Bhè, non mi fai entrare?- Aggiunsi, cercando con lo
sguardo di spiare il disastrato interno della stanza ma
contemporaneamente di sembrare.. tenero?
Farfugliò qualcosa. Un
ammasso di versetti non meglio identificati sui quali non mi concentrai
troppo. Schioccò poi le dita, come se gli avessi ricordato
qualcosa di importante. Mi fece strada in camera e cercò almeno
un minimo di apparare la situazione. Alzò la coperta che
probabilmente prima aveva trascinato con sé nel tentativo di
alzarsi, tutti i vestiti appallottolati a terra rimasero, sì,
appallottolati, ma almeno cerco di metterli in valigia e chiuderla, e
mentre lui cercava di fare la brava donna di casa, mi sedetti a letto,
tenendo sempre stretto fra le mani il regalo.
-Allora?- Mi domandò,
mettendosi a sedere accanto a me. Si stropicciò più o
meno tutta la faccia, e poi, dopo un respiro profondo, cominciai con il
discorso che stavo preparando più o meno da ore. O, volendo,
cominciai semplicemente a sputare fuori tutte quelle cose che negli
ultimi tempi non avevo proprio avuto il coraggio di dirgli.
-Allora niente!- Mi strinsi nelle
spalle e gli porsi il quaderno. Sentì per un attimo il cuore in
gola, ma fortunatamente riuscì a mandarlo di nuovo giù.
Prese fra le mani la copertina e poi cominciò a sfogliare le
pagine. Quando vide la prima foto (e cavolo, era davvero, davvero la
prima) sgranò gli occhi e si voltò di scatto a guardarmi.
-Buon compleanno..- Mi avvicinai al suo collo e gli sussurrai appena
all'orecchio. Frank lasciò il quaderno alla sua destra e mi
abbracciò. Bhè, dovevo aver fatto centro.
Avevamo ormai sfogliato tutte le
santissime pagine e avevo perso la cognizione del tempo. Avevamo
passato un pomeriggio intero a ridere per le mie lettere da ragazzina
arrapata, a ricordare i "vecchi tempi" e perché no, anche un po'
a piangere, che ormai nessuno dei due se ne vergognava più.
Erano queste le cose che ti facevano capire di essere vecchio. E se non
vecchio, che comunque non eri più un ragazzino. Fuori si era
fatto buio. Alle nove e mezza sarebbe cominciata la festa di Frank e,
nonostante da un'occhiata veloce all'orologio fossero le otto e due,
eravamo ancora lì. Stesi a pancia sotto, con le gambe all'aria
come due teenagers che sfogliano una rivista di gossip. "Bleah" non era
abbastanza per definire quell'immagine.
Ormai era arrivato all'ultima
pagina. Non l'aveva ancora voltata, ma era la più importante e
penso che in qualche modo l'avesse capito. Non solo perché lo si
poteva chiaramente capire, ma anche perché ormai mi conosceva
troppo bene, ed ero sicuro al cento per cento che avesse notato la mia
già abbondante tensione che cresceva pagina dopo pagina. Mi
guardò per un secondo negli occhi, come se mi volesse chiedere
il permesso di fare il "grande passo". Aggrottò semplicemente le
sopracciglia quando vide quell'enorme punto interrogativo nero su
sfondo bianco e tornò a fissarmi, quasi alla ricerca di una
risposta ad una domanda sott'intesa.
-Stacca la foto e girala.- Gli
diedi una mano a staccare lo scotch, siccome sembrava un po' troppo
scosso anche solo per muoversi. Gli porsi la "foto" e, a giudicare
dalla faccia che fece quando la girò, sembrava aver già
capito che cosa intendevo comunicargli con quel regalo.
-L.. leggimela tu.-
Balbettò, mettendosi seduto con le gambe incrociate senza
scrollarmi lo sguardo di dosso per un secondo. No, cazzo. Questa non ci
voleva. Insomma, gli avevo scritto una lettera per evitare di rovinare
quello che nella mia mente scorreva così fluido ma che quando
provavo a mettere sotto forma di parole diventava nient'altro che un
gigante casino, e lui mi chiedeva di leggergliela? e che potevo dirgli?
"No, fregati"? Afferrai quel maledetto pezzo di carta e feci un respiro
profondo nel tentativo inutile di calmarmi. Non bastò, a quanto
pareva. Rimasi a guardarlo con gli occhi completamente persi,
finché non mi sorrise e finalmente tutto riprese senso.
-"Ciao Frank..- Cominciai, facendo
una piccola pausa e alzando appena gli occhi dalla lettera per
osservare la sua reazione.. nonostante non avessi nemmeno cominciato.
-..forse avrei dovuto cominciare diversamente, ma non ho voglia di
cancellare già il primo rigo. Vorrei tanto potermi risparmiare
la tortura di doverti guardare leggere questa lettera o forse di
doverla leggere, e proprio per questo.. tu hai capito di che si tratta,
vero?- E dal modo in cui mi guardò, sì, l'aveva proprio
capito.
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Ci sono grandi amori e grandi amanti.
Grandi amori di quelli che girano tanto su sé stessi, ma alla
fine ritornano. Sempre. Di quelli che sei disposto a rivivere cento e
cento volte, senza mai stancarsi, senza mai fermarsi; di quelli che
rifaresti tutto da capo, senza cambiare una virgola e senza mai mettere
punto. Errori compresi.
Grandi amanti di quelli disposti anche a rimanere un segreto. Farlo a
bassa voce, spegnere la luce.. una notte o due perché c'è
bisogno e poi smetterla di mettersi al primo posto e tornare, almeno
fino alla prossima fuga, alla realtà.
E forse, alla fine, è un po' quello che siamo destinati a fare noi. Disposti a nasconderci pur di non separarci.
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Omg, siamo alla fine. LO SO, non
è nemmeno un vero e proprio finale, ma ve lo lascio interpretare
come volete voi. E no, non mi prenderò una "luuunga" pausa prima
di postare il seguito perché comunque non avrei tempo di
scrivere d'estate, e quindi sì. Mi prenderò la solita
settimana (o un po' meno, anche). Penso che comunque abbiate capito
com'è andata, ma se ci avessi messo l'happy ending che davvero
prevedo *MUAHAHAHAHAH*, il seguito sarebbe stato inutile e questo
capitolo sarebbe diventanto ancora più lungo di non so cosa (ma
veramente, veramente, veramente lunghissimo) e penso proprio che
avreste semplicemente alzato il terzo dito della mano e chiuso la
pagina, eheh. <3
Mi sento veramente come se non mi
meritassi tutti questi complimenti. Ci penso spesso e non capisco
veramente cosa ci troviate voi donzelle in una storia stupida e
prevedibile. çwç
Quindi boh, per una volta mi sento
di dovervi ringraziare -anche se mentalmente lo faccio ogni giorno,
lol- perché quando ho messo il primo capitolo della prima storia
(che al tempo aveva sì e no due lettori e 40 visite) non mi
sarei mai aspettata di arrivare fino a questo punto, che per me,
è già davvero tanto.
Alla prossima, bbbbbbbbelle. <3
xMN.
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